IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza; Con ricorso depositato in data 22 settembre 1997 la Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno S.p.a. ha adito questo pretore per sentir accogliere nei confronti dell'I.N.P.S. - Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale le seguenti conclusioni: a) in via preliminare dichiarare non manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale dei commi 193, ultima parte e 194 dell'art. 1, legge 23 dicembre 1996, n. 662, per contrasto con gli artt. 136, 3, 38, secondo e ultimo comma, 47 e 53 Cost., con la conseguente rimessione degli atti del giudizio alla Corte costituzionale, attesa la rilevanza di tali questioni ai fini della decisione; b) in via principale dichiarare l'illegittimita' della imposizione contributiva disposta con l'art. 1, commi 193 e 194 della legge n. 662 del 1996 e per l'effetto condannare l'ente previdenziale convenuto alla restituzione di tutte le somme che risultino versate per i suddetti titoli con gli interessi di legge e il maggior danno ex art. 1224, comma 2, c. civ.; c) dichiarare l'illegittimita' della circolare I.N.P.S. del 28 gennaio 1997, n. 20, nei sensi sopra evidenziati e percio' disapplicarla; d) accertare e dichiarare, comunque e in via gradata, l'inesistenza dell'obbligo di versare il contributo previsto dall'art. 1, comma 194, della legge n. 662 del 1996 sui premi di assicurazione per gli infortuni derivanti ai dipendenti da rischi professionali e di conseguenza condannare l'ente previdenziale convenuto alla restituzione delle somme versate su detti premi, con gli interessi di legge e il maggior danno ex art. 1224, secondo comma, c.civ. La ricorrente premetteva in fatto che l'I.N.P.S., muovendo dalla previsione dell'art. 1, comma 194, legge n. 662 del 1996 (in base alla quale i datori di lavoro, limitatamente al periodo contributivo dal 1 settembre 1995 al 30 giugno 1991 ed in deroga alle disposizioni della legge n. 335/1995 che disciplinano la prescrizione dei contributi di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria, sono tenuti al pagamento dei contributi previdenziali nella misura del 15 per cento sulle contribuzioni e somme versate o accantonate a finanziamento di regimi integrativi previdenziali o assistenziali a favore dei propri dipendenti), aveva emanato la circolare 8 gennaio 1997, n. 20, con la quale, da un lato, era stato prescritto che il contributo del 15 per cento era dovuto anche sui premi per polizze assicurative stipulate dal datore di lavoro per i rischi professionali e, dall'altro, era stata imposta un'autodenuncia per cui il datore di lavoro si sarebbe dovuto dichiarare debitore delle somme corrispondenti al predetto contributo del 15 per cento sull'ammontare complessivo dei versamenti o accantonamenti eseguiti a finanziamento dei regimi integrativi di cui all'art. 9-bis, comma 1, d.-l. 29 marzo 1991, n. 103, convertito con modificazioni, nella legge 1 giugno 1991, n. 166, anche in forma di premi pagati in relazione a polizze assicurative stipulate per il medesimo fine. Aggiungeva la societa' ricorrente di avere comunicato all'I.N.P.S. convenuto i dati richiesti, ma di avere nel contempo disconosciuto il debito per contribuzioni di cui all'art. 1, comma 194, legge n. 662 del 1996, con espressa riserva di chiedere la restituzione dei versamenti effettuati per il titolo in esame, costituenti indebito oggettivo. L'Istituto resistente si e' costituito in giudizio contestando la prospettata incostituzionalita' delle norme sopra richiamate, deducendo comunque l'inammissibilita' della questione in quanto proposta direttamente ed immediatamente in via principale e chiedendo nel merito il rigetto delle domande. Osserva il pretore che la domanda di rimessione degli atti alla Corte costituzionale e' ammissibile essendo stata proposta dalla Cassa di risparmio ricorrente non in via principale, bensi' in via preliminare rispetto alla domanda di restituzione delle somme versate all'I.N.P.S. svolta nel merito. La questione, sollevata dalla societa' ricorrente sotto molteplici profili, ad avviso di questo pretore e' rilevante, per l'esistenza di un nesso di stretta pregiudizialita' e dipendenza tra la soluzione della pregiudiziale costituzionale e la decisione del giudizio principale, nei confronti dell'art. 1, comma 194, legge 23 dicembre 1996, n. 662, nel senso che il giudicante non puo' prescindere dall'applicazione di tale norma sospettata di incostituzionalita' per la risoluzione delle questioni portate al suo esame. Quanto alla non manifesta infondatezza della questione osserva il pretore che l'art. 1, comma 194, legge 23 dicembre 1996, n. 662, prevede, limitatamente al periodo contributivo dal 1 settembre 1985 al 30 giugno 1991 ed in deroga al generale regime prescrizionale della contribuzione previdenziale ed assistenziale obbligatoria di cui all'art. 3, commi 9 e 10 legge 8 agosto 1995, n. 335, che i datori di lavoro che non abbiano corrisposto i contributi previdenziali ed assistenziali sulle somme versate o accantonate per il finanziamento di casse, fondi, gestioni o forme assicurative regolati da contratti collettivi o da accordi o da regolamenti aziendali, al fine di erogare prestazioni previdenziali integrative a favore dei dipendenti (di cui all'art.9-bis, comma 1, d.-l. 29 marzo 1991, n. 103, convertito con modificazioni nella legge 1 giugno 1991, n. 166, come sostituito dal comma 193 dello stesso art. 1), sono tenuti al pagamento, anche rateale, di uno speciale "contributo previdenziale" stabilito nella misura del 15 per cento da devolversi alle gestioni pensionistiche di iscrizione del lavoratore. Orbene, assumendo come termine di raffronto (c.d. tertium comparationis) la disciplina di cui al secondo comma dell'art. 9-bis richiamato in base alla quale, per i periodi successivi al luglio 1991 si prevede, a carico dei datori di lavoro che finanzino regimi previdenziali integrativi privati a favore dei propri dipendenti, l'obbligo di corrispondere un "contributo di solidarieta'" in favore delle gestioni pensionistiche di legge nella minor misura del dieci per cento, non sembra possibile al giudicante pervenire ad una lettura delle norme richiamate in armonia con il precetto costituzionale di eguaglianza perche' esse, senza apparente ragionevole motivo, operano un trattamento diverso a soggetti che si trovano in eguale situazione giuridica, sol che si consideri che si tratta di un contributo di natura solidaristica in favore della previdenza pubblica, traente origine dai medesimi presupposti e diretto ai medesimi destinatari. Invero il contributo nella misura del 15 per cento proiettato nel passato, anziche' nella misura del 10 per cento, non sarebbe giustificato dall'aggravio dovuto per interessi legali da "ritardato" pagamento perche' il contributo di solidarieta' venne istituito solo nel 1991 (art. 9-bis, secondo comma, d.-l. 29 marzo 1991, n. 103) e sarebbe irragionevole una sanzione di carattere retroattivo per l'inadempimento di un obbligo - allora - inesistente. Altro profilo di dubbia legittimita' costituzionale sempre in relazione all'art. 3 della Costituzione concerne la disposizione di cui al comma 194 dell'art. 1 legge n. 662 del 1996 nella parte in cui, in espressa deroga alla disciplina della prescrizione dei crediti contributivi dettata dall'art. 3, commi 9 e 10, legge 8 agosto 1995, n. 335, attribuisce agli enti previdenziali il diritto di pretendere il contributo di solidarieta' anche in relazione a periodi pregressi rispetto ai quali, in base alla citata disciplina generale, il diritto si sarebbe gia' prescritto. Trattasi di una deroga che stabilisce una disciplina speciale di carattere retroattivo e, dunque, eccezionale, che non sembra avere alcuna plausibile giustificazione normativa e produce l'effetto di riaprire rapporti giuridici altrimenti definiti per effetto del decorso del tempo, con apparente violazione del principio della certezza del diritto e di parita' di trattamento. Ulteriore profilo di illegittimita' non manifestamente infondato sembra inerente alla violazione dell'art. 136 della Costituzione in quanto l'art. 1, comma 194 (verosimilmente emanato dal legislatore per colmare il vuoto derivante dalla pronuncia di illegittimita' dell'art. 9-bis, primo comma, di cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 421/1995), imponendo ai datori di lavoro un contributo pari al 15 per cento delle somme destinate al finanziamento della previdenza integrativa non appare conforme, prima facie, al principio della Corte costituzionale espresso nella sentenza 8 settembre 1995, n. 421, secondo cui l'illegittimita' costituzionale dell'art. 9-bis citato, comma 1, secondo periodo, deriva dalla mancata previsione - accanto alla sanatoria totale in favore delle imprese che non avevano pagato i contributi - di una contropartita "analoga" al contributo di solidarieta' imposto per il futuro dal comma 2. E la previsione di una contropartita del 15 per cento rispetto al contributo del 10 per cento non appare contropartita "analoga". Tanto premesso in fatto ed in diritto, va disposta la sospensione del giudizio in corso e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, per la decisione della questione pregiudiziale di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 194, legge n. 662 del 1996, siccome rilevante e non manifestamente infondata in relazione agli artt. 3 e 136 Cost., mandando alla cancelleria per gli adempimenti di competenza, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.