IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato la seguente ordinanza nella camera di consiglio del
 15 dicembre 1997.
   Visti i ricorsi n.  14531/1997  reg.  gen.,  proposto  da  Castaldo
 Antonio,  rappresentato e difeso dagli avv.ti Gabriele Gava e Roberto
 Gava, elettivamente  domiciliato  presso  il  secondo  in  Roma,  via
 Aurelia  n.  477/b;  n.  14879/1997  reg.  gen.,  proposto da Tambone
 Francesco, n. 14881/1997 reg. gen.  proposto  da  Del  Vescovo  Maria
 Luisa,  n.  14882/1997  reg.  gen.,  proposto da Basciani Eugenio, n.
 14901/1997 reg. gen., proposto da Valente Elisabetta,  n.  14906/1997
 reg.  gen.  proposto  da  Dell'Aquila  Massimo, tutti rappresentati e
 difesi da Nicolo' Mastropasqua ed elettivamente  domiciliati  con  il
 medesimo  presso  lo studio dell'avv.   Antonio de Cicco in Roma, via
 Urbana n. 90;
   Contro il Ministero dell'Universita' e della ricerca scientifica  e
 tecnologica,  in  persona  del  Ministro pro-tempore, e l'Universita'
 degli studi di Bari, in persona del rettore in carica,  rappresentati
 e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato e per legge domiciliati
 presso  la medesima in Roma, via dei Portoghesi n 12; e nei confronti
 di De Ruvo  Elisabetta  (ricc.  nn.  14879,  14881,  14882,  14901  e
 14906/1997),  n.  c.;  per  l'annullamento, ric. n. 14531/1997: della
 deliberazione 28-29 maggio 1997 del Consiglio di facolta' di medicina
 e chirurgia dell'Universita' di Bari, concernente  norme  concorsuali
 per  l'ammissione  al  corso  di  laurea  in  odontoiatria  e protesi
 dentaria per l'a.a.   1997-98; del d.r. 31 luglio  1997  con  cui  e'
 stato  bandito  il  relativo concorso; della conseguente graduatoria;
 del D.M.U.R.S.T. 21  luglio  1997  n.  245,  contenente  "regolamento
 recante  norme  in materia di accesso alla istruzione universitaria";
 del D.M.U.R.S.T. 31 luglio  1997;  di  ogni  altro  atto  precedente,
 presupposto, connesso e consequenziale.
   Ricc. nn. 14879, 14881, 14882, 14901 e 14906/1997: del D.M.U.R.S.T.
 introduttivo  del c.d. "numero programmato" delle iscrizioni al corso
 di odontoiatria e protesi dentaria dell'Universita'  di  Bari;  della
 graduatoria  per  l'iscrizione  nell'a.a.  1997-98  al primo anno del
 predetto  corso;  della  relativa  delibera  di  approvazione;  delle
 deliberazioni  degli  Organi  universitari concernenti determinazione
 dei posti, criteri di selezione e tests; del bando di concorso; degli
 atti  regolamentari  che  consentono  di  limitare  il  numero  delle
 iscrizioni;  dello  Statuto  dell'indicata Universita'; di ogni altro
 atto precedente, seguente e/o connesso.
   Visti i ricorsi con i relativi allegati;
   Visti  i  rispettivi  atti  di  costituzione  in   giudizio   delle
 Amministrazioni intimate;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Alla  camera  di  consiglio  del  15  dicembre  1997,  relatore  il
 magistrato Angelica Dell'Utri, uditi i difensori delle parti indicati
 nel relativo verbale;
   Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue;
                            Fatto e diritto
   I. - Con i ricorsi all'esame della sezione - di cui va disposta  la
 riunione  ai  soli  fini  della  trattazione  della  presente fase di
 giudizio - i ricorrenti  investono  i  provvedimenti  specificati  in
 epigrafe  nella  parte in cui determinano la preclusione dell'accesso
 al   corso   di   laurea   in   odontoiatria   e   protesi   dentaria
 dell'Universita'  di  Bari,  a  cui  i  medesimi  aspirano  ad essere
 iscritti per  l'anno  accademico  1997-98,  e  ne  chiedono,  in  via
 incidentale,   la  sospensione  dell'esecuzione:  su  tale  richiesta
 cautelare la sezione e' chiamata a decidere.
   Trattasi di corso per il quale  l'amministrazione  attraverso  atti
 regolamentari e di attuazione, ha imposto una consistente limitazione
 nelle iscrizioni (n. 15 posti).
   L'agire  dell'amministrazione  -  in  particolare il d.m. 21 luglio
 1997, n. 245 ("Regolamento recante norme in materia di  accessi  alla
 istruzione  universitaria e di connesse attivita' di orientamento") -
 trova dichiaratamente supporto normativo nell'art. 9,  quarto  comma,
 della  legge  19 novembre 1990, n. 341, come modificato dall'art. 17,
 comma 116, della legge 15 maggio 1997, n. 127, che ha  attribuito  ad
 un  atto  emanato  dal  Ministro  dell'Universita'  e  della  ricerca
 scientifica e tecnologica il potere  di  determinare  la  limitazione
 degli accessi di cui trattasi.
   Ed   invero,  l'art.  9  cit.,  a  seguito  della  detta  modifica,
 stabilisce che  il  Ministero  "definisce,  su  conforme  parere  del
 C.U.N.,  i criteri generali per la regolamentazione dell'accesso alle
 scuole di specializzazione ed ai corsi universitari, anche  a  quelli
 per i quali l'atto emanato dal Ministro preveda una limitazione delle
 iscrizioni".
   La  sezione  dubita  della legittimita' costituzionale della norma;
 pertanto, ritiene di dover sollevare, anche  d'ufficio,  la  relativa
 questione  di  costituzionalita'  per  contrasto  col principio della
 riserva di legge e, conseguentemente, con gli artt. 33 e 34 Cost..
   II. - La questione appare rilevante sotto un duplice profilo.
   Da un lato, sembra incontrovertibile che la tutela  prevalente  cui
 mirano  le  azioni  intraprese  discende,  nella  specie,  solo dalla
 eventuale eliminazione dalla  realta'  giuridica  della  disposizione
 che,  conferendo  il  detto potere all'amministrazione, consente alla
 stessa di precludere o limitare l'accesso ai corsi universitari:  si'
 che  viene a configurarsi un'assoluta priorita' - anche in ragione di
 principi attinenti all'economia di giudizio -  di  trattazione  della
 detta  questione.  E' infatti evidente che la caducazione delle norme
 che consentono al Ministro di porre limitazioni alle immatricolazioni
 consentirebbe  la  soddisfazione  piena  dell'interesse  dedotto   in
 giudizio dai ricorrenti, consentendo loro l'iscrizione al corso senza
 sottomettersi   a   procedure  selettive,  mentre  le  altre  censure
 sollevano questioni che, ove fondate, assicurerebbero un grado minore
 di soddisfazione al predetto interesse e  si  presentano  subordinate
 all'esito eventualmente negativo dell'incidente di costituzionalita'.
   Dall'altro,  la  indicata  rilevanza  deve  ritenersi configurabile
 anche  nella  presente  fase  cautelare,  atteso  che  il  dubbio  di
 costituzionalita'  in  ordine  alla norma precitata, che costituisce,
 allo stato, la  fonte  del  potere  esercitato  dall'amministrazione,
 preclude  al  collegio  una pronuncia definitiva, sia pure in sede di
 sommaria delibazione, sull'esistenza o meno del fumus  della  pretesa
 azionata,  non  potendo  tale  valutazione  essere  svincolata  dalla
 decisione della Corte sulla portata della  norma  sottoposta  al  suo
 esame.
   III. - La questione appare altresi' non manifestamente infondata.
   Ritiene  la  sezione  che,  in materia di accesso agli studi, anche
 universitari, sussista, in base agli artt. 33 e 34 Cost., una riserva
 relativa di legge, con la  conseguenza  che,  in  mancanza  di  norme
 legislative  che attribuiscano all'amministrazione - nel rispetto dei
 caratteri costitutivi della riserva stessa - il potere  di  stabilire
 limitazioni  alle iscrizioni ai corsi, devono ritenersi illegittimi i
 provvedimenti regolamentari o  di  attuazione  che  tali  limitazioni
 prevedano.    La  configurabilita',  nella  materia,  di  una riserva
 relativa di legge costituisce ius receptum nella  giurisprudenza  del
 giudice  amministrativo  (in  tal  senso,  t.a.r.  Lazio, sez. III, 3
 aprile 1996, n. 763 e 14 settembre 1994,  n.  1632;  t.a.r.  Toscana,
 sez. I, 24 aprile 1997, n. 78; t.a.r. Veneto, sez. I, 13 giugno 1992,
 n.  222. e sez. II, 13 giugno 1997, n. 1015; t.a.r. Liguria, sez. II,
 21 marzo 1995, n. 197).  Ed invero, e' l'art. 33, secondo comma della
 Costituzione, a stabilire  espressamente  che  "la  Repubblica  detta
 norme  generali  sull'istruzione  e istituisce scuole statali di ogni
 ordine e grado", nel quadro di quella previsione del successivo  art.
 34,  primo  comma,  che sancisce che "la scuola e' aperta a tutti" (e
 che ha trovato attuazione, per le  Universita',    con  la  legge  11
 dicembre  1969,  n.  910).    E laddove il legislatore ha ritenuto di
 introdurre limitazioni  all'accesso,  vi  ha  provveduto,  di  norma,
 direttamente  (basti  ricordare  l'art.  24,  secondo  comma, legge 7
 febbraio 1958, n. 88, che, in ordine  all'iscrizione  al  primo  anno
 degli  Istituti  superiori di educazione fisica, prevede un numero di
 posti determinati da assegnare mediante concorso per esami; l'art. 3,
 legge 21 luglio 1961, n. 685, che limitava  l'accesso  dei  diplomati
 degli Istituti tecnici a determinate facolta' per gli anni accademici
 dal  1961/62  al  1964/65,  per  un numero predeterminato di posti da
 assegnare mediante concorso per  titoli  ed  esami)  ovvero  mediante
 attribuzione  del  relativo  potere  alla p.a. nell'ambito, peraltro,
 fissato dalla legge stessa (ci si riferisce, ad es.,  all'art.    38,
 legge  14 agosto 1982, n. 590, con cui, al fine di consentire l'avvio
 programmato dei corsi di laurea, si e' attribuito all'amministrazione
 universitaria  il  potere  di  determinare,  peraltro  con   espressa
 limitazione  temporale - ai primi sei anni successivi all'attivazione
 di ciascun corso di laurea - il  numero  massimo  delle  iscrizioni).
 Orbene, la previsione costituzionale di riserva relativa di legge per
 la  determinata  materia  non  preclude  al  legislatore ordinario di
 demandare ad altre fonti sottoordinate la  disciplina  della  materia
 stessa,  consentendo  anzi  che  il  precetto  espresso  dalla  norma
 primaria  possa essere integrato da atti di normazione secondaria che
 lo rendano meglio aderente alla multiforme  realta'  socio-economica,
 ma  cio'  e'  possibile  solo  previa  determinazione di una serie di
 precetti idonei ad indirizzare e vincolare la  normazione  secondaria
 entro  confini  ben  delineati  o,  quantomeno, previa determinazione
 delle linee essenziali della disciplina stessa.    In  proposito,  e'
 costante  l'insegnamento del giudice delle leggi sulla necessita' che
 non "residui la possibilita' di scelte del  tutto  libere  e  percio'
 eventualmente  arbitrarie  della  stessa pubblica amministrazione, ma
 sussistano  nella  previsione   legislativa   -   considerata   nella
 complessiva disciplina della materia - razionali ed adeguati criteri"
 (Corte cost. 5 febbraio 1986, n. 34, e giurisprudenza ivi richiamata:
 sentt.   nn. 4, 30 e 122 del 1957; 70 del 1960; 48 del 1961; 72 e 129
 del 1969; 144 del 1972; 257 del 1982; ordd. nn. 31 e 139 del 1985).
   Se cio' e' vero, la disposizione dell'art. 9, quarto  comma,  legge
 n.  341,  del 1990, come modificata dall'art. 17, comma 116, legge n.
 127,  del  1997,  non  sembra  esente  dai   precitati   profili   di
 incostituzionalita'.   La norma, invero, conferisce al Ministro, come
 gia' ricordato, il potere di determinare la limitazione degli accessi
 all'istruzione  universitaria,  e  cio'  fa  non  solo  senza  alcuna
 individuazione delle linee essenziali della disciplina - pur vertendo
 in  materia  coperta  da  riserva  relativa di legge - ma addirittura
 attribuendo  al  Ministro  stesso,  con  l'ausilio  di  altro  organo
 dell'amministrazione  (C.U.N.),  la  stessa  definizione dei "criteri
 generali   per   la   regolamentazione   dell'accesso...   ai   corsi
 universitari".    Sembra  pertanto  ipotizzabile  la  violazione  del
 principio costituzionale della riserva  relativa  di  legge;  il  che
 sembra  comportare  altresi'  la  violazione,  mediante l'adozione di
 meccanismi  di  produzione  giuridica   non   conformi   al   dettato
 costituzionale,  del  principio della tutela del diritto allo studio,
 postulato dagli artt. 33 e 34 Cost.
   IV. - Per le  considerazioni  che  precedono,  va  conseguentemente
 sollevata  la  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 9,
 quarto comma cit., per contrasto col principio  costituzionale  della
 riserva relativa di legge nonche' con gli artt. 33 e 34 Cost.
   Va  disposta,  pertanto,  la  trasmissione  degli  atti  alla Corte
 costituzionale, con conseguente sospensione del presente giudizio  ai
 sensi  dell'art.    23,  legge 11 marzo 1953, n. 87, per la pronuncia
 sulla legittimita' costituzionale della suindicata norma.