IL CONSIGLIO DI STATO Ha pronunciato la presente ordinanza nella camera di consiglio dell'11 novembre 1997; Ritenuto che vadano svolte, in fatto ed in diritto, le seguenti considerazioni sul piano della rilevanza, anche in questa sede cautelare, e della non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita', tenuto anche conto di quanto prospettato dalla parte agente, rispetto ai parametri di seguito precisati, riferita alla legge della regione Marche 9 maggio 1997, n. 30, ad oggetto "Disciplina regionale della bonifica. Attribuzione di funzioni alle province in attuazione della legge 8 giugno 1990, n. 142. Soppressione dei consorzi di bonifica". 1. - Con la legge regionale n. 30 del 1997 la regione Marche ha disposto la soppressione dei consorzi di bonifica operanti esclusivamente nel proprio territorio ed il trasferimento delle loro competenze, prima a se stessa e poi, per decentramento, alle province (per i consorzi super provinciali, alle province dove e posta la maggior parte dei bacini), passando per una fase di liquidazione affidata ad appositi commissari liquidatori, nelle persone dei presidenti in carica dei consorzi. Con deliberazione della Giunta regionale delle Marche 16 giugno 1997, n. 1597, si e' dato avvio, attraverso la costituzione di un gruppo di lavoro, al procedimento che deve condurre alla concreta estinzione degli enti con apposita delibera regionale. Nella presente fase cautelare tale delibera e l'atto di trasmissione sono stati impugnati con otto ricorsi da due consorzi nelle persone dei commissari liquidatori e dei vice presidenti, dai liquidatori, nella qualita, in proprio, nonche' dalle persone del rispettivo liquidatore e vicepresidente, ma nella qualita' di proprietari di suoli insistenti nel territorio consortile. Degli accennati atti organizzativi e' stata chiesta innanzi al tribunale amministrativo regionale Marche la sospensione, ma il tribunale amministrativo regionale ha negato la pronuncia di sospensione richiesta, per assenza del danno. Con distinti appelli e' stata richiesta la riforma delle pronunce, eventualmente previa remissione della legge davanti alla Corte costituzionale. 2. - La richiesta di invio degli atti a detta Corte e' da assecondare, con conseguente sospensione del presente giudizio. 3. - Sul piano della rilevanza, il procedimento di estinzione ha bisogno di atti organizzativi a formazione progressiva e una volta pronunciata l'estinzione non vi sarebbe piu' neppure la figura dell'ente abilitato a ricorrere; sicche' si potrebbe intravedere gia' in atto la situazione di danno accampata; senonche' il testo della normativa regionale, che sorregge gli atti amministrativi impugnati, impedirebbe di intravedere, a legislazione vigente, il fumus; dunque la legge regionale si propone come regola che pregiudica la soluzione della vertenza anche sul piano cautelare. 4. - Sotto l'aspetto della non manifesta infondatezza, e' da ricordare che, dopo rinvio governativo e riapprovazione, la deliberazione legislativa marchigiana fu impugnata dal Presidente del Consiglio, ai sensi dell'art. 127 Cost.; il gravame fu, pero', respinto in rito, per mancato rispetto dei termini per il deposito, dalla Corte con ordinanza 6 maggio 1997, n. 126; tuttavia le argomentazioni in quella sede rappresentate possono essere condivise, quanto meno nella prospettiva del semplice dubbio di costituzionalita' appartenente ai giudici a quibus. 5. - La legge non pare conforme all'art. 117 Cost.: con i suoi artt. 3, 7, 8 e 13 essa opera, come si diceva, il trasferimento alle province delle funzioni e poteri relativi alla realizzazione e gestione delle opere di bonifica e irrigazione, in violazione di quanto stabilito dagli artt. 13, 14 e 59 r. d. 13 febbraio 1933, n. 215 e dell'art. 27, legge quadro sulle risorse idriche 5 gennaio 1994, n. 36, che attribuiscono quelle funzioni ai consorzi d bonifica, con disposizioni che, almeno per la legislazione del 1933 la Corte costituzionale ha gia' individuato come recanti principi fondamentali della materia (cfr. sent. 24 febbraio 1992, n. 66). 6. - Inoltre il transito delle attribuzioni dei consorzi verso la sfera provinciale implica la potenziale lesione di altro principio della legislazione, questa volta in tema di autonomie locali (art. 14, legge 8 giugno 1990, n. 142) posto che non vi e' corrispondenza tra la circoscrizione provinciale e quella dei consorzi di bonifica, la quale ultima segue il bacino idrico ed ha quindi, nella maggior parte dei casi, ambito super provinciale; al che si puo' aggiungere il possibile pregiudizio al principio del buon andamento, ai sensi dell'art. 97 Cost., dato che la provincia cui affluiranno le nuove competenze potrebbe essere indotta a favorire la parte di territorio consortile che le appartiene piu' istituzionalmente, dovendosi allora prevedere l'insorgere di non certo plausibili contrasti all'interno dell'unico bacino idrografico. 7. - Le norme che piu' specificamente prevedono la soppressione dei consorzi (artt. 3, terzo comma, e 9) paiono in contrasto con altro principio statale desumibile dall'art. 73 d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, che - come segnalato di nuovo dalla citata sentenza della Corte costituzionale n. 66/1992 - consente la soppressione di singoli consorzi, ma non sembra permettere una eliminazione dell'intera categoria di enti, ai quali si riconosce il ruolo istituzionale di "difesa del suolo, di risanamento delle acque, di fruizione e gestione del patrimonio idrico". 8. - In violazione dell'art. 117 della Costituzione appare anche l'art. 4 della legge regionale: secondo il ricordato principio generale della legislazione statale ricavabile dall'art. 73, d.P.R. 616 del 1977, alle regioni sono transitate le sole funzioni statali concernenti i consorzi, non anche quelle dei consorzi medesimi; tali enti, del resto, potrebbero essere individuati come strumento di autogoverno delle categorie interessate, quelle dei proprietari delle aree; la disposizione regionale comprime, invece, il ruolo, oggi operativo e di gestione (tramite rappresentanti eletti), dei titolari dell'interesse, formandolo in quello di soggetti chiamati ad esprimere (sempre tramite rappresentanti) atti puramente consultivi. E' probabilmente vero, al riguardo, quanto supposto con il secondo mezzo di costituzionalita' esposto in questa sede dalla parte appellante: vale a dire che, mentre la regione ha colto nei consorzi di bonifica esclusivamente la loro funzione di enti strumentali, i consorzi, alla stregua degli artt. 13, 18, 54, 55, 59 e 60 della legge di base di cui al r.d. 215 del 1933 e successive modifiche, sono anche e principalmente enti autonomi e strumenti di amministrazione diretta, da parte dei proprietari interessati, delle funzioni di bonifica e di irrigazione: donde un eventuale contrasto della intera legge rispetto agli artt. 41, 42 e 44, laddove questi parametri dettano i principi: di libera iniziativa economica; di garanzia dell'istituto della proprieta'; di equita' nei rapporti sociali e di razionale sfruttamento del suolo in agricoltura, pure mediante la bonifica dei terreni, sebbene nel quadro della disciplina parapublicistica della proprieta' terriera; nel sistema ideato dalla regione Marche, e da essa sola, infatti, i proprietari vedono drasticamente ridotto il loro controllo e la loro cointeressenza nella costruzione e conduzione delle opere incidenti sullo sfruttamento dei loro suoli. 9. - Il pregiudizio all'art. 117 Cost., attraverso l'incisione dei principi generali nella materia degli strumenti organizzativi della bonifica, validi, in quanto tali, su tutto il territorio nazionale, puo' essere letto anche come lesione dell'art. 3 Cost., in quanto portatore dei principi di eguaglianza fra tutti i cittadini e di ragionevolezza, non trovandosi giustificazione di un distinto trattamento delle opere di bonifica a seconda che interessino i bacini marchigiani ovvero quelli di tutte le altre regioni. 10. - Quanto all'effetto della dovuta remissione della questione alla Corte costituzionale, occorre sospendere, in via precaria, l'efficacia degli atti impugnati, con ricostituzione precaria degli organi consortili ordinari, ma unicamente allo scopo di rendere operativo il principio dell'incidentalita' del giudizio di costituzionalita', salvo restando il futuro giudizio definitivo (per quanto definitiva possa essere una pronuncia cautelare) sulla richiesta di sospensione, una volta riassunta la causa dalla parte piu' diligente a seguito della decisione della Corte costituzionale; l'effetto della sospensione precaria deve essere limitato fino alla prima camera di consiglio utile successiva alla restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale.