IL PRETORE Letti gli atti del procedimento n. 40320/98 dib. a carico di Saitta, Maria imputata del reato di cui all'art. 1, legge n. 386/1990 per avere emesso l'8 agosto 1992, l'assegno bancario dell'importo di L. 11.600.000 tratto sul c/c n. 8484164401 presso la filiale di Mezzago, Banco lariano senza l'autorizzazione del trattario; Sollevata d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 516 c.p.p. in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione; Rilevato: che, con decreto di citazione regolarmente notificato, l'imputata e' stata chiamata a rispondere del reato di cui sopra; che, acquisiti la copia dell'assegno e il verbale di protesto avente la dicitura conto estinto, e' stata disposta l'acquisizione di ulteriore documentazione bancaria dalla quale emergessero la data e la causa dell'estinzione; che all'esito degli accertamenti disposti ex art. 507 c.p.p., essendo emerso, con riferimento alle date in cui l'assegno venne emesso e posto all'incasso, da un lato che non vi erano fondi e dall'altro lato che il conto non era ancora estinto e che neppure era stata ricevuta la lettera di revoca dell'autorizzazione inviata dalla banca, il p.m., esercitando il potere di cui all'art. 516 c.p.p., modificava l'imputazione contestando il reato di cui all'art. 2, legge citata; che le fattispecie di cui agli artt. 1 e 2 legge in materia di assegni si trovano in un rapporto di eterogeneita' e non di continenza, sicche' il fatto diverso di cui all'art. 2 va contestato, come nella specie avvenuto (v., ad exemplum Cass. 23 novembre 1995, n. 11405, Cass, 14 gennaio 1994, n. 289); che, concesso il termine a difesa, l'imputato formulava istanza di patteggiamento in relazione al reato di cui all'art. 2, legge citata; O s s e r v a E' consentito all'imputato richiedere al giudice del dibattimento l'applicazione di pena a norma dell'art. 444 c.p.p., relativaniente al fatto diverso contestato in dibattimento, quando la nuova contestazione concerna un fatto che gia' risultava dagli atti d'indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale. In altre parole, e' consentito all'imputato formulare istanza di patteggiamento nei casi di contestazione originata da un errore dell'organo dell'accusa e non invece nei casi di contestazione suppletiva originata dall'istruttoria dibattimentale. La questione appare rilevante. Nel caso di specie la modifica dell'imputazione e' stata invero causata dall'istruttoria dibattimemale ove e' emerso che il conto fu estinto successivamente al protesto dell'assegno. Viceversa, risultava dagli atti d'indagine, al momento dell'esercizio dell'azione, che l'assegno era stato protestato per conto estinto e pertanto la contestazione suppletiva del p.m. non e' stata determinata da un errore dell'organo dell'accusa. La questione non e' manifestamente infondata con riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione: e' ingiustamente discriminata la posizione degli imputati che nel corso del dibattimento si trovino a rispondere di fatti e reati diversi da quelli di cui all'originario capo d'imputazione; e' compresso il diritto della difesa e specificamente la facolta' di avvalersi del patteggiamento. L'avvenuto superamento del limite temporale, rappresentato dall'apertura del dibattimento, previsto per l'istanza di patteggiamento, non e' riconducibile a libera scelta dell'imputato e ad inerzia a lui addebitabile poiche' la facolta' in discussione sorge nel momento stesso in cui il reato e' oggetto di contestazione. D'altra parte non si vede perche' debba essere posta a carico dell'imputato, che ritiene di non essere responsabile del reato contestatogli, il rischio di una diversa imputazione senza dargli la facolta' di patteggiare. Si consideri soprattutto l'eventualita' in cui il diverso fatto, contestato all'esito dell'istruttoria dibattimentale, integri un reato punito con sanzioni penali meno gravi rispetto quello originariamente contestato. In tale ipotesi, l'imputato, che non abbia presentato istanza di patteggiamento in relazione al reato originario, si trova di fronte all'ingiusta alternativa di patteggiare con riferimento a un'imputazione piu' grave o non potere piu' patteggiare se dall'istruttoria nasca una contestazione relativa a fatto diverso e meno grave. Si e' ben consapevoli che la finalita' del patteggiamento e' quella di assicurare la rapida definizione dei processi e che per tale ragione e' stata posta la barriera della dichiarazione di apertura del dibattimento, ma tale esigenza deve contemperarsi con quella del diritto alla difesa dell'imputato. Per inciso va rilevato che il patteggiamento, formulato dall'imputato dopo l'apertura del dibattimento, non frustra del tutto la finalita' dell'istituto volta a realizzare un'economia processuale: infatti, da un lato, in caso di contestazione suppletiva, l'imputato puo' chiedere l'ammissione di nuove prove (v. Corte costituzionale 3 giugno 1992, n. 241) e deve altresi' essere disposta la citazione della persona offesa (v. art. 519, ultimo comma) la quale ha la facolta' di costituirsi parte civile nonostante il superamento del termine di cui all'art. 79 c.p.p.; dall'altro lato, la sentenza di patteggiamento, non essendo appellabile, evita la celebrazione del secondo grado di giudizio. Al riguardo due considerazioni si rendono necessarie: innanzitutto che la richiesta di nuove prove da parte dell'imputato e, ove consentita, da parte di altri soggetti, provoca ulteriore attivita' dibattimentale o meglio un nuovo dibattimento in relazione alla contestazione suppletiva. La richiesta di pena concordata a seguito di contestazione suppletiva e' idonea ad eliminare il nuovo dibattimento e pertanto conserva la finalita' che le e' propria di accelerare la definizione del processo. La seconda considerazione che s'impone e' che nel caso di contestazione suppletiva questa Corte, con sentenza interpretativa di rigetto sollevata con riferimento agli artt. 79 e 519 c.p.p., ha affermato la facolta' della parte offesa, presente in giudizio o citata ex art. 519, di costituirsi oltre il termine di cui all'art. 79 c.p.p.; essa puo' esercitare i suoi diritti in relazione alle contestazioni suppletive a prescindere dalla circostanza che riguardino un reato gia' risultante dagli atti prima dell'inizio del dibattimento o emerso successivamente nel corso dell'istruzione dibattimentale (v. sentenza Corte 3 aprile 1996, n. 98). Infine, vi e' da osservare che il limite dell'apertura del dibattimento non e' ostativo all'esercizio da parte dell'imputato della facolta' di richiedere l'oblazione relativamente al fatto diverso contestato in dibattimento, anche in tale caso senza distinguere tra il fatto diverso che risulti dagli atti d'indagine o quello emerso in sede d'istruttoria dibattimentale. Al riguardo la Corte costituzionale (n. 530/1995), in applicazione dei principi di ragionevolezza, uguaglianza e del diritto della difesa, ha affermato che la facolta' per l'imputato di richiedere l'oblazione deve potere essere esercitata allorche' il reato e' contestato, anche se cio' sia il frutto di contestazione suppletiva determinata dall'istruttoria dibattimentale. I medesimi principi devono trovare applicazione anche per l'esercizio da parte dell'imputato della facolta' di patteggiamento. In conclusione, la preclusione di cui all'art. 444 c.p.p., rappresentata dall'apertura del dibattimento, non puo' considerarsi vincolante per l'imputato che voglia patteggiare a seguito di contestazione suppletiva, dovendo egli essere messo in condizione di esercitare i suoi diritti e facolta'. E' ben consapevole questo pretore che analoga questione di legittimita' costituzionale e' stata rigettata da questa Corte con ordinanza n. 213/1992, ma ritiene che gli interventi successivamente avvenuti debbano fare rimeditare sulla decisione, non contemperandosi piu' con i principi affermati dalla stessa Corte nelle pronunce sopra richiamate. Anzi non appare condivisibile in senso assoluto che la richiesta di patteggiamento in seguito a contestazione suppletiva e' incompatibile con le finalita' di economia processuale sottese all'istituto proprio per le gia' indicate ragioni consistenti nell'evitare la prosecuzione del dibattimento in relazione al diverso fatto contestato e l'appellabilita' della sentenza. Sulla base delle considerazioni che precedono si ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' sollevata;