IL TRIBUNALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza;
   Letti gli atti, sentite le parti;
                             O s s e r v a
   L'imputato Amodio Siesto e' chiamato a rispondere del reato di  cui
 all'art. 1, comma 1,3, d.-l. n. 66/1948, che prevede il reato di c.d.
 "blocco  stradale",  punito con la pena della reclusione da uno a sei
 anni, raddoppiata nelle ipotesi aggravate. La difesa del medesimo  ha
 eccepito  l'illegittimita'  costituzionale  di  tale  norma, rispetto
 all'art.   3   Cost.,   ritenendo   irragionevole   il    trattamento
 sanzionatorio recato dalla norma incriminata.
   Cio'  premesso,  in  punto  di  fatto,  va  osservato,  in punto di
 diritto, che la questione di legittimita' costituzionale dell'art.  1
 cit.    dev'essere  ritenuta  rilevante,  sol  che  si consideri che,
 nell'ipotesi in  cui  dovesse  essere  affermata  la  responsabilita'
 penale dell'imputato, la pena da infliggergli dovrebb'essere compresa
 fra gli estremi quantitativi innanzi indicati.
   La  questione  qui  sollevata,  poi,  non si profila manifestamente
 infondata. Invero, dal raffronto tra la norma come  sopra  sospettata
 d'illegittimita'  costituzionale  e  quella  dell'art.  610 c.p., che
 prevede il reato di violenza privata, punendolo  con  la  pena  della
 reclusione  fino a quattro anni, e' dato evincere una disparita', che
 costituisce  la  conseguenza  di  un'evidente  irragionevolezza   dei
 rispettivo  trattamenti  sanzionatori,  nella  valutazione  comparata
 degli stessi, avuto riguardo, in particolare, al fatto che  il  reato
 di cui all'art. 610 cit. postula per l'integrazione della fattispecie
 l'estremo  della  violenza o minaccia, laddove quello di cui all'art.
 1, d.-l. n.  66/1948  prescinde  per  l'integrazione  della  relativa
 fattispecie  dal  suddetto  estremo, con cio' venendosi a determinare
 l'ingiustificata e irragionevole previsione normativa di una sanzione
 piu' grave per l'ipotesi criminosa meno grave fra  le  due  suddette.
 Per  non  dire della fattispecie prevista dall'art. 24, ultimo comma,
 t.u.l.p.s., che, pur avendo riguardo a una  condotta  criminosa  piu'
 grave  (rifiuto  di  obbedienza  all'ordine  di discioglimento di una
 manifestazione pubblica sediziosa,  che  comunque  possa  mettere  in
 pericolo  l'ordine  pubblico  o  la  sicurezza  dei cittadini, ovvero
 essere  occasione  della   commissione   di   delitti),   e'   punita
 semplicemente  con  l'arresto da un mese a un anno e con l'ammenda da
 L. 60.000 a L. 800.000. E  vale  la  pena  di  considerare  che  tale
 disparita'  di  trattamento  sanzionatorio  si  verifica non soltanto
 nella relazione tra un reato contro la persona (art. 610 c.p.) e  uno
 contro  l'ordine  pubblico  (art. 1, d.-l. n.  66/1948), bensi' anche
 fra due reati contro l'ordine pubblico (art.    1  cit.  e  art.  24,
 ultimo comma, t.u.l.p.s.).