IL PRETORE Sciogliendo la riserva che precede; Ritenuta la rilevanza nella presente controversia della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2 del d.-l. n. 538/1996 la cui applicazione e' invocata dal convenuto I.N.P.S. al fine di ottenere sentenza declaratoria della cessazione della materia del contendere in relazione alla domanda di condono rateale presentata dalla societa' opponente; Rileva la non manifesta infondatezza della questione di illegittimita' costituzionale del citato art. 2 in relazione agli artt. 23, 24, 38 e 97 della Costituzione osservando quanto segue. La Corte di cassazione a sezioni unite con la sentenza n. 4918/1998 e componendo un contrasto interpretativo insorto tra le sezioni lavoro della medesima Corte ha stabilito che l'esercizio della facolta' di condono priva il datore di lavoro del diritto di instaurare o proseguire l'azione giudiziaria volta all'accertamento della inesistenza del proprio obbligo contributivo anche in presenza di una clausola di riserva. La Corte e' pervenuta a tale conclusione ritenendo che, anche in assenza di una esplicita previsione legislativa, la estinzione dei giudizi in corso al momento della domanda di regolarizzazione contributiva consegua inevitabilmente al pagamento di quanto previsto dal condono perche' la finalita' del condono previdenziale, analoga a quella del condono tributario, e' quella di eliminare il contenzioso pendente e di assicurare la pronta esazione dei contributi: in tale quadro il consentire al contribuente di ottenere la ripetizione delle somme versate nell'ambito del condono renderebbe difficile individuare la utilita' dell'ente creditore nell'accettare una somma ridotta e rimanere soggetto alla possibilita' di doverla restituire tant'e' che per il condono fiscale e' sempre sancita esplicitamente la estinzione del giudizio. La Corte ha poi precisato che il pagamento effettuato in seguito a condono non puo' mai dar luogo ad un indebito in quanto "trae la sua ragion d'essere nell'opzione da parte del soggetto che si e' fatto carico del pagamento" e che non si puo' prospettare alcuna lesione del diritto alla difesa in quanto il soggetto che ritenga di non essere tenuto all'obbligo contributivo ha ampia possibilita' di far valere le sue ragioni "provvedendo nei termini al pagamento delle somme pretese in modo da restare libero di agire per contestarne la debenza e chiederne la restituzione". Infine la Corte rileva che l'ente creditore ha l'obbligo di accertare se il condono possa essere accordato al fine di evitare che questo diventi strumento per realizzare situazioni non conformi alla legge (costituzione di posizioni contributive non consentite). Ritiene questo pretore che la interpretazione della norma in oggetto accolta dalle s.u. sia necessitata dalla applicazione dei consueti canoni ermeneutici ed in particolare della ratio legis e della intenzione del legislatore. Tuttavia tale interpretazione presta il fianco a dubbi di legittimita' costituzionale perche' non riconosce il diritto del contribuente ad ottenere l'accertamento giudiziale della esistenza del proprio debito contributivo che costituisce comunque il presupposto anche per accedere al condono previdenziale (l'art. 2 in oggetto prevede che "I soggetti tenuti al versamento dei contributi.."). Ne' pare che la circostanza che l'ente creditore abbia il dovere di verificare la effettiva debenza di detti contributi per evitare la costituzione di posizioni contributive non consentite costituisca applicazione del principio costituzionale di difesa posto che l'ente creditore e' parte nel contenzioso relativo alla sussistenza dell'obbligo contributivo. Inoltre neppure il rilievo che il contribuente possa provvedere al pagamento della somma pretesa ed agire poi per la restituzione determina l'esclusione di qualsiasi dubbio di costituzionalita' posto che introduce nel sistema previdenziale il principio del solve et repete fino ad oggi estraneo al sistema. Un ulteriore dubbio di costituzionalita' emerge anche in relazione all'art. 38, secondo comma della Costituzione posto che l'impossibilita' di chiedere l'accertamento giudiziale dell'inesistenza dell'obbligo contributivo da un lato, e la possibilita' per l'ente creditore di limitarsi a non respingere la domanda di condono omettendo di verificarne i presupposti di legge, dall'altro, puo' comportare l'attribuzione all'ente previdenziale del potere di accreditare e addebitare contributi previdenziali non dovuti in contrasto con la indisponibilita' degli stessi.