Ricorso  del  Senato  della  Repubblica,  in persona del Presidente
 pro-tempore senatore avv. Nicola  Mancino,  a  cio'  autorizzato  con
 deliberazione  dell'Assemblea  dell'8  luglio  1998,  rappresentato e
 difeso, come da procura speciale in calce  al  presente  atto,  dagli
 avv.ti  prof.  Paolo  Barile e prof. Stefano Grassi, ed elettivamente
 domiciliato presso la segreteria generale del Senato della Repubblica
 in Roma, palazzo Madama per conflitto di attribuzione ai sensi  degli
 artt.  134  della  Costituzione e 37, legge 11 marzo 1953, n. 87, nei
 confronti del tribunale  di  Messina,  sezione  penale,  nonche'  del
 giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Messina in
 relazione agli atti del processo penale, iscritto al n. 1023/1994 del
 ruolo  generale  delle  notizie  di reato del tribunale di Messina, e
 piu' precisamente al decreto 7 marzo 1997 del giudice per le indagini
 preliminari del tribunale, che  ha  disposto  il  giudizio  ai  sensi
 dell'art.    429  c.p.p.,  ed  agli atti di fissazione dell'udienza e
 dello svolgimento  del  dibattimento  emanati  dal  presidente  della
 sezione penale del tribunale di Messina, tutti provvedimenti adottati
 pur in presenza della dichiarazione di insindacabilita' formulata dal
 Senato  della  Repubblica,  in  data 29 gennalo 1997, con riferimento
 alle dichiarazioni rese dal senatore Salvatore Frasca, nel  corso  di
 una intervista televisiva, ed oggetto del citato processo penale.
   A) Premesse di fatto.
   1.  - Con riferimento alla richiesta di rinvio a giudizio formulata
 nei  confronti  del  senatore  Salvatore  Frasca,  per   alcune   sue
 dichiarazioni  nel  corso  di  una  intervista  televisiva,  ritenute
 offensive della reputazione del procuratore della  Repubblica  presso
 il  tribunale  di  Castrovillari  (cfr.  doc.  1),  il giudice per le
 indagini preliminari presso il  tribunale  di  Messina  disponeva  la
 trasmissione  degli  atti  del  procedimento  penale  al Senato della
 Repubblica, ai sensi dell'art.  2 del d.-l. 6 settembre 1996  n.  466
 (cfr. doc. 2).
   Il  giudice  per  le indagini preliminari riteneva, infatti, di non
 poter accogliere l'"eccezione concernente l'applicabilita'  dell'art.
 68,  comma  1,  della  Costituzione", ma sospendeva il processo, fino
 alla deliberazione del Senato, in  ordine  alla  riconducibilita'  di
 quanto  manifestato  dal  senatore  Frasca  all'esercizio  delle  sue
 funzioni, e comunque non oltre il termine di novanta giorni.
   Lo stesso giudice per le indagini  preliminari  precisava,  in  una
 ordinanza  integrativa, che l'imputato era chiamato a rispondere "del
 reato di cui agli artt. 99 e 595, terzo comma, c.p. e  30,  legge  n.
 223  del  1990,  per  avere,  nel corso di una intervista televisiva,
 offeso la reputazione del  procuratore  della  Repubblica  presso  il
 tribunale  di  Castrovillari, Paternostro dott. Domenico" (cifr. doc.
 3).
   2. - La richiesta di deliberazione in materia  di  insindacabilita'
 veniva  sottoposta all'attenzione della Giunta delle elezioni e delle
 immunita' parlamentari del Senato (cfr. doc. 4),  che,  nella  seduta
 del   10  dicembre  1996,  dopo  idonea  istruttoria  e  discussione,
 proponeva di ritenere che il fatto, per il  quale  era  in  corso  il
 procedimento a carico del senatore Frasca, fosse concernente opinioni
 espresse  da  un  membro  del  Parlamento  nell'esercizio  delle  sue
 funzioni  e  di  dichiarare  pertanto  l'insindacabilita'  ai   sensi
 dell'art. 68, primo comma, della Costituzione (cfr. doc. 5).
   Nella relazione all'Assemblea, formulata dal senatore Callegaro, la
 proposta  della  Giunta delle elezioni e delle immunita' parlamentari
 era motivata dai seguenti argomenti. In primo luogo l'intervista, nel
 corso della quale  erano  state  formulate  le  espressioni  ritenute
 ingiuriose  nei  confronti del procuratore della Repubblica presso il
 tribunale di Castrovillari, era stata rilasciata quando gia' da tempo
 il senatore Frasca si occupava del problema dei rapporti tra mafia  e
 giustizia   sia  come  membro  del  Senato  che  come  componente  la
 commissione antimafia.
   Gia' in precedenza, con varie interrogazioni rivolte al Ministro di
 grazia  e  giustizia, il senatore Frasca aveva proposto il tema dello
 stato di incompatibilita' ambientale del procuratore della Repubblica
 di Castrovillari, con una serie di riferimenti  all'attivita'  svolta
 da quest'ultimo. Il problema era stato affrontato dal senatore Frasca
 anche  in  occasione di un incontro tra la commissione antimafia e il
 Consiglio superiore della Magistratura. L'intervista televisiva aveva
 quindi  lo  stesso  contenuto  degli  atti  tipici   della   funzione
 parlamentare,  interrogazioni ed intervento in commissione, nel corso
 dei  quali  il  senatore  Frasca  aveva  espresso  analoghi   giudizi
 sull'interessato.
   La  proposta  di  dichiarazione  di  insindacabilita'  si collegava
 quindi  alla  giurisprudenza  parlamentare  orientata  ad   includere
 nell'area  applicativa  della  insindacabilita'  non solo le opinioni
 espresse negli atti tipici  della  funzione  parlamentare,  ma  anche
 quelle  espresse  fuori  della  sede  parlamentare,  se  strettamente
 collegate alla attivita' parlamentare tipica. Nel caso  concreto,  il
 relatore sottolineava che si era in presenza di interrogazioni il cui
 contenuto  era  stato  semplicemente  esternato  in  una intervista e
 quindi, piu' che di attivita' collegata alla  funzione  parlamentare,
 si  poteva  parlare di esercizio della funzione parlamentare in senso
 stretto (cfr. doc. 6).
   L'Assemblea, vista la relazione della Giunta delle elezioni e delle
 immunita'  parlamentari,  deliberava  di  approvare  la  proposta  di
 dichiarazione  di insindacabilita' ai sensi dell'art. 68, primo comma
 della Costituzione, in data 29 gennaio 1997 (cifr. doc. 7).
   3. - Della deliberazione in materia di insindacabilita' veniva data
 comunicazione ufficiale dal Presidente del Senato al giudice  per  le
 indagini  preliminari del tribunale di Messina, con la lettera del 31
 gennaio 1997 (cfr. doc. 8).
   Ciononostante, in data 7 marzo 1997, il  giudice  per  le  indagini
 preliminari   disponeva   il  giudizio  nei  confronti  del  senatore
 Salvatore Frasca, ai sensi dell'art. 429 c.p.p. (cfr. doc. 9).
   Il presidente del tribunale di  Messina,  sezione  penale,  fissava
 l'udienza  davanti al collegio per il giorno 5 febbraio 1998; udienza
 che peraltro e' stata rinviata una prima volta al primo giugno 1998 e
 quindi al 19 gennaio 1999 (cfr. doc. 10).
   In data 14 aprile 1998, il senatore Frasca comunicava al Presidente
 del Senato la circostanza della fissazione dell'udienza  relativa  al
 procedimento  penale  che  era  proseguito,  pur  in  presenza  della
 dichiarazione di insindacabilita', ai sensi dell'art. 68, primo comma
 della Costituzione, formulata dall'Assemblea del  Senato  (cfr.  doc.
 11).
   In  data 28 maggio 1998, la Giunta delle elezioni e delle immunita'
 parlamentari deliberava di acquisire  chiarimenti  dal  tribunale  di
 Messina,  in  ordine  alla  circostanza se il giudice per le indagini
 preliminari, che aveva disposto il rinvio a  giudizio,  avesse  avuto
 effettivamente  cognizione  della  comunicazione trasmessa dal Senato
 sulla intervenuta dichiarazione di insindacabilita' (cfr. doc. 12).
   In data 30 maggio 1998, il  presidente  del  tribunale  di  Messina
 trasmetteva  al  Presidente  del Senato della Repubblica la relazione
 del giudice per le indagini preliminari, dalla quale si evinceva  che
 lo  stesso giudice aveva in effetti ricevuto comunicazione che, nella
 seduta  del  22 gennaio 1997, l'Assemblea del Senato aveva deliberato
 la insindacabilita' delle opinioni  espresse  nella  fattispecie  dal
 senatore  Frasca,  ma  che  in data 7 marzo 1997 era stato ugualmente
 disposto il rinvio a giudizio, in quanto nel frattempo  era  decaduta
 la  norma di cui all'art. 2 del d.-l. n. 466 del 6 settembre 1996, ai
 sensi della quale era stata formulata la richiesta di valutazione  da
 parte del Senato (cfr. doc. 13 e doc. 14).
   4.  -  Ricevuti  i  chiarimenti,  la  Giunta delle elezioni e delle
 immunita' parlamentari, in data  18  giugno  1998,  dopo  l'ulteriore
 esame   degli  atti  ed  un  dibattito,  ha  deliberato  di  proporre
 all'Assemblea del Senato di sollevare conflitto di  attribuzione  tra
 poteri dello Stato, in relazione agli atti del giudice delle indagini
 preliminari  del  tribunale  di  Messina e della sezione penale dello
 stesso tribunale (cfr. doc. 15).
   Nella relazione all'Assemblea, il  presidente  della  giunta  delle
 elezioni  e delle immunita' parlamentari (lett. 23 giugno 1998 - doc.
 16) sottolineava che la proposta della Giunta di sollevare  conflitto
 tra  i  poteri, presa alla unanimita', si collegava con il principio,
 affermato da questa Corte costituzionale con la sentenza n.  129  del
 1996,   che   ha  escluso  la  possibilita'  della  prosecuzione  del
 procedimento  penale,  dal  momento  in  cui   sia   intervenuta   la
 dichiarazione di insindacabilita' da parte della Camera competente.
   La proposta di sollevare conflitto di attribuzione davanti a questa
 Corte  e'  stata approvata alla unanimita' dall'Assemblea del Senato,
 nella seduta pomeridiana dell'8 luglio 1998 (cfr. doc. 17).
   B) Ammissibilita' del conflitto sotto il profilo soggettivo.
   5. - Il  Senato  della  Repubblica  e'  sicuramente  legittimato  a
 sollevare   il  presente  conflitto  ai  sensi  dell'art.  134  della
 Costituzione,   in   quanto   organo    competente    a    dichiarare
 definitivamente  la  propria volonta' sull'applicazione dell'art. 68,
 primo comma della Costituzione, in relazione alle opinioni espresse e
 ai voti dati dai propri membri  nell'esercizio  delle  loro  funzioni
 (cfr. sentenze n. 1150 del 1988; n. 443 del 1993).
   E'  evidente  anche  la legittimazione passiva sia del tribunale di
 Messina sia  del  giudice  per  le  indagini  preliminari  presso  il
 tribunale  di  Messina,  in  quanto  entrambi  organi  competenti  ad
 assumere    definitivamente,    nell'esercizio     delle     funzioni
 giurisdizionali  ad  essi  attribuite,  la decisione di prosciogliere
 l'imputato in ogni stato e grado del processo, ai sensi  degli  artt.
 129 e 469 c.p.p. (v. sentenza n. 375 del 1997).
   C) Ambito oggettivo del conflitto.
   6.  - Il conflitto viene sollevato dal Senato della Repubblica, per
 rivendicare il potere di affermare l'insindacabilita' delle  opinioni
 espresse   da   un  proprio  membro,  definendo  sia  la  natura  del
 comportamento (espressione di opinioni e voti) sia la  sussistenza  o
 meno  della connessione tra la manifestazione di pensiero oggetto del
 giudizio  penale  e  l'esercizio  della  funzione  parlamentare,   ed
 inibendo  con tale dichiarazione la prosecuzione del giudizio davanti
 al giudice ordinario.
   La giurisprudenza  di  questa  Corte  costituzionale  ha,  infatti,
 affermato che la prerogativa di cui al primo comma dell'art. 68 della
 Costituzione  (c.d.  insindacabilita')  attribuisce  alla  Camera  di
 appartenenza il potere di  valutare  la  condotta  addebitata  ad  un
 proprio membro, con l'effetto, qualora sia qualificata come esercizio
 delle  funzioni  parlamentari,  di  inibire  in  ordine  ad  essa una
 difforme pronuncia giudiziale di responsabilita'; cio' in quanto  "le
 prerogative   parlamentari   non  possono  non  implicare  un  potere
 dell'organo a tutela del quale sono disposte" (sentenze n.  1150  del
 1988 e n. 443 del 1993; n. 129 del 1996; n. 265 del 1997).
   Il  potere  di  fare applicazione della prerogativa di cui all'art.
 68, primo comma  della  Costituzione  non  puo'  essere  condizionato
 dall'eventuale  diverso orientamento della giurisdizione ordinaria ed
 inibisce,  quando  sia  esercitato  in  concreto,   l'inizio   o   la
 prosecuzione  di  qualsiasi giudizio di responsabilita' nei confronti
 del  membro  della  Camera  o  del  Senato  inquisito  o  chiamato  a
 rispondere  per  risarcimento  danni  (sentenza  n. 375 del 1997, che
 richiama le sentenze n. 443 del 1993 e n. 265 del 1997).
   Dall'affermazione della competenza della Camera di appartenenza  ad
 accertare   l'applicabilita'   dell'art.   68,   primo   comma  della
 Costituzione,   deriva   in   particolare,   l'impossibilita'   della
 prosecuzione  del  giudizio  penale e l'obbligo del giudice - qualora
 non  ritenga  di  sollevare  conflitto  di  attribuzione  avverso  la
 dichiarazione   di   insindacabilita'   formulata   dalla  Camera  di
 appartenenza - di dichiarare immediatamente, in ogni  stato  e  grado
 del   processo,  la  causa  di  irresponsabilita'  dell'imputato  che
 discende direttamente  dalla  dichiarazione  di  insindacabilita'  ai
 sensi  dell'art. 68, primo comma della Costituzione (sentenza n.  129
 del 1996).
   Il presente conflitto e' quindi ammissibile  sul  piano  oggettivo,
 per  la  parte  in  cui  chiede  a questa Corte di dichiarare che non
 spetta agli organi del tribunale di Messina  proseguire  il  giudizio
 penale nei confronti del senatore Salvatore Frasca.
   7.  -  Non  si  puo' condividere la tesi, adombrata nei chiarimenti
 formulati dal tribunale di Messina e  dal  giudice  per  le  indagini
 preliminari,  secondo  cui  la  dichiarazione  di insindacabilita' da
 parte del Senato  non  opererebbe  nel  caso  di  specie,  in  quanto
 formulata  in  applicazione  della  procedura  di  cui all'art. 2 del
 decreto-legge n. 466 del 1996, poi decaduto.  La  procedura  indicata
 dal  decreto-legge  citato  si  limitava ad introdurre un obbligo del
 giudice procedente ad  interpellare  la  Camera  di  appartenenza  ed
 attenderne la relativa valutazione per almeno novanta giorni.
   La validita' provvisoria di tale regola procedurale e la successiva
 decadenza del decreto-legge che l'ha introdotta non hanno inciso, ne'
 potevano  incidere  in  alcun modo, sull'assetto costituzionale delle
 competenze,  nell'applicazione  dell'art.  68,  primo   comma   della
 Costituzione,  che  il  Senato,  nel  presente  ricorso, chiede venga
 ripristinato.
   Da un lato, nel caso di specie, l'applicazione da parte del giudice
 della procedura di cui all'art. 2 del decreto-legge n. 466 del  1996,
 ha   dato   luogo   alla   dichiarazione  di  insindacabilita'  delle
 dichiarazioni  rese  dal  senatore  Frasca,  ponendo  in  essere   il
 presupposto sostanziale che, ai sensi dell'art. 68, primo comma della
 Costituzione, impedisce la prosecuzione del procedimento penale.
   Dall'altro,  la  procedura  mediante  la quale e' stata sollecitata
 tale pronuncia non e', con ogni evidenza, in grado di incidere  sulla
 validita'   ed  efficacia  della  dichiarazione  di  insindacabilita'
 formulata dal Senato.
   La  procedura  seguita  permette, invece, di sottolineare la sicura
 riferibilita' della valutazione di insindacabilita' del  Senato  alle
 "opinioni"  che  formano  oggetto  del  procedimento  penale,  che il
 tribunale di Messina ha invece proseguito, e di escludere che vi  sia
 stata  una generica valutazione del contesto documentale nel quale le
 dichiarazioni del senatore Frasca erano contenute (come  richiede  la
 giurisprudenza di questa Corte: sentenza n. 265 del 1997).
   Come  ha  sottolineato,  da ultimo, questa Corte, nelle sentenze n.
 265 e n. 375  del  1997,  la  concreta  deliberazione  della  Camera,
 adottata  nell'esercizio  della  potesta'  ad essa spettante, produce
 l'effetto di obbligare il giudice ad adeguarsi alla valutazione dalla
 stessa compiuta, a meno che egli non ritenga che  la  Camera  stessa,
 con  la  dichiarazione  di  insindacabilita',  abbia illegittimamente
 esercitato il proprio potere, per vizi in procedendo, oppure  perche'
 mancavano  i  presupposti  di  detta  dichiarazione  -  tra  i quali,
 essenziale, quello del collegamento delle opinioni  espresse  con  la
 funzione  parlamentare  ovvero  perche'  tali presupposti siano stati
 arbitrariamente valutati.
   In tale ultima ipotesi, tuttavia, il giudice  non  e'  abilitato  a
 disattendere  direttamente  la  valutazione dell'organo parlamentare,
 bensi' puo' solo provocare il controllo  della  Corte  costituzionale
 sollevando  conflitto di attribuzione: conflitto che si configura non
 gia' nei termini di  una  mera  vindicatio  potestatis,  bensi'  come
 contestazione  di  quel potere in concreto, per vizi del procedimento
 oppure per omessa o erronea valutazione dei presupposti di  volta  in
 volta  richiesti  per  il  suo valido esercizio (v. in particolare le
 sentenze n. 129 del 1996; n. 265 e n. 375 del 1997).
   In conclusione  il  giudice  per  le  indagini  preliminari  ed  il
 tribunale    di    Messina,   di   fronte   alla   dichiarazione   di
 insindacabilita' espressa dal Senato, avevano un'unica alternativa, o
 contestare  tale  dichiarazione   di   insindacabilita',   sollevando
 conflitto  di  attribuzione  davanti  a questa Corte, o prosciogliere
 l'imputato, allo stato del giudizio penale in corso.
   8. - Solo per completezza di esposizione dei termini del conflitto,
 il Senato della Repubblica sottolinea come la  deliberazione  che  ha
 valutato   come  insindacabili  le  opinioni  espresse  dal  senatore
 Salvatore Frasca sia da inquadrare nella giurisprudenza parlamentare,
 secondo cui le dichiarazioni formulate presso gli organi di stampa  o
 in  trasmissioni  televisive  vengono  considerate  espressioni della
 funzione parlamentare, quando  siano  collegate  con  l'esercizio  di
 funzioni   tipiche   del   membro   del   Parlamento;  giurisprudenza
 parlamentare che questa Corte ha ritenuto non arbitraria,  in  almeno
 due occasioni (sent. n. 443 del 1993 e n. 375 del 1997).
   Nella  fattispecie  concreta,  la  Giunta  delle  elezioni  e delle
 immunita' del Senato della Repubblica ha specificamente  valutato  la
 corrispondenza  delle  dichiarazioni  fatte nel corso dell'intervista
 televisiva  rilasciata  dal  senatore  Frasca  con  il  contenuto  di
 interpellanze  ed  interventi,  nell'ambito  della sede parlamentare,
 svolti  dallo  stesso  senatore  Frasca,  motivando   dopo   adeguata
 istruttoria  e  puntuale  esame  degli elementi di fatto (come meglio
 risulta, in particolare, dalla relazione della Giunta delle  elezioni
 e delle immunita' parlamentari, citata sopra al par. 2). Il Senato ha
 quindi  rispettato  il  principio di un adeguato e corretto esame dei
 presupposti per l'applicazione della prerogativa di insindacabilita',
 ai sensi dell'art. 68, primo comma della Costituzione; ne' il giudice
 per   le  indagini  preliminari  o  il  tribunale  di  Messina  hanno
 contestato la congruita' e la completezza di tale valutazione.