ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 186, 187, 222
 e  segg. del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice
 della strada), promosso con ordinanza emessa il 16 gennaio  1998  dal
 pretore  di Brescia nel procedimento penale a carico di Corti Cesare,
 iscritta al n. 247 del registro ordinanze  1998  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  16, prima serie speciale,
 dell'anno 1998;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 13 gennaio 1999 il giudice
 relatore Cesare Ruperto;
   Ritenuto che il pretore di Brescia  -  nel  corso  di  un  giudizio
 penale,  a  seguito  dell'annullamento,  in  data 15 gennaio 1997, da
 parte della Corte di cassazione, della sentenza resa ex art. 444 cod.
 proc.  pen.     dallo  stesso   giudice,   limitatamente   all'omessa
 applicazione   della   sanzione   amministrativa   accessoria   della
 sospensione della patente di guida di cui  all'art.  222  del  codice
 della  strada  -  ha  sollevato,  con  ordinanza del 16 gennaio 1998,
 questione di legittimita' costituzionale degli artt. 186, 187, 222  e
 seguenti del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice
 della  strada),  a'  sensi  dei  quali, all'accertamento del reato di
 guida  in  stato  di  ebbrezza  o  sotto  l'influenza   di   sostanze
 stupefacenti  consegue  la  sanzione  amministrativa accessoria della
 sospensione della patente di guida (artt. 186 e 187), ovvero, qualora
 dalla violazione di norme del codice della strada derivino danni alle
 persone, il giudice applica, con la sentenza di condanna  penale,  la
 sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di
 guida (art. 222);
     che,  secondo  il  rimettente, le norme denunciate - imponendo al
 giudice l'applicazione della sanzione amministrativa accessoria anche
 con la sentenza emessa ai sensi  dell'art.  444  cod.  proc.  pen.  -
 contrastano:
      a)   con  l'art.  3  della  Costituzione,  per  l'ingiustificata
 disparita' di trattamento rispetto all'ipotesi di applicazione  della
 medesima   sanzione   a   se'guito   di   un  accertamento  pieno  di
 colpevolezza;
      b) con l'art. 3 della Costituzione, per l'irragionevole  mancata
 previsione    d'un   regime   di   "caducabilita'"   della   sanzione
 amministrativa, analogo  al  regime  della  pena  inflitta  ai  sensi
 dell'art.  444  cod.    proc.  pen.,  soggetta  all'estinzione di cui
 all'art. 445, comma 2, cod. proc. pen.;
      c) con gli artt. 3 e 25 della Costituzione, per l'ingiustificata
 disparita' di trattamento rispetto  all'ipotesi  di  attribuzione  al
 giudice  penale  di  poteri  di  cognizione  piena sulla colpevolezza
 dell'imputato al fine dell'applicazione della sanzione amministrativa
 accessoria alla sentenza di condanna di cui all'art. 533  cod.  proc.
 pen.;
      d)    con    l'art.    24   della   Costituzione,   in   ragione
 dell'automaticita' dell'applicazione della sanzione amministrativa;
      e) con l'art. 27 della  Costituzione,  per  l'applicabilita'  di
 tale  sanzione  senza  un  previo  accertamento  di  colpevolezza con
 sentenza di condanna;
     che, sempre  secondo  il  rimettente  (il  quale  propone,  quale
 tertium  comparationis  il termine di prescrizione triennale previsto
 dall'art.    157,  primo  comma,  numero  5,   cod.   pen.   per   le
 contravvenzioni  punite  con  la  pena  dell'arresto),  la  normativa
 denunciata  violerebbe  altresi'  gli  artt.  3,  24,  25,  27  della
 Costituzione,  sotto  il profilo della mancata previsione legislativa
 della prescrittibilita' della sanzione amministrativa (da  intendersi
 come  prescrittibilita'  anche dell'illecito amministrativo in quanto
 tale);
     che e' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, che ha concluso per la declaratoria di manifesta  infondatezza
 delle sollevate questioni, deducendo:
      a)   la   natura   amministrativa   della   sanzione,   tale  da
 giustificarne  le  peculiarita'  di  disciplina  rispetto  alle  pene
 accessorie,   cosi'  da  poter  prescindere  dall'accertamento  della
 responsabilita' penale del condannato;
      b) il carattere formale (o comunque di pericolo astratto)  delle
 violazioni  del  codice  della strada alle quali consegue la sanzione
 della sospensione della patente di guida, tale da  renderne  semplice
 l'accertamento,  di  grado e natura diversi rispetto all'accertamento
 della responsabilita' penale;
      c) la riconducibilita' della scelta del  rito  di  cui  all'art.
 444  cod.  proc. pen. alla libera valutazione dell'interessato, senza
 che  gli  effetti  collegati  a  siffatta   scelta   possano   essere
 circoscritti alle conseguenze penalistiche;
      d) la diversita' tra illecito penale ed amministrativo, idonea a
 giustificare la diversita' dei correlativi regimi di prescrizione (la
 cui    disciplina   resta   riservata   alla   discrezionalita'   del
 legislatore).
   Considerato che l'ordinanza di rimessione non contiene  motivazione
 alcuna circa la rilevanza delle questioni concernenti gli artt. 186 e
 187   cod.   strada,  ne'  offre  elementi  di  individuazione  della
 fattispecie cosi' da poter consentire di  identificare  l'imputazione
 in relazione a tali articoli;
     che,   pertanto,   tali   questioni   debbono  essere  dichiarate
 manifestamente inammissibili;
     che, nel censurare l'art. 222  cod.  strada,  il  giudice  a  quo
 sostanzialmente  muove dal presupposto che la sanzione amministrativa
 sia accessoria all'accertamento del reato  (secondo  la  formulazione
 della   rubrica  dell'art.  222  cod.  strada)  e,  percio',  ad  una
 dichiarazione di responsabilita' incompatibile con  la  pronuncia  di
 applicazione  della  pena su richiesta delle parti ai sensi dell'art.
 444 cod. proc. pen.;
     che tale assunto e' manifestamente erroneo. Infatti  la  sanzione
 amministrativa  di  cui  all'art. 222 cod. strada non costituisce ne'
 una pena accessoria, ne' una misura di sicurezza, ne',  propriamente,
 un  effetto penale della sentenza di condanna (v. sentenza n. 373 del
 1996; ordinanze n. 89 del 1997; n. 184 del 1997; n. 190 del 1997;  n.
 422  del  1997;  n.  235  del  1998;  n.  313 del 1998), e dunque non
 presuppone   (logicamente   o   normativamente)  la  declaratoria  di
 responsabilita' penale, attraverso una sentenza di condanna in  senso
 proprio,   bastando  invece  l'accertamento  del  mero  fatto  lesivo
 dell'interesse pubblico; accertamento di  certo  compatibile  con  la
 pronuncia di cui all'art.  444 cod. proc. pen., giusta la consolidata
 giurisprudenza di legittimita';
     che, in particolare, contrariamente a quanto opinato dal giudice
  a  quo il diritto vivente interpreta l'espressione "accertamento del
 reato", contenuta nella rubrica dell'articolo stesso,  nel  senso  di
 accertamento  (nell'ambito  e  nei  limiti  del  procedimento  di cui
 all'art.  444  cod.  proc.  pen.)  del  fatto  lesivo  dell'interesse
 pubblico, al quale consegue l'applicazione di una pena; cosi' venendo
 a  costruire la suddetta sanzione amministrativa come accessoria alla
 sanzione penale (principale), inflitta con una sentenza di condanna o
 con una pronuncia a questa equiparata (in base all'art. 445, comma 1,
 cod. proc. pen.);
     che l'interpretazione seguita dal diritto vivente  valorizza,  in
 tal  senso,  la rubrica della sezione II del capo II del titolo sesto
 del  codice  della  strada  ("sanzione  amministrativa  accessoria  a
 sanzioni  penali"),  evidenziando  che  la relazione tra accessorio e
 principale corre tra due sanzioni, cioe' fra termini omogenei;
     che, per altro verso, cotal rapporto  di  accessorieta'  rispetto
 alla   pena   inflitta  con  una  sentenza  di  condanna  o  sentenza
 equiparata, esclude che il giudice penale possa applicare la sanzione
 amministrativa  senza  limiti  di  tempo,  secondo  quanto  viceversa
 prospettato;
     che,  inoltre,  la  diversa  natura della sanzione amministrativa
 rispetto alla pena giustifica la diversita' di disciplina legislativa
 (v. ordinanze n. 184 del 1997 e n. 420 del 1987);
     che, pertanto, le questioni come sopra ritenute ammissibili  sono
 da dichiarare manifestamente infondate.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.