IL PRETORE
   Letti  gli  atti del processo penale iscritto al n. 12119/1998 R.G.
 Dib. pendente presso questo ufficio nei confronti  di  Micci  Barreca
 Michele nato a Catania il 4 agosto 1933:
                             O s s e r v a
   L'imputato  e'  stato  rinviato a giudizio dal g.i.p. presso questo
 ufficio a seguito di rituale  e  tempestiva  opposizione  avverso  un
 decreto penale di condanna.
   Il  suo  difensore,  prima  dell'apertura  del dibattimento, ha tra
 l'altro eccepito la nullita' del decreto che ha disposto il giudizio,
 perche' lo stesso non e' stato preceduto dall'invito a comparire  per
 rendere l'interrogatorio.
   Il  decidente  ha  quindi  sentito  sul punto il parere del p.m. di
 udienza.
   Cio' premesso, il giudicante rileva che la legge 16 luglio 1997  n.
 234  ha  introdotto un'ipotesi di nullita' del decreto di citazione a
 giudizio davanti al pretore, se lo stesso  non  sia  stato  preceduto
 dall'invito   a  comparire  per  rendere  l'interrogatorio  ai  sensi
 dell'art.  375 c.p.p.
   Si tratta di una nullita'  testualmente  (per  quanto  riguarda  il
 giudizio  pretorile)  al solo decreto di citazione previsto dall'art.
 555 c.p.p., mentre nulla e'  stato  stabilito  espressamente  per  il
 decreto  che  dispone  il  giudizio  emesso  da  g.i.p.  a seguito di
 opposizione a decreto penale di condanna.
   Puo' pertanto verificarsi che due  persone,  imputate  in  distinti
 processi  di  un  reato  della stessa specie, ricevano un trattamento
 distinto, secondo che il p.m. scelga,  in  maniera  discrezionale  ed
 insindacabile  in sede giurisdizionale, di esercitare l'azione penale
 seguendo una delle due modalita'.
   Nel primo caso la persona sottoposta ad indagini preliminari potra'
 infatti  prospettare  all'organo  inquirente  le  proprie  ragioni ed
 addurre elementi a discolpa prima dell'esercizio dell'azione  penale,
 con  la possibilita' che il p.m., ravvisandone gli estremi, chieda al
 g.i.p. la emissione di un decreto di archiviazione; nel secondo caso,
 invece, l'indagato potra' trovarsi, senza essere stato posto in grado
 di difendersi preventivamente, di fronte ad un  decreto  penale  gia'
 emesso  e  non  potra'  piu'  ottenere  l'archiviazione della propria
 posizione, ne' avra' alcun meccanismo processuale  per  "costringere"
 il p.m.  ad assumere l'interrogatorio prima del giudizio.
   L'imputato,  in  questa  seconda  ipotesi, se vorra' prospettare le
 proprie ragioni difensive dovra' necessariamente proporre opposizione
 avverso il decreto  penale  e  chiedere  al  g.i.p.  l'emissione  del
 decreto che dispone il giudizio.
   In  altri  termini, due situazioni potenzialmente identiche vengono
 trattate   in   maniera   difforme,   senza    alcuna    apprezzabile
 giustificazione logica e giuridica e dunque in maniera irragionevole.
   Se  l'imputato  puo'  difendersi  in  entrambe le situazioni, nella
 seconda ipotesi le condizioni per l'esercizio di  tale  diritto  sono
 piu' gravose e la stessa pubblica amministrazione, lato sensu intesa,
 subisce  un  pregiudizio, nella misura in cui e' necessario celebrare
 un pubblico dibattimento (con i costi ed i tempi che  cio'  comporta)
 per definire situazioni processuali che avrebbero, in ipotesi, potuto
 trovare  una definizione anticipata con una richiesta (e con decreto)
 di archiviazione.
   Non puo' dunque ritenersi manifestamente infondata la questione  di
 legittimita'  costituzionale degli artt. 459 e seguenti c.p.p., nella
 parte in cui non prevedono  che  il  p.m.,  prima  di  richiedere  la
 emissione  di  un decreto di condanna, debba contestare il fatto alla
 persona sottoposta ad indagini preliminari con un invito a  comparire
 per    rendere   l'interrogatorio;   i   parametri   di   riferimento
 costituzionale vanno ravvisati, per quanto gia' detto, negli artt.  3
 e 97 della Carta.
   La  questione  e' rilevante nel processo in corso, posto che la sua
 soluzione comporta differenti valutazioni  in  ordine  alla  qualita'
 dell'esercizio dell'azione penale.