ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di  ammissibilita',  ai  sensi  dell'articolo  2,  primo
 comma,  della  legge  costituzionale  11  marzo 1953, numero 1, della
 richiesta  di  referendum  popolare  per  l'abrogazione  del  decreto
 legislativo  23  dicembre  1997,  n.  469, recante "Conferimento alle
 regioni e agli enti locali  di  funzioni  e  compiti  in  materia  di
 mercato  del  lavoro,  a  norma  dell'articolo 1 della legge 15 marzo
 1997, n. 59", limitatamente a:
     Articolo 10, comma 3: "I soggetti di cui al comma 2 debbono avere
 quale oggetto sociale esclusivo l'attivita' di mediazione tra domanda
 e offerta di lavoro."; comma 7, limitatamente alle parole: "devono:
      a) disporre di uffici idonei nonche' di operatori con competenze
 professionali idonee allo svolgimento dell'attivita' di selezione  di
 manodopera;  l'idoneita' delle competenze professionali e' comprovata
 da esperienze lavorative relative, anche  in  via  alternativa,  alla
 gestione,  all'orientamento,  alla  selezione  e  alla formazione del
 personale almeno biennale;
      b) avere amministratori, direttori generali, dirigenti muniti di
 rappresentanza e soci accomandatari, in possesso di titoli di  studio
 adeguati  ovvero  di  comprovata esperienza nel campo della gestione,
 selezione e formazione del personale della durata di almeno tre anni.
 Tali soggetti"; comma 10: "Nei confronti  dei  prestatori  di  lavoro
 l'attivita' di mediazione deve essere esercitata a titolo gratuito.";
 comma  12,  lett.  b),  limitatamente  alle  parole: "e 10", giudizio
 iscritto al n. 121 del registro referendum.
   Vista l'ordinanza depositata il  13  dicembre  1999  con  la  quale
 l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione ha
 dichiarato legittima la richiesta;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 13 gennaio 2000 il giudice
 relatore Carlo Mezzanotte;
   Uditi gli avvocati  Edoardo  Ghera  per  i  presentatori  Capezzone
 Daniele,   Giustino   Mariano   e   De  Lucia  Michele  e  l'avvocato
 Piergiovanni Alleva per la Federazione dei Verdi ed  altri,  Comitato
 per  le  liberta'  e  i  diritti sociali e Partito della Rifondazione
 comunista.
                           Ritenuto in fatto
   1. - L'Ufficio centrale per  il  referendum  costituito  presso  la
 Corte  di  cassazione, in applicazione della legge 25 maggio 1970, n.
 352,  e  successive  modificazioni,  ha  esaminato  la  richiesta  di
 referendum  popolare  -  presentata  l'8  marzo  1999  da quattordici
 cittadini  italiani  e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica,  serie  generale,  n. 57 del 10 marzo 1999 - sul seguente
 quesito: "Volete voi che sia abrogato il d.lgs. 23 dicembre 1997,  n.
 469,  recante  "Conferimento  alle  regioni  e  agli  enti  locali di
 funzioni e  compiti  in  materia  di  mercato  del  lavoro,  a  norma
 dell'articolo  1  della  legge  15  marzo  1997, n. 59", e successive
 modificazioni, limitatamente a:
     Articolo 10, comma 3: "I soggetti di cui al comma 2 debbono avere
 quale oggetto sociale esclusivo l'attivita' di mediazione tra domanda
 e offerta di lavoro."; comma 7, limitatamente alle parole: "devono:
      a) disporre di uffici idonei nonche' di operatori con competenze
 professionali idonee allo svolgimento dell'attivita' di selezione  di
 manodopera;  l'idoneita' delle competenze professionali e' comprovata
 da esperienze lavorative relative, anche  in  via  alternativa,  alla
 gestione,  all'orientamento,  alla  selezione  e  alla formazione del
 personale almeno biennale;
      b) avere amministratori, direttori generali, dirigenti muniti di
 rappresentanza e soci accomandatari, in possesso di titoli di  studio
 adeguati  ovvero  di  comprovata esperienza nel campo della gestione,
 selezione e formazione del personale della durata di almeno tre anni.
 Tali soggetti"; comma 10: "Nei confronti  dei  prestatori  di  lavoro
 l'attivita' di mediazione deve essere esercitata a titolo gratuito.";
 comma 12, lett. b), limitatamente alle parole: "e 10"?".
   2.  -  Con ordinanza depositata in data 13 dicembre 1999, l'Ufficio
 centrale per il referendum ha rilevato che nel quesito  in  questione
 non  sono  specificate  le "successive modificazioni" dei testi delle
 norme indicate e che esse non risultano essere intervenute.
   La  richiesta  di referendum e' stata, quindi, dichiarata legittima
 sul seguente quesito, cosi' riformulato:
     "Volete voi che sia abrogato il d.lgs. 23 dicembre 1997, n.  469,
 recante  "Conferimento  alle regioni e agli enti locali di funzioni e
 compiti in materia di mercato del lavoro,  a  norma  dell'articolo  1
 della legge 15 marzo 1997, n. 59", limitatamente a:
      Articolo  10,  comma  3:  "I  soggetti di cui al comma 2 debbono
 avere quale oggetto sociale esclusivo l'attivita' di  mediazione  tra
 domanda  e  offerta  di lavoro."; comma 7, limitatamente alle parole:
 "devono:
      a) disporre di uffici idonei nonche' di operatori con competenze
 professionali idonee allo svolgimento dell'attivita' di selezione  di
 manodopera;  l'idoneita' delle competenze professionali e' comprovata
 da esperienze lavorative relative, anche  in  via  alternativa,  alla
 gestione,  all'orientamento,  alla  selezione  e  alla formazione del
 personale almeno biennale;
      b) avere amministratori, direttori generali, dirigenti muniti di
 rappresentanza e soci accomandatari, in possesso di titoli di  studio
 adeguati  ovvero  di  comprovata esperienza nel campo della gestione,
 selezione e formazione del personale della durata di almeno tre anni.
 Tali soggetti"; comma 10: "Nei confronti  dei  prestatori  di  lavoro
 l'attivita' di mediazione deve essere esercitata a titolo gratuito.";
 comma 12, lett. b), limitatamente alle parole: "e 10"?".
   L'Ufficio  centrale  ha  infine  stabilito che la denominazione del
 referendum   in   questione    sia:    "Collocamento    al    lavoro:
 liberalizzazione".
   3.  -  Ricevuta  comunicazione dell'ordinanza dell'Ufficio centrale
 per il referendum il Presidente ha convocato questa Corte  in  camera
 di  consiglio  per  il  13  gennaio  2000,  dandone  comunicazione ai
 presentatori  della  richiesta  referendaria  ed  al  Presidente  del
 Consiglio  dei  Ministri, ai sensi dell'art. 33, secondo comma, della
 legge n. 352 del 1970.
   I presentatori, avvalendosi della facolta' prevista  dall'art.  33,
 terzo  comma,  della citata legge, hanno depositato in data 7 gennaio
 2000 una memoria per ribadire l'ammissibilita' della richiesta.
   Essi sostengono innanzitutto  che  le  disposizioni  oggetto  della
 richiesta di abrogazione verterebbero su materie del tutto diverse da
 quelle  per  le  quali  l'art.  75, secondo comma, della Costituzione
 esclude la possibilita' di ricorso al referendum. In particolare, per
 cio'  che  attiene  al  profilo  della  gratuita'  dell'attivita'  di
 mediazione  neiconfronti  dei  prestatori  di  lavoro, la Convenzione
 dell'Organizzazione internazionale del  lavoro  (OIL)  n.  88  del  9
 luglio  1948,  ratificata dall'Italia a seguito della legge 30 luglio
 1952, n. 1089  (Ratifica  ed  esecuzione  della  Convenzione  n.  88,
 concernente  l'organizzazione  del servizio d'impiego, adottata a San
 Francisco   dalla   Conferenza    generale    della    Organizzazione
 internazionale  del  lavoro, il 9 luglio 1948), riguarderebbe il solo
 servizio pubblico di collocamento e  solo  in  riferimento  a  questo
 prevederebbe   la   gratuita'  dell'attivita'  svolta  a  favore  dei
 lavoratori, mentre la richiesta di referendum in questione avrebbe ad
 oggetto la disciplina del collocamento privato, del quale non sarebbe
 affatto vietato l'esercizio a titolo oneroso.
   Ne' un ostacolo all'ammissibilita' del  referendum  sempre  per  il
 profilo della gratuita' dell'attivita' di mediazione per i prestatori
 di  lavoro,  potrebbe  desumersi,  ad  avviso  dei  promotori,  dalla
 Convenzione OIL n. 181 del 19 giugno 1997, in tema di Agenzie private
 di   collocamento,   poiche'  la  stessa  non  sarebbe  stata  ancora
 ratificata  dall'Italia,  riconoscerebbe,  in  ogni  caso,  il  ruolo
 decisivo  delle  agenzie  private  nel  funzionamento del mercato del
 lavoro,  e  non  escluderebbe,  pur  ribadendo  il  principio   della
 gratuita',  all'art.  7,  comma 2, eventuali costi della mediazione a
 carico dei lavoratori,  a  differenza  di  quanto  avrebbe  fatto  il
 legislatore  italiano  ponendo il divieto senza eccezioni oggetto del
 quesito referendario.
   Quanto ai criteri di ammissibilita' elaborati dalla  giurisprudenza
 costituzionale, i presentatori rilevano che il quesito stesso avrebbe
 natura   meramente  abrogativa,  in  quanto  investirebbe  specifiche
 disposizioni  e  sarebbe  formulato  senza  far  ricorso  a  tecniche
 manipolative,   ed   ancora  che  la  disciplina  di  cui  si  chiede
 l'abrogazione non avrebbe carattere costituzionalmente vincolato, dal
 momento che la regolamentazione del collocamento non sarebbe prevista
 in  Costituzione  e  sarebbe  rimessa   alla   discrezionalita'   del
 legislatore.
   Il  quesito, infine, risponderebbe anche ai criteri di omogeneita',
 chiarezza ed univocita', essendo  evidenti  la  finalita'  intrinseca
 della richiesta referendaria, di abrogare determinati vincoli posti a
 carico  delle  agenzie  private di collocamento, l'intima connessione
 delle disposizioni da abrogare, tutte volte a  porre  limitazioni,  e
 l'effetto  dell'eventuale accoglimento della richiesta, abrogativo di
 tali limitazioni.
   4. - Hanno depositato memorie e chiesto di poterle illustrare,  per
 sostenere l'inammissibilita' del quesito, il Comitato per le liberta'
 e  i  diritti  sociali,  il  Partito della Rifondazione comunista, la
 Federazione dei Verdi, l'Associazione nazionale per  la  sinistra,  e
 Alfiero  Grandi  nella  sua  qualita' di Responsabile lavoro dei D.S.
 (Democratici di sinistra).
   5. - Nella camera di consiglio  del  13  gennaio  2000  sono  stati
 ascoltati  l'avv. Edoardo Ghera per i promotori e l'avv. Piergiovanni
 Alleva per i soggetti indicati al precedente punto 4.
                         Considerato in diritto
   1. - Questa Corte, sciogliendo la riserva formulata nella camera di
 consiglio del 13 gennaio  2000,  dichiara  rituali,  per  le  ragioni
 esposte  nella sentenza n. 31 del 2000, anche le memorie depositate e
 illustrate oralmente da soggetti diversi dai presentatori.
   2.  -  La   richiesta   di   referendum   abrogativo,   sulla   cui
 ammissibilita'   la   Corte   e'  chiamata  a  pronunciarsi,  investe
 l'articolo 10 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n.  469,  che
 regola  l'attivita'  privata  di  mediazione tra domanda e offerta di
 lavoro. Il  quesito  referendario  propone  l'abrogazione  di  alcune
 disposizioni:  il  comma  3, a mente del quale i soggetti privati che
 svolgono attivita' di mediazione tra  domanda  e  offerta  di  lavoro
 devono avere tale attivita' quale oggetto sociale esclusivo; il comma
 7, lettera a), il quale stabilisce che essi devono disporre di uffici
 idonei  nonche' di operatori con competenze professionali idonee allo
 svolgimento dell'attivita' di selezione di  manodopera,  soggiungendo
 che  l'idoneita'  di  tali  competenze professionali e' comprovata da
 esperienze  lavorative  relative,  anche  in  via  alternativa,  alla
 gestione,  all'orientamento,  alla selezione e alla formazione almeno
 biennale; il comma  7,  lettera  b),  limitatamente  alla  parte  che
 prescrive  che  i  predetti  soggetti  debbono  avere amministratori,
 direttori  generali,  dirigenti  muniti  di  rappresentanza  e   soci
 accomandatari  in  possesso  di  titoli di studio adeguati, ovvero di
 comprovata  esperienza  nel  campo  della   gestione,   selezione   e
 formazione  del  personale  della durata di almeno tre anni; il comma
 10, che prevede che l'attivita' di mediazione tra domanda eofferta di
 lavoro debba essere esercitata a titolo gratuito  nei  confronti  dei
 prestatori di lavoro; infine, il comma 12, lettera b), nella parte in
 cui,  mediante  rinvio  al  comma  10,  prevede  la  revoca, anche su
 richiesta  delle  Regioni,   dell'autorizzazione   allo   svolgimento
 dell'attivita' di mediazione nell'ipotesi di violazione del dovere di
 gratuita' nei confronti dei lavoratori.
   3.  - Il quesito referendario e' inammissibile, poiche' con esso si
 chiede l'abrogazione di piu' disposizioni non omogenee tra loro,  nei
 confronti  delle  quali  l'elettore  deve  essere  lasciato libero di
 esprimere valutazioni autonome e anche potenzialmente divergenti.
   I commi 3 e 7 dell'art. 10 del d.lgs. n. 469 del 1997 hanno infatti
 riguardo  ai   requisiti   soggettivi   dell'imprenditore   o   degli
 amministratori  (esclusivita'  dell'oggetto sociale; professionalita'
 degli amministratori, dei dirigenti  e  degli  operatori),  ovvero  a
 caratteristiche  oggettive  dell'azienda  (disponibilita'  di  uffici
 idonei). Il comma 10 non concerne requisiti soggettivi o aziendali ma
 pone un limite all'attivita' negoziale dell'impresa (gratuita'  della
 mediazione nei confronti dei prestatori di lavoro).
   Non  vale  sostenere che le disposizioni inserite nel quesito siano
 unificate tra loro dal fine di liberalizzare ulteriormente il mercato
 del lavoro, rimuovendo ogni  limite  potenzialmente  incidente  sulla
 liberta'  dell'impresa.  Ciascuno  dei  limiti  ai  quali  le singole
 disposizioni interessate  dalla  richiesta  abrogativa  mettono  capo
 risponde  a  una diversa istanza legislativa. L'esclusivita' riguarda
 la purezza dell'oggetto dell'impresa che la legge  vuole  indenne  da
 qualsiasi contaminazione, anche la piu' lieve, al punto di precludere
 in  questo  settore  l'assunzione della qualita' di imprenditore alla
 persona fisica per l'altrimenti  inevitabile  commistione  con  altre
 attivita'  negoziali  del soggetto.   I requisiti di professionalita'
 specifica attengono ancora all'impresa nella  sua  globalita'  e  non
 all'uno  o  all'altro  dei  suoi  rapporti contrattuali e mirano alla
 salvaguardia della qualita' del servizio offerto. Con il  vincolo  di
 gratuita' dell'attivita' nei confronti dei lavoratori, il legislatore
 si  propone  di  proteggere  una soltanto delle parti dell'istituendo
 rapporto di  lavoro,  quella  parte  che  anche  in  un  contesto  di
 liberalizzazione  del  collocamento  e' valutata come la piu' debole,
 sia rispetto  al  datore  di  lavoro  che  all'agente  intermediario.
 Unificare  questi  eterogenei  ordini  di  limiti  sotto l'indistinta
 rubrica "liberalizzazione" significa appunto precludere agli elettori
 l'opportunita' di modulare la propria risposta sulla  diversita'  dei
 valori  legislativi  sottesi  alle  singole  disposizioni che formano
 oggetto del quesito.