ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 294 e 302  del
 codice di procedura penale promossi con ordinanze emesse il 22 maggio
 1997 dal tribunale di Verona, l'11 ed il 24 giugno 1997 dal tribunale
 di  Prato,  il 21 ottobre 1997 dal tribunale di Perugia, il 9 ottobre
 1997 dalla Corte d'Assise di Bari, il 10 dicembre  1997  dalla  Corte
 d'Assise  di Napoli, il 27 ottobre 1997 dal tribunale di Milano ed il
 28 gennaio 1998  dalla  Corte  d'Assise  di  Napoli,  rispettivamente
 iscritte  ai nn. 605, 666, 667, 865 del registro ordinanze 1997 ed ai
 nn. 14, 67, 80 e 191 del registro ordinanze 1998 e  pubblicate  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  nn.  39,  41, 52, prima serie
 speciale, dell'anno 1997 ed i nn. 5, 7, 8 e 13, prima serie speciale,
 dell'anno 1998.
   Visto l'atto di costituzione di Kercuku Ramazan;
   Udito nella camera di consiglio del 30 settembre  1998  il  giudice
 relatore Giuliano Vassalli.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -   Il 9 maggio 1995 il giudice per le indagini preliminari del
 tribunale di Prato adottava, nei confronti  di  persona  imputata  di
 bancarotta   fraudolenta,  la  misura  cautelare  della  custodia  in
 carcere, misura  che  veniva  eseguita,  dopo  un  lungo  periodo  di
 latitanza,  il  4  marzo  1997,  nella fase degli atti preliminari al
 dibattimento.
   Dopo aver disatteso la richiesta di revoca  della  misura  avanzata
 dal   difensore   dell'imputato,   il   tribunale   di  Prato,  prima
 dell'udienza  dibattimentale,  premesso   di   non   aver   proceduto
 all'interrogatorio  a  norma  dell'art.  294,  comma 1, del codice di
 procedura  penale,  solo  perche',  secondo  la  pressoche'  costante
 interpretazione  giurisprudenziale, l'interrogatorio c.d. di garanzia
 deve  essere  espletato  esclusivamente  nella  fase  delle  indagini
 preliminari,  ha,  con  ordinanza  dell'11 giugno 1997, sollevato, in
 riferimento agli artt.  3  e  24  della  Costituzione,  questione  di
 legittimita'  costituzionale  degli  artt.  294,  comma  1, e 302 del
 codice di procedura penale, nella parte in cui l'uno non prevede  che
 il  giudice  del  dibattimento  debba procedere all'interrogatorio di
 garanzia anche nella fase degli atti preliminari al giudizio e  nella
 parte  in  cui  l'altro  non  prevede l'estinzione della custodia per
 omesso interrogatorio in tale fase.
   Punto di partenza delle contestazioni del rimettente e' la sentenza
 n. 77 del 3 aprile 1997, con la  quale  la  Corte  costituzionale  ha
 dichiarato,  appunto,  l'illegittimita' costituzionale dell'art. 294,
 comma 1, del codice di procedura  penale,  nella  parte  in  cui  non
 prevede  che,  fino  alla  trasmissione  degli  atti  al  giudice del
 dibattimento, il giudice proceda all'interrogatorio della persona  in
 stato  di custodia cautelare in carcere immediatamente o comunque non
 oltre cinque  giorni  dell'inizio  di  esecuzione  della  custodia  e
 dell'art. 302 dello stesso codice limitatamente alle parole "disposta
 nel corso delle indagini preliminari".
   Dopo  aver  ripercorso  le  argomentazioni della indicata decisione
 della Corte e le (supposte) ragioni, fondate su  motivi  strettamente
 connessi  alla  rilevanza,  che  avrebbero  determinato  la decisione
 stessa a delimitare al  momento  della  trasmissione  degli  atti  al
 giudice  del  dibattimento  la  dichiarazione di illegittimita' della
 normativa ora ricordata, il tribunale ravvisa in tali argomenti  "una
 portata ben piu' ampia rispetto alla conclusione alla quale e' giunta
 la  Corte".  Tanto  piu'  considerando  il  richiamo  contenuto nella
 sentenza n. 77 del 1997 alla  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei
 diritti  dell'uomo  e delle liberta' che richiede "la piu' tempestiva
 presa di contatto con il giudice della persona arrestata o  detenuta,
 a  prescindere  dalla  fase procedimentale in cui la privazione della
 liberta' e' avvenuta". Cosicche' la fase degli  atti  preliminari  al
 dibattimento  - non differenziandosi, sotto il profilo della funzione
 dell'interrogatorio, da quella indicata dalla  Corte  quale  dies  ad
 quem  l'interrogatorio  deve  essere  espletato, derivandone, in caso
 contrario, la caducazione della misura - deve  essere  contrassegnata
 dall'applicazione  degli  artt.  294  e  304  del codice di procedura
 penale secondo la medesima ratio decidendi indicata dalla Corte.
   2.  -  Un'identica  questione  lo  stesso  tribunale  di  Prato  ha
 proposto,  con  ordinanza del 24 giugno 1997, sempre nella fase degli
 atti preliminari al dibattimento a carico di  persona  nei  confronti
 della  quale  la  misura  custodiale,  applicata  dal  giudice per le
 indagini preliminari il 9 maggio 1995, era stata eseguita solo il  12
 giugno  1997,  mentre  il  decreto  che dispone il giudizio era stato
 emesso il 17 ottobre 1995.
   Ha denunciato pertanto, sempre richiamando la ratio decidendi della
 sentenza n. 77 del 1997, in riferimento  agli  artt.  3  e  24  della
 Costituzione,  gli  artt. 294, comma 1, e 302 del codice di procedura
 penale, nella parte in cui l'art. 294, comma 1, non  prevede  che  il
 giudice   del  dibattimento  debba  procedere  all'interrogatorio  di
 garanzia anche nella fase degli atti preliminari al giudizio e  nella
 parte  in  cui l'art. 302 non prevede l'estinzione della custodia per
 omesso interrogatorio in tale fase.
   3.  -  Con  provvedimento  del  16  gennaio  1996 il giudice per le
 indagini preliminari del tribunale  di  Verona  applicava  la  misura
 cautelare della custodia in carcere nei confronti di persona imputata
 di  detenzione  di  sostanze  stupefacenti.  Dopo un lungo periodo di
 latitanza, l'imputato veniva arrestato all'estero e  consegnato  alle
 autorita'  italiane  il  18  aprile 1997, quindi successivamente alla
 trasmissione degli atti  al  giudice  del  dibattimento  fissato  per
 l'udienza del 16 giugno 1997.
   Il  23 aprile 1997 la difesa chiedeva al tribunale di Verona, quale
 giudice del dibattimento, l'immediata liberazione  dell'arrestato  in
 conseguenza  del  mancato  espletamento  dell'interrogatorio  di  cui
 all'art. 294, comma 1, del codice di  procedura  penale;  e  cio'  in
 applicazione  della  sentenza  n. 77 del 1997, la cui ratio decidendi
 sarebbe riferibile anche ai casi  di  mancato  interrogatorio  in  un
 momento  successivo  alla  trasmissione  degli  atti  al  giudice del
 dibattimento.
   Il giudice a quo, premesso che l'istanza era da ritenere infondata,
 attesi  i  limiti  cronologici  all'operativita'   di   entrambe   le
 statuizioni  di illegittimita' connaturati al decisum della Corte, ha
 allora sollevato, con ordinanza del 22 maggio  1997,  in  riferimento
 agli  artt.  3  e  24  della  Costituzione, questione di legittimita'
 dell'art. 294, comma 1, del codice di procedura penale,  nella  parte
 in  cui  non  prevede  che,  anche dopo la trasmissione degli atti al
 giudice del dibattimento, il giudice proceda all'interrogatorio della
 persona in stato di custodia cautelare in  carcere  immediatamente  e
 comunque non oltre cinque giorni dall'inizio della custodia.
   Dopo  aver  ricordato gli argomenti che hanno indotto la Corte alla
 dichiarazione di illegittimita', il giudice a quo ritiene che i detti
 argomenti dovrebbero condurre ad  un'analoga  statuizione  anche  per
 l'ipotesi  in  cui l'esigenza dell'interrogatorio insorga in una fase
 successiva alla trasmissione degli atti al giudice del  dibattimento;
 pure  in  tal  caso, infatti, l'imputato in vinculis verrebbe privato
 "per un tempo considerevole, quello che va dalla  trasmissione  degli
 atti  al  giudice  del  dibattimento, del contatto con il giudice per
 motivi collegati unicamente alla diversita' della fase processuale di
 inizio dell'esecuzione della misura".
   4. - Con ordinanza del 21 ottobre 1997  il  tribunale  di  Perugia,
 premesso  che  uno  degli  imputati  era stato tratto in arresto il 7
 settembre 1997 in esecuzione dell'ordinanza custodiale  adottata  dal
 giudice  per le indagini preliminari il 14 febbraio 1997 e che non si
 era proceduto al suo interrogatorio in  quanto,  alla  stregua  della
 sentenza  costituzionale  n.  77  del  1997,  il  dovere di procedere
 all'interrogatorio di cui all'art. 294 del codice di procedura penale
 sussiste fino al momento della trasmissione degli atti al giudice del
 dibattimento, ha denunciato, in riferimento agli artt. 3 e  24  della
 Costituzione,  l'illegittimita'  degli  artt. 294 e 302 del codice di
 procedura penale, "nella parte in  cui  non  prevedono  l'inefficacia
 della misura cautelare in caso di omesso interrogatorio dell'imputato
 nel   termine   di  cinque  giorni,  anche  nel  caso  di  esecuzione
 dell'arresto  dopo  la  trasmissione  degli  atti  al   giudice   del
 dibattimento".
   Ancora  una  volta  e'  la ratio decidendi della sentenza n. 77 del
 1997   ad   essere   invocata,   sottolineandosi   la    peculiarita'
 dell'"interrogatorio  di  garanzia"  e la sua non sostituibilita' con
 altre forme di presa di contatto con il giudice. Una peculiarita' che
 non  vale certo a limitare nel tempo il dovere di compiere tale atto.
 Tanto piu' che, a seguito della sentenza n. 71  del  1996  di  questa
 Corte,  "non sussistono piu' limiti alla valutazione dei gravi indizi
 di colpevolezza nella fase successiva al rinvio a giudizio" e che  la
 Corte  avrebbe, con la sentenza n. 77 del 1997, indicato come termine
 ultimo  per  l'effettuazione  dell'interrogatorio   il   momento   di
 trasmissione  degli  atti  al  giudice  del  dibattimento  "solo  con
 riguardo ai limiti del devoluto".
   5. - Con ordinanza del 9 ottobre 1997 emessa prima del dibattimento
 la Corte di assise di Bari, rilevato che uno degli imputati era stato
 tratto in arresto in esecuzione del provvedimento custodiale adottato
 il 30 marzo 1996 dal locale  giudice  per  le  indagini  preliminari,
 quando  gia' gli atti erano stati trasmessi alla Corte, ha sollevato,
 in riferimento  agli  artt.  3,  24  della  Costituzione,  anche  qui
 richiamando  la  ratio  decidendi  della  sentenza  n.  77  del 1997,
 questione di  legittimita'  degli  artt  294  e  302  del  codice  di
 procedura  penale  nella  parte  in  cui non prevedono che il giudice
 debba procedere  all'interrogatorio  dell'imputato  immediatamente  e
 comunque  non  oltre  cinque  giorni  dall'esecuzione  della custodia
 intervenuta nella fase predibattimentale.
   Si osserva che pure nella fase successiva alla  trasmissione  degli
 atti  rimane  integra  la  funzione  di  garanzia dell'interrogatorio
 finalizzato ad una pronta verifica della sussistenza dei  presupposti
 per   l'applicazione   della   misura,   anche  considerando  che  il
 dibattimento potrebbe essere differito a norma dell'art.  465  e  che
 anche  le  dichiarazioni  dell'imputato  in  dibattimento (attraverso
 l'esame o le dichiarazioni spontanee) non sono comunque in  grado  di
 essere equiparate all'interrogatorio di cui alla norma censurata.
   6.  -  Pure  alla  ratio  decidendi  della  sentenza n. 77 del 1997
 risulta riferirsi la Corte di assise di Napoli che, con due ordinanze
 del 10 dicembre 1997  e  del  28  gennaio  1998,  ha  denunciato,  in
 riferimento  agli  artt.  3,  10 e 24 della Costituzione, l'art. 294,
 comma 1, del codice di  procedura  penale,  limitatamente  all'inciso
 "Nel  corso  delle  indagini  preliminari",  anche qui in presenza di
 imputato attinto  da  ordinanza  di  custodia  cautelare  in  carcere
 adottata  dal  giudice  per  le  indagini preliminari ed eseguita nel
 predibattimento.
   Il giudice a quo rileva che ne' nella fase degli  atti  preliminari
 al  dibattimento  ne'  in  quella degli atti introduttivi e' prevista
 alcuna forma di interrogatorio. Atto che non e'  contemplato  neppure
 nel  dibattimento  ove  l'imputato  viene esaminato sui fatti oggetto
 dell'imputazione e non sui presupposti della  custodia  cautelare  in
 corso  di applicazione. Per di piu', in processi come quello pendente
 davanti  alla  Corte  di  assise  contrassegnati  da  una  pluralita'
 d'imputati  e da innumerevoli imputazioni, il dibattimento rischia di
 protrarsi per  molti  mesi  senza  che  l'imputato  venga  sottoposto
 all'interrogatorio.
   Con  conseguente  violazione:  dell'art.  3  della Costituzione per
 l'ingiustificata disparita' di trattamento tra  l'imputato  arrestato
 prima  che  gli  atti vengano trasmessi al giudice del dibattimento e
 l'imputato arrestato  dopo  tale  trasmissione;  dell'art.  10  della
 Costituzione,  non  conformandosi la norma censurata alla Convenzione
 per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
 fondamentali  ed al Patto internazionale relativo ai diritti civili e
 politici che richiedono entrambi la piu' tempestiva presa di contatto
 tra imputato e giudice; con  l'art.  24  della  Costituzione  perche'
 l'esclusione   dell'interrogatorio   di   garanzia  viene  a  privare
 l'imputato di un efficace mezzo di difesa.
   7. - Con l'ordinanza del 27 ottobre 1997, il tribunale  di  Milano,
 richiesto  della  scarcerazione  ex  art. 302 del codice di procedura
 penale, di un imputato in vinculis in forza di una  misura  cautelare
 adottata  nel  corso  delle  indagini preliminari ma eseguita dopo la
 trasmissione degli atti al giudice del dibattimento, ha sollevato, in
 riferimento agli artt.  3  e  24  della  Costituzione,  questione  di
 legittimita'  dell'art. 294, comma 1, del codice di procedura penale,
 "nella parte in cui non prevede che, anche dopo la trasmissione degli
 atti   al   giudice   del   dibattimento,    il    giudice    proceda
 all'interrogatorio  dell'imputato  in  stato di custodia cautelare in
 carcere immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dall'inizio
 della custodia".
    Analoghe le argomentazioni adottate, incentrate soprattutto  sulla
 impossibilita'   che   l'interrogatorio   di  garanzia  possa  essere
 sostituito da atti "equipollenti".
   8. - In nessuno dei giudizi si e' costituita la parte  privata  ne'
 ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei Ministri.
                        Considerato in diritto
   1. - Le ordinanze di rimessione sollevano un'identica questione.  I
 relativi  giudizi  vanno,  pertanto,  riuniti  per  essere decisi con
 un'unica sentenza.
   2. - Oggetto comune di censura sono gli artt. 294, comma 1,  e  302
 del  codice  di  procedura  penale,  quali risultanti a seguito della
 sentenza  di  questa  Corte  n.  77  del  1997  che   ha   dichiarato
 l'illegittimita'  costituzionale  dell'uno,  "nella  parte in cui non
 prevede che,  fino  alla  trasmissione  degli  atti  al  giudice  del
 dibattimento,  il giudice proceda all'interrogatorio della persona in
 stato di custodia cautelare in carcere immediatamente e comunque  non
 oltre  cinque  giorni  dall'inizio  di  esecuzione  della  custodia",
 dell'altro, "limitatamente  alle  parole  disposta  nel  corso  delle
 indagini  preliminari".  Cosi'  da  delineare, in forza del congiunto
 intervento, additivo e demolitorio, della Corte, un assetto normativo
 in cui il giudice (e cioe'  sempre  e  comunque  il  giudice  per  le
 indagini  preliminari) e' tenuto a procedere all'interrogatorio della
 persona in stato  di  custodia  cautelare  nei  cinque  giorni  dalla
 privazione  dello  status  libertatis,  non  soltanto,  come previsto
 dall'originario precetto derivante dalle  disposizioni  a  suo  tempo
 denunciate,  nel  corso  delle indagini preliminari, ma anche fino al
 momento della trasmissione degli atti al giudice del dibattimento.
   Tutte le ordinanze, pronunciate successivamente  alla  trasmissione
 degli  atti  a tale giudice, ma prima dell'apertura del dibattimento,
 coinvolgono di nuovo sia l'art. 294, comma  1,  sia  l'art.  302  del
 codice  di  procedura  penale,  censurati  nella  parte  in  cui  non
 prevedono il dovere del giudice di procedere  all'interrogatorio  nei
 cinque  giorni  dall'inizio di esecuzione della custodia cautelare in
 carcere e l'effetto che consegue alla sua mancata effettuazione  fino
 alla fase degli atti preliminari al dibattimento.
   Pure  se  talune  delle  ordinanze di rimessione denunciano il solo
 art. 294, comma 1, del codice di procedura penale, la  denuncia  deve
 necessariamente considerarsi estesa all'art. 302 dello stesso codice,
 risultando  tutti  i provvedimenti introduttivi del presente giudizio
 di legittimita' costituzionale adottati  di  fronte  a  richieste  di
 scarcerazione   per   omesso   interrogatorio   nei   cinque   giorni
 dall'esecuzione della misura. Del resto,  la  comune  evocazione,  da
 parte  dei  giudici a quibus, della sentenza costituzionale n. 77 del
 1997, per trarne la conclusione che o la Corte, per  motivi  connessi
 alla  rilevanza  avrebbe  limitato  il suo intervento fino al momento
 della trasmissione degli atti al giudice del dibattimento ovvero  che
 comunque  l'eadem  ratio  decidendi dovrebbe valere anche per la fase
 successiva a quella  indicata  dalla  detta  decisione,  comprova  la
 conseguenzialita'  fra  tali  denunce  e  la  sentenza della Corte e,
 dunque, il diretto coinvolgimento anche dell'art. 302.
   3. - Ad essere chiamati in causa quali norme-parametro sono, ancora
 una volta, gli artt. 24 e 3 della Costituzione, il primo invocato  in
 alcuni  casi  anche  con  riferimento  alla Convenzione per i diritti
 dell'uomo e delle libera' fondamentali adottata a Roma il 14 novembre
 1950, resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, ed  entrata  in
 vigore  per  l'Italia  il  6  ottobre  1955,  che  richiede  "la piu'
 tempestiva presa di contratto con il giudice della persona  arrestata
 o  detenuta,  a  prescindere  dalla  fase  procedimentale  in  cui la
 privazione della  liberta'  e'  avvenuta";  il  secondo  unanimemente
 ritenuto  vulnerato per la disparita' di trattamento tra imputato che
 venga privato della liberta' personale nella fase  in  cui  gli  atti
 sono   ancora   nella   disponibilita'  del  giudice  delle  indagini
 preliminari e imputato che venga a trovarsi  in  vinculis  dopo  tale
 momento ma prima che il dibattimento abbia avuto inizio.
   Una   delle  ordinanze  indica,  poi,  quale  ulteriore  parametro,
 intrinsecamente collegato alla tutela del diritto di  difesa,  l'art.
 10  della  Costituzione,  anche  qui  con  richiamo  alle convenzioni
 internazionali ratificate e rese esecutive in  Italia;  precisamente,
 oltre  che  la gia' ricordata Convenzione Europea per la salvaguardia
 dei  diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali,  il  Patto
 internazionale  per  i diritti civili e politici, adottato a New York
 il 16 novembre 1966, reso esecutivo con legge  25  ottobre  1977,  n.
 881, ed entrato in vigore per l'Italia il 15 dicembre 1978.
   Le singole articolazioni dei provvedimenti rimessivi rivelano pero'
 qualche,   ma   solo   apparente,   divaricazione,  conseguente  alla
 peculiarita' della fase in cui la misura e' stata  eseguita.  Mentre,
 infatti,  talune ordinanze non indicano quale debba essere il giudice
 tenuto  a  procedere  all'interrogatorio,   altre   ne   rivendicano,
 esplicitamente   o   implicitamente,   l'esecuzione  al  giudice  del
 dibattimento, a norma degli artt. 279 del codice di procedura  penale
 e  91  delle  norme  di  attuazione  dello stesso codice. Ma, poiche'
 nessuno dei rimettenti ha denegato la propria competenza  a  decidere
 sulla  richiesta  di  caducazione  della  misura, tutte le ordinanze,
 anche per ragioni connesse al necessario requisito  della  rilevanza,
 ravvisano  nella fase che va dalla trasmissione degli atti al giudice
 del  dibattimento  all'inizio  del  dibattimento  la  competenza  del
 giudice  di  tale  fase  tanto per l'espletamento dell'interrogatorio
 quanto per l'eventuale dichiarazione di estinzione della misura.  Una
 problematica che  riemerge  con  particolare  efficacia  in  uno  dei
 provvedimenti  rimessivi, precisamente quello pronunciato dalla Corte
 di  assise di Bari, che propone "l'ulteriore connessa questione della
 precisa  individuazione  degli  elementi  probatori  sui   quali   il
 giudicante  potra'  contare  nell'espletamento  di  tale incombente e
 nella formazione del suo convincimento sui presupposti  della  misura
 cautelare.  Se, cioe', simile verifica vada compiuta sulla base degli
 atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento e/o  desumibili  dai
 provvedimenti  cautelari  a sua disposizione oppure - esprimendo, sul
 punto, perplessita' per il "pregiudizio" che potrebbe insinuarsi  nel
 convincimento  del giudice che procede - sulla base di tutti gli atti
 valutati dal giudice per le indagini preliminari prima  dell'adozione
 della misura.
   4. - La questione e', nei termini che seguono, fondata.
   Come  si  e'  ricordato, questa Corte, con sentenza n. 77 del 1997,
 ebbe a  dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  294,
 comma  1,  del  codice  di  procedura penale, "nella parte in cui non
 prevede che,  fino  alla  trasmissione  degli  atti  al  giudice  del
 dibattimento  il  giudice proceda all'interrogatorio della persona in
 stato di custodia cautelare in carcere immediatamente e comunque  non
 oltre  cinque  giorni  dall'inizio  di  esecuzione  della custodia" e
 dell'art.  302  dello  stesso  codice,  "limitatamente  alle   parole
 ''disposta nel corso delle indagini preliminari''".
   La  delimitazione  temporale  e  di  fase  a  suo tempo operata era
 strettamente connessa al requisito della rilevanza, contestandosi  da
 parte di tutte le ordinanze di rimessione che il giudice fosse tenuto
 a  procedere  all'interrogatorio  prescritto  dall'art. 294, comma 1,
 esclusivamente nella fase delle  indagini  preliminari.  Si  ritenne,
 dunque,  che  non fossero sufficienti per argomentare la legittimita'
 dell'assetto  normativo  allora  vigente  e,  conseguentemente,   per
 sottrarre  l'imputato  all'interrogatorio  "di  garanzia" contemplato
 dalla norma anche adesso denunciata, ne' la considerazione  che  dopo
 la chiusura delle indagini l'imputato stesso abbia la possibilita' di
 venire a conoscenza del fascicolo contenente la notizia di reato e la
 documentazione  relativa alle indagini espletate trasmesso al momento
 della richiesta di rinvio a giudizio da parte del pubblico  ministero
 (documentazione   depositata   nella  cancelleria  del  giudice,  con
 notificazione dell'avviso al  difensore  di  prendere  visione  degli
 atti)   ne'   il  rilievo  che  nel  corso  dell'udienza  preliminare
 l'imputato puo' richiedere di essere  sottoposto  ad  interrogatorio;
 sia  perche'  i  tempi,  per  giunta  ordinatori,  intercorrenti  tra
 richiesta  del  pubblico  ministero  ed   espletamento   dell'udienza
 preliminare possono non consentire quella immediata presa di contatto
 tra imputato in vinculis e giudice che e' a fondamento dell'art. 294,
 comma  1, sia perche' l'interrogatorio in sede di udienza preliminare
 - da espletarsi solo su richiesta dell'imputato e non  ad  iniziativa
 del giudice, quale espressione di un suo specifico poteredovere - non
 puo'  identificarsi  con  l'interrogatorio "di garanzia", soprattutto
 con riferimento alle esigenze cautelari e tenuto anche conto del tipo
 di delibazione demandato al giudice al  termine  dell'udienza.  Senza
 che  possano  colmare  una simile lacuna ne' gli strumenti di gravame
 cautelare,  in  ordine  ai  quali  pure  la  legge  consente  l'esame
 dell'imputato   in   vinculis,   ne'  il  procedimento  di  revoca  -
 contraddistinto da una funzione  profondamente  diversa  rispetto  al
 procedimento  incentrato  sulla  genesi  della  custodia - perche' il
 dovere di  interrogatorio  in  tale  sede  scaturisce  dall'esistenza
 proprio   di   una   situazione   che  potrebbe  emergere  a  seguito
 dell'interrogatorio   "di   garanzia",    essendo    l'interrogatorio
 prescritto,  nell'ambito  di  tale  procedura,  solo  se l'istanza e'
 fondata su elementi nuovi o diversi rispetto a quelli gia' valutati.
   5. - Una volta superate le ragioni ostative all'applicabilita'  del
 regime dell'interrogatorio previsto dall'art. 294, comma 1, al di la'
 del   limite   della   fase   delle   indagini  preliminari,  diviene
 contrastante, oltre che con il principio di eguaglianza, anche con il
 diritto di difesa, una norma che non estende tale dovere  dalla  fase
 successiva  alla  trasmissione degli atti al giudice del dibattimento
 fino al momento dell'inizio del dibattimento stesso. Tanto  piu'  che
 l'intervallo  di  tempo  fra  trasmissione  degli  atti ed inizio del
 dibattimento puo' essere contrassegnato da  una  estensione  maggiore
 rispetto  a  quello  che  va  dalla  richiesta  di  rinvio a giudizio
 all'espletamento dell'udienza  preliminare;  con  la  conseguenza  di
 rendere,  in via di principio, ancor piu' irragionevole la diversita'
 di   trattamento   rispetto   alla   previsione    gia'    dichiarata
 costituzionalmente  illegittima.    Tanto da caratterizzare un simile
 regime  come  avente  l'unica,   e   certo   non   costituzionalmente
 tutelabile,  finalita' di protrarre senza limiti di tempo la presa di
 contatto tra imputato e giudice e, di  conseguenza,  di  adottare  un
 trattamento deteriore per il latitante.
   Puo',  dunque,  qui  ripetersi, a maggior ragione, che un regime di
 tal genere priva "l'imputato in vinculis del piu' efficace  strumento
 di  difesa  avente ad oggetto la cautela disposta: di quel colloquio,
 cioe', con il giudice relativo alle condizioni che hanno  legittimato
 l'adozione  della  misura  cautelare  ed  alla  loro  permanenza" (v.
 sentenza n. 77 del  1997).  Ancora  una  volta  potendosi  richiamare
 (senza   che,   peraltro,   ne  risulti  coinvolto  l'art.  10  della
 Costituzione che, secondo l'indirizzo di questa Corte esorbita  dagli
 schemi   del   diritto   internazionale   pattizio)   sia   il  Patto
 internazionale relativo ai diritti civili e  politici  del  1966  (in
 vigore  per l'Italia dal 1978) sia la Convenzione per la salvaguardia
 dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali del 1950 (entrata
 in vigore per l'Italia nel 1955), che reclamano "la  piu'  tempestiva
 presa  di contatto con il giudice della persona arrestata o detenuta,
 a prescindere dalla fase procedimentale in cui  la  privazione  dello
 status libertatis e' avvenuta".
   Appare   chiaro,  poi,  come  l'adempimento  di  un  simile  dovere
 presuppone che non sia stata ancora instaurata la fase  del  giudizio
 che,  per i suoi caratteri essenziali di pienezza del contraddittorio
 e per l'immanente presenza dell'imputato, assorbe la stessa  funzione
 dell'interrogatorio  previsto  dall'art.  294, comma 1; senza contare
 che il giudice del  dibattimento,  quale  giudice  che  "attualmente"
 potra' procedere all'esame dell'imputato in vinculis su ogni elemento
 dell'imputazione e sulle condizioni legittimanti lo status custodiae,
 ha  in  ogni  momento della fase la possibilita' di verificare sia la
 legittimita' dello status sia  la  permanenza  delle  condizioni  che
 determinarono l'adozione della misura custodiale.
   6.    -    L'affermazione,    costituzionalmente    imposta,    che
 l'interrogatorio di  garanzia,  oltre  che  un  obbligo  del  giudice
 costituisce  un  diritto  fondamentale  della persona sottoposta alla
 custodia anche nella fase successiva alla trasmissione degli atti  al
 giudice  del  dibattimento e fino all'inizio del dibattimento stesso,
 non  comporta  soluzioni necessitate quanto al giudice a cui affidare
 il compito di procedere all'interrogatorio e agli atti da  utilizzare
 a   tal   fine,   ne'   in   ordine  al  termine  congruo  entro  cui
 l'interrogatorio deve essere effettuato e alle  conseguenze  connesse
 all'inosservanza del termine stesso.
   E'   compito   del   legislatore,   nel   rispetto   dei   principi
 costituzionali affermati dalla presente decisione, operare le  scelte
 discrezionali   che   sottostanno   alla  soluzione  degli  anzidetti
 problemi, tenendo conto delle specifiche esigenze connesse alla nuova
 fase processuale - diversa da quelle a cui  si  riferiva  l'originale
 disciplina  dell'art.    294  cod.  proc.  pen.  come integrata dalla
 sentenza n. 77 del 1997 di questa Corte -  alla  quale  viene  esteso
 l'obbligo dell'interrogatorio di garanzia.
   In  attesa  dell'intervento  legislativo, sara' il giudice a trarre
 dal sistema in vigore, come integrato dalla  presente  pronuncia,  le
 soluzioni  piu'  corrette in ordine alla competenza, alle modalita' e
 al termine per l'osservanza dell'obbligo di interrogatorio, nonche' a
 valutare, anche in relazione alle  concrete  situazioni  processuali,
 incidenza,  effetti  e modo di operare della pronuncia medesima sulle
 misure cautelari in atto.
   7. -  Deve,  conseguentemente  essere  dichiarata  l'illegittimita'
 costituzionale  dell'art.  294,  comma  1,  del  codice  di procedura
 penale, nella parte in cui non  prevede  che  fino  all'apertura  del
 dibattimento  il  giudice proceda all'interrogatorio della persona in
 stato di custodia cautelare in carcere.