IL GIUDICE DI PACE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza, nella causa  civile  iscritta
 al  n.  131/1998  r.g.  e  promosso  da  Perrone  Vincenzo con l'avv.
 Pierpaolo Pezzuto, attore;
   Contro il Consorzio di  bonifica  Ugento  e  Li  Foggi  con  l'avv.
 Antonio  Macri',  convenuto;  ed  avente per oggetto: accertamento di
 insussistenza del potere impositivo del Consorzio  e  ripetizione  di
 somme versate a titolo di contributi.
   Il  giudice,  sciogliendo  la riserva formulata a verbale d'udienza
 che precede;
                      Premesso e ritenuto in fatto
   1. - Con atto di citazione notificato il  10  luglio  1998  Perrone
 Vincenzo evocava in giudizio davanti a questo giudice il Consorzio di
 bonifica  Ugento  e  Li  Foggi e, deducendo di essere proprietario di
 alcuni terreni agricoli siti in agro di Otranto, che  non  hanno  mai
 goduto  di  beneficio  alcuno dall'attivita' del Consorzio - peraltro
 mai svolta - chiedeva si accertasse e dichiarasse l'insussistenza del
 potere impositivo del consorzio e  conseguentemente  l'illegittimita'
 della  pretesa  di  pagamento della somma di L. 26.000, portata dalla
 cartella di pagamento n. 8401722, dichiarando  che  nulla  e'  dovuto
 dall'istante   al  consorzio  per  contributi  di  bonifica,  nonche'
 condannare il consorzio alla restituzione della somma  di  L.  52.000
 indebitamente  percepita  per  gli  anni 1995/1996, oltre interessi e
 danno da svalutazione monetaria a far tempo dagli avvenuti versamenti
 al soddisfo.
   2. - Instauratosi il contraddittorio, si costituiva in giudizio  il
 consorzio  convenuto  e,  facendo  leva sulla sentenza della Corte di
 cassazione a sez. unite n. 9493/1998, eccepiva,  preliminarmente,  il
 difetto  di  competenza  per  materia  del giudice adito sia ai sensi
 dell'art. 9, comma  2,  c.p.c.  poiche',  vertendosi  nella  presente
 controversia  in  materia  di  natura  tributaria, la sua cognizione,
 esclusiva  ed  inderogabile,  e'  devoluta  al  tribunale   ordinario
 territorialmente  competente, sia anche ai sensi degli artt. 9, comma
 1, c.p.c. e del combinato disposto di cui agli artt.  7  e  8  c.p.c.
 poiche',   essendo  i  contributi  consortili  oneri  reali,  il  cui
 pagamento  e'  collegato  al  diritto  di  proprieta'   dell'immobile
 ricompreso  nel  perimetro  del comprensorio di bonifica, trattasi di
 controversia di natura immobiliare, regolata a seconda  della  soglie
 di valore, sottratta comunque alla competenza del giudice di pace.
   Nel   merito,   poi,   resisteva  alla  domanda,  contestandone  il
 fondamento.
   3. - Dovendosi delibare sulle questioni sollevate in rito, le parti
 venivano invitate a precisare le proprie conclusioni che  sono  state
 rassegnate  mantenendo ferme le rispettive posizioni, mentre l'attore
 si rimetteva alla decisione del magistrato in  ordine  alla  spiegata
 eccezione di incompetenza, e questi si riservava di provvedere.
                     Considera e rileva in diritto
   1.  -  Anzitutto  sara'  opportuno  chiarire che questo giudice, in
 passato, ha gia' avuto modo di occuparsi della  trattazione  di  casi
 analoghi  e  si  e'  pronunziato  affermando  la propria competenza a
 conoscere della domanda, fondando tale convincimento sul  presupposto
 che non si puo' inquadrare l'azione di parte attrice nel novero delle
 controversie  di  natura  tributaria per svariate ragioni normative e
 giurisprudenziali, delle quali non  possiamo  che  far  cenno,  nella
 consapevolezza   che   non   e'   affatto  agevole  ne'  pacifica  la
 individuazione della tipologia delle prestazioni monetarie imposte ai
 fini della loro riconducibilita' nell'ampia accezione di  prestazioni
 di natura tributaria.
   2.  -  Una  di  queste  e'  sicuramente il contributo consortile di
 bonifica, che ha dato  origine  a  varie  interpretazioni  e  le  cui
 nozioni  sono assai controverse, poiche' c'e' chi lo ha escluso e chi
 invece lo vorrebbe ricomprendere nella categoria di tributi,  facendo
 cosi'  tuttora  permanere  il  disaccordo tra i fautori delle opposte
 teorie:
     a) il consorzio  ritiene  che  abbia  natura  tributaria,  ma  il
 predetto  contributo,  pur  essendo  strutturato  giuridicamente come
 l'imposta, costituendo una forma di concorso  pecuniario  alle  spese
 del  consorzio  di  bonifica  quale corrispettivo dell'onerato per il
 vantaggio  (tale  qualificato  proprio  dal  legislatore  e,  quindi,
 suscettibile di valutazione economica)  da  lui  ricevuto  a  seguito
 della specifica attivita' che l'Ente effettua nell'interesse precipuo
 della   collettivita',   tuttavia   differisce  dall'imposta  per  la
 peculiarita'  specifica  del   presupposto,   atteso   che   acquista
 preminente  rilevanza  giuridica  il  collegamento tra la spesa fatta
 dall'Ente impositore ed il vantaggio che ne deriva all'obbligato  dal
 compimento  di attivita' da parte di quello (cfr.  artt. l, 5 e segg.
 d.-l. 28 novembre 1938, n. 2.000 e n. 31 legge 5 marzo 1963 n. 246  e
 Cass. civ. a sez. un. 14 ottobre 1996 n. 8960).
     b)   inoltre,   se  sotto  l'aspetto  strutturale  il  contributo
 consortile, che ha una causa sottostante,  si  puo'  rapportare  alla
 figura  dell'imposta, che invece ne e' priva' e quindi e' considerata
 acausale, tuttavia nella pratica legislativa  bisogna  procedere  con
 cautela e porre alquanta attenzione per poter distinguere di volta in
 volta  le  varie  ipotesi  di  contributi  che rappresentano quote di
 concorso tributario e che rientrano,  percio',  nella  categoria  dei
 tributi veri e propri come sopra delineata ed i contributi che invece
 hanno  differenti presupposti e fondamento, quantunque la loro natura
 sia di diritto pubblico, ma che in sostanza costituiscono delle  vere
 e  proprie  prestazioni non tributarie, in quanto si inquadrano in un
 contesto obbligatorio intercorrente tra il singolo e l'Ente pubblico.
     c) giova tal proposito evidenziare che il termine contributo  col
 tempo  si  e'  deteriorato,  inflazionandosi, essendo, nella pratica,
 usato in diverse accezioni che a volte nulla hanno a che fare  con  i
 tributi,  come  nel  caso  di  specie.  Difatti  per  contributo puo'
 intendersi l'obolo  volontario,  o  quello  liberamente  accettato  a
 richiesta  (si  pensi al contributo di concorso al rimborso spese del
 piu'  vario  genere,  quali;  di  spedizione,  di   laboratorio,   di
 riscaldamento,  ecc.,  o  al  contributo per l'iscrizione a comitati,
 circoli, associazioni e via dicendo) ovvero,  infine,  il  contributo
 puo'  essere  adeguato  alla  spesa  effettiva  di  prestazioni varie
 compiute dall'Ente in  favore  del  singolo.  Tutti  questi  tipi  di
 contributo,  ed in particolare quello riferito al puro rimborso delle
 spese, non possono mai  configurarsi  come  tributo,  in  particolare
 quando tali spese siano riferibili e rapportabili ad un vantaggio per
 il  soggetto  che  deve contribuirvi, anche se il contributo e' stato
 imposto prescindendo dalla sua volonta'.
     d)  sarebbe  lungo,  comunque,  analizzare  tutti   i   tipi   di
 contributo, ma e' sufficiente individuare le ipotesi che, per la loro
 peculiarita', non sono riconducibili, nemmeno in modo indiretto, agli
 schemi   tributari.     Tra  questi  vanno  annoverati  i  contributi
 consortili di bonifica.  Le differenze piu' rimarchevoli riguardano i
 contenuti normativi che li legittimano. Difatti, mentre e'  difficile
 che  veri  e  propri  tributi  siano  imposti  senza  che la legge ne
 determini tutti gli elementi costitutivi, sono  invece  relativamente
 frequenti    le    prestazioni    patrimoniali;   rese   generalmente
 obbligatorie, sia pure con una legge, sotto forma di  contributi,  ma
 che   in   definitiva  si  concretano  con  atti  di  organi  o  enti
 amministrativi a cui favore le obbligazioni sono disposte.
   E cosi, in definitiva, sono gli stessi enti che, con  provvedimenti
 puramente   amministrativi,   determinano,   fissano   ed   impongono
 obbligazioni in favore di se stessi. Siffatte imposizioni non sono di
 certo riconducibili agli schemi tributari in  senso  stretto  poiche'
 non  sono predeterminate dalla legge impositiva che, avendo efficacia
 limitata, le  lascia  alla  discrezionalita'  dell'Ente  pubblico  il
 quale,  in  aperta  violazione  della  norma  costituzionale (art. 23
 Cost.) e in difetto, sotto il profilo formale, delle fonti normative,
 le  determina,  le  modifica,  le  sospende  o  le  annulla   a   suo
 insindacabile giudizio o arbitrio, donde il proliferare delle liti ed
 il  conseguente ricorso al giudice per la soluzione di volta in volta
 dei problemi connessi, poiche' il principio di legalita'  dell'azione
 amministrativa  dell'ente in materia di contributi di bonifica non ha
 una enunciazione costituzionale  espressa  e  non  puo'  percio'  mai
 surrogarsi   alla   legge  senza  potersi,  al  contrario,  escludere
 iniziative  o  risultati  arbitrari.  In  questo  regime  operano  in
 particolare  i  consorzi  di bonifica, i quali, quantunque carenti di
 potere impositivo vero e proprio secondo i canoni  normativi,  attesa
 la  natura  non  tributaria del contributo, ricorrono ad un potere di
 imposizione di natura amministrativa.
   Quindi allorche' si parla di potere  impositivo  per  questi  enti,
 dovra' intendersi e tenersi conto che trattasi di un potere improprio
 che  riposa  su  atti  amministrativi  anziche' su fonti normative. I
 contributi,   in   definitiva,   sono   delle   prestazioni   imposte
 particolari.    In  tal  senso e' la giurisprudenza di questo ufficio
 (cfr. giudice di pace Otranto 27 gennaio 1998, n.  2-12;  giudice  di
 pace Maglie 14 marzo 1998, n. 41). Per cui oggi, oggi, questo giudice
 di  fronte  alla  posizione  di  netta chiusura assunta dalle sezioni
 della Suprema Corte di cassazione con la citata sentenza n. 9493/1998
 che, mutando e sostanzialmente ampliando  il  principio  espresso  in
 precedenza,  ed  e  tutti  quelli  di segno opposto, riconosce natura
 giuridica tributaria piena ai contributi consorziali, si e' venuto  a
 trovare - quantomeno - in una posizione di evidente confusione, oltre
 che di sconcerto, come sara' chiarito di seguito.
   3  -  Allo stato, non puo' intanto non osservare che, attagliandosi
 la fattispecie in esame, integralmente e senza sbavatura  alcuna,  al
 principio  recentemente affermato dalla Corte di cassazione, anche al
 fine di scongiurare ulteriori ricorsi (per le pregresse decisioni non
 piu' eludibili e dall'esito gia' scontato, con conseguenti danni alla
 parte debole incisa  dalla  obbligazione  contributiva)  alla  stessa
 Corte   in   ordine   alla  competenza  a  conoscere  della  presente
 controversia, regola, logica e buon senso, da una parte, imporrebbero
 al giudicante il dovere di conformarsi all'insegnamento della Suprema
 Corte e, delibando, di spogliarsi della causa declinando  la  propria
 competenza  in  favore del tribunale di Lecce; d'altra parte, invece,
 poiche' contestualmente la decisione della  Corte  nell'enunciare  il
 nuovo  principio  (se  fosse  stato vecchio non serviva ribadirlo, in
 quanto in precedenza si  erano  avute  tutt'al  piu'  caute  e  vaghe
 aperture) non solo ha sovvertito le proprie convinzioni, apportandovi
 non  poche  perplessita',  ma non ha tenuto in nessuna considerazione
 neanche il pensiero antiteticamente  espresso,  appena  quattro  mesi
 prima,  dalla  Corte  costituzionale  con  la  sentenza  n.  26/1998,
 travolgendolo e finendo, di fatto, con l'insinuarvi una nutrita serie
 di dubbi sulla legittimita' costituzionale; dell'interpretazione data
 alla competenza per materia in tema di contributi  consorziali,  tali
 dubbi  consigliano,  per  ora,  remora  all'eventuale declaratoria di
 spoglio, allo scopo di poter investire il giudice delle  leggi  sulle
 questioni  di  legittimita'  costituzionale  che  si  ha  in animo di
 sollevare d'ufficio e  che  necessitano  di  adeguato  e  qualificato
 riscontro chiarificatore.
   4.  -  Fatta questa considerazione di carattere generale e prima di
 affrontare ed enucleare ogni  altra  questione  di  diritto,  non  e'
 superfluo  evidenziare  che  in  tema  di  contributi  di consorzi di
 bonifica, tutti quanti i giudici, a cominciare dal  giudice  di  pace
 per  salire  fino  alla  Corte  costituzionale,  passando anche per i
 giudici tributari, sono stati chiamati a pronunziarsi.
   Segno  evidente  della  -  fino  ad  ora  -   regnante   incertezza
 generalizzata  e  diffusa  la  cui soluzione e' stata, in mancanza di
 qualsivoglia normativa di riferimento,  lasciata  alla  merce'  della
 sensibilita' ed interpretazione soggettiva di ciascun giudicante, con
 la  ovvia  conseguenza di pronunzie antitetiche e contrastanti il che
 dimostra  la  assoluta  mancanza   di   uniformita'   di   indirizzo.
 Tralasciando  -  allo  stato  -  le  innumerevoli  e  contraddittorie
 sentenze del giudice di merito, del resto impossibile da  elencare  o
 solo  da  menzionare,  si desidera qui richiamare l'attenzione di chi
 legge, su quelle (non tutte)  piu'  significative  pronunziate  dalla
 Corte  di  cassazione in successione cronologica ed in un lungo lasso
 di tempo della durata di molti lustri, a partire dalla sent. 208/1953
 per giungere all'ultima del 26 giugno-23 settembre 1998 n. 9493.
   5. - Anche dalla lettura delle decisioni dei giudici di detta Corte
 si desume un lento ed incessante altalenare di  giudizi  contrastanti
 mediante  i quali, a volte espressi con linguaggio piu' o meno chiaro
 ed  altre  vago,  sottile  e  sfumato,  si  e'  affermato  la  natura
 tributaria  dei  contributi (Cass. 5 luglio 1965 n. 1546) per poi - a
 sezioni unite - negarla (cfr. Cass. 5 luglio 1975 n. 2621) per quindi
 reiteratamente riaffermarla (Cass. 29 aprile 1976 n. 1531;  25  marzo
 1978  n.  1448 e 30 gennaio 1979 n. 662) e, quindi nuovamente negarla
 (Cass. 11 febbraio 1985 n. 1118) per poi ritornare, a sezioni  unite,
 ad  affermarla  nuovamente  (Cass.  18 giugno 1986 n. 4081; 27 giugno
 1986 nn. 4273 e 4274; 14 luglio 1986 n. 4542;  26  febbraio  1987  n.
 2050;  8  febbraio  1988  n.  1371) ed infine a ridimensionarla (cfr.
 Cassazione sez. nn.    15  maggio  1991  n.  5443;  cui  fa  espresso
 riferimento  la  Corte  costituzionale nella sua sentenza n. 26/1998)
 "assimilandola, ma non come assoluta ma limitata piuttosto  a  taluni
 fondamentali aspetti ..." per poi nuovamente riaffermarla (Cass. sez.
 un.  10  marzo 1992 e 4 febbraio 1993 n. 1396) e quindi di nuovo piu'
 volte escluderla (Cass. 5 febbraio 1997 n. 1094; 25  agosto  1997  n.
 7954)  per  nuovamente  riaffermarla,  sostenendo la necessita' di un
 ripensamento ed ammettendo di "essere indotta a mutare  orientamento"
 (Cass. 29 settembre 1997 n. 9534).
   Si  e'  ritenuto  di  far  ricorso  a  tale iter giurisprudenziale,
 peraltro parziale e limitato al giudice di  legittimita',  al    solo
 scopo di evidenziare alcune sue oscillazioni decisionali susseguitesi
 nel  tempo  in  tema  di contributi di bonifica, stante l'inerzia del
 legislatore in subiecta materia e per sottolineare che,  in  tema  di
 contributi,  non  tutto  era poi cosi' chiaro, persistendo tuttora un
 concentrato di problemi che si agitano.
   6. - Accantoniamo  ora  il  coacervo  delle  piu'  o  meno  recenti
 pronunzie  giurisprudenziali,  sia di merito che di legittimita', per
 porre mente unicamente alle due recenti pronunzie delle Supreme Corti
 di giustizia sopra richiamate ed esaminarne - in consecutio  temporum
 -  determinati peculiari aspetti, ed a tal fine non ci si puo esimere
 dal fare un cenno anche a taluni altri rilievi a suo tempo effettuati
 in  materia   dalla   Corte   costituzionale,   con   interpretazioni
 adeguatrici.
     a)  anzitutto  va  sottolineato che codesta Corte, con interventi
 oculati e mirati nel tempo, anche recente, e con principio univoco ed
 ormai consolidato, ha inciso  su  alcune  disposizioni  di  legge,  a
 partire  dalle  entrate  di  certi  enti  pubblici che - a cagione di
 comprovati ed ingiustificati privilegi loro concessi dal  legislatore
 in  tema  di riscossione - si presumeva poterle ricondurre nell'alveo
 della  materia  tributaria,  bollando   quale   "discriminatoria   ed
 arbitraria,  sotto  il  profilo  della violazione dei mezzi di difesa
 giurisdizionale,  la  disciplina  mediante  rinvio  alle  norme   che
 regolano  la procedura di riscossione delle imposte dirette, disposta
 nei confronti di  entrate  di  natura  non  tributaria"  (cfr.  sent.
 318/1995,  239/1997 e 372/1997 per giungere oggi - a seguito di nuova
 sollecitazione finalizzata a sciogliere dubbi sulle proposte  censure
 di  incostituzionalita' dell'art. 21 del R.D. 13 febbraio 1933 n. 215
 - ad evidenziare che, proprio in tema di contributi di  bonifica,  ai
 fini   dell'applicabilita'   di  questo  principio  giurisprudenziale
 (quello teste' menzionato - n.  d.r.-)  nella  fattispecie  in  esame
 assume  particolare  rilievo la qualificazione dei contributi pretesi
 dagli Enti di bonifica, formulata dalle sezioni unite della Corte  di
 cassazione   che,   confermando  un  precedente  orientamento,  hanno
 statuito che "pur dovendosi collocare le prestazioni patrimoniali  in
 questione  nell'area  applicativa  dell'art.   23 della Costituzione,
 l'assimilazione dei contributi consortili ai tributi erariali non  si
 profila  come  assoluta,  ma limitata piuttosto a taluni fondamentali
 aspetti, tra cui quello dell'esazione"  (cfr.    Cass.,  sez.  unite,
 sent.  5443/1991)"  per  poi,  in  definitiva,  chiarire,  ampliare e
 rafforzare il concetto sulla qualificazione giuridica dei  contributi
 sottilmente,   sfumatamente  e  vagamente  espresso  dai  giudici  di
 legittimita', ribadendo con grande chiarezza  che  "i  contributi  in
 questione  non  sono  configurabili  per  caratteri  ontologici, come
 prestazioni  patrimoniali  aventi  l'identica  natura  giuridica  dei
 tributi  erariali  e  non  rientrano quindi integralmente nel sistema
 disciplinare delle imposte  dirette  cosicche'  al  massimo  si  puo'
 riscontrare   -  come  gia'  rilevato  dalle  sezioni    unite  della
 Cassazione - una  loro  ''assimilazione''  alle  entrate  tributarie,
 peraltro  solo  parziale  e  limitata,  per  quanto qui interessa, ai
 profili  procedimentali  della  riscossione  coattiva"  (cfr.   sent.
 26/1998 Corte cost.).
     b)  ora, se le espressioni servono a manifestare un concetto e le
 parole hanno un senso, cerchiamo di coglierlo uscendo dal generico ed
 enucleandolo, se occorre,  anche  sotto  l'aspetto  semantico,  dalla
 lettura  e  dal  confronto  delle  sentenze  n. 5443/1991 della Corte
 Suprema di cassazione n. 26/1998 della Corte Costituzionale, al  fine
 di   trarne   elementi  piu'  marcati  di  chiarezza,  oltre  che  di
 apprendimento.
   Ed invero, in ordine alla ricerca ed  individuazione  della  natura
 giuridica   dei   contributi   consortili   ai  fini  di  una  esatta
 collocazione di questi  nell'ambito  dell'ordinamento  giuridico,  le
 sezioni  unite  della  Corte  di cassazione - lo abbiamo gia' udito -
 hanno  chiaramente  parlato  di  una  loro  assimilazione  ai tributi
 erariali, precisando altresi che "l'assimilazione non si profila come
 assoluta, ma limitata piuttosto a taluni fondamentali aspetti...".
   Orbene, se "assimilare" nell'accezione comune del termine non  v'e'
 dubbio  che  voglia  dire  "configurare"  (cioe'  dare ad una cosa la
 figura di un'altra cosa) e se poi, per di piu', questa  assimilazione
 non si profila come assoluta, ma limitata piuttosto a taluni aspetti,
 par  di cogliere, o e' come dire, che il paragone, l'accostamento tra
 il contributo ed il tributo non e' affatto netto, pieno, assoluto, ma
 appunto limitato a taluni aspetti. In altri termini ed a voler essere
 ancora  piu'  espliciti,  si  lascia  chiaramente  intendere  che  il
 contributo  consortile  di  bonifica  e' una figura spuria di tributo
 (esattamente come aveva sostenuto questo giudice  in  premessa),  cui
 sicuramente  difetta  l'elemento essenziale caratterizzante l'imposta
 in genere.
   Come dire che il contributo potrebbe essere un  tributo,  ma  anche
 non esserlo; anzi si dice chiaramente che somiglia poco ad un tributo
 e per di piu' limitatamente a taluni fondamentali aspetti. Ma v'e' di
 piu'|
     c)  difatti,  a  questa  timida e labile apertura, espressa dalla
 Corte di  cassazione,  e'  stato  in  seguito  tolto  ogni  residuale
 elemento di incertezza dall'intervento della Corte costituzionale del
 23  febbraio  1998 con la sentenza n. 26/1998, mediante la quale, con
 linguaggio quanto mai significativo ed esplicito, riprendendo proprio
 il concetto espresso dalle sezioni unite sub parag. 6/a)  illustrato,
 lo  amplia  e  lo  rafforza  affermando  con estrema chiarezza che "i
 contributi  in  questione  non  sono  configurabili   per   caratteri
 ontologici,  come  prestazioni  patrimoniali aventi l'identica natura
 giuridica dei tributi erariali e non rientrano quindi,  integralmente
 nel sistema  disciplinare delle imposte dirette, cosicche' al massimo
 si  puo'  riscontrare  una loro assimilazione alle entrate tributarie
 peraltro solo parziale e limitata... ai profili procedimentali  della
 riscossione  coattiva"  (cfr.  Sent.  n.  26/1998  Corte  cost.)  per
 proseguire poi, con riferimento alla riserva, prevista  dalla  norma,
 del   potere  cautelare  ad  un  organo  amministrativo  in  tema  di
 riscossione  dei  contributi  consortili  di  bonifica,  arrivando  a
 qualificarla  "incongrua  e  discriminatoria"  (in precedenza l'aveva
 bollata anche come "arbitraria" con sent.    n.  239/1997)  sotto  il
 profilo  della  limitazione degli strumenti di difesa giurisdizionale
 del debitore  inciso  dal  contributo,  imponendogii  "un  sacrificio
 assolutamente  sproporzionato  rispetto alle finalita' ed alla natura
 dell'ente creditore" (cfr. Sent. n. 239/1997) e facendo  cosi  calare
 la scure bonificatrice sulla norma definita iniqua.
     d)  il  principio affermato dal giudice delle leggi e' essenziale
 per poter definire il caso di specie, poiche' chiarisce -  una  volta
 per  tutte  -  che  la  natura  della  prestazione  non  possa essere
 ricercata ed individuata nel privilegio, (che e' poi l'unico elemento
 che in un certo senso ha fin qui indotto a ritenere che il contributo
 di bonifica avesse natura tributaria), conferitogli dalla  legge  per
 la  sua  esazione  o,  ancora  e  meglio,  che la obbligatorieta' dei
 contributi consortili ed il fatto che questi siano "esigibili con  le
 norme  ed  i  privilegi  stabiliti  per  l'imposta fondiaria" non gli
 conferiscono di diritto il crisma della natura tributaria, difettando
 nel  patrimonio genetico di questi il DNA proprio dei tributi. Non si
 comprende, quindi, a quale titolo dovrebbero derogare dalla ordinaria
 competenza giurisdizionale  e  trasmigrare,  sconfinando,  in  quella
 speciale per materia riservata al tribunale, senza che il legislatore
 gli abbia mai attribuito tale diritto di cittadinanza.
     e)  l'indirizzo  in  precedenza  espresso,  e di cui e' cenno sub
 parag. 6/a, e' stato oggi ripudiato dalla stessa Cassazione a sezioni
 unite con la sentenza n. 9493/1998 del 26 giugno 1998, con  la  quale
 sembrerebbe  ormai - si presume e si spera - definitivamente chiarito
 che "i contributi spettanti  ai  consorzi  di  bonifica...  rientrano
 nella  categoria  generale  dei  tributi,  con  la conseguenza che la
 competenza per materia a conoscere della  domanda  con  la  quale  il
 contribuente  chiede la restituzione delle somme versate... spetta al
 tribunale ordinario, ai sensi dell'art. 9, comma 2,  c.p.c.  Anzi  il
 giudice  di  legittimita'  non  ha  ritenuto  di  doverlo confermare,
 precisando che non possa  invocarsi  in  contrario  quanto  affermato
 dalle  sezioni  unite  il  15  maggio  1991  con la sentenza n. 5443,
 poiche' - chiarisce  -  le  numerose  pronunzie  che  avevano  invece
 escluso  il  carattere  tributario  dell'obbligazione di pagamento di
 contributi  consortili,  avevano  introdotto  "una  limitazione   non
 prevista  dalla  legge,  la  quale  e'  attenta  al  contenuto  della
 prestazione pretesa....".
     f) a  questo  punto  lo  sconcerto  e'  totale,  avendo  l'ultimo
 principio  giurisprudenziale  sopra  citato  minato alle fondamenta e
 fatto entrare in crisi oltre al convincimento soggettivo espresso con
 sentenza di questo giudice il 27 gennaio 1998, di cui sopra e'  cenno
 schematico  sub  parag.  2/d,  anche quella confortante sicurezza che
 riposava sul pensiero oltre  che  sul  ragionamento  abbozzato  dalla
 Corte  Costituzionale  con  la  sua sentenza del 26 febbraio 1998, il
 quale fungeva ormai da armatura di  supporto  alla  modesta  opinione
 dello scrivente.
   Cosi' stando le cose, al fine di uscire dallo stadio di stordimento
 e  di  incertezza,  si  impone  quindi  un  intervento chiarificatore
 definitivo da parte della Corte costituzionale,  e  cio'  anche  alla
 luce delle ulteriori considerazioni che si andra' ad esporre. Poiche'
 se  e' ormai chiaro che i contributi consortili di bonifica non hanno
 natura fiscale e tributaria e soprattutto udito ed appreso  che  essi
 non rientrano nel "sistema disciplinare delle imposte" e' assai arduo
 e   difficile   poter   comprendere  perche'  mai  dovrebbero  essere
 sottoposti a competenza per materia  esclusiva  ed  inderogabile  del
 tribunale   e   non,  invece,  alla  competenza  della  giurisdizione
 ordinaria, da individuarsi a seconda delle soglie di valore,  e  piu'
 difficile  ancora adeguarvisi, atteso che la natura tributaria gli e'
 stata piu' volte e cosi' chiaramente ed autorevolmente negata.
     g) a proposito di quest'ultima precisazione fatta dalla Corte  di
 cassazione,  e  cioe'  "alla  limitazione non prevista dalla legge ed
 alla  sua  particolare  attenzione  al  contenuto  della  prestazione
 pretesa",   ci  sia  consentito  di  osservare  che  neanche  la  sua
 estensione, tanto da  farvi  ricomprendere  i  contributi  consortili
 nella categoria generale dei tributi, e' prevista dalla legge poiche'
 se  cosi' fosse stato fin ab initio, e cioe' la normativa fosse stata
 chiara, i giudici di merito  ed  anche  quelli  di  legittimita'  non
 avrebbero  certo  tenuto  un  comportamento  cosi'  ondivago e per la
 durata  di  decenni  in  tema  di  contributi,  alcuni  uniformandosi
 adesivamente   ai   principi,  di  volta  in  volta,  temporaneamente
 enunciati dalla Corte  di  Cassazione  ed  altri  disattendevoli  con
 motivazioni talvolta generiche e superficiali e tal altra ponderate e
 profonde, segno evidente che non tutto era poi cosi' limpido e chiaro
 secondo le disposizioni di legge.
     h)  sempre  in ordine, poi, all'affermata "attenzione della legge
 al contenuto della prestazione pretesa", in  tema  di  contributi  al
 contrario  e'  proprio  il  legislatore  che  o  non e' stato affatto
 attento,  rimanendo  per  cosi'  lungo  tempo  assente,   oppure   ha
 complicato   vieppiu'  la  situazione.  Difatti  egli  -  pur  avendo
 regolamentato i consorzi di bonifica fin dall'anno 1933 - non solo si
 e' dimenticato  far  rientrare  esplicitamente  le  controversie  sui
 contributi  fra  la  competenza  del  tribunale  ai sensi dell'art. 9
 c.p.c. pur essendo -  si  badi  bene  -  il  nostro  codice  di  rito
 successivo  nel  tempo alla legge istitutiva dei Consorzi di bonifica
 avvenuta con r.d. 13 febbraio 1933 n. 215, poiche' il codice e' stato
 approvato il 28 ottobre 1940 con r.d.   n. 1443, ma  non  lo  e'  mai
 stato  neanche  in  seguito,  ovvero non si e' mai curato di dire una
 parola di chiarimento successivamente e cioe' allorche' a tale codice
 ha apportato  modifiche  sostanziali  finalizzate  ad  aggiornare  il
 processo  civile,  fra  le  quali,  quelle che piu' ci interessano da
 vicino, quelle apportate con le leggi  26  novembre  1990  n.  353  e
 successive  modificazioni;  21  novembre  1991  n.  74  e  successive
 modificazioni; 18 ottobre 1995 n. 432, convertito, con modificazioni,
 nella legge 20 dicembre 1995 n. 534 tutte  concernenti  provvedimenti
 urgenti  per  il  processo  civile,  e  senza, tuttavia, mai incidere
 sull'art. 9 c.p.c a cui oggi si e'  dato  da  parte  della  Corte  di
 cassazione  interpretazione  estensiva del concetto "imposte e tasse"
 facendovi rientrare  i  contributi  consortili.  Anzi  e'  lo  stesso
 legislatore   che   li   ha  categoricamente  esclusi  dalla  materia
 tributaria nella  dettagliata  e  tassativa  enunciazione  effettuata
 nell'art.  2  del  d.lgs.  546  del 1992 ne', - tanto meno - ha fatto
 rientrare tali  contributi  nella  giurisdizione  delle  controversie
 tributarie  di  piu'  recente  istituzione  (cfr. art. 19   d.lgs. 31
 dicembre 1992, n. 546). Segno evidente o che il  legislatore  non  e'
 poi  cosi'  attento  alle  prestazioni  pretese dal contribuente o, e
 meglio, che  non  ritiene  che  i  contributi  facciano  parte  della
 categoria tributaria.
     i) inoltre, se il contributo consortile fosse un tributo, sarebbe
 escluso l'onere in capo al Consorzio di dare la prova della esistenza
 e  consistenza  del  beneficio fondiario conseguito dai fondi gravati
 del contributo. Questi, a molto voler concedere e  tenuto  conto  del
 limitato  ambito di applicazione, circoscritto al bacino di bonifica,
 tutt'al piu' andrebbero qualificati quali tributi locali, con l'ovvia
 conseguenza che la competenza a  conoscere  delle  loro  controversie
 dovrebbe  essere per legge devoluta alle Commissioni tributarie e non
 al tribunale ordinario.
   7. -  E poiche' dalla lettura delle ultime  pronunzie  della  Corte
 costituzionale  prima e della Corte di cassazione poi emerge a chiare
 lettere, a modesto avviso dello scrivente,  evidente  dissonanza,  se
 non addirittura discordanza di opinioni in ordine alla tanto discussa
 natura  del  contributo  consortile,  sia  consentita  la  sensazione
 dell'insinuazione di qualche sottile dubbio residuale sulla  materia,
 posto  che  nel recente passato si e' gia' visto che codesta Corte ha
 gia'  avuto  occasione  di  intervenire,  incidendo  profondamente su
 diverse  questioni  di  legittimita'   costituzionale   relative   ai
 contributi  consorziali,  soprattutto  per  quanto  attiene alla loro
 esazione, dichiarando incostituzionale l'iter di riscossione.
     a)  ebbene  la  recente  sentenza  interpretativa   della   Corte
 costituzionale  n. 26/1998, ha determinato un orientamento secondo il
 quale non e' piu' possibile attribuire alla natura dei contributi  la
 portata  esegetica  ritenuta  dalla  Corte  di  cassazione.  In altre
 parole, non e' piu' possibile non  tener  conto  del  ragionamento  e
 delle  opinioni  della  Corte  costituzionale  espressi  nella citata
 sentenza interpretativa.  E tuttavia, essendo tutto  quanto  chiarito
 dalla  Corte,  appunto,  soltanto  "opinioni"  le quali esprimono si'
 un'interpretazione,  certamente  autorevolissima,  sulla  natura  del
 contributo   consorziale,   ma   non   essendo  assimilabili  ad  una
 interpretazione  autentica  e  non   assumendo,   quindi,   carattere
 vincolante per il giudice, soggetto, per dettato costituzionale, solo
 alla legge, nel conflitto fra le Supreme magistrature si impone, ora,
 una  piu'  generale  rivisitazione dell'intera problematica legata al
 contributo di bonifica onde avere un chiarimento esplicito, totale  e
 definitivo  in  ordine  alla  sua  natura al fine di potersi adeguare
 all'enunciando principio, per ora solo in nuce nella sentenza citata,
 ma che sarebbe quanto mai opportuno  svilippare  e  colmare  ai  fini
 della competenza.
     b)  a tal proposito va considerato inoltre che, quantunque spetti
 al giudice esprimere il proprio parere sulla rilevanza  e  fondatezza
 delle  questioni  di  costituzionalita'  da rimettere all'esame della
 Consulta, tuttavia e' compito  esclusivo  solamente  di  quest'ultima
 esprimere   il  proprio  giudizio  definitivo.  Ne  consegue  che  il
 giudicante non  condivide  il  giudizio  di  manifesta  infondatezza,
 espresso  dalla  Corte di cassazione con la sentenza n. 9493/1998, in
 riferimento degli artt. 3 e 24 della Costituzione, della questione di
 legittimita' costituzionale  della  interpretazione  che  afferma  la
 competenza   per   materia   del  tribunale  in  tema  di  contributi
 consortili, per il costo  del  giudizio  sproporzionato  rispetto  ai
 vantaggi  conseguibili.  E cio' poiche' ad avviso del remittente, non
 si poteva categoricamente  escludere  fondamento  alla  questione  di
 legittimita'   costituzionale   che  fu  prospettata  alla  Corte  di
 cassazione   dal   controricorrente   in    ordine    al    principio
 giurisprudenziale  poi  enunciato,  anzitutto  per  la sua indiscussa
 evidenza, ed in secondo luogo poiche' devesi rilevare che non  spetta
 a  tale organo stabilire quali norme siano o meno conformi al dettato
 costituzionale, essendo  stato  invece  riservato  dalla  legge  alla
 Consulta  il  compito definitivo di individuare le disposizioni sulle
 quali   effettivamente   convergono   i   dubbi    di    legittimita'
 costituzionale  ed  e'  sempre  tale  Corte  che  deve  valutare,  in
 definitiva, la rilevanza e fondatezza delle questioni prospettate.
     c) in conclusione, in tema di contributi, la Corte costituzionale
 ha gia' chiarito che non si e' in presenza,  quanto  meno  piena,  di
 assimilazione dei contributi alle entrate tributarie. Se la questione
 fosse  stata  cosi' pacifica come sostiene la Corte di cassazione non
 ci sarebbe stato tutto un altalenare di interpretazioni, ne' -  tanto
 meno  - se tutto fosse stato chiaro si sarebbe discusso cosi' a lungo
 per giungere oggi ad una divergenza sostanziale  fra  il  giudice  di
 legittimita' e quello delle leggi, tanto da legittimare fondati dubbi
 d  legittimita' costituzionale del principio enunciato dalla Corte di
 cassazione.
  Principio giurisprudenziale e norme della cui costituzionalita' si
                                dubita
   1. - La decisione della Corte di cassazione, con la conclusione ivi
 adottata in tema di contributi di bonifica e che incide profondamente
 anche sugli artt. 9, commi 2,  c.p.c.  e  7,  comma  1,  c.p.c.,  ove
 trovasse  conferma, farebbe assurgere a dignita' di "diritto vivente"
 il principio di  legittimita'  oggi  espresso.  Tale  soluzione,  per
 converso, alla luce delle ragionate considerazioni che precedono, non
 solo   lede   i   diritti  fondamentali  dei  cittadini  ed  ingenera
 apprensione  tra  gli  stessi  operatori  della  giustizia,  ma   ha,
 altresi',  procurato  allarme  sociale  fra  tutti  i soggetti incisi
 dall'obbligazione di pagamento del contributo in favore dei  Consorzi
 di  bonifica, ivi compresi gli Enti locali il cui territorio si trova
 ricompreso  nel  perimetro  di  contribuenza,  ponendosi   cosi'   in
 contrasto con i principi fondamentali della Carta costituzionale.
                       Rilevanza della questione
   1.  -  La rilevanza della questione consegue alla impossibilita' di
 esaminare nel merito la domanda proposta se, previamente,  non  viene
 delibata   la   questione  di  costituzionalita'  delle  norme  sopra
 menzionate, dipendendo dalle stesse la decisione della causa.
     a) riepilogando, si e' gia' detto che se i contributi consorziali
 avessero  natura  tributaria  il  legislatore  li  avrebbe  di  certo
 elencati nel secondo comma dell'art. 9 c.p.c., insieme alle imposte e
 tasse,  posto  che  il  codice di procedura civile e' posteriore alla
 legge istitutiva dei Consorzi di bonifica.
     b) tuttavia, ammesso per un momento che possa essere sfuggito  al
 legislatore di provvedere all'incombente di cui sub parag. 1/a, se li
 avesse  effettivamente  ritenuti  del  tributi,  li  avrebbe di certo
 ricompresi nella previsione dell'art. 2 del d.gls. 31 dicembre  1992,
 n.  646 per farne oggetto della giurisdizione tributaria, quanto meno
 quali tributi a carattere locale. Ed invece li ha  esclusi  anche  da
 questa normativa ancora una volta.
   2.  - Ma vi sono altre ragioni che militano in favore del dubbio di
 incostituzionalita' dellart. 9 c.p.c. e lo corroborano ove lo  stesso
 venga  raffrontato  con  tutta  una  serie  di norme sul processo che
 dovrebbero formare un quadro  armonico  senza  ingenerare  confusione
 anche  fra gli operatori della giustizia, degli utenti della stessa e
 senza soprattutto creare disparita' di trattamento fra questi  ultimi
 accedervi.
   3.  -  In  definitiva,  va  evidenziato  che,  la  questione  della
 legittimita' costituzionale del precedente giurisprudenziale e  delle
 norme  del  codice  di  rito  che  vi coinvolge col suo insegnamento,
 appare rilevante ai fini del decidere, poiche', qualora codesta Corte
 ne dichiarasse la legittimita', questo  giudice  dovrebbe  spogliarsi
 della  causa,  mentre, al contrario, sarebbe tenuto a conoscere della
 controversia ove ne fosse dichiarata la illegittimita'.
                      Non manifesta infondatezza
   1. - La questione di legittimita' costituzionale di tale precedente
 e degli artt. 7 e 9 c.p.c. deve essere, poi, anche valutata come  non
 manifestamente infondata con riferimento agli artt. 3, 24, 25, 53, 97
 e 113 della Costituzione.
   Il  contrasto  del principio enunciato per vulnus agli artt. 3 e 24
 della Costituzione, per omogenei e connessione dei  motivi  fondanti,
 lo  si  prende  in esame congiuntamente e le osservazioni critiche si
 appuntano e  conseguono  all'avere  la  Corte  di  cassazione  inteso
 ricondurre  forzosamente  i  contributi  consortili  nell'alveo della
 materia  tributaria  pur  in   assenza   degli   elementi   giuridici
 caratterizzanti  le loro natura ed in definitiva, quindi, in mancanza
 dei presupposti  legittimanti  la  speciale  competenza  per  materia
 tributaria, con evidente ed irrazionale disparita' di trattamento dei
 consorziati,  davanti  alla  legge  e  cio'  anche  in ordine al loro
 diritto di tutela giudiziale.
   2. - Il principio enunciato viola l'art. 3,  commi  1  e  2,  della
 Costituzione  in  quanto  lede  l'uguaglianza tra i cittadini davanti
 alla legge. In relazione  a  tale  parametro  costituzionale,  reputa
 questo  giudice  che  la  denunciata  violazione  determini una grave
 disparita' che incide su situazioni giuridiche di fattispecie  uguali
 e   si   riverbera  anche  sull'esercizio  del  diritto  alla  difesa
 costituzionalmente garantito, senza  che  tuttavia  sussistano  gravi
 motivi di pubblico interesse che la giustifichino.
   3.  -  Contrasta,  poi,  col  parametro rappresentato dall'art. 24,
 commi 1 e 2, della Costituzione in quanto, pur essendo la difesa  nel
 processo qualificata come diritto inviolabile di tutti i soggetti, la
 sua  concreta realizzazione viene invece svilita e compressa, essendo
 precluso, di  fatto,  alla  parte  di  svolgere  da  se'  davanti  al
 tribunale  quella  forma  di  autotutela  prevista  da  alcune  norme
 giuridiche  procedurali,  come  in  appresso  sara'  illustrato   con
 un'osservazione panoramica delle stesse.
     a)Anzitutto  e'  in  stridente  contrasto l'art. 82 c.p.c. che al
 primo  comma  prevede  solamente  davanti  al  giudice  di  pace   la
 possibilita' per le parti di stare in giudizio di persona nelle cause
 il  cui  valore  non  eccede  il  milione di lire ed al secondo comma
 conferisce solo a tal giudice il potere di autorizzare dette parti  a
 stare  in  giudizio  di  persona  in  considerazione  della natura ed
 entita' della causa, con cio' non ponendo il limite di un tetto.
     b) con l'art. 317 c.p.c. che contempla per entrambe le  parti  in
 causa  di farsi rappresentare in giudizio davanti al giudice di pace,
 sempre previa autorizzazione alcuna, da qualsiasi persona  munita  di
 mandato,  anche priva di cognizioni tecnico-giuridiche, mentre presso
 le altre curie giudiziarie occorre che la parte stia in giudizio  col
 ministero  di un procuratore legale esercente la professione e quindi
 sia iscritto nello speciale albo professionale.
     c) le limitazioni citate non possono trovare  giustificazione  in
 relazione  alla competenza speciale della materia tributaria devoluta
 al tribunale, perche' anche il pretore e' deputato a conoscere  quale
 materia  speciale delle complese controversie di lavoro, eppure anche
 ivi l'art. 417.c.p.c.  consente  alla  parte  di  stare  in  giudizio
 personalmente  nelle  controversie  di  lavoro quando il valore della
 causa non eccede L. 250.000.
     d) le considerazioni abbozzate sub parag. 2/a, b, e c,  non  sono
 all'atto  di  scarsa  rilevanza ove, si ponga mente che i Consorzi di
 bonifica impongono i contributi ai fondi ricompresi nel  loro  bacino
 di   bonifica,   che   al  95%  dei  casi  sono  contenuti  entro  le
 cinquantamila lire annue. Ne consegue che, le relative  controversie,
 che  pure  proliferano,  con  l'interpretazione estensiva della norma
 datane dalla Corte di  cassazione  (art.  9  c.p.c.)  debbono  essere
 trattate  dal  tribunale  ordinario,  davanti  al quale e' inibito di
 stare in giudizio di persona e soprattutto, oltre a doversi munire di
 difensore professionalmente qualificato, occorre anche far fronte  al
 pagamento  di  rilevanti  somme  a titolo di imposte, tasse e diritti
 vari.
   Di tal che non vi e' chi non veda la convenienza  dei  contribuenti
 alla  rinunzia  all'azione, dissuasi sia dalla difficolta' di accesso
 alla tutela giudiziale, che dai costi  conseguenti  perpetuandosi  in
 tal  guisa,  situazioni  di  obiettiva  incertezza  -  se non di vera
 ingiustizia - che penalizzano il contribuente.
   In definitiva la mancata previsione di un tetto  o  di  una  soglia
 fissa di valore sia per l'autodifesa, che per la esenzione tributaria
 uguale  per  tutti i procedimenti, indipendentemente dalla competenza
 per materia (L. 2.000.000),  comprime  il  diritto  dell'utente  alla
 difesa,  e crea palese disparita' di trattamento con gli altri utenti
 che si rivolgono al giudice di pace in assenza  di  difensore  ed  in
 esenzione totale da imposte di bollo, tasse e diritti.
     e)  in  secondo luogo, se n'e' gia' fatto cenno, altra disparita'
 di  trattamento,   con   conseguente   sospetto   di   illegittimita'
 costituzionale,   si   profila  in  materia  di  costi  del  giudizio
 assolutamente sproporzionati ai vantaggi conseguibili ed in  rapporto
 a  quelli  che  possono  essere  condotti  con  la difesa in proprio.
 Difatti, il rendere difficile, macchinosa e  soprattutto  costosa  la
 tutela   giudiziale  significa,  in  ultima  analisi,  dissuasione  e
 rinuncia alla difesa  dei  piccoli  onerati  della  contribuzione  in
 relazione ai costi necessari per potervi accedere, a nulla rilevando,
 per  contro, il ragionamento delle sezioni unite della cassazione sul
 "calcolo della convenienza  circa  l'opportunita'  del  ricorso  alla
 tutela  giurisdizionale  che  attiene della valutazione del singolo e
 non incide sulla costituzionalita' della interpretazione seguita" ove
 rapportato - oltre ai costi sproporzionati -  anche  a  tutto  ad  un
 coacervo  di problemi che lo ostacolano e di legittime ragioni che lo
 sconsigliano, privandolo, di fatto, del sacrosanto diritto di difesa.
   Ed invero davanti al giudice di pace e  solo  ivi,  l'utente  della
 giustizia  oltre  ad  essere  svincolato  dall'obbligo  della  difesa
 tecnica, vi accede anche in esenzione  totale  di  imposte,  tasse  e
 diritti  fino alla soglia di L. 2.000.000, a norma dell'art. 46 legge
 21 novembre 1991, n. 374 in relazione alla legge 7 febbraio 1979,  n.
 59  come  modificata  dalle  leggi 6 aprile 1984, n. 57 e 21 febbraio
 1989, n.  99.
     f) cio' e' piu' iniquo ove si pensi che altri precetti normativi,
 tra cui alcuni gia' di rilevanza penale e comportanti irrogazione  di
 pene  pecuniarie  regolate  dalla legge, prevedono la possibilita' al
 cittadino di stare in giudizio di persona, come l'art. 23 della legge
 24 novembre 1981, n. 689 di depenalizzazione e di modifica al sistema
 penale, che consente sia  all'opponente,  che  all'autorita'  che  ha
 emesso  l'ingiunzione  di  stare personalmente davanti al pretore nel
 giudizio di opposizione avverso il provvedimento di condanna e  senza
 limiti di soglia alcuna.
     g) quanto al parametro costituzionale rappresentato dall'art.  25
 della  Costituzione appare evidente che il contribuente, in forza del
 principio  denunciato,  verrebbe  irrazionalmente  distolto  dal  suo
 giudice naturale.
     h)  contrasta, inoltre, col parametro rappresentato dall'art.  53
 della Costituzione poiche', con  l'attribuire  natura  tributaria  ai
 contributi  di  bonifica  si  crea di fatto disparita' di trattamento
 impositivo, effettuato attraverso  aspetti  incoerenti,  illogici  ed
 irrazionali,   non   tutti   i   terreni   ricompresi  nel  perimetro
 comprensoriale essendo oggetto di  contribuzione,  ne',  tanto  meno,
 tutti  quelli  gravati  da  contributo  godono di beneficio diretto e
 specifico dall'attivita' consortile.
     i) la violazione dell'art. 97 della Costituzione  balza  evidente
 ed   appare   collegata  al  sovvertimento,  a  causa  del  principio
 enunciato, dell'organizzazione degli uffici  per  il  buon  andamento
 dell'amministrazione  della giustizia violando, altresi', la sfera di
 competenza predeterminata dalla legge. Per non parlare del  contrasto
 con  le  finalita'  di  buon  andamento  cui  l'amministrazione  deve
 adeguarsi nell'operare, atteso che lo spostamento della competenza al
 tribunale in tema di contributi di bonifica, oltre a tutti quanti gli
 altri innumerevoli inconvenienti sopra denunciati, non farebbe  altro
 - ove l'azione venisse esercitata dal contribuente, del che e' lecito
 dubitare  -  che  intasare le cancellerie dei tribunali, allungando a
 dismisura i tempi di attesa delle decisioni e tutto  cio'  in  aperto
 contrasto   con  lo  spirito  della  novella  del  1995  dettato,  al
 contrario,  a  scopo  deflattivo  del  carico  di  quegli  uffici  ed
 improntato,   invece,   ad   agilita',   snellezza  e  celerita'  dei
 procedimenti,  svincolandoli,  in  particolare   quelli   di   scarsa
 importanza,    dalle   pastoie   procedurali   onde   avviarli   alla
 tempestivita' della decisione.
   1. - Contrasta, infine, anche col parametro costituzionale  di  cui
 all'art. 113, comma 1 e 2 della Costituzione in relazione all'art.  3
 Cost.,    in    quanto    la   tutela   giurisdizionale,   quantunque
 costituzionalmente  garantita  contro   gli   atti   della   pubblica
 amministrazione,    viene    di   fatto   deviata   dall'orientamento
 giurisprudenziale in contestazione.
   4. - Or dunque, se magistrati professionali  hanno  meditato  cosi'
 tanto  e  cosi'  a  lungo  sulla  materia contributiva per giungere a
 conclusioni diverse, se non puo', di conseguenza, negarsi  l'evidenza
 del  lungo  travaglio decisionale fin qui prospettato, sia consentito
 anche  a  questo  giudice  di  nutrire  seri  dubbi  di  legittimita'
 costituzionale  sul  principio  giurisprudenziale espresso per ultimo
 dalla Corte  Suprema  di  cassazione,  per  contrasto  con  la  Carta
 costituzionale  per  tutte  le ragioni che si sono sopra evidenziate,
 mediante le quali si e' dimostrato ingiusto ed iniquo il  trattamento
 riservato  ai  soli  cittadini  incisi  dai  contributi  di  bonifica
 fondiaria,  per  lesione  dei  diritto  della  pari  uguaglianza  dei
 cittadini  di  fronte alla legge e per grave lesione del diritto alla
 difesa, in particolare ove tali diritti vengano  rapportati  a  tutta
 quella  serie  di norme di legge sopra citate che, quantunque dettate
 per la garanzia di tutti, di fatto ne privano i contribuenti  per  la
 bonifica.    Ed  invero,  tale  disparita'  di trattamento fa si' che
 solamente i grandi proprietari terrieri ed i latifondisti,  oltre  ai
 pochi  Enti  pubblici  che hanno terreni ricompresi nel perimetro del
 comprensorio di bonifica dei  Consorzi,  hanno  oggi  convenienza  ad
 adire l'autorita' giudiziaria.
   5.  -  In  tali  premesse  e nell'attuale persistente situazione di
 disparita'  di  trattamento,  rilevanti,  fondati   e   decisivi   si
 appalesano     i     dubbi     di     legittimita'     costituzionale
 dell'interpretazione estensiva data dalle sezioni unite  della  Corte
 di  cassazione  con  la  piu' volte citata sentenza n. 9394/1998 alla
 natura  dei  contributi  consorziali  di  bonifica,  dubbi  che  sono
 fortemente  radicati  nella  coscienza  di  questo giudice, e che, in
 rispettoso dissenso  dall'insegnamento  della  Corte  di  cassazione,
 legittimano  il sollecito della pronunzia di una parola definitiva da
 parte di codesta Corte sulla conformita'  ai  principi  della  nostra
 Carta   costituzionale   di   tale   principio   di  legittimita'  e,
 conseguentemente, delle norme connesse sopra citate, nella  parte  in
 cui  non  prevedono  o  escludono la competenza del giudice di pace a
 conoscere in materia  dei  predetti  contributi,  principio  e  norme
 necessarie   ed  indispensabili  alla  decisione  della  controversia
 indicata in epigrafe ed in corso presso questo ufficio.