ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale degli  artt.  513  e  514,
 come  modificati  dalla legge 7 agosto 1997, n. 267, 490 e 503, comma
 1, del codice di procedura penale e 6, comma 2, della legge 7  agosto
 1997,  n.  267  (Modifica  delle disposizioni del codice di procedura
 penale  in  tema  di valutazione delle prove), promossi con ordinanze
 emesse il 19 dicembre 1997 dal Tribunale di Pistoia, il  22  dicembre
 1997  dal  Tribunale  di Savona, il 18 dicembre 1997 dal Tribunale di
 Alba, il 2 febbraio 1998 dal Tribunale di Novara, il 26 febbraio 1998
 dal Tribunale di Avezzano, il 12 gennaio 1998 dal Tribunale di  Bari,
 rispettivamente  iscritte  ai  nn.  124, 128, 145, 316, 396 e 399 del
 registro ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica  nn.  10, 11, 19, 23 e 24, prima serie speciale, dell'anno
 1998.
   Visti gli atti di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio del 10 febbraio 1999 il giudice
 relatore Guido Neppi Modona.
   Ritenuto che il Tribunale di Pistoia (r.o. n.  124  del  1998),  il
 Tribunale  di  Savona  (r.o.  n.  128 del 1998), il Tribunale di Alba
 (r.o. n. 145 del 1998), il Tribunale  di  Novara  (r.o.  n.  316  del
 1998), il Tribunale di Avezzano (r.o. n. 396 del 1998) e il Tribunale
 di  Bari  (r.o. n. 399 del 1998) hanno sollevato, in riferimento agli
 artt. 3, 24, secondo comma, 25, secondo comma, 27, primo comma,  101,
 secondo  comma,  102,  secondo  comma,  111 e 112 della Costituzione,
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 513, comma 1,  del
 codice  di  procedura  penale,  come  modificato dalla legge 7 agosto
 1997, n. 267 (Modifica delle disposizioni  del  codice  di  procedura
 penale  in  tema di valutazione delle prove), nella parte in cui tale
 norma subordina al consenso degli altri imputati l'utilizzabilita' ai
 fini  della  decisione  delle  dichiarazioni  rese   dal   coimputato
 contumace, assente o che rifiuti di sottoporsi all'esame;
     che,  in  particolare,  il  Tribunale  di  Alba e il Tribunale di
 Avezzano impugnano, in riferimento agli artt.  3,  24,  101,  secondo
 comma,  111,  primo  comma, e 112 della Costituzione, l'art. 513 cod.
 proc. pen.  (genericamente il primo e con censura specifica dei commi
 1 e 2 il secondo) unitamente all'art. 514 dello stesso codice;
     che  in  via   pregiudiziale   la   questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  513, comma 1, cod. proc. pen. e' sollevata
 dal Tribunale di Bari unitamente agli artt. 490 e 503, comma 1,  cod.
 proc.  pen.,  "nella  parte in cui prevedono che l'imputato che abbia
 reso al pubblico ministero, alla polizia giudiziaria  su  delega  del
 pubblico ministero, al giudice nel corso delle indagini preliminari o
 nell'udienza  preliminare dichiarazioni direttamente o indirettamente
 indizianti a carico di coimputati nel medesimo procedimento possa non
 comparire dinanzi al  giudice  del  dibattimento  e  comunque  possa,
 relativamente  a  quei  soggetti, rifiutarsi di sottoporsi all'esame"
 con conseguente inutilizzabilita', in  mancanza  del  consenso  degli
 altri   imputati,   delle   dichiarazioni   rese  in  precedenza,  in
 riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, 25, secondo comma,  101,
 102, primo comma, 111 e 112 della Costituzione;
     che  il Tribunale di Pistoia solleva altresi' in via subordinata,
 in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 27,  primo  comma,  della
 Costituzione,   questione   di   legittimita'   costituzionale  anche
 dell'art.  6, comma 2, della legge 7 agosto 1997, n. 267, nella parte
 in cui esclude che le dichiarazioni rese  dal  coimputato  sul  fatto
 altrui  possano essere utilizzate, a norma del comma 5 della medesima
 disposizione, nel caso in cui al momento dell'entrata in vigore della
 legge non sia stata ancora disposta la lettura dei verbali contenenti
 tali dichiarazioni;
     che  le  questioni sono state sollevate nel corso di dibattimenti
 nei quali gli imputati, citati per la prima volta  a  comparire  dopo
 l'entrata in vigore della legge per essere sottoposti ad esame, erano
 rimasti  assenti al dibattimento o erano contumaci, e che i difensori
 degli altri imputati non hanno prestato consenso  alla  utilizzazione
 delle dichiarazioni precedentemente rese;
     che  a  giudizio  dei  rimettenti l'art. 513, comma 1, cod. proc.
 pen.  viola  l'art.  3  della  Costituzione  per   la   irragionevole
 diversita'  della  disciplina  riservata  alle dichiarazioni rese nel
 corso delle indagini preliminari dal coimputato contumace, assente  o
 che  rifiuti di sottoporsi all'esame rispetto alla disciplina dettata
 per le dichiarazioni testimoniali assunte nel  corso  delle  indagini
 preliminari,   per  le  quali  e'  invece  previsto  il  recupero  in
 dibattimento nelle ipotesi regolate dagli artt. 500, comma 4, 511-bis
 512 e 512-bis cod. proc.   pen. (r.o. nn. 124,  316  con  riferimento
 anche alla situazione del testimone prossimo congiunto dell'imputato,
 396 e 399 del 1998);
     che  il  Tribunale di Savona ravvisa violazione dell'art. 3 della
 Costituzione anche sotto il profilo della disparita'  di  trattamento
 tra  imputati,  in  ragione  del  fatto  che  per differenti condotte
 processuali della difesa il giudice,  utilizzando  nei  confronti  di
 ciascun imputato un materiale probatorio diverso, puo' pervenire alla
 condanna  dell'uno  e alla assoluzione dell'altro, pur in presenza di
 una identica posizione processuale;
     che ad avviso dei giudici a quibus  l'art.  513,  comma  1,  cod.
 proc.   pen.,  vietando  in  mancanza  del  consenso  degli  imputati
 l'utilizzabilita' delle dichiarazioni assunte prima del dibattimento,
 deroga irragionevolmente al principio di non dispersione della  prova
 e  impedisce  al  giudice la piena conoscenza dei fatti del giudizio,
 cosi' sacrificando l'esercizio della funzione giurisdizionale, il cui
 fine e' quello della ricerca della verita', con  conseguente  lesione
 anche  del  principio  dell'obbligatorieta'  dell'azione  penale,  in
 contrasto con gli artt. 3, primo comma,  e  27,  primo  comma,  della
 Costituzione   (r.o.  n.  124  del  1998),  con  l'art.    112  della
 Costituzione (r.o. n. 128 del 1998), con gli  artt.  3  e  112  della
 Costituzione (r.o. n. 145 del 1998);
     che,  secondo i rimettenti, l'art. 513, comma 1, cod. proc. pen.,
 subordinando  alla  volonta'  delle  parti  l'utilizzabilita'   delle
 dichiarazioni   rese   in   precedenza   da   imputati  nel  medesimo
 procedimento,  introduce  un   principio   dispositivo   in   materia
 probatoria,  in  contrasto  con  i  principi  di legalita', esercizio
 dell'azione   penale,   funzione   conoscitiva   del    processo    e
 indefettibilita'  della  giurisdizione, con violazione degli artt. 3,
 25, secondo comma, 101, secondo comma, 111 e 112  della  Costituzione
 (in  riferimento:  r.o.  n.  128 del 1998 agli artt. 3, 25, 101 Cost;
 r.o. n. 145 del 1998 all'art. 101, secondo comma, Cost; r.o.  n.  316
 del  1998  agli artt. 25, 101, secondo comma, 111 e 112 Cost; r.o. n.
 396 del 1998 agli artt. 3, 101, secondo comma, e  111,  primo  comma,
 Cost;  r.o.  n.  399  del  1998 agli artt. 3, 25, secondo comma, 101,
 secondo comma, 102, primo comma, 111, primo comma, Cost.);
     che  nei  giudizi  promossi con le ordinanze iscritte ai nn. 124,
 128, 145,  396,  399  del  1998  e'  intervenuto  il  Presidente  del
 Consiglio   dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
 generale dello Stato, riportandosi integralmente,  stante  l'analogia
 delle  questioni,  all'atto  di intervento relativo alla questione di
 costituzionalita' sollevata con ordinanza iscritta al n. 861 del r.o.
 del 1997, nonche' all'atto  di  intervento  relativo  ai  giudizi  di
 costituzionalita' promossi con le ordinanze iscritte ai nn. 776 e 787
 del r.o. del 1997, gia' decisi con sentenza n. 361 del 1998.
   Considerato   che  i  rimettenti,  muovendo  dal  quadro  normativo
 risultante dalle modifiche introdotte dalla legge 7 agosto  1997,  n.
 267,  sottopongono  a  censura il regime di inutilizzabilita' ai fini
 della decisione, in mancanza del consenso degli altri imputati, delle
 dichiarazioni rese sul fatto altrui dal coimputato contumace, assente
 o che rifiuti di sottoporsi all'esame;
     che i giudizi, attesa l'analogia delle questioni, vanno riuniti;
     che,  successivamente   alla   emissione   delle   ordinanze   di
 rimessione, questa Corte, con sentenza n. 361 del 1998, ha inciso sul
 predetto    quadro    normativo,    dichiarando   la   illegittimita'
 costituzionale in parte qua tra l'altro, degli artt.  513,  comma  2,
 ultimo periodo e 210 del codice di procedura penale;
     che,  per  effetto di detta pronuncia, qualora il coimputato, che
 abbia in  precedenza  reso  dichiarazioni  su  fatti  concernenti  la
 responsabilita'  di  altri, in dibattimento rifiuti o comunque ometta
 in tutto o in parte di  rispondere  su  tali  fatti,  si  applica  la
 disciplina  degli artt. 210 e 513, comma 2, cod. proc. pen., nonche',
 in  mancanza  dell'accordo   delle   parti,   il   meccanismo   delle
 contestazioni  previsto  dall'art.   500, commi 2-bis e 4, cod. proc.
 pen;
     che pertanto occorre restituire gli atti  ai  giudici  rimettenti
 affinche'   verifichino   se,   alla   luce  della  nuova  disciplina
 applicabile a seguito della sentenza n. 361 del  1998,  la  questione
 sollevata sia tuttora rilevante;
     che  in particolare, con riferimento alle censure prospettate dal
 Tribunale di Bari (r.o. n. 399 del 1998) nei  confronti  degli  artt.
 490  e 503, comma 1, cod. proc. pen., con la sentenza indicata questa
 Corte, mediante il richiamo all'art. 210 cod. proc. pen.,  ha  esteso
 la disciplina dell'accompagnamento coattivo all'imputato nel medesimo
 procedimento chiamato a rendere dichiarazioni sul fatto altrui;
     che,    con    riferimento   alla   questione   di   legittimita'
 costituzionale dell'art. 6, comma 2, della  legge  n.  267  del  1997
 sollevata  dal  Tribunale  di  Pistoia,  questa  Corte  con  la  gia'
 menzionata sentenza n. 361 del 1998 ha disposto la restituzione degli
 atti relativi a questioni aventi ad oggetto  la  medesima  normativa,
 invitando  i  giudici rimettenti a valutare se le questioni potessero
 considerarsi superate a seguito della  modifica  della  disciplina  a
 regime,  "che  ora  permette  di recuperare mediante il sistema delle
 contestazioni i singoli contenuti narrativi delle dichiarazioni  rese
 in precedenza";
     che,   per   quanto   concerne   la   questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 514 cod. proc. pen. sollevata dal  Tribunale
 di  Avezzano  e  dal Tribunale di Alba, con la stessa sentenza questa
 Corte ha dichiarato  l'inammissibilita'  di  analoga  questione,  sul
 presupposto  che  "l'art.    514  non ha autonomo contenuto normativo
 rispetto alle regole di utilizzazione probatoria delle  dichiarazioni
 rese in precedenza";
     che   pertanto   la   questione   va   dichiarata  manifestamente
 inammissibile.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.