IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella Camera di consiglio del 13 febbraio 1998, sul ricorso n. 2060/1996 proposto da Guo Ai Hong, rappresentata e difesa dall'avv. Giovanni Bosi ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Firenze, viale G. Mazzini, n. 15; Contro la prefettura di Firenze, in persona del prefetto pro-tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, presso la quale e' domiciliata ex lege in Firenze, via degli Arazzieri n. 4, per l'annullamento previa sospensione, del provvedimento prefettizio 28 maggio 1996, n. 129/1996 di espulsione dal territorio nazionale; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Avvocatura distrettuale dello Stato per l'amministrazione intimata; Visti gli atti tutti della causa; Udito il relatore dott.ssa Gabriella De Michele; Udito, altresi', per la parte resistente l'avv. P. Pinna (avvocato dello Stato); Premesso che il ricorso e' rivolto contro il provvedimento prefettizio 28 maggio 1996, n. 129/1996 notificato nella stessa data, di espulsione dal territorio nazionale. Nel ricorso e' proposta anche domanda di sospensione del provvedimento impugnato; che la ricorrente deduce: 1) di avere proposto, nel termine, domanda di regolarizzazione per offerta di lavoro, ai sensi dell'art. 12, d.-l. 17 maggio 1996, n. 269, allegando alla stessa la documentazione comprovante il possesso dei requisiti richiesti; 2) che il provvedimento impugnato, e il relativo atto di notifica, le sono stati consegnati in lingua italiana e inglese, anziche' nella lingua da lei conosciuta, cioe' il cinese; che nella Camera di consiglio del 18 giugno 1996, in sede di esame della istanza cautelare, il collegio rilevava la tardivita' del ricorso, in quanto lo stesso era stato notificato alla amministrazione il 5 giugno 1996, cioe' oltre il termine di sette giorni dalla notifica del provvedimento, avvenuta il 28 maggio 1996. Il suddetto termine e' stabilito dall'art. 7-quinquies, quinto comma, d.-l. 17 maggio 1996, n. 269; che cio' stante la domanda cautelare avrebbe dovuto essere respinta, essendo il ricorso irricevibile per tardivita'; che il collegio, peraltro, rilevava d'ufficio che l'indicata norma, nella parte in cui stabilisce il termine di sette giorni per la impugnativa del provvedimento di espulsione, pareva contrastare; con l'art. 10 Cost. che garantisce agli stranieri i diritti civili, tra i quali deve comprendersi quello della tutela giurisdizionale delle situazioni soggettive; con l'art. 24 Cost., che assicura a tutti e quindi anche agli stranieri il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi; con l'art. 113 Cost., che contro gli atti della pubblica amministrazione ammette sempre la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, senza operare alcuna discriminazione tra cittadini e stranieri; che il collegio decideva quindi, con ordinanza n. 377/1996, di sospendere allo stato, il provvedimento impugnato; di sollevare d'ufficio, con separata ordinanza, questione di costituzionalita' del menzionato art. 7, comma 5, d.-l. 17 maggio 1996, n. 269 in parte qua; di rinviare, in attesa della pronuncia della Corte costituzionale, la decisione definitiva sulla domanda cautelare, alla prima camera di consiglio successiva alla comunicazione della decisione della Corte costituzionale; che la citata Corte costituzionale, con ordinanza n. 252 del 18 luglio 1997, rilevava la mancata conversione entro il prescritto termine del citato d.-l. n. 269/1996, con successiva emanazione della legge n. 617 del 9 dicembre 1996, che nell'art. 1 faceva salvi gli effetti ed i rapporti giuridici sorti sulla base di una serie di decreti-legge non convertiti, fra cui il d.-l. in questione; che per quanto sopra la Suprema Corte restituiva gli atti al giudice remittente, affinche' fosse valutata la persistente rilevanza della questione di costituzionalita' nel giudizio principale; R i t e n u t o che nel periodo di vigenza del ricordato d.-l. n. 269/1996 si sia prodotta - in forza del termine di cui all'art. 7-quinquies, comma 5, del medesimo, l'irricevibilita' del ricorso in esame, quale effetto processuale fatto salvo dal citato art. 1, legge n. 617/1996; che sia, pertanto, ancora attuale la rilevanza della questione di costituzionalita', in ordine al medesimo art. 7-quinquies, comma 5, d.-l. 17 maggio 1996, n. 269, in collegamento all'art. 1, legge 9 dicembre 1996, n. 617, tenuto conto dell'orientamento della Suprema Corte, secondo cui - in presenza di norma di sanatoria degli effetti di un decreto-legge non convertito, la cui provvisoria efficacia sia quindi venuta meno ex tunc (peraltro, con riferimento a contenuti non piu' riprodotti in disposizioni successive) - possono essere salvati solo gli effetti gia' prodottisi durante il periodo di vigenza del singolo provvedimento di urgenza decaduto (cfr. Corte cost. 18 luglio 1997, n. 244 e 23 dicembre 1997, n. 429): situazione, quella appena indicata, verificatasi appunto nel caso di specie, poiche' - in forza del citato d.-l. 17 maggio 1996, n. 269, i termini di impugnazione del provvedimento, notificato all'interessato il 28 maggio 1996, erano scaduti il 4 giugno 1996, nella perdurante vigenza del decreto-legge in questione; Considerato pertanto: che, per quanto sopra, il collegio ritiene di dovere sottoporre nuovamente alla Suprema Corte la questione di costituzionalita' dell'art. 7-quinquies, comma 5, d.-l. 17 maggio 1996, n. 269, unitamente all'art. 1, legge 9 dicembre 1996, n. 617, da cui discende la perdurante rilevanza della questione stessa; che detta questione di costituzionalita' appare al collegio non manifestamente infondata, per le ragioni di cui alla precedente ordinanza n. 495/1996, di cui si riproduce il contenuto; Considerato dunque: che il termine concesso per la impugnativa del provvedimento di espulsione dal territorio nazionale appare eccessivamente breve, se confrontato con l'ordinario termine di sessanta giorni concesso per la presentazione dei ricorsi alla giurisdizione amministrativa; che la brevita' del termine puo' pregiudicare il diritto di difesa degli interessati; che tale diritto puo' essere ulteriormente pregiudicato dalla facolta' concessa all'amministrazione dall'art. 7-sexies, terzo comma, d.-l. n. 269/1996 di notificare i provvedimenti di espulsione, alternativamente, in una lingua conosciuta oppure in lingua inglese, francese e spagnola, che normalmente non sono conosciute dai destinatari dei provvedimenti, come in effetti accaduto nella fattispecie: il provvedimento di espulsione e' stato notificato in lingua italiana e inglese, che la ricorrente assume di non essere in grado di leggere; che il collegio ritiene, conclusivamente, che la norma in questione riconosca allo straniero il diritto di impugnare il provvedimento di espulsione, ma poi gli imponga un termine cosi' breve, da rendergli quasi impossibile l'esercizio del diritto";