IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento chiamato all'udienza del 14 dicembre 1998, instaurato ai sensi degli artt. 47 e 54, o.p. 666 e 678 c.p.p. nei confronti di Rizzi Daniele nato a S. Arcangelo di Romagna 25 aprile 1962, detenuto in relazione alla sentenza 19 marzo 1986 della Corte di appello L'Aquila a. 22 (di cui condonato) per sequestro di persona a scopo di estorsione e violazione della legge sulle armi. Dec. pena 15 aprile 1983; scad. pena: 17 settembre 2000. Sciogliendo la riserva di cui al verbale di udienza; O s s e r v a In ordine all'istanza di affidamento in prova al servizio sociale formulata dal Rizzi si pone in via preliminare un problema di ammissibilita' dell'istanza in quanto il detenuto sta espiando una condanna per il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione. Al riguardo occorre premettere che nel caso di specie, come gia' accertato da questo tribunale con ordinanza 23 giugno 1995, non sussiste ne' il requisito dell'utile collaborazione, ne' le ipotesi di "impossibilita'" o "inesigibilita'" della condotta collaborativa, di cui alle sentenze nn. 357/1994 e 68/1995 della Corte costituzionale. Va altresi' premesso che il Rizzi, il quale dall'88 usufruiva di permessi premio interrotti a seguito dell'entrata in vigore del d.-l. n. 306/1992, venne riammesso a tale esperienza trattamentale in virtu' della sentenza n. 504/1995 della Corte costituzionale. Inoltre, a seguito di istanza di semiliberta' formulata dal Rizzi, questo tribunale, con ordinanza 24 settembre 1996, sollevava la questione di costituzionalita' dell'art. 4-bis o.p., con riferimento agli artt. 27, comma 3 e 25, comma 2. In tale occasione il tribunale rilevava infatti come, nonostante l'iter trattamentale del detenuto fosse connotato da fattiva adesione all'opera rieducativa ed emergesse dalle informazioni trasmesse dal C.P.O.S.P. l'insussistenza di collegamenti attuali con la criminalita' organizzata, la mancanza dei requisiti di cui all'art. 4-bis, quale risultante dall'intervento delle sentenze della Corte costituzionale, impediva l'accesso alla misura alternativa richiesta - costituente naturale sviluppo dell'esperienza dei permessi premio -, cosi' determinando una regressione incolpevole del trattamento rieducativo. La Corte costituzionale, con sentenza 16 dicembre 1997, n. 445, dichiarava l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4-bis, legge n. 354/1975, "nella parte in cui non prevede che il beneficio della semiliberta' possa essere concesso nei confronti dei condannati che, prima dell'entrata in vigore dell'art. 15, comma 1, del d.-l. 8 giugno 1992, n. 306, abbiano raggiunto un grado di risocializzazione adeguato al beneficio richiesto e per i quali non sia accertata la sussistenza di collegamenti attuali con la criminalita' organizzata. A seguito di tale pronuncia, questo tribunale, con ordinanza 25 febbraio 1998, ammetteva il Rizzi alla semiliberta'. Anche nel corso dell'esecuzione della misura alternativa il detenuto, come si evince dalle relazioni trasmesse dal carcere e dal C.S.S.A. di Roma, ha dimostrato di aver raggiunto un apprezzabile grado di risocializzazione, attenendosi scrupolosamente alle prescrizioni impostegli con il programma di trattamento ed espletando con senso di responsabilita' l'attivita' lavorativa a cui e' preposto. Pertanto, alla luce della positiva evoluzione trattamentale, non vi e' dubbio che il Rizzi abbia ormai raggiunto un livello di risocializzazione pienamente adeguato alla invocata misura alternativa dell'affidamento in prova, che di tale evoluzione costituirebbe il naturale sviluppo. Sennonche' ad avviso del Collegio, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa del detenuto, non puo' applicarsi al caso di specie la sentenza della Corte costituzionale da ultimo citata. Detta pronuncia si riferisce infatti, coerentemente con il petitum, alla sola semiliberta'. Il contenuto della motivazione della sentenza n. 445/1997, nella parte in cui riguarda in via generale gli altri "istituti previsti dall'ordinamento penitenziario" non e' altro che un obiter dictum. Pertanto tale principio, pur rivestendo un indubbio valore dottrinale, non puo' incidere sul sistema che vede intatta la disposizione normativa di cui all'art. 4-bis collegato con la norma contenuta nell'art. 47 o.p. Ne' sembra possibile estendere in via analogica la norma di cui all'art. 4-bis, cosi' come risultante dalla decisione della Corte costituzionale, all'istituto dell'affidamento in prova, trattandosi di misura alternativa piu' ampia e strutturalmente diversa dalla semiliberta', in relazione alla quale permane il divieto espresso, in assenza dei requisiti di una condotta collaborativa o dell'inesigibilita' della collaborazione, introdotto dal legislatore con il d.-l. n. 306/1992. La norma cosi' come va applicata, interrompendo la progressivita' del trattamento senza che vi sia una giustificazione derivante da una condotta colpevole del condannato o da collegamenti con la criminalita' organizzata, e' pero' di dubbia legittimita' costituzionale, proprio alla luce delle affermazioni svolte dalla Corte costituzionale, che non sembra possano ragionevolmente limitarsi alla sola semiliberta'. Invero nella citata sentenza la Corte, ribadendo principi gia' espressi in precedenza, con le pronunce nn. 306/1993 e 504/1995, ha nuovamente affermato che il trattamento rieducativo non puo' subire interruzioni quando, gia' all'epoca dell'entrata in vigore della normativa restrittiva, esso fosse caratterizzato da "adesioni comportamentali in se' sintomatiche di un percorso rieducativo difficilmente regredibile". Tali argomentazioni, affrontate in materia di permessi premio e di semiliberta', valgono anche per l'ulteriore progresso nel trattamento scaturente dall'ammissione del condannato meritevole alla misura alternativa dell'affidamento in prova, in relazione alla quale, la preclusione contenuta nell'art. 4-bis o.p., configura, quindi, una violazione del principio costituzionale della finalita' rieducativa della pena, di cui all'art. 27, comma 3, ed una irragionevole disparita' di trattamento ai sensi dell'art. 3 della Costituzione, rispetto a chi si trova a fruire delle misure alternative alla detenzione unicamente perche' la data del provvedimento concessivo e' anteriore alla entrata in vigore della norma in discorso. Deve pertanto sollevarsi, in quanto rilevante nel caso di specie, siccome e' precluso al Rizzi di accedere alla piu' ampia misura alternativa dell'affidamento in prova, e non manifestamente infondata, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4-bis o.p. in relazione all'art. 47, con riferimento alle norme contenute negli artt. 27, comma 3 e 3, della Costituzione.