IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 3367/98, sezione II, proposto da Gisone Amedeo, rappresentato e difeso dall'avv.to Fabrizio Genco, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv.to Salvatore Pandolfini in Palermo, via quarto dei Mille n. 36; Contro l'Universita' degli studi di Palermo in persona del Rettore pro-tempore ed il Ministero dell'Universita' e della ricerca scientifica e tecnologica in persona del Ministro pro-tempore tutti rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici in via A. De Gasperi n. 81, sono domiciliati per legge, per l'annullamento della deliberazione adottata dal Senato accademico dell'Universita' degli studi di Palermo in data 24 luglio 1998, relativa alla determinazione del numero massimo di studenti da immatricolare per l'anno accademico 1998-99 al primo anno del corso di diploma di "Consulente del Lavoro"; - del decreto-bando n. 1278 del 6 agosto 1998, con cui il rettore dell'Universita' degli studi di Palermo, facolta' di scienze politiche - ha previsto per l'iscrizione al corso di diploma universitario di consulente del lavoro per l'anno accademico 1998-99 un numero di posti, previo esame di ammissione, limitato a 30; Visto il ricorso introduttivo del giudizio; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Avvocatura dello Stato di Palermo per le Amministrazioni intimate; Udito il relatore Salvatore Veneziano, e l'avv.to Giuseppe Immordino, in sostituzione dell'avv.to Fabrizio Genco, per il ricorrente, e l'avv.to dello Stato F. Bucalo per le Amministrazioni intimate; Vista la documentazione tutta in atti; Vista la propria ordinanza n. 2073/1998 del 3 dicembre 1998 con la quale sono stati sospesi ex art. 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 i provvedimenti impugnati; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: F a t t o Con ricorso notificato il 14 novembre 1998, e depositato il successivo 18 novembre, il ricorrente espone di avere richiesto l'iscrizione per l'anno accademico 1998/1999 al primo anno del corso di diploma universitario di "Consulente del lavoro", di avere partecipato al concorso bandito per l'individuazione dei 30 studenti da ammettersi al corso ma di non essersi collocato in posizione utile; avverso i provvedimenti impugnati deduce le censure di violazione di legge ed eccesso di potere sotto molteplici profili. Il decreto rettoriale, che ha fissato in 70 unita' il numero massimo di studenti da ammettersi al citato corso di laurea, sarebbe illegittimo per violazione del diritto allo studio costituzionalmente sancito dagli artt. 33 e 34 Cost., in virtu' dei quali qualsiasi limitazione all'accesso ai corsi universitari dovrebbe essere prevista per legge e non demandata ai provvedimenti amministrativi, ministeriali o universitari. Alla camera di consiglio del 3 dicembre 1998 si sono costituiti in giudizio il Ministero e l'Universita' intimati. Alla medesima camera di consiglio e' stata adottata l'ordinanza n. 2073/1998 con la quale sono stati sospesi ex art 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 i provvedimenti impugnati, agli effetti dell'iscrizione del ricorrente al corso universitario di che trattasi, nelle more della decisione della Corte costituzionale sulla questione che viene sollevata con la presente ordinanza. D i r i t t o Osserva il Collegio che la problematica dedotta in via principale con il ricorso all'esame attiene alla legittimita' della istituzione di limitazioni nell'accesso alle facolta' universitarie, c.d. "numero chiuso", in violazione del diritto allo studio sancito dall'art. 34 Costituzione. Tale tematica ha trovato regolamentazione legislativa nell'art. 9, comma 4, della legge 19 novembre 1990, n. 341, come modificato dall'art. 17, comma 116, della legge 15 maggio 1997, n. 127, secondo il quale "il Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica definisce, su conforme parere del C.U.N. i criteri generali per la regolamentazione dell'accesso alle scuole di specializzazione ed ai corsi universitari, anche a quelli per i quali l'atto emanato dal Ministro preveda una limitazione nelle iscrizioni"; della costituzionalita' di tale norma il Collegio dubita, anche alla luce delle considerazioni svolte nella sentenza n. 383 del 27 novembre 1998 della Corte costituzionale. In via preliminare il Collegio ritiene sussistente il requisito della rilevanza della questione, ai fini della definizione della concreta controversia sottoposta al suo esame, giacche' la norma sopraindicata appare essere l'unica fonte legislativa applicabile alla fattispecie che possa assicurare un supporto di legittimita' ai provvedimenti impugnati. Ne' puo' essere considerata circostanza ostativa al loro eventuale annullamento la mancata formale impugnativa degli ulteriori atti (decreto ministeriale 13 marzo 1954 istitutivo del corso di diploma di "Consulente del lavoro" presso la facolta' di scienze politiche dell'Universita' degli studi di Palermo; decreto ministeriale 21 luglio 1997, n. 245, Regolamento recante norme in materia di accessi all'istruzione universitaria e di connesse attivita' di orientamento; decreto ministeriale 14 maggio 1998, recante la definizione, limitatamente all'anno accademico 1998-99, delle procedure e dei parametri standard di riferimento che consentano alle universita' di programmare gli accessi ad alcuni corsi di laurea) in materia adottati. Ed invero, tanto piu' trattandosi di controversia attribuita alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ex art. 33, comma 2, lett. f), del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, questi - secondo un recente, ma ormai consolidato, orientamento giurisprudenziale (Cons. Stato, sez. V, 26 febbraio 1992, n. 154, 24 luglio 1993, n. 799 e 7 aprile 1995, n. 531; c.g.a. 27 novembre 1995, n. 349, 20 marzo 1996, n. 75 e 25 ottobre 1996, n. 366) - ben potra' eventualmente procedere alla disapplicazione degli atti regolamentari lesivi del diritto allo studio del ricorrente, ove detto diritto sia riconosciuto sussistente a livello costituzionale e non (legittimamente) conculcato a livello legislativo. Il Collegio ritiene, altresi', che sussistano consistenti dubbi di costituzionalita' in ordine al citato art. 97, comma 4, della legge 19 novembre 1990, n. 341, come modificato dall'art. 17, comma 116, della legge 15 maggio 1997, n. 127 in relazione al principio costituzionale di riserva di legge, ed agli artt. 33 e 34 Costituzione; e cio' anche successivamente, ed alla luce, delle considerazioni svolte nella sentenza n. 383 del 27 novembre 1998 della Corte costituzionale, con la quale analoga questione e' stata respinta in relazione alla istituzione del numero chiuso per l'accesso alle facolta' di medicina, veterinaria, odontoiatria ed architettura. In detta pronunzia la Corte costituzionale ha affermato: l'inerenza, e la correlazione, degli aspetti organizzativi interni delle Universita' con il servizio dell'istruzione pubblica, con le relative prestazioni ed i connessi diritti all'accesso al servizio ed alla fruizione delle prestazioni rese; la sussistenza di una riserva, c.d. relativa, di legge in tema di accesso ai corsi universitari, dal momento che "i criteri di accesso all'universita', e dunque anche la previsione del numerus clausus, non possono legittimamente risalire ad altre fonti, diverse da quella legislativa" e che "la riserva di legge in questione e' tale da comportare, da un lato, la necessita' di non comprimere l'autonomia delle universita', per quanto riguarda gli aspetti della disciplina che ineriscono a tale autonomia; dall'altro, la possibilita' che la legge, ove non disponga essa stessa direttamente ed esaustivamente, preveda l'intervento normativo dell'esecutivo, per la specificazione concreta della disciplina legislativa, quando la sua attuazione, richiedendo valutazioni d'insieme, non e' attribuibile all'autonomia delle universita'"; l'impossibilita', a pena di di interpretare l'art 9, comma 4, della legge n. 341/1990 quale norma attributiva di un potere ministeriale libero di istituire limitazioni all'accesso ai corsi universitari e l'opposta esigenza, invece, di interpretare la norma quale attributiva del detto potere "solo se e nei limiti in cui da altre disposizioni legislative risultino predeterminati criteri per l'individuazione in concreto delle scuole e dei corsi universitari rispetto ai quali valgono esigenze particolari di contenimento del sovraffollamento e si giustifichi quindi la previsione con l'atto ministeriale cui l'impugnato art. 9, comma 4, si riferisce - delle limitazioni nelle iscrizioni"; la possibilita' di individuare tali "limiti" con riferimento all'ordinamento giuridico nel suo insieme, ivi comprese la normativa comunitaria ed i relativi provvedimenti di recepimento ed attuazione; l'esigenza in materia, "di un'organica sistemazione legislativa, finora sempre mancata: una sistemazione chiara che, da un lato, prevenga l'incertezza presso i potenziali iscritti interessati e il contenzioso che ne puo' derivare e nella quale, dall'altro, trovino posto tutti gli elementi che, secondo la Costituzione, devono concorrere a formare l'ordinamento universitario". Il Collegio ritiene pero' che la citata pronunzia della Corte non abbia del tutto, e definitivamente, sgombrato il campo dai dubbi di incostituzionalita' della norma esaminata, giacche': 1) non appare sempre, e del tutto, condivisibile la proposta interpretazione della norma censurata; 2) per molti dei corsi di laurea in concreto sottoposti a limitazioni nell'accesso, quali quello oggetto della presente controversia, non sussiste nell'ordinamento alcuna altra norma legislativa che possa giustificare l'istituzione del numero chiuso. In ordine alla prima considerazione, osserva il Collegio che mentre l'originario testo del quarto comma dell'art. 9 della legge n. 341/1990 attribuiva al Ministero un potere di regolamentazione dell'accesso ai corsi per i quali sia prevista una limitazione nelle iscrizioni, cosi' effettivamente rinviando ad una diversa fonte del potere di istituzione della limitazione, l'attuale testo espressamente consente ("... anche a quelli per i quali l'atto emanato dal Ministro preveda una limitazione nelle iscrizioni") che la limitazione sia eventualmente istituita dallo stesso provvedimento ministeriale; cio' induce a ritenere che la norma abbia attribuito al Ministero un potere astrattamente riferibile sia ad ipotesi nelle quali altre norme legislative fornissero i necessari "limiti sostanziali", quali quelle in concreto individuate dalla Corte, sia ad ipotesi nelle quali la limitazione all'accesso derivasse in via diretta ed esclusiva dallo stesso provvedimento ministeriale. In ordine alla seconda considerazione, il Ministero e le Universita' hanno, in concreto, provveduto alla istituzione del cd. "numero chiuso" anche in facolta' e corsi per i quali, come nel caso all'esame, non sussiste alcun previo ed ulteriore supporto legislativo. Con riferimento a tali ipotesi e, per quello che qui rileva, con riferimento al corso di diploma di "Consulente del lavoro" presso la facolta' di scienze politiche dell'Universita' degli studi di Palermo, il Collegio ritiene, quindi, tutt'ora pienamente sussistenti i dubbi di costituzionalita' dell'art. 9, comma 4, della legge 19 novembre 1990, n. 341, come modificato dall'art. 17, comma 116, della legge 15 maggio 1997, n. 127 in relazione al principio costituzionale di riserva di legge, sia pure relativa, ed agli artt. 33 e 34 della Costituzione, per non avere previsto "adeguati criteri di esercizio" del potere attribuito al ministero di istituire limitazioni all'accesso e, in particolare, "criteri per l'individuazione in concreto delle scuole e dei corsi universitari rispetto ai quali valgono esigenze particolari di contenimento del sovraffollamento e si giustifichi quindi la previsione - con l'atto ministeriale cui l'impugnato art. 9, comma 4, si riferisce - delle limitazioni nelle iscrizioni". Ne' il Collegio ritiene di potere evitare di sollevare la nuova questione di costituzionalita' attraverso il diretto esercizio del sindacato giurisdizionale sugli atti amministrativi, in quanto adottati in difetto di potere, giacche' la rilevata interpretazione del citato art. 9, comma 4, legge n. 341/1990, come modificato dall'art. 17, comma 116, della legge 15 maggio 1997, n. 127, induce a ritenere la sussistenza di una (sia pure, probabilmente, illegittima) attribuzione legislativa di un potere amministrativo c.d. libero per almeno una parte dei corsi universitari. Per altro, quelle stesse esigenze di chiarezza e certezza nella materia, che hanno indotto la Corte costituzionale a ritenere auspicabile un intervento legislativo organico in materia, inducono sollecitare un nuovo intervento della Corte costituzionale che possa affermare, con efficacia erga omnes, l'illegittimita' costituzionale dell'attribuzione di un potere amministrativo c.d. libero nella stessa materia.