Ricorso della provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente della giunta provinciale pro-tempore Lorenzo Dellai, autorizzato con deliberazione della giunta provinciale n. 2904 del 16 aprile 1999 (all. 1), rappresentata e difesa - come da procura speciale del 19 aprile 1999 (n. 23095 di rep.) rogata dal dott. Tommaso Sussarellu in qualita' di ufficiale rogante della provincia stessa (all. 2) - dagli avvocati Giandomenico Falcon di Padova e Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma presso lo studio dell'avv Manzi, via Confalonieri 5; Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 20 della legge 12 marzo 1999, n. 68, concernente "Norme per il diritto al lavoro dei disabili", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 68, del 23 marzo 1999, supplemento ordinario n. 57/L, per violazione delle potesta' legislative ed amministrative di cui all'art. 8, nn. 1), 10), 17), 18), 23), 25) e 29), all'art. 9, nn. 4), 5) e 10) e all'art. 16 dello Statuto di autonomia e delle relative norme di attuazione, e in particolare delle disposizioni di cui al d.lgs. n. 266 del 1992, per i profili e nei modi di seguito illustrati. Fatto e Diritto La legge 12 marzo 1999, n. 68, "Norme per il diritto al lavoro dei disabili", reca disposizioni che in larghissima misura riguardano le materie di competenza provinciale sopra indicate, ed in particolare (tra le materie riservate alla potesta' provinciale primaria) l'ordinamento degli uffici e del personale, l'edilizia e i lavori pubblici, i trasporti, oltre che naturalmente le materie concernenti l'assistenza e l'orientamento ai lavoratori, l'addestramento e la formazione professionale ed in genere l'assistenza sociale; mentre tra le materie di potesta' concorrente sono interessate le competenze relative al lavoro ed al collocamento (come integrate anche dalle norme di attuazione di cui al d.lgs. 21 settembre 1995, n. 430) e le competenze relative all'assistenza sanitaria. Cio' ovviamente non implica affatto che lo Stato non possa intervenire in tali materie con una propria disciplina, la quale semplicemente operera' per quanto riguarda la provincia autonoma di Trento secondo le caratteristiche regole fissate dallo Statuto di autonomia e precisate in sede di norme di attuazione. In particolare, come e' ben noto, ai sensi dell'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992 la provincia autonoma di Trento avra' il dovere di adeguare la propria legislazione ai vincoli derivanti (secondo le regole proprie delle diverse potesta' legislative locali) dalla nuova legislazione statale, mentre ai sensi dell'art. 3 delle stesse norme di attuazione sara' vincolata dagli atti di indirizzo e coordinamento in relazione al conseguimento degli obiettivi o risultati in essi stabiliti. Considerata in questa prospettiva, la legge 12 marzo 1999, n. 68, appare complessivamente rispettosa degli esposti principi e regole. Non solo infatti in nessun luogo essa contraddice l'indicata impostazione, correttamente evitando di disporre direttamente con riferimento alle autonomie trentina ed altoatesina, ma al contrario essa si preoccupa espressamente di far salva tale autonomia, insieme a quella delle rimanenti regioni a statuto speciale. Espressamente, infatti, l'art. 19 della legge qui considerata sancisce che "sono fatte salve le competenze legislative nelle materie di cui alla presente legge delle regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano". E' dunque con stupore che al seguente art. 20 della stessa legge si legge che, "entro centoventi giorni dalla data di cui all'art. 23, comma 1, sono emanate, sentita la conferenza unificata, norme di esecuzione, aventi carattere generale, cui regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano si conformano, nell'ambito delle rispettive competenze, ai fini dell'attuazione delle disposizioni della presente legge". In questi termini, infatti, tale disposizione viene ad istituire un potere regolamentare - si suppone del Governo - al quale le province autonome di Trento e di Bolzano risulterebbero soggette "nell'ambito delle rispettive competenze". E' palese ad avviso della ricorrente provincia che la previsione di un simile potere normativo regolamentare e' arbitraria, illegittima ed invasiva rispetto alle regole costituzionali, statutarie ed attuative che regolano i rapporti tra normazione statale e normazione regionale. Gia' per le regioni ad autonomia ordinaria infatti, e' principio da tempo acquisito, nella giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale, che il potere regolamentare non costituisce fonte idonea e non puo' intervenire a porre vincoli alle autonomie regionali o comunque a disciplinare la materia (sia consentito di limitarsi qui a richiamare la sentenza n. 482 del 1995). Per quanto riguarda la provincia autonoma di Trento, poi, risulta altresi' palese la violazione delle regole poste dagli artt. 2 e 3 del d.lgs. n. 266 del 1992, i quali definiscono in termini esaustivi l'uno gli obblighi di adeguamento provinciale alle sopravvenute leggi statali (con evidente esclusione di vincoli derivanti da qualunque fonte subordinata), l'altro gli obblighi derivanti dal legittimo esercizio di atti di indirizzo e coordinamento. La conclusione dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 20 della legge n. 68 del 1999 potrebbe essere evitata soltanto ove risultasse possibile una interpretazione costituzionalmente conforme. Potrebbe pensarsi cosi' che tali "norme di esecuzione" riguardino le materie eventualmente non riconducibili alla competenza regionale e provinciale: ma sia la procedura (con il parere della "Conferenza unificata") sia l'espressa menzione del dovere di adeguamento delle regioni e province autonome "nell'ambito delle rispettive competenze" persuadono invece del contrario, cioe' che tale potere regolamentare e' destinato dalla legge ad attuarsi proprio nelle materie di competenza delle regioni e province autonome.