IL PRETORE
   Visti gli atti  del  procedimento  penale  n.  1187/1998  r.g.  nei
 confronti  di  Revello  Giuseppe,  nato  ad Alba il 21 gennaio 1936 e
 Fiorino Salvatore, nato a San Marzano sul Sarno il 24 settembre 1966,
 imputati dei reati di cui all'art. 5, lett. b) e d)  della  legge  30
 aprile 1962, n. 283.
   Premesso  che con decreto penale n. 28/1998 del 26 gennaio 1998 gli
 imputati  venivano  condannati   dal   g.i.p.   presso   la   pretura
 circondariale  di Alba alla pena di L. 1.150.000 ciascuno di ammenda,
 oltre al pagamento delle spese processuali. Avverso tale decreto  gli
 imputati  proponevano  opposizione,  a  seguito  della  quale  veniva
 emanato decreto di citazione a giudizio per l'udienza  dell'8  maggio
 1998;   al  dibattimento,  revocato  il  decreto  penale  opposto,  i
 difensori degli imputati  sollevavano  preliminarmente  eccezione  di
 nullita'  del  decreto  di citazione a giudizio poiche' non preceduto
 dall'intivo a presentarsi per rendere l'interrogatorio ai sensi della
 legge n. 234/1997;  in  via  subordinata,  per  il  caso  di  rigetto
 dell'eccezione di nullita', chiedevano venisse sollevata questione di
 legittimita'  costituzionale degli artt. 2 e 3 della legge n. 234 del
 16 luglio 1997 nella parte in cui non prevedono che anche il  decreto
 di citazione a giudizio emesso dal g.i.p. a seguito di opposizione al
 decreto  penale  di  condanna  sia  preceduto,  a  pena  di nullita',
 dall'invito a presentarsi per rendere interrogatorio,  per  contrasto
 con gli artt. 3 e 24 della Costituzione.
                          Ritenuto in diritto
   L'eccezione sollevata dalla difesa e' gia' stata ritenuta rilevante
 e   sottoposta  al  vaglio  della  Corte  da  parte  del  pretore  di
 Montepulciano con  ordinanza  del  21  maggio  1998;  ritiene  questo
 pretore  che  le  motivazioni  contenute  in tale provvedimento siano
 condivisibili  e   pertanto   che   l'eccezione   di   illegittimita'
 costituzionale non sia manifestamente infondata.
   Preliminarmente   si  ritiene  la  rilevanza  della  questione  nel
 presente giudizio in quanto la decisione sulla eventuale nullita' del
 decreto  e'  necessariamente  preliminare  al  regolare  e   proficuo
 svolgimento del dibattimento.
   Si   richiamano   le  motivazioni  gia'  espresse  dal  pretore  di
 Montepulciano,  in  particolare  con  riferimento   alla   violazione
 dell'art.  3  della Costituzione e cioe' del principio di uguaglianza
 inteso come obbligo per il legislatore di disciplinare in modo uguale
 situazioni uguali, potendo differenziare  la  disciplina  applicabile
 soltanto   laddove   le   situazioni   oggetto   della  stessa  siano
 ragionevolmente  diverse;  nel  caso  di  specie   e'   evidente   il
 pregiudizio  della  posizione  dell'imputato  -  per il quale il p.m.
 abbia chiesto ed ottenuto  l'emanazione  del  decreto  penale  -  che
 intenda  proporre  opposizione al decreto stesso in quanto non potra'
 avvalersi in tal caso del previo interrogatorio davanti al p.m.,  ne'
 far  rilevare  la  nullita'  del  procedimento  in  caso  di  mancata
 notificazione dell'invito a  rendere  l'interrogatorio.    Si  rileva
 inoltre  come  la  diversita'  dell'iter  processuale  che conduce in
 entrambe  le  ipotesi  all'instaurazione  della  fase  dibattimentale
 dipende esclusivamente dalla discrezionalita' del p.m, in relazione a
 determinati  reati,  senza  che l'indagato abbia facolta' di incidere
 sul contenuto di tale decisione. La facolta' per  il  legislatore  di
 prevedere  tipologie  di  procedimenti  speciali  che  per ragioni di
 politica criminale (celerita' del rito e finalita'  deflattiva)  sono
 strutturati  con  modalita'  tali  da  poter pervenire a una condanna
 anche inaudita altera parte, non puo'  essere  esercitata  quando  il
 rito  speciale  riprende il percorso ordinario - come puo' accadere a
 seguito di opposizione al decreto penale di condanna - nel qual  caso
 devono  riprendere  vigore  tutte  le  garanzie  di  difesa  concesse
 ordinariamente all'imputato.
   Ne' si puo' sostenere che nel caso di decreto  penale  di  condanna
 non  vi  sia  pregiudizio  per  l'indagato in quanto la sua posizione
 processuale sarebbe gia' stata sottoposta  al  vaglio  di  un  organo
 giudicante  imparziale,  sia perche' il decreto viene emesso inaudita
 altera parte, sia perche' nella prassi la predisposizione del decreto
 e' spesso demandata in concreto agli ausiliari del giudice, il  quale
 effettua  un  controllo  minimo  (se non del tutto inesistente) sulla
 richesta del p.m.
   Deve inoltre considerarsi come la finalita' dell'interrogatorio sia
 principalmente  quella  di  consentire  all'indagato  di  portare   a
 conoscenza  dell'autorita'  giudiziaria  procedente eventuali proprie
 ragioni giustificative prima che sia formulata l'imputazione, cio' al
 fine di evitare di essere sottoposto a un  procedimento  penale,  con
 tutte le conseguenze che cio' comporta.
   Si  fa  rilevare infine come la differenza di disciplina in seguito
 all'opposizione al decreto penale  non  comporti  una  diversita'  di
 trattamento  solo  formale,  ma  produca un effettivo pregiudizio per
 l'indagato:  infatti  l'interrogatorio  davanti  al   p.m.   consente
 all'indagato   di   sottoporre   le   proprie  difese  e  le  proprie
 giustificazioni, senza altro  rischio  del  mancato  accoglimento  da
 parte  del  p.m.  ed  eventualmente  del g.i.p. cui venga sollecitata
 l'archiviazione; nel caso di opposizione  al  decreto  penale  invece
 l'opponente puo' unicamente scegliere tra l'alternativa di richiedere
 i riti speciali, ovvero la celebrazione del dibattimento, rimanendo a
 suo  carico  il  rischio  che le motivazioni da lui addotte a propria
 difesa non siano accolte dal giudice  dibattimentale.    In  sostanza
 mentre  nel  caso  di procedimento ordinario nel corso delle indagini
 preliminari l'indagato  ha  una  facolta'  di  difesa  ulteriore  che
 consiste  nel  "sondare"  l'orientamento  dell'autorita'  giudiziaria
 attraverso  l'interrogatorio  con  la  prospettazione  delle  proprie
 giustificazioni, sollecitando l'archiviazione del  procedimento,  nel
 caso  di  opposizione  al  decreto  penale tale facolta' non sussiste
 dovendo   l'opponente   scegliere   se   sottoporsi    al    giudizio
 dibattimentale  definitivo  (di  primo  grado)  del giudice ovvero se
 richiedere l'applicazione della pena ovvero altro  rito  alternativo.
 Tale   differente   disciplina   e'  senz'altro  pregiudizievole  nei
 confronti dell'indagato che si oppone al decreto penale,  specie  nei
 casi  dubbi  (che dipendono per esempio dall'interpretazione difforme
 della giurisprudenza ovvero in assenza di precedenti pronunce).
   E pertanto sul piano sostanziale, oltre  che  formale,  che  rileva
 l'ingiustificatezza  del  diverso  trattamento  e  la  limitazione al
 diritto di difesa nei confronti di chi si oppone al  decreto  penale,
 rispetto  a  colui  per  il quale il procedimento penale segue la via
 ordinaria,  specie  ove  si   consideri   che   l'instaurazione   del
 procedimento   per   decreto  -  pur  nell'ambito  di  una  tipologia
 predefinita di reati - sia  rimessa  alla  scelta  discrezionale  del
 p.m., senza necessita' di consenso da parte dell'indagato. Non appare
 peraltro   possibile  interpretare  la  dizione  "decreto"  contenuto
 all'inizio del comma 2 dell'art. 555 c.p.p. nel senso che ricomprenda
 anche il decreto  di  citazione  emesso  dal  g.i.p.;  appare  chiara
 infatti  l'intenzione del legislatore di voler riferire la nullita' a
 due atti la cui emanazione e' di esclusiva  competenza  del  pubblico
 ministero (artt. 416 e 555 c.p.p.).