ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 41 del decreto
 legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (Testo unico  delle  disposizioni
 legislative  concernenti  le imposte sulla produzione e sui consumi e
 relative sanzioni amministrative e penali),  promosso  con  ordinanza
 emessa  il  20  febbraio 1997 dal giudice per le indagini preliminari
 presso il Tribunale di Bolzano,  iscritta  al  n.  614  del  registro
 ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 39, prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del  27  gennaio  1999  il  giudice
 relatore Carlo Mezzanotte.
   Ritenuto  che  il  giudice  per  le  indagini preliminari presso il
 Tribunale  di  Bolzano  -  in  sede  di   udienza   preliminare   nel
 procedimento  a  carico  di  una  persona  trovata  in possesso di un
 "alambicco rudimentale" e di otto litri di  liquido  "presumibilmente
 grappa", e per cio' imputata del reato di cui all'art. 41 del decreto
 legislativo  26  ottobre 1995, n. 504 (Testo unico delle disposizioni
 legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui  consumi  e
 relative  sanzioni  amministrative  e  penali),  per  aver fabbricato
 illegalmente otto litri di  grappa  -  prima  di  pronunciarsi  sulla
 istanza  di  patteggiamento  avanzata dall'imputata, con ordinanza in
 data 20 febbraio 1997, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27
 della Costituzione, questione di  legittimita'  costituzionale  della
 citata  disposizione,  nella  parte  in  cui punisce la fabbricazione
 clandestina di alcole o di bevande alcoliche con la  pena  minima  di
 sei mesi di reclusione e di lire quindici milioni di multa;
     che,  ad  avviso  del  giudice  a  quo,  il  legislatore,  con la
 previsione di sanzioni minime cosi'  elevate,  sembrerebbe  non  aver
 tenuto  conto "della realta' sociale del fenomeno disciplinato, delle
 concrete limitate dimensioni dei  singoli  casi,  della  inferiorita'
 economica   delle   persone   che   distillano   (in  genere  modesti
 agricoltori), delle tradizioni agricole e domestiche di  alcune  zone
 d'Italia,  della  mancanza  di  disvalore della condotta sanzionata",
 essendo notorio che la grappa e altri distillati verrebbero  prodotti
 anche  dai  contadini  per  uso  domestico in piccoli quantitativi ed
 essendo comprensibile che i contadini stessi non ritengano di doversi
 assoggettare  ai  gravosi  adempimenti  imposti  da  una  legge   che
 finirebbe  con  l'essere  percepita  come  una  imposizione puramente
 vessatoria;
     che, comunque, la sanzione prevista dalla disposizione censurata,
 che punisce la fabbricazione clandestina di alcole con la pena  della
 reclusione da sei mesi a tre anni e della multa dal doppio al decuplo
 dell'imposta  evasa,  non  inferiore  in  ogni  caso  a lire quindici
 milioni, risulterebbe del tutto sproporzionata rispetto alla gravita'
 della condotta e alla funzione della pena  (nel  caso  di  specie,  a
 fronte  di  accise evase per lire 100.000, l'imputata dovrebbe essere
 condannata quantomeno alla pena di sei  mesi  di  reclusione  e  lire
 quindici  milioni  di  multa),  e  violerebbe,  di  conseguenza,  gli
 indicati   parametri   costituzionali,   sia   sotto    il    profilo
 dell'irragionevole  uso della discrezionalita' legislativa, sia sotto
 il profilo dell'assoggettamento al medesimo trattamento sanzionatorio
 dell'uso di alambicchi di differente portata;
     che e'  intervenuto  nel  presente  giudizio  il  Presidente  del
 Consiglio   dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
 generale dello Stato, chiedendo che la questione sia  dichiarata  non
 fondata,  apparendo  tutt'altro  che  ingiustificato il rigore cui e'
 ispirata la disposizione sanzionatoria impugnata;
     che, infatti, ad avviso dell'Avvocatura, poiche' la distillazione
 clandestina sarebbe attivita' particolarmente pericolosa dal punto di
 vista fiscale, tenuto conto dell'elevato  livello  dell'accisa  sugli
 alcoli,  della facile occultabilita' dei prodotti della distillazione
 e  della  assoluta  irrilevanza  sotto  il  profilo  della  capacita'
 produttiva delle dimensioni dell'apparecchio utilizzato, il potere di
 graduazione  della  pena sarebbe stato esercitato dal legislatore non
 irragionevolmente.
   Considerato che l'articolo 41 del decreto  legislativo  26  ottobre
 1995,  n.  504,  contiene una descrizione assai analitica delle parti
 dell'apparecchio di produzione rilevanti ai fini  della  prova  della
 fabbricazione  clandestina  di  alcoli,  individuando  come  tali  la
 caldaia per la distillazione, il recipiente di raccolta delle flemme,
 lo scaldavino, il deflemmatore e il refrigerante;
     che il remittente ritiene integrata la previsione  normativa  con
 il  rinvenimento  presso  l'imputata  di  otto  litri  di  un liquido
 "presumibilmente grappa" e di un "alambicco rudimentale";
     che, poiche' il termine alambicco non compare nella  disposizione
 legislativa  nella  quale  sono  invece descritte dettagliatamente le
 componenti  dell'apparecchio,  l'aggettivo  rudimentale   usato   dal
 remittente  genera,  in  sede  di  controllo  della  rilevanza  della
 questione,  spettante  a  questa  Corte,  il  dubbio  che   l'oggetto
 rinvenuto presso l'imputata sia effettivamente riconducibile a quelli
 indicati  nel  censurato articolo 41 ai fini della prova del reato di
 fabbricazione clandestina di alcole e di bevande alcoliche;
     che, in presenza  di  una  cosi'  modesta  quantita'  di  liquido
 rinvenuto,  si  impone  una  piu'  circostanziata  descrizione  della
 fattispecie che renda  immediatamente  evidente  la  rilevanza  della
 questione;
     che   non   puo'   dirsi   bastevole  a  tal  fine  il  proposito
 dell'imputata, riferito dal remittente,  di  chiedere  l'applicazione
 della  pena  ai  sensi  dell'art. 444 cod. proc. pen., posto che tale
 richiesta  non  integra  quella  piu'  puntuale   definizione   della
 fattispecie   necessaria  all'individuazione  della  rilevanza  della
 questione di legittimita' costituzionale;
     che,  pertanto,  la  sollevata  questione  deve essere dichiarata
 manifestamente inammissibile.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.