ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 409 del codice
 di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 7  maggio  1998
 dal  giudice  per  le  indagini  preliminari  presso  il Tribunale di
 Venezia, iscritta al n. 533 del registro ordinanze 1998 e  pubblicata
 nella   Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  29,  prima  serie
 speciale, dell'anno 1998.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  14 aprile 1999 il giudice
 relatore Giuliano Vassalli.
   Ritenuto che il giudice  per  le  indagini  preliminari  presso  il
 Tribunale  di  Venezia,  chiamato  a  pronunciarsi sulla richiesta di
 archiviazione di  un  procedimento  penale  relativo  ad  un  esposto
 presentato  "per  una  muretta  pericolante antistante gli anagrafici
 2303 e 2304 di Venezia/Castello", ha sollevato, in  riferimento  agli
 artt.   3   e  112  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art.  409 cod. proc. pen., nella parte in cui non
 prevede che il giudice per le indagini preliminari possa ordinare  al
 pubblico  ministero  di iscrivere nel registro delle notizie di reato
 il nome della persona che sia da considerare indiziata;
     che  il  rimettente,  dopo  aver riferito di aver gia' fissato la
 camera di consiglio con la partecipazione della persona offesa ma non
 della persona sottoposta alle indagini, "in quanto  non  rientra  nei
 poteri  del  GIP  ne'  ordinare al Pubblico Ministero di iscrivere il
 nome di una persona nel registro delle notizie  di  reato  ne'  tanto
 meno  citarla direttamente quale indagata attribuendole una qualifica
 che formalmente non riveste", ha rilevato che la  denunciata  carenza
 normativa  si porrebbe in contrasto con il principio di uguaglianza e
 con quello di obbligatorieta' della azione penale;
     che, quanto al  primo  profilo,  il  giudice  a  quo  ritiene  si
 determini  disparita'  di  trattamento:  a)  tra  il soggetto cui sia
 attribuibile il reato nel procedimento  contro  ignoti,  rispetto  al
 soggetto  cui  sia  parimenti  attribuibile il reato, ma del quale il
 pubblico ministero non voglia inscriverne il nome nel registro di cui
 all'art. 335 cod.  proc. pen; b) tra coloro che  si  trovano  in  una
 identica situazione, "a seconda che la loro posizione venga esaminata
 da  un  Pubblico Ministero anziche' da un altro"; disparita', queste,
 ancor piu' evidenti nella ipotesi in cui il giudice  non  ritenga  di
 disporre  l'archiviazione, giacche' mentre nel primo caso puo' essere
 fissata la camera di consiglio, nel secondo si verifica una  "impasse
 procedurale a tutto vantaggio dell'indiziato";
     che  violato  sarebbe  anche  l'art.  112  della Costituzione, in
 quanto "nei  casi  in  esame,  col  suo  comportamento,  il  Pubblico
 Ministero   ad   libitum  vanifica  totalmente  il  potere-dovere  di
 controllo del giudice per le indagini preliminari";
     che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dalla  Avvocatura generale dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.
   Considerato che, sotto l'apparenza di una questione di legittimita'
 costituzionale, il giudice a quo in realta' si limita  a  prospettare
 una  problematica  di mero fatto, frutto di un contrasto tra uffici e
 tale da generare una patologica stasi del procedimento, la cui  causa
 generatrice  non  ha nulla a che vedere con la supposta carenza di un
 quadro  normativo  che,  al  contrario,  si  presenta   adeguato   ed
 esauriente;
     che,  infatti,  non  puo'  in  alcun  modo revocarsi in dubbio la
 circostanza che, a prescindere dal "tipo" di archiviazione  richiesta
 dal  pubblico ministero, spetti in ogni caso al giudice il potere ove
 nel procedimento non figurino  persone  formalmente  sottoposte  alle
 indagini  di  disporre,  nella  ipotesi  in  cui non ritenga di poter
 accogliere la richiesta di archiviazione, l'iscrizione  nel  registro
 di  cui all'art. 335 cod.  proc. pen. del nominativo del soggetto cui
 il reato sia a quel momento da attribuire;
     che  la  questione  proposta  deve  pertanto  essere   dichiarata
 manifestamente infondata.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.