ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 34, comma 1,
della  legge  27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione
della  finanza  pubblica), promossi con ordinanze emesse il 30 giugno
1998  dal  pretore di Varese nei procedimenti civili riuniti vertenti
tra  G.C.  ed altri e l'A.S.L. della provincia di Varese, iscritta al
n. 851  del  registro  ordinanze  1998  e  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale  della  Repubblica  prima  serie speciale - n. 47 dell'anno
1998 e il 14 settembre 1998 dal pretore di Milano, sezione distaccata
di  Abbiategrasso, nel procedimento civile vertente tra M.M. ed altri
e  l'A.S.L.  della  provincia  di  Milano  1,  iscritta al n. 235 del
registro  ordinanze  1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica - prima serie speciale - n. 18 dell'anno 1999;
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 5 aprile 2000 il giudice
relatore Piero Alberto Capotosti;
    Ritenuto  che  il  pretore  di  Varese  ed  il pretore di Milano,
sezione  distaccata  di  Abbiategrasso,  in  funzione  di giudici del
lavoro,  con  ordinanze  emesse rispettivamente il 30 giugno ed il 14
settembre  1998,  in  giudizi  aventi  ad  oggetto  l'impugnazione di
provvedimenti di revoca degli incarichi adottati da aziende sanitarie
locali    nei   confronti   di   medici   specialisti   ambulatoriali
convenzionati  con  il  servizio sanitario nazionale, hanno sollevato
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 1, della
legge  27  dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della
finanza  pubblica),  nella  parte  in cui esclude la prosecuzione del
rapporto di lavoro con i medici specialisti ambulatoriali che abbiano
compiuto  il  cinquantacinquesimo anno di eta' e siano titolari di un
trattamento di quiescenza per pregressi rapporti, in riferimento agli
artt. 3,  primo  e  secondo  comma,  4, 35 e 38, secondo comma, della
Costituzione;

        che,  ritenuta  la  giurisdizione  dell'autorita' giudiziaria
ordinaria  e  la  competenza  del  giudice  del lavoro in ordine alle
controversie   sottoposte   al   loro  esame,  i  giudici  rimettenti
sostengono  che  la  fissazione  di  un  limite legale di eta' per la
prosecuzione del rapporto convenzionale, in presenza delle condizioni
previste  dalla  norma  impugnata,  determinerebbe  un'ingiustificata
disparita'  di  trattamento  non  solo  rispetto  agli altri sanitari
convenzionati  con il servizio sanitario nazionale, ma anche rispetto
ai   medici   specialisti   ambulatoriali   di   eta'   superiore   a
cinquantacinque   anni   che  non  fruiscano  di  un  trattamento  di
quiescenza  e non siano titolari di altro tipo di convenzioni, o che,
se   titolari   delle  stesse,  vi  abbiano  rinunziato  nel  termine
appositamente previsto, nonche' rispetto a quelli di eta' inferiore a
cinquantacinque anni;
        che  la  norma  censurata,  ad  avviso  dei  giudici a quibus
risulterebbe  lesiva  anche  del diritto al lavoro dei professionisti
interessati, i quali non potrebbero dedicarsi alla libera professione
senza   risentire   negativamente  della  facolta',  riconosciuta  ai
cittadini,  di rivolgersi gratuitamente, per le medesime prestazioni,
al   servizio  sanitario  nazionale  o  a  specialisti  ambulatoriali
convenzionati;
        che  l'individuazione  della mera titolarita' del trattamento
di  quiescenza quale causa di risoluzione del rapporto di lavoro, non
accompagnata  dalla  fissazione della sua misura, pregiudicherebbe il
diritto   degli   specialisti   ambulatoriali   ad   un   trattamento
pensionistico  adeguato  alle loro esigenze di vita, che non potrebbe
ritenersi   sufficientemente   garantito   da   quello   maturato  al
cinquantacinquesimo anno di eta';
        che,  ad  avviso  del  pretore  di Milano, la norma impugnata
contrasterebbe  anche  con l'art. 36 della Costituzione, in quanto al
compimento  del cinquantacinquesimo anno di eta' i medici specialisti
ambulatoriali   convenzionati   si   trovano  nell'impossibilita'  di
conseguire sia il trattamento di quiescenza in qualita' di dipendenti
del  servizio  sanitario  nazionale,  sia  la  pensione di anzianita'
corrisposta dall'ENPAM;
        che,  in entrambi i giudizi, e' intervenuto il Presidente del
Consiglio  dei  Ministri,  con il patrocinio dell'avvocatura generale
dello   Stato,   ed   ha  eccepito  l'infondatezza  della  questione,
sostenendo che la determinazione dei requisiti per la definizione del
trattamento    riservato    ai   medici   specialisti   ambulatoriali
convenzionati  costituisce  il frutto di una scelta discrezionale del
legislatore,  conforme  ai  principi  costituzionali  e razionale sul
piano logico-sistematico;
        che  non  si  sono  invece  costituite  le  parti dei giudizi
principali;

    Considerato che le questioni di legittimita' costituzionale hanno
entrambe  ad oggetto l'art. 34, comma 1, della legge n. 449 del 1997,
il  quale  disciplina  l'inquadramento  a  domanda, nel primo livello
dirigenziale  del  servizio  sanitario  nazionale,  degli specialisti
ambulatoriali a rapporto convenzionale che, alla data del 31 dicembre
1997, svolgessero esclusivamente attivita' ambulatoriale con incarico
non  inferiore  a  ventinove  ore  settimanali  e non avessero ancora
superato i cinquantacinque anni di eta', disponendo la cessazione dei
rapporti convenzionali nei confronti dei professionisti che non siano
in  possesso  dei requisiti indicati oppure che, avendone titolo, non
abbiano presentato domanda di inquadramento;

        che  entrambi i giudici a quibus censurano la norma impugnata
per  violazione  degli  artt. 3,  primo  e secondo comma, 4, 35 e 38,
secondo   comma,  ed  il  pretore  di  Milano  anche  per  violazione
dell'art. 36  della  Costituzione, nella parte in cui prevede che gli
specialisti  ambulatoriali  che,  alla  data  del  31  dicembre 1997,
avessero almeno cinquantacinque anni di eta' mantengono il precedente
incarico di medicina ambulatoriale a condizione che non si trovino in
trattamento di quiescenza per pregressi rapporti;
        che l'identita' della norma impugnata e la parziale comunanza
delle  norme  costituzionali invocate dai giudici rimettenti, nonche'
l'affinita'   delle   argomentazioni   svolte   nelle   ordinanze  di
rimessione,   rendono   opportuna   la  trattazione  congiunta  delle
questioni;
        che  l'art. 34  della  legge  n. 449  del  1997  disciplina i
rapporti convenzionali costituiti a norma dell'art. 48 della legge 23
dicembre  1978,  n. 833  con  i medici specialisti ambulatoriali, nel
quadro  del  processo  di  revisione  e  superamento del regime delle
convenzioni  attuato  dall'art. 8 del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 502, e successive modificazioni, in conformita' anche con il
principio  dell'unicita'  del  rapporto  di  lavoro  con  il Servizio
sanitario  nazionale, introdotto dall'art. 4, comma 7, della legge 30
dicembre 1991, n. 412;
        che  nel quadro di tale disciplina, volta a ridurre il numero
delle  convenzioni  in  atto  per  accelerare la transizione al nuovo
sistema  disciplinato  dagli  articoli da 8-bis a 8-octies del d.lgs.
n. 502  del 1992, non appare priva di ragionevole giustificazione, in
quanto  ispirata  ad esigenze di migliore funzionalita' del servizio,
la   distinzione   introdotta   tra   gli  specialisti  ambulatoriali
convenzionati,  ai fini della prosecuzione del rapporto di lavoro, in
relazione   all'eta'   ed  alla  titolarita'  di  un  trattamento  di
quiescenza,   sicche'  risulta  infondata,  sotto  tale  profilo,  la
denuncia di violazione dell'art. 3 della Costituzione;
        che, per altro verso, non e' possibile la comparazione con il
trattamento   riservato   ad   altre   categorie   di  professionisti
convenzionati,  il  cui  rapporto di lavoro con il servizio sanitario
nazionale   e'   assoggettato  ad  una  disciplina  organizzativa  ed
economica   caratterizzata   da   una   pluralita'   di  elementi  di
differenziazione, correlati al luogo in cui viene resa la prestazione
professionale  o alle modalita' di espletamento della stessa, tali da
renderla  incompatibile  con  quella  alla  quale sono sottoposti gli
specialisti  ambulatoriali, la cui attivita' e' contraddistinta dalla
natura  pubblica  delle  strutture in cui sono destinati ad operare e
dai  profili  di parasubordinazione che ne qualificano la prestazione
professionale  (cfr.  ordinanza  n. 128 del 1998, sentenza n. 293 del
1997);
        che  infondata risulta anche la censura riferita agli artt. 4
e  35  della  Costituzione,  in quanto la prima disposizione concerne
precipuamente "l'accesso al mercato del lavoro" (cfr. sentenza n. 293
del  1997,  ordinanza  n. 380  del  1994),  e  non offre una garanzia
costituzionale  in ordine alla conservazione del posto di lavoro, ove
siano   intervenuti,   come  nel  caso  di  specie,  mutamenti  nelle
situazioni  giuridiche  ed  economiche  su  cui il rapporto di lavoro
risulti  fondato,  mentre la seconda enuncia un principio generale di
garanzia   del   lavoro,   riservando  al  legislatore  ordinario  la
disciplina   per   la  protezione  delle  varie  forme  di  attivita'
lavorativa  (cfr.  ordinanza  n. 254  del  1997,  sentenza n. 419 del
1993);
        che la norma censurata, d'altronde, si limita ad escludere la
prosecuzione  dei  rapporti  convenzionali  disciplinati dall'art. 48
della  legge  n. 833  del 1978, e non incide quindi sul diritto degli
specialisti      ambulatoriali      di     esercitare     l'attivita'
libero-professionale,   ne'  esclude  la  possibilita'  di  accedere,
subordinatamente  all'accertamento  dei  requisiti  prescritti  dalle
regioni  a  norma  dell'art. 8-quater  del d.lgs. n. 502 del 1992, ai
nuovi  rapporti  fondati  sull'accreditamento  istituzionale  e sulla
remunerazione a tariffa delle prestazioni rese;
        che inconferente deve ritenersi il richiamo all'art. 36 della
Costituzione,  in  quanto  la  garanzia di un trattamento retributivo
sufficiente   ad   assicurare  un'esistenza  libera  e  dignitosa  si
riferisce ai rapporti di lavoro subordinato (cfr. sentenza n. 115 del
1994,  sentenza  n. 7  del  1993),  mentre  l'attivita'  svolta dagli
specialisti  ambulatoriali  convenzionati  con  il Servizio sanitario
nazionale, pur presentando profili di parasubordinazione, si inquadra
in un rapporto di prestazione d'opera professionale;
        che  infondata risulta infine la censura riferita all'art. 38
della  Costituzione,  in  quanto  la norma impugnata non incide sulla
titolarita' del trattamento di quiescenza spettante ai professionisti
in   questione,  ne'  prevede  una  riduzione  della  sua  misura  in
dipendenza  dell'ulteriore  svolgimento  di  attivita'  lavorativa da
parte  del  titolare,  ma,  disponendo  la  risoluzione  dei rapporti
convenzionali in atto, comporta soltanto il venir meno del diritto al
relativo compenso, non avente natura di prestazione previdenziale;

    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.