ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli  5,  comma
 1, lettera a) e 7 del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, recante
 "Disposizioni  urgenti in materia tributaria, finanziaria e contabile
 a completamento della manovra di finanza pubblica per  l'anno  1997",
 convertito,  con  modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30,
 promosso con ricorso della Regione Siciliana notificato il  27  marzo
 1997,  depositato  in  Cancelleria il 7 aprile 1997 ed iscritto al n.
 32 del registro ricorsi 1997.
   Visto l'atto di  costituzione  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nell'udienza  pubblica  del 9 marzo 1999 il giudice relatore
 Valerio Onida;
   Uditi gli avvocati Francesco Torre e Giovanni Lo Bue per la Regione
 Siciliana.
                           Ritenuto in fatto
   1. -  Con ricorso notificato il 27 marzo 1997  e  depositato  il  7
 aprile   1997,   la   Regione   Siciliana  ha  proposto  giudizio  di
 legittimita'  costituzionale  nei  riguardi  dell'art.  5,  comma  1,
 lettera  a) e dell'art.  7 del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669
 (Disposizioni urgenti in materia tributaria, finanziaria e  contabile
 a  completamento  della manovra di finanza pubblica per l'anno 1997),
 convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30.
   La prima delle disposizioni impugnate modifica l'art. 26, comma  1,
 primo  periodo,  del  d.P.R.  28 gennaio 1988, n. 43 (Istituzione del
 Servizio di riscossione dei tributi e di altre entrate dello Stato  e
 di  altri enti pubblici, ai sensi dell'art. 1, comma 1, della legge 4
 ottobre 1986, n. 657),  che  prevede  gli  obblighi  del  commissario
 governativo  delegato  provvisoriamente alla riscossione dei tributi,
 nominato nei casi in cui in un ambito  territoriale  sia  vacante  la
 concessione   amministrativa  per  il  servizio  di  riscossione.  La
 disposizione originaria prevedeva che il  commissario  "risponde  del
 non riscosso come riscosso": la disposizione modificativa, impugnata,
 introduce  la facolta' per il Ministro delle finanze, d'intesa con il
 Ministro   del   tesoro   e   sentita   l'amministrazione   regionale
 interessata,  "di  stabilire, in situazioni particolari, l'esonero da
 tale obbligo".
   Ad   avviso   della   ricorrente,    l'amministrazione    regionale
 "interessata"  di  cui  e' parola nel comma in questione non potrebbe
 che essere quella della Regione Siciliana, unica dotata di competenza
 legislativa concorrente in materia di riscossione  dei  tributi  alla
 stessa  spettanti.  Poiche'  la  Regione  Siciliana  ha  istituito  e
 disciplinato, con la legge regionale n. 35 del 1990, il  servizio  di
 riscossione, prevedendo la nomina, da parte dell'assessore regionale,
 del    commissario   governativo   delegato   provvisoriamente   alla
 riscossione, senza innovare, quanto agli  obblighi  di  quest'ultimo,
 l'art.  26  del d.P.R. n. 43 del 1988 nel suo testo originario, dalla
 disposizione  impugnata  discenderebbe  l'illogica  conseguenza   che
 l'eventuale  esonero  dall'obbligo  del  non  riscosso come riscosso,
 anziche'  essere  inserito  tra   le   clausole   del   provvedimento
 assessorile  di affidamento del servizio, verrebbe rimesso ad un atto
 del Ministro pressoche' unilaterale (col solo parere della  Regione),
 incidente  sulle casse regionali. Onde la norma impugnata limiterebbe
 arbitrariamente la potesta' regionale  di  riscossione  dei  tributi,
 contrastando  con  il  combinato  disposto  degli artt. 17 e 36 dello
 statuto speciale e con l'art. 2 delle norme di attuazione in  materia
 finanziaria di cui al d.P.R. n. 1074 del 1965.
   In  linea  subordinata,  per  il  caso  non  si ritenesse possibile
 riconoscere il potere di esonero alla Regione, la ricorrente  lamenta
 la  violazione  del  principio  di leale collaborazione, in quanto si
 prevede un semplice parere della Regione, anziche'  l'intesa  con  la
 medesima,   che   sarebbe   lo  strumento  giuridico  piu'  idoneo  a
 disciplinare  i   rapporti   fra   Stato   e   Regione   in   materie
 "interferenti".
   2.  -  Una  seconda censura investe l'art. 7 del decreto-legge, che
 dispone la riserva a favore dell'erario delle entrate  derivanti  dal
 decreto  medesimo,  destinandole a finalita' di copertura degli oneri
 per il servizio del debito pubblico e  di  risanamento  del  bilancio
 statale.
   Secondo   la   ricorrente,   varie  disposizioni  del  capo  I  del
 decreto-legge darebbero luogo a incrementi di entrata non conseguenti
 a nuove imposizioni o ad aumenti di aliquote di tributi esistenti, ma
 a semplici rimodulazioni della base  imponibile  di  tributi  il  cui
 gettito  e'  devoluto  alla  Regione. Essi non costituirebbero dunque
 "nuove  entrate  tributarie",  suscettibili,  secondo  la  previsione
 dell'art.  2  del  d.P.R.  n.  1074 del 1965, di essere riservate con
 legge all'erario  per  essere  destinate  "alla  copertura  di  oneri
 diretti a soddisfare particolari finalita' contingenti o continuative
 dello  Stato". Mancando ogni indicazione dei criteri di selezione fra
 nuove entrate e cio' che non lo e', verrebbe meno la possibilita'  di
 controllare  il  corretto  esercizio  della deroga al principio della
 devoluzione  del  gettito  alla   Regione,   e   verrebbe   meno   la
 prevedibilita'  delle  decisioni  ministeriali  di applicazione della
 norma  impugnata,  con  violazione  del  principio  di  certezza  del
 diritto.
   3.  -  Si  e'  costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri,
 chiedendo il rigetto del ricorso.
   Secondo  l'Avvocatura  erariale, lo stabilire, in casi particolari,
 l'esonero dall'obbligo del non riscosso come riscosso a beneficio del
 commissario, che non e' un imprenditore come il  concessionario,  non
 potrebbe  essere  lasciato  al  potere  della  Regione,  specie se si
 considera che la riscossione riguarda anche tributi che non  sono  di
 spettanza  della  Regione.  La  previsione  del  parere della Regione
 sarebbe poi in linea con il principio di leale collaborazione.
   Quanto all'art. 7 del decreto, non si comprenderebbe quali siano le
 norme che comporterebbero  entrate  senza  influire  sulle  aliquote.
 "Nuove entrate", comunque, sarebbero tutte quelle che, modificando il
 meccanismo  impositivo (base imponibile, aliquota o altro), producono
 maggior gettito.
                         Considerato in diritto
   1. -   Il ricorso della  Regione  Siciliana  solleva  due  distinte
 questioni, relative rispettivamente all'art. 5, comma 1, lettera a) e
 all'art.   7 del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669 (Disposizioni
 urgenti  in   materia   tributaria,   finanziaria   e   contabile   a
 completamento  della  manovra  di  finanza pubblica per l'anno 1997),
 convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30.
   In relazione alla seconda  questione,  concernente  una  norma  che
 riserva all'erario le entrate derivanti dal medesimo decreto-legge n.
 669  del  1996,  questa  Corte  ha  disposto  in via istruttoria, con
 ordinanza del 22-31 marzo  1999,  l'acquisizione  di  informazioni  e
 documenti.
   2.  -  In  questa  sede  resta  dunque  da  decidere  solo la prima
 questione, concernente una disposizione la quale prevede la  facolta'
 del  Ministro  delle  finanze,  d'intesa con il Ministro del tesoro e
 sentita l'amministrazione regionale  interessata,  di  stabilire  con
 proprio decreto, in situazioni particolari, l'esonero del commissario
 governativo  delegato  provvisoriamente  alla riscossione dei tributi
 dall'obbligo del  "non  riscosso  come  riscosso".  Essa  violerebbe,
 secondo  la  ricorrente, il combinato disposto degli articoli 17 e 36
 dello  statuto  speciale,  relativi  rispettivamente  alla   potesta'
 legislativa  concorrente  e  all'autonomia  finanziaria della Regione
 Siciliana, in quanto  attribuirebbe  al  Ministro  delle  finanze  un
 potere  di disporre che dovrebbe spettare all'assessore regionale cui
 e'  demandata  la  nomina  del   commissario   governativo   delegato
 provvisoriamente  alla  riscossione  dei  tributi;  in  subordine, la
 ricorrente   lamenta   la   violazione   del   principio   di   leale
 collaborazione,  in quanto la disposizione impugnata si limiterebbe a
 prevedere il parere della Regione interessata, anziche' l'intesa  con
 la  medesima, come sarebbe necessario per disciplinare i rapporti fra
 Stato e Regione in materie "interferenti".
   3. - L'anzidetta questione non e' fondata.
   La disposizione impugnata  si  limita  ad  apportare  una  modifica
 all'art.    26  del  d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, cioe' del decreto
 legislativo che, sulla base della delega  di  cui  all'art.  1  della
 legge  4  ottobre  1986,  n.  657, ha disciplinato la istituzione del
 Servizio di riscossione dei tributi e di altre entrate dello Stato  e
 di altri enti pubblici.  Mentre il testo previgente prevedeva in ogni
 caso l'obbligo del commissario governativo, delegato provvisoriamente
 alla  riscossione  dei  tributi, di rispondere del "non riscosso come
 riscosso", secondo  il  principio  tradizionalmente  affermato  dalla
 legislazione  in  materia  di  riscossione  di  tributi  demandata  a
 soggetti  diversi  dall'amministrazione   finanziaria,   e   ribadito
 dall'art.  1,  comma 1, lettera f) n. 5, della legge n.  657 del 1986
 (ancorche' oggi in via di superamento, dopo che la legge 28 settembre
 1998, n. 337, contenente "delega al Governo  per  il  riordino  della
 disciplina  relativa alla riscossione", ha previsto l'eliminazione di
 tale obbligo anche per i concessionari della riscossione:  art.    1,
 comma  1,  lettera  c), il nuovo testo prevede invece la facolta' del
 Ministro delle  finanze  di  stabilire,  in  situazioni  particolari,
 l'esonero da tale obbligo.
   Nell'ambito  della Regione Siciliana, pero', spettando alla Regione
 medesima tutte  le  entrate  tributarie  erariali  riscosse  nel  suo
 territorio,  ad  eccezione  di quelle enumerate (art. 2 del d.P.R. 26
 luglio 1965, n. 1074, contenente "Norme di attuazione  dello  statuto
 della  Regione Siciliana in materia finanziaria"), ed essendo ad essa
 riconosciuta una potesta' legislativa concorrente  o  sussidiaria  in
 materia  tributaria,  mentre,  in assenza di disciplina regionale, si
 applica nella Regione la legislazione tributaria dello Stato (art.  6
 del  citato  d.P.R.    n.  1074  del  1965),  alla istituzione e alla
 disciplina del servizio di riscossione dei tributi provvede la  legge
 della Regione, ferma restando l'applicazione anche a tale Regione dei
 principi  risultanti dalla legge statale n. 657 del 1986 e dal d.P.R.
 n. 43 del 1988:  in tal senso dispone espressamente l'art. 132  dello
 stesso d.P.R.  n. 43 del 1988.
   In  effetti  la  Regione  ha  disciplinato  la  materia  con  legge
 regionale 5 settembre 1990,  n.  35  (Istituzione  e  disciplina  del
 servizio  di  riscossione  dei  tributi  e  di altre entrate), il cui
 articolo 1 stabilisce espressamente che "le disposizioni del  decreto
 del  Presidente  della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43 e successive
 modifiche si applicano nel territorio  della  Regione,  salvo  quanto
 previsto  dalla  presente legge e dalle altre norme regionali vigenti
 in materia".
   La stessa  legge  regionale,  all'art.  18,  prevede  la  nomina  -
 s'intende,  da  parte  dell'Assessore  regionale per il bilancio e le
 finanze  (cfr.    art.  2,  comma  2,  della  stessa  legge)  -   del
 "commissario  governativo delegato provvisoriamente alla riscossione,
 previsto dall'art. 24 del decreto del Presidente della Repubblica  28
 gennaio  1988, n. 43 e successive modifiche". Il comma 3 del medesimo
 art. 18 stabilisce  poi  -  in  perfetta  corrispondenza  con  quanto
 dispone  l'art.  24,  comma  3,  del  d.P.R. n. 43 del 1988 - che "al
 commissario governativo  si  applicano  le  norme  stabilite  per  il
 concessionario,  salvo quanto disposto dagli articoli 25, 26, 27 e 28
 del decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43  e
 successive modifiche".
   Come  si  vede,  il rinvio "mobile" alle disposizioni del d.P.R. n.
 43 del 1988 e alle "successive modifiche" dello stesso, stabilito  in
 via  generale  dall'art.  1  della legge regionale n. 35 del 1990, e'
 ribadito espressamente a proposito dell'art. 26 dello stesso decreto,
 su cui ha inciso la modifica recata dall'impugnato art. 5,  comma  1,
 lettera  a) del decreto-legge n. 669 del 1996. Da un lato, dunque, il
 d.P.R. n. 43 del 1988 (art. 132) riconosce pienamente  la  competenza
 regionale  a  disciplinare  la  materia  della  riscossione, anche in
 deroga alle singole disposizioni dello  stesso  decreto,  purche'  in
 conformita' ai principi che si desumono da esso e dalla legge statale
 di  delega  n.  657  del  1986.  Dall'altro  lato la legge regionale,
 nell'esercitare    tale    competenza,    espressamente     ribadisce
 l'applicabilita'  nella  Regione  Siciliana  del  decreto legislativo
 statale e delle sue successive modifiche,  salve  le  deroghe  recate
 dalla  legge  regionale,  e  in particolare prevede che si applichino
 nella Regione l'art. 26 del decreto governativo e le  sue  successive
 modifiche,  e  pertanto  anche  la  modifica  ad  esso  recata  dalla
 disposizione qui contestata.
   L'efficacia di quest'ultima nell'ambito della  Regione  -  fino  ad
 eventuali  nuovi  interventi  legislativi  regionali - dipende dunque
 proprio da cio' che ha disposto, in  armonia  con  il  sistema  delle
 norme di attuazione statutaria e con le stesse statuizioni del d.P.R.
 n. 43 del 1988, il legislatore regionale.
   La  ricorrente  non  puo' avere percio' ragione di doglianza per il
 solo fatto che trova applicazione anche nel suo territorio  la  nuova
 disposizione,  che  prevede  la  facolta' di esonerare, in situazioni
 particolari, il  commissario  governativo  delegato  provvisoriamente
 alla  riscossione  dall'obbligo del "non riscosso come riscosso"; ne'
 e' in alcun modo  lesa  la  competenza  legislativa,  in  materia  di
 riscossione  dei tributi, della Regione Siciliana, la quale potra' se
 del caso intervenire con proprie leggi, purche' sempre  nel  rispetto
 dei  principi  derivanti dalla legislazione statale, a regolare anche
 questo particolare aspetto della disciplina della riscossione.
   4. - Nemmeno ha fondamento la censura secondo cui il Ministro delle
 finanze,  sulla  base  della  disposizione  impugnata,  verrebbe   ad
 esercitare anche negli ambiti territoriali della Regione Siciliana, e
 nei  confronti  dei  commissari  governativi  nominati dall'Assessore
 regionale, il potere di esonero in  questione,  in  violazione  della
 competenza spettante alla Regione in materia.
   Tale  potere  di  esonero  si  esercita  mediante un atto avente la
 natura e i caratteri di provvedimento amministrativo, non  normativo.
 Infatti  la  norma statale configura una "facolta'" del Ministro, che
 puo' esercitarsi "in  situazioni  particolari",  cioe'  in  vista  di
 specifiche   esigenze  che  si  manifestino  a  riguardo  di  singoli
 commissari governativi, e dunque  con  effetto  limitato  ai  singoli
 ambiti territoriali di riscossione affidati ai commissari governativi
 destinatari  del provvedimento di esonero, e alle situazioni prese in
 considerazione.
   In Sicilia, come  si  e'  detto,  il  servizio  di  riscossione  e'
 istituito  e  disciplinato dalla Regione; e la legge regionale che lo
 disciplina espressamente  stabilisce  -  in  conformita'  al  sistema
 risultante  dallo statuto (art. 20) e dalle norme di attuazione (art.
 8 del d.P.R.  n. 1074 del 1965) - che "le attribuzioni  del  Ministro
 delle  finanze e del Ministro del tesoro, nonche' quelle del Ministro
 dell'interno  e  degli  altri  Ministri,  previste  dal  decreto  del
 Presidente  della  Repubblica  28  gennaio  1988,  n. 43 e successive
 modifiche,  di  competenza  regionale,  in  quanto  non  diversamente
 disposto, sono svolte rispettivamente dall'Assessore regionale per il
 bilancio  e le finanze, nonche' dall'Assessore regionale per gli enti
 locali e dagli altri Assessori regionali competenti" (art.  2,  comma
 1, della legge regionale n. 35 del 1990).
   Se  ne  desume  pianamente  che  anche  la potesta' di esonerare il
 commissario governativo, in situazioni particolari, dall'obbligo  del
 non  riscosso  come  riscosso,  attribuita  al Ministro delle finanze
 (d'intesa con quello del tesoro) dall'art. 26, comma 1, del d.P.R. n.
 43 del 1988 come modificato dall'art. 5 del decreto-legge n. 669  del
 1996,  e'  esercitata  in  Sicilia,  cioe' con riguardo ai commissari
 governativi nominati  per  gli  ambiti  di  riscossione  inclusi  nel
 territorio  siciliano,  dall'Assessore regionale per il bilancio e le
 finanze, in forza del combinato disposto  dell'art.  2,  comma  1,  e
 dell'art.  18,  comma 3, della legge regionale n. 35 del 1990. Non si
 puo'  dubitare,  infatti,  che  si   tratti   di   un   provvedimento
 amministrativo  che,  per  il  territorio  siciliano,  rientra  nelle
 competenze della Regione: e' quest'ultima, ai sensi dell'art. 132 del
 d.P.R. n. 43 del 1988, che istituisce e  disciplina  il  servizio  di
 riscossione   dei   tributi;   in   particolare,   e'   di  spettanza
 dell'Assessore  regionale  la  nomina  del  commissario  governativo,
 delegato  provvisoriamente  alla  riscossione  (cfr., esplicitamente,
 l'art. 18, comma 2,  della  legge  regionale  n.  35  del  1990).  La
 impugnata disposizione modificativa dell'art. 26 del d.P.R. n. 43 del
 1988  non  si  propone,  d'altra  parte,  di incidere sul particolare
 riparto  delle  competenze  in  materia  che  vale  per  la   Regione
 Siciliana,  ma  semplicemente di consentire all'organo amministrativo
 competente (il Ministro,  in  via  generale;  l'Assessore  regionale,
 nello  speciale  ordinamento  del  servizio  di riscossione che trova
 applicazione  in  Sicilia)  la  facolta'  di   esonerare,   in   casi
 particolari, il commissario governativo dall'obbligo del non riscosso
 come riscosso.
   5.  -  L'argomento  che  la  ricorrente adduce per sostenere che al
 Ministro sarebbe stato attribuito il potere di provvedere  anche  per
 gli  ambiti  della  riscossione  compresi  nel  territorio siciliano,
 tratto dalla  menzione,  nella  disposizione  impugnata,  del  parere
 obbligatorio  della "amministrazione regionale interessata", si fonda
 in  realta'  su  di  un   equivoco.   La   ricorrente   ritiene   che
 l'amministrazione  regionale  di  cui  e' parola non possa che essere
 quella della Regione Siciliana, unica dotata di  competenza  propria,
 sia  pure concorrente, in materia di riscossione dei tributi erariali
 ad essa spettanti. In realta', il testo originario del  decreto-legge
 si  limitava  a  prevedere  che il Ministro delle finanze provvedesse
 "sentito il Ministro del tesoro".  L'attuale formulazione della norma
 deriva da un emendamento introdotto  in  sede  di  conversione  dalle
 commissioni  riunite  V  e  VI del Senato, in cui si prevedeva che il
 Ministro delle finanze agisse "d'intesa con il Ministro del tesoro  e
 sentito   l'ente   eventualmente   interessato"  (cfr.  Atti  Senato,
 Assemblea, Commissioni 5a e 6a riunite, seduta del 22  gennaio  1997,
 pag.  32, e seduta del 23 gennaio 1997, pag.  14), e da una ulteriore
 proposta di modifica formulata dal Governo e  accolta  dall'assemblea
 del  Senato, tendente a sostituire la menzione dell' "amministrazione
 regionale   interessata"   a   quella   dell'   "ente   eventualmente
 interessato",  al  fine  di  evitare  che  la  consultazione  potesse
 riguardare anche il comune (cfr. Atti Senato, sedute del  5  febbraio
 1997,  pagg. 29 e 43). L'aula invece respinse un emendamento tendente
 a inserire la menzione dell'intesa con i Presidenti delle  Regioni  a
 statuto  speciale  e  delle  province autonome di Trento e di Bolzano
 eventualmente interessate, senza che il Governo, pur interpellato, si
 esprimesse sulla tesi secondo cui  la  facolta'  del  Ministro  delle
 finanze  non  dovrebbe  trovare  applicazione nelle Regioni a statuto
 speciale (cfr. ivi, pagg. 39-40 e 49).
   Il  parere  cui  la  norma  fa  riferimento  e'  dunque previsto in
 funzione dell'interesse che la Regione (come  l'ente  locale  minore)
 puo' avere nella riscossione, la cui disciplina unitaria riguarda non
 solo  i  tributi  erariali,  ma anche i tributi e le altre somme gia'
 riscossi tramite le esattorie di spettanza di  "altri  enti  pubblici
 non  economici",  nonche' altri tributi ed entrate regionali e locali
 (cfr. art. 2, comma 1, lettere a), c), d), f) del d.P.R.  n.  43  del
 1988):  non ha a che fare, invece, con l'eventualita' di una potesta'
 regionale concorrente in materia di riscossione,  quale  sussiste  in
 Sicilia,    e    che    si    traduce    nell'esercizio    da   parte
 dell'amministrazione   regionale   dei   compiti,    inerenti    alla
 riscossione,  che  la  legge  attribuisce, per il restante territorio
 nazionale, all'amministrazione statale.
   Piuttosto, come il parere regionale, previsto dalla  norma  statale
 in   relazione   al   provvedimento  ministeriale  in  questione,  e'
 riconducibile  all'interesse  della  Regione  (o,  piu'   ampiamente,
 dell'amministrazione territoriale specificamente coinvolta) in quanto
 destinataria,  insieme  allo Stato, del gettito dei tributi riscossi,
 cosi', simmetricamente, in Sicilia, ove il servizio di riscossione e'
 istituito e disciplinato dalla Regione, ma opera anche con riguardo a
 gettiti tributari riservati, sia pure in via eccezionale, allo  Stato
 (art.  36, secondo comma, dello statuto; art. 2, primo comma, seconda
 parte, e secondo comma,  del  d.P.R.  n.  1074  del  1965),  si  deve
 ritenere,  in  forza  del  principio  di leale collaborazione, che il
 provvedimento regionale di esonero, in  situazioni  particolari,  del
 commissario  governativo  dall'obbligo del non riscosso come riscosso
 presupponga    a    sua    volta    la    preventiva    consultazione
 dell'amministrazione statale delle finanze.
   Cosi'  ricostruita la portata della disposizione impugnata, essa e'
 immune dalle censure mosse dalla ricorrente.