IL TRIBUNALE Nel procedimento civile promosso da Bortoluzzi Andrea + 6, con avv. Zeno Forlati, appellanti, contro il Ministero di grazia e giustizia, con Avvocatura di Stato di Venezia, appellato; in punto: riforma sentenza n. 144/1998 del pretore di Venezia; Ha pronunciato la seguente ordinanza; Ritenuto in fatto che con atto di citazione notificato l'11 marzo 1996 i vice pretori onorari della pretura circondariale di Venezia, Bortoluzzi Andrea, Bortoluzzi Tommaso, Bragadin Alvise, Faccini Stefano, Iaderosa Francesco, Minelli Giovanni, Panizzon Roberta e Pasqualin Andrea convenivano, avanti il pretore di Venezia, il Ministero di grazia e giustizia, affinche' venisse accertato il loro diritto a percepire l'indennita' di cui all'art. 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27, con conseguente condanna dell'Ente convenuto al pagamento dei relativi importi, maturati dalla nomina fino alla concessione dall'incarico, nei limiti della competenza pretorile; che, in particolare, gli attori deducevano: che ai vice pretori onorari, appartenendo essi all'ordine giudiziario, cosi' come testualmente previsto dall'art. 4, r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, spettava l'indennita' in questione, introdotta, appunto, in favore dei "magistrati dell'ordine giudiziario" ai sensi dell'art. 1, legge 6 agosto 1984, n. 425, di interpretazione autentica dell'art. 3, legge 19 febbraio 1981, n. 27; che anche la ragione dell'introduzione di tale indennita' ("... in relazione agli oneri che gli stessi incontrano nello svolgimento delle loro attivita' ...") era perfettamente compatibile con l'attivita' svolta dai vice pretori onorari, e che, in difetto dell'invocato riconoscimento, si sarebbe determinata una ingiustificata disparita' di trattamento rispetto, soprattutto, ai giudici popolari, con conseguente illegittimita' costituzionale delle norme in materia; che si costituiva il Ministero convenuto, eccependo l'incompetenza per valore del giudice adito, il difetto di legittimazione passiva e, nel merito, l'infondatezza della domanda, stante il carattere onnicomprensivo dell'indennita' gia' riconosciuta, fin dal 1989, ai vice pretori onorari; che il pretore, con ordinanza 17 marzo 1997, disponeva il mutamento di rito, rimettendo le parti avanti il pretore del lavoro, quale giudice competente; che il pretore del lavoro, con sentenza n. 144 del 10 febbraio 1998 respingeva la domanda, compensando le spese di lite; che, in particolare, osservava il pretore: che non esiste, allo stato della normativa vigente, un principio generale secondo il quale l'attivita' dei giudici onorari debba essere retribuita, ne' esiste un regime legislativo comune dal quale trarre canoni interpretativi; che la norma invocata dai ricorrenti, e cioe' l'art. 1 della legge 6 agosto 1984, n. 425, aveva avuto la funzione di distinguere una magistratura (quella tradizionalmente chiamata ordinaria) dalle altre tre (amministrativa, contabile e militare), e non la funzione di ricomprendere nell'ordine giudiziario anche i magistrati onorari, onde estendere loro il beneficio in parola; che l'altra norma posta dai ricorrenti a fondamento della pretesa, e cioe' l'art. 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27, essendo stata inserita in una serie di disposizioni dedicate al trattamento economico del personale della magistratura, non poteva che essere riferita esclusivamente ai soggetti legati da un rapporto di pubblico impiego con lo Stato, con esclusione dunque dei vice pretori onorari, non intrattenendo questi ultimi un rapporto professionale con la p.a.; che, con ricorso depositato il 9 settembre 1998, gli attori in primo grado (salvo Roberta Panizzon) impugnavano le suddetta sentenza lamentando: che il pretore non aveva utilizzato il primario criterio ermeneutico, quello letterale, in virtu' del quale le norme richiamate avrebbero dovuto condurre facilmente al riconoscimento del beneficio in questione, senza dover ricorrere ai principi generali o alla ricerca di regole comuni in materia; che il primo giudice aveva comunque errato nell'interpretare l'art. 1 della legge n. 425/1984, avendo inteso tale norma riferirsi a tutti i magistrati appartenenti all'ordine giudiziario, senza alcuna funzione di distinzione rispetto alle altre cd. tre magistrature; che la sentenza impugnata era da considerarsi viziata laddove ha negato, in assoluto, l'esistenza di un principio di retribuzione in favore dei magistrati onorari; che, in ogni caso, nell'adottare una interpretazione contraria a quella prospettata in atto introduttivo, il pretore non aveva tenuto conto dei profili di illegittimita' costituzionale della normativa in materia, in relazione agli artt. 3, 102 e 106 della Costituzione, ove non prevede l'estensione dell'indennita' de qua ai vice pretori onorari; che si costituiva il Ministero di grazia e giustizia resistendo all'impugnazione; Osservato in diritto In punto rilevanza: che avendo gli odierni appellanti svolto in primo grado domanda nei limiti della competenza pretorile, l'eventuale questione nascente dall'ordinanza pretorile di mutamento di rito ex art. 426 c.p.c., a seguito del recentissimo orientamento della Suprema Corte a S.U. (v. pero' contra Cass. S.U. 17 maggio 1995, n. 5396), non pare possa incidere negativamente sul giudizio di rilevanza della eccezione di illegittimita' costituzionale in esame, e cio' anche alla luce dell'art. 38 c.p.c. novellato; che la rilevanza della questione di costituzionalita' posta all'attenzione di questo Collegio discende in modo evidente dal fatto che interpretando le norme in discussione (artt. 3 legge n. 27/1981, 1 e 2 legge n. 425/1984), cosi' come ha fatto il pretore, in senso sfavorevole agli appellanti, essi si vedono privati del beneficio richiesto, mentre solamente l'accertamento della incompatibilita' delle stesse norme, cosi' come interpretate, rispetto ai principi costituzionali aprirebbe la strada al riconoscimento dell'indennita' in parola; che, infatti, al di la' delle norme richiamate, non vi e' spazio per il riconoscimento del beneficio attraverso il ricorso ai principi generali, ovvero ricercando una normativa comune in materia di giudici onorari, o ancora ricorrendo direttamente ad altre e diverse norme di legge; ne', per contro a detto riconoscimento pare possa essere di sicuro ostacolo la recente legge sul giudice unico avendo questa introdotto, con riguardo ai giudici onorari, disposizioni pro futuro; che, inoltre, pur nella consapevolezza di essere di fronte a norme di diritto sostanziale in relazione alle quali il giudice di merito deve doverosamente mettersi alla ricerca di una interpretazione la piu' rispondente ai canoni costituzionali, una tale operazione ermeneutica nel caso di specie non e' praticabile, in quanto il preteso univoco significato letterale della normativa in esame ("... ai magistrati dell'ordine giudiziario ...", al quale pacificamente appartengono i v.p.o. ai sensi dell'art. 4 r.d. 301/1941, n. 12) cozza contro la ratio delle norme e contro un'interpretazione sistematica delle stesse; sotto il primo profilo, va ricordato che il beneficio de quo, sebbene sia stato poi esteso a tutti i magistrati ordinari, ma acquisendo, nel contempo, una connotazione essenzialmente retributiva, e' sorto come cd. indennita' di rischio, quale sostegno, per cosi' dire materiale, alla magistratura impegnata a fronteggiare il fenomeno del "terrorismo" (tant'e' che in sede di primo disegno di legge d'iniziativa governativa era stato ideato, nello stato di previsione del Ministero di grazia e giustizia, una sorta di fondo commisurato al 30% dello stanziamento iscritto annualmente per stipendi del personale in servizio della magistratura) e che quindi ben difficilmente si possono trovare punti di contatto con l'attivita' dei magistrati onorari; che anche l'estensione dell'indennita' speciale ai magistrati amministrativi, contabili e militari, sancita nella nota sentenza dell'adunanza plenaria del Consiglio di Stato del 16 dicembre 1983, n. 27, sembra fondata su di un comune presupposto: il rapporto professionale, e non onorario, con la p.a. (ed infatti la norma interpretativa del 1984 va letta alla luce dell'esigenza di negare ai magistrati amministrativi, contabili e militari il beneficio previsto dalla legge del 1981): sotto il secondo profilo, non va sottaciuto che l'art. 3 della legge n. 27/1981 (interpretato dall'art. 1 della legge n. 425/1984) e' inserito in un contesto normativo destinato unicamente al personale legato alla p.a. da un rapporto di pubblico impiego, che l'art. 1 citato esclude la corresponsione dell'indennita' speciale durante i periodi per cosi' dire di sospensione del rapporto, richiamando in tal modo istituti propri del rapporto di pubblico impiego e percio' incompatibili con l'attivita' meramente onoraria, e infine che all'epoca dell'emanazione della legge n. 27 e della legge n. 425 i vice pretori svolgevano i loro compiti in modo completamente gratuito, essendo stato introdotto il primo compenso in loro favore solamente nel 1989: segno questo che il legislatore del 1981 e del 1984 intendeva riferirsi unicamente ai magistrati cd. togati. In punto non manifesta infondatezza: che, essendo quella sopra sommariamente delineata l'unica ragionevole interpretazione delle norme in questione, questo ultime non possono allora sfuggire ad un vaglio di legittimita' costituzionale, essendo probabilmente foriere di situazioni ingiustificatamente diseguali e di possibili pregiudizi al buon andamento e all'imparzialita' della p.a.; che, in primo luogo, in una visione unitaria della funzione giurisdizionale, pur nella diversita' delle sue articolazioni, collegata al principio di sottoposizione dei giudici soltanto alla legge, tranquillamente estendibile ai v.p.o. e non legato necessariamente alla natura professionale, e non onoraria, dell'attivita' esercitata, si ravvisa quell'elemento di coagulo delle diverse figure di giudice, quali il magistrato ordinario cd. togato, il magistrato amministrativo, quello contabile e quello militare e, appunto, quello onorario, che non giustifica pienamente un diverso trattamento in relazione all'indennita' in parola, con conseguente violazione dell'art. 3, primo comma Cost.; che la violazione della citata norma costituzionale si acuisce in special modo nel raffronto tra la posizione dei vice pretori onorari e quella dei giudici popolari delle Corti di assise (legge 10 aprile 1951, n. 287 e succ. mod.), nonche' dei componenti privati del tribunale per i minorenni (legge 12 ottobre 1957, n. 978), i quali, a differenza dei primi, godono, seppure in forza di specifiche norme di legge, dell'indennita' di cui si discute (essa - non si puo' dimenticare - era stata riconosciuta anche in favore dei vice pretori onorari reggenti ex art. 208 ord. giud., ma la disposizione e' stata poi abrogata dal d.-l. n. 273/1989); che, in effetti, sia il v.p.o. che il "giudice popolare" (e il componente privato) vengono reclutati senza concorso pubblico, entrambi svolgono funzioni onorarie, in entrambi i casi il rapporto e' a termine (sebbene suscettibile di rinnovo ed il fatto che il secondo sia sostanzialmente obbligato ad accettare l'incarico e rappresenti un elemento imprescindibile per l'esistenza dell'organo non rileva, non essendo l'indennita' in esame in alcun modo collegata a tali caratteristiche della funzione; che neppure sotto il profilo del tipo di attivita' svolta dalle categorie di giudici onorari messe a confronto puo' essere individuata quella diversita' giustificante la disparita' di trattamento i favore dei giudici popolari e dei componenti privati per i minorenni, essendo pacifico che i v.p.o. incontrano, nello svolgimento dei loro compiti, gli stessi oneri sopportati dalle altre due categorie di giudici, se non addirittura oneri maggiori connessi, ad esempio, alla preparazione della causa e alla stesura dei provvedimenti; che, ancora, la disparita' di trattamento non puo' essere spiegata con la necessaria tendenza alla parificazione retributiva tra i giudici popolari e gli altri membri del collegio dell'assise, posto che una tale esigenza di parificazione potrebbe essere sentita anche nel rapporto tra giudici cd. togati e giudici onorari dell'ufficio della pretura, svolgendo essi sostanzialmente i medesimi compiti (seppure per cosi' dire part-time da parte dei v.p.o.), e atteso che in alcune occasioni anche i v.p.o. sono chiamati a comporre collegi giudicanti; che, infine, la mancata previsione di un adeguato trattamento economico in favore dei vice pretori onorari puo' in qualche modo minare il buon andamento e l'imparzialita' della p.a. con conseguente violazione dell'art. 97, primo comma Cost., tenuto conto dell'esiguita' dei compensi previsti fin dal 1989, e nonostante, di regola, l'attivita' onoraria venga esercitata in aggiunta all'esercizio di una professione;