IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha emesso la seguente ordinanza, nel procedimento n. 113/99 g.i.p. riguardante il minore C.A., nato a Fier (Albania) il 17 marzo 1982; Fatto e diritto Con verbale datato 25 marzo 1999, il comandante del comando compagnia della Guardia di finanza di Pescara comunica al procuratore della Repubblica presso questo tribunale che s'era proceduto all'arresto di C.A., per i reati di furto aggravato e guida senza patente. Alle ore 1,30 del 25 marzo 1999, in Pescara, via Marco Polo, una pattuglia di agenti della guardia di finanza, nel corso di un servizio di perlustrazione per la repressione del contrabbando, aveva sottoposto a controllo C.A. Quest'ultirno era stato trovato alla guida di un'autovettura Volkswagen Jetta, targata PE264770, di proprieta' di Marcello Cancelli. A seguito di un'accurata ispezione, gli agenti avevano notato che, per la messa in moto, il C. aveva utilizzato i fili elettrici, strappati dal cilindro e collegati fra loro. Nel frattempo, gli agenti rintracciavano il proprietario della vettura, Cancelli Marcello, che immediatamente avvertito sporgeva denuncia di furto. Sulla vettura, gli agenti avevano notato anche l'effrazione della maniglia della portiera anteriore destra e la rottura del bloccasterzo. Durante le operazioni gli agenti avevano richiesto al C. di esibire la patente di guida, ma egli aveva dichiarato di non aver mai conseguito quell'autorizzazione. Per questi motivi, si procedeva alla denuncia, in stato di arresto, per i reati di furto aggravato e guida senza patente. Il pubblico ministero presso questo tribunale alle ore 11 del 26 marzo 1999, presentava richiesta di convalida dell'arresto, per il reato di furto aggravato, nei confronti del C. In quella sede, il pubblico ministero richiedeva anche l'applicazione della misura della custodia cautelare presso l'I.P.M. di L'Aquila, per il pericolo di reiterazione, da parte del C. di reati della stessa indole di quelli per i quali si stava procedendo. La cancelleria del g.i.p. riceveva quella richiesta alle ore 11,10 del 26 marzo 1999. Il 27 marzo 1999, si celebrava l'udienza per la convalida dell'arresto, all'esito della quale il difensore non si opponeva alla convalida dell'arresto e chiedeva la remissione in liberta', mentre il pubblico ministero si riportava alle conclusioni gia' rassegnate. Ritiene preliminarmente il g.i.p. che l'arresto debba essere convalidato. I militari della guardia di finanza hanno colto il C. nella quasi flagranza del delitto di furto aggravato da violenza sulle cose. Egli e' stato sorpreso con cose e tracce dalle quali appariva chiaramente la commissione del furto, compiuto immediatamente prima, come le effrazioni sulla maniglia e sui fili di accensione e la sorpresa alla guida della vettura. A carico del C. emergono gravi indizi di colpevolezza, rappresentati dai verbali di arresto e di perquisizione e dalla denuncia del Cancelli. Per quanto attiene all'applicazione delle misure cautelari, non sembra, nella specie, esserci il pericolo di reiterazione, paventato dal pubblico ministero. Il fatto e' grave, per i modi e tempi di commissione (ricorrenza di un'aggravante che costituirebbe gia' di per se' reato, tempo di notte, ecc.), ma la personalita' del C. non puo' valutarsi in modo eccessivamente sfavorevole, perche' egli e' incensurato. Il pericolo di inquinamento probatorio non sussiste, perche' e' inutile lo svolgimento di speciali indagini, essendo stata raccolta gran parte del materiale probatorio. L'identita' fisica, ai sensi dellart. 66, comma 2, c.p.p., e' fuori discussione. Ricorre, invece, il pericolo di fuga. Nel caso di specie, questo g.i.p. applicherebbe l'art 23, comma 2, lett. b), del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, che prevede la scelta della misura cautelare se l'imputato si e' dato o sussiste concreto pericolo che si dia alla fuga. Quest'ultima ipotesi e' quella piu' attuale, dal momento che il C. non ha fissa e stabile dimora in Italia e neanche un domicilio provvisorio o temporaneo o parenti che possano occuparsi di lui. La sua identita' fisica e' certa, non altrettanto quella anagrafica (eta' reale, ecc), al punto che egli non ha potuto esibire alcun documento o fornire altra indicazione soddisfacente. Il C. potrebbe, inoltre, approfittare delle tumultuose vicende politiche che stanno vivendo le sue zone di provenienza per far perdere le proprie tracce. La relazione svolta dai servizi sociali contiene, inoltre, elementi che confermano in maniera concreta questa convinzione. A nulla rileva che il pubblico ministero abbia chiesto l'applicazione delle misure per altri motivi, perche' il g.i.p. quando valuta le esigenze cautelari non e' tenuto ad attenersi strettamente alle richieste presentategli e puo', oltre che disattenderle, decidere in maniera diversa. Questo g.i.p. tuttavia, pur convalidando l'arresto, intende sospendere la pronuncia sull'applicazione della misura cautelare e sollevare d'ufficio questione d'illegittimita' costituzionale, perche' emergono profili d'incostituzionalita' dell'art. 23, comma 2, lett. b), del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, nei riguardi degli artt. 76 e 77 della Costituzione. La questione e' rilevante, perche' dalla pronuncia della Corte costituzionale dipende la sopravvivenza di quella norma e quindi la sua applicabilita' al caso concreto, con possibilita' di restrizione intramuraria del C., unica misura idonea a proteggere la collettivita'. La questione appare non manifestamente infondata. La legge 16 febbraio 1987, n. 81, (delega al Governo della Repubblica per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale), all'art. 3, pone precisi principi e criteri direttivi per il processo a carico di imputati minorenni. All'art. 3, lett. h), terza ipotesi, legge citata, si stabilisce che il giudice puo' disporre la custodia in carcere del minore solo per delitti di maggiore gravita', sempre che ricorrano gravi e inderogabili esigenze istruttorie, ovvero gravi esigenze di tutela della collettivita'. L'art. 23, del d.P.R. citato, che da' attuazione alla legge delega in materia minorile, ha previsto, invece, i tre classidi pericula libertatis della reiterazione del reato, dell'inquinamento probatorio e del pericolo di fuga. Tale disposizioni ripete, puramente e semplicemente, quanto stabilito dall'art. 274 del c.p.p. Quest'ultimo articolo, tuttavia, e' pienamente aderente alla volonta' del legislatore delegante, che all'art. 2, n. 59, della legge n. 81 del 1987, prevede il pericolo di fuga fra le condizioni per l'applicazione della custodia cautelare, per quanto riguarda i soggetti maggiori di eta'. L'art. 3, lett. h), terza ipotesi, della legge n. 81 del 1987, invece, ha escluso il pericolo fuga dal novero degli elementi che possono giustificare la scelta di misure restrittive della liberta' personale per il minore. In questo caso non puo' parlarsi di mera dimenticanza, ma di una scelta di politica legislativa, come si desume dalla menzione espressa degli altri pericula libertatis. Si applica, in questa ipotesi, il canone ermeneutico inclusio unius est exclusio alterius. Si potrebbe opinare il concetto di "gravi esigenze di tutela della collettivita'", usato nell'art. 3, lettera h), e' assai generico, al punto da poter comprendere il pericolo di fuga. Questa possibile obiezione si supera agevolmente, perche' l'uso di quella formula e' sempre riferito, nell'ordinamento penale, al pericolo di reiterazione. L'art. 3, lett. h), inoltre, sarebbe superfluo se non si fosse voluta l'esclusione del pericolo di fuga. I principi e i criteri direttivi, stabiliti dall'art 2 della legge n. 81 del 1987, non si riferiscono soltanto al processo penale ordinario ma hanno carattere generale e l'eccezione prevista dall'art. 3, lett. h),, assume, quindi, un valore particolare, che porta all'affermazione del principio interpretativo ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit, soprattutto se la legge delega si interpreta nel suo insieme. Si riscontra, nella specie, un eccesso da parte del legislatore delegato nei confronti della legge di delega e si chiede quindi alla Corte costituzionale di dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell' art. 23, comma 2, lett. b), del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448. Sulle altre incombenze, questo g.i.p. decidera' con separati provvedimenti.