ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 222 del decreto
 legislativo  30  aprile  1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), in
 relazione agli artt. 218, commi 1, 2 e 5 stesso decreto  legislativo,
 133  del  codice  penale;  444  e 445 del codice di procedura penale,
 promosso con ordinanza emessa il  14  ottobre  1998  dal  pretore  di
 Brescia  nel  procedimento  penale  a  carico  di  Amadei Pierangelo,
 iscritta al n. 15 del registro  ordinanze  1999  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  4,  prima serie speciale,
 dell'anno 1999.
   Visti l'atto di costituzione di Amadei Pierangelo nonche' l'atto di
 intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito nella camera di consiglio  del  25  maggio  1999  il  giudice
 relatore Cesare Ruperto.
   Ritenuto  che  il  pretore  di  Brescia  - nel corso di un giudizio
 penale,  a  seguito  dell'annullamento,  da  parte  della  Corte   di
 cassazione,  della  sentenza  resa  ex  art.444 cod. proc. pen. dallo
 stesso giudice, limitatamente all'omessa applicazione della  sanzione
 amministrativa  accessoria  della sospensione della patente di guida,
 di cui all'art.   222 del codice della strada  -  ha  sollevato,  con
 ordinanza   del   14   ottobre   1998,   questione   di  legittimita'
 costituzionale dell'art.  222 del decreto legislativo 30 aprile 1992,
 n. 285 (Nuovo codice della strada), in relazione all'art. 218,  commi
 1, 2 e 5 dello stesso decreto legislativo, all'art. 133 cod. pen., ed
 agli artt. 444 e 445 cod. proc. pen;
     che,  secondo  il  rimettente, le norme denunciate - imponendo al
 giudice  l'applicazione  d'ufficio  della   sanzione   amministrativa
 accessoria  anche  con la sentenza emessa ai sensi dell'art. 444 cod.
 proc. pen., senza che il punto  possa  formare  oggetto  dell'accordo
 delle  parti - contrastano: a) con gli artt. 101 e 111 Cost., perche'
 il giudice del patteggiamento e' tenuto a fissare, entro il minimo ed
 il massimo di legge, la durata della  sospensione  della  patente  di
 guida,  senza aver cognizione del merito della causa e senza disporre
 (diversamente dall'autorita' amministrativa) di  alcun  parametro  di
 giudizio;  b)  con  l'art.  24 Cost., perche' l'imputato non puo' ne'
 interloquire in giudizio, ne'  impugnare  per  motivi  di  merito  la
 decisione sulla durata della sospensione della patente di guida;
     che  si  e'  costituita  in  giudizio la parte privata, chiedendo
 l'accoglimento della sollevata questione,  in  relazione  a  tutti  i
 parametri  costituzionali  evocati, stante il contrasto dell'art. 222
 del codice della strada: a) con gli artt. 132 e 133 cod.  pen.,  "che
 limitano  il potere discrezionale del giudice nell'applicazione della
 pena  con  l'obbligo  di  indicare   i   motivi   che   tale   potere
 giustificano",  nonche',  "soprattutto",  con il principio che impone
 l'obbligo di motivazione di  tutti  i  provvedimenti  giurisdizionali
 (art. 111 Cost.), sotto il profilo che il giudice del patteggiamento,
 dovendo  prescindere dall'accertamento dell'oggettiva sussistenza del
 reato e della colpevolezza dell'accusato,  non  puo'  motivare  sulla
 durata della sospensione della patente di guida; b) con il diritto di
 difesa  garantito dall'art.  24 Cost., sotto il profilo che in ordine
 alla durata della sospensione della patente di guida  l'imputato  non
 puo'  interloquire, ne' addurre prove a proprio favore, ne' impugnare
 la decisione se non per motivi di legittimita';
     che e' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  concludendo  per  la  declaratoria  di   infondatezza   della
 sollevata  questione  e  richiamando  la  memoria presentata a questa
 Corte su analoghe  questioni,  sollevate  dallo  stesso  pretore  con
 ordinanza  del  16  gennaio 1998 e trattate nella Camera di consiglio
 del 13 gennaio 1999.
   Considerato che il giudice a quo, nel prospettare la  questione  di
 legittimita'  costituzionale,  muove  dal presupposto che la sanzione
 amministrativa della sospensione della  patente  di  guida,  per  una
 durata  determinata  dal  giudice  entro  il  minimo ed il massimo di
 legge,  sia  accessoria  all'accertamento  del  reato   (secondo   la
 formulazione  della rubrica dell'art. 222 cod. strada) e, percio', ad
 una dichiarazione di responsabilita' incompatibile con  la  pronuncia
 di  applicazione  della  pena  su  richiesta  delle  parti  ai  sensi
 dell'art. 444 cod. proc.  pen;
     che questa Corte ha gia' rilevato l'erroneita' di  tale  assunto,
 poiche'  la  sanzione  amministrativa di cui all'art. 222 cod. strada
 non presuppone, logicamente  o  normativamente,  la  declaratoria  di
 responsabilita'  penale  attraverso una sentenza di condanna in senso
 proprio,  bastando  invece  l'accertamento  del  mero  fatto   lesivo
 dell'interesse  pubblico:  accertamento  di  certo compatibile con la
 pronuncia di cui all'art. 444 cod. proc. pen. (ordinanza  n.  25  del
 1999);
     che,   in   particolare,  contrariamente  a  quanto  opinato  dal
 rimettente,  il  diritto  vivente  -  interpretandosi   l'espressione
 "accertamento  del  reato",  contenuta  nella  rubrica  dell'articolo
 stesso, nel senso di  accertamento,  nell'ambito  e  nei  limiti  del
 procedimento  di  cui  all'art. 444 cod. proc. pen., del fatto lesivo
 dell'interesse pubblico, al quale consegue l'applicazione di una pena
 - impone al giudice di merito, per  la  determinazione  della  durata
 della   sospensione   della  patente  di  guida  e  per  la  relativa
 motivazione, di attenersi ai  parametri  di  cui  all'art.  218  cod.
 strada;
     che  la  liberta'  nella  scelta del procedimento di cui all'art.
 444  cod  proc.  pen.  e  la   discrezionalita'   nella   valutazione
 prognostica degli effetti conseguenti a tale scelta, escludono che la
 mancata  impugnabilita'  per  vizi  di  merito  della  determinazione
 giudiziale della durata della  sospensione  della  patente  di  guida
 costituisca  lesione  del  diritto  di  difesa garantito dall'art. 24
 della Costituzione;
     che, pertanto, la questione proposta e' manifestamente  infondata
 in riferimento a tutti i parametri evocati.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.