ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 3  della  legge
 19   febbraio   1981,   n.   27  (Provvidenze  per  il  personale  di
 magistratura) e degli artt. 1 e 2 della legge 6 agosto 1984,  n.  425
 (Disposizioni  relative  al  trattamento  economico  dei magistrati),
 promosso con ordinanza emessa il 23 giugno 1997 dal pretore di  Siena
 nel  procedimento  civile  vertente tra Meocci Giovanni ed altri e il
 Ministero delle finanze, iscritta al n. 734  del  registro  ordinanze
 1997  e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44,
 prima serie speciale, dell'anno 1997.
   Visti l'atto di costituzione di Meocci Giovanni  ed  altri  nonche'
 gli  atti di intervento dell'Associazione Nazionale Giudici Tributari
 e del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito nell'udienza  pubblica  del  23  marzo  il  giudice  relatore
 Fernanda Contri;
   Uditi  l'avvocato  Ettore  Valenti  per  Meocci Giovanni ed altri e
 l'Avvocato  dello  Stato  Michele  Di  Pace  per  il  Presidente  del
 Consiglio dei Ministri.
   Ritenuto che il pretore di Siena, con ordinanza emessa il 23 giugno
 1997,  ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 97, 101 e 108 della
 Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art.    3
 della  legge 19 febbraio 1981, n. 27 (Provvidenze per il personale di
 magistratura), che ha istituito  a  favore  dei  magistrati  ordinari
 un'indennita'  non  pensionabile  in  relazione  agli  oneri che essi
 incontrano nell'esercizio della loro attivita', e degli artt. 1  e  2
 della   legge  6  agosto  1984,  n.  425  (Disposizioni  relative  al
 trattamento  economico  dei  magistrati),  che  hanno   esteso   tale
 indennita'  ai  magistrati  del  Consiglio  di Stato, della Corte dei
 Conti,  dei  tribunali  amministrativi  regionali,  della   giustizia
 militare  ed  agli avvocati e procuratori dello Stato, nella parte in
 cui non comprendono i componenti  le  commissioni  tributarie  tra  i
 beneficiari di detta indennita';
     che  ad avviso del rimettente l'art. 1 della legge 6 agosto 1984,
 n. 425 - che dispone che l'art. 3 della legge 19  febbraio  1981,  n.
 27,   si  interpreta  nel  senso  che  l'indennita'  spetta  solo  ai
 magistrati dell'ordine giudiziario - avrebbe  introdotto  un  diverso
 trattamento  retributivo,  da  un  lato per i magistrati appartenenti
 alle giurisdizioni ordinaria, amministrativa, contabile e militare, e
 dall'altro per i componenti di altri organi giurisdizionali, quali le
 commissioni tributarie, pur se soggetti anch'essi alla legge;
     che la ragione del diverso trattamento sarebbe venuta  meno  dopo
 che,  con  la  legge  18  maggio  1974, n. 217, l'indennita' e' stata
 riconosciuta ai vice pretori onorari reggenti  l'ufficio  e,  con  la
 legge  25 ottobre 1985, n. 795, anche ai giudici popolari delle corti
 di assise, di modo che sarebbe priva di qualsiasi ragionevolezza  una
 distinzione   fondata   sulla   funzione  svolta  dai  componenti  le
 commissioni  tributarie  e in particolare sulla natura onoraria della
 stessa;
     che si sono  costituiti  davanti  alla  Corte  i  ricorrenti  del
 giudizio  a  quo,  chiedendo che venga accolta la questione sollevata
 dal pretore di Siena o, in subordine, che gli atti vengano rimessi  a
 detto    giudice    perche'    lo    stesso   si   pronunci   secondo
 un'interpretazione estensiva della legge 6 agosto 1984, n. 425;
     che, secondo le parti private, per i  componenti  le  commissioni
 tributarie,  in ragione degli obblighi e degli oneri loro imposti, si
 costituirebbe  un  rapporto  di  servizio  continuativo  ed  a  tempo
 indeterminato,  il  cui  contenuto consisterebbe nell'esplicazione in
 modo   professionale,   pur   se   non   esclusivo,   di    attivita'
 giurisdizionale   in   materia   tributaria,   cio'   che  renderebbe
 irrazionale  la  mancata  corresponsione  della  speciale  indennita'
 istituita a favore dei magistrati ordinari;
     che  il  mancato  riconoscimento dell'indennita' violerebbe anche
 l'art. 36 della Costituzione posto che il principio del  diritto  del
 lavoratore   ad  una  retribuzione  proporzionata  alla  quantita'  e
 qualita' del suo lavoro impone al legislatore di attribuire lo stesso
 trattamento economico a coloro che esplicano  le  medesime  mansioni,
 come  stabilito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 264 del
 1983;
     che e'  intervenuto  nel  presente  giudizio  il  Presidente  del
 Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso  dalla Avvocatura
 generale dello Stato, chiedendo alla Corte di dichiarare non  fondata
 la questione;
     che nel giudizio davanti alla Corte e' intervenuta fuori termine,
 depositando  una  propria memoria, anche l'Associazione nazionale dei
 giudici  tributari,  chiedendo  l'accoglimento  della  questione   di
 costituzionalita' sollevata dal pretore di Siena;
     che  le  parti  ricorrenti  nel  giudizio  a quo hanno depositato
 memorie difensive in prossimita' dell'udienza.
   Considerato   che,   impregiudicata   ogni    questione    relativa
 all'ammissibilita'  dell'intervento  dell'Associazione  nazionale dei
 giudici tributari, lo stesso deve essere  preliminarmente  dichiarato
 irricevibile,  dal  momento  che la memoria e' stata depositata fuori
 termine;
     che, come piu' volte affermato da questa Corte  -  ordinanze  nn.
 379,  515  e  594 del 1989, ordinanza n. 57 del 1990 - i compensi dei
 componenti le commissioni tributarie e degli  altri  giudici  onorari
 non sono assimilabili alla vera e propria retribuzione, ma consistono
 in  semplici  emolumenti,  la  cui  disciplina esula dalla previsione
 dell'art. 108 della Costituzione, e la loro  misura  e'  inidonea  ad
 incidere sull'indipendenza del giudice;
     che  le posizioni dei magistrati che svolgono professionalmente e
 in via esclusiva funzioni giurisdizionali e quelle dei componenti  le
 commissioni  tributarie,  che  esercitano funzioni onorarie, non sono
 fra loro raffrontabili ai fini della  valutazione  del  rispetto  del
 principio  di  eguaglianza,  in  quanto  il compenso per i secondi e'
 previsto per un'attivita' che essi non  esercitano  professionalmente
 bensi',  di  massima,  in  aggiunta  ad altre attivita' svolte in via
 primaria, e quindi non si impone che agli stessi  venga  riconosciuto
 il medesimo trattamento economico di cui beneficiano i primi;
     che,  come  affermato  da questa Corte con l'ordinanza n. 377 del
 1987, non rientra nei  compiti  della  Corte  ma  nel  magistero  del
 legislatore  stabilire se e quale indennita' sia dovuta ai funzionari
 onorari per l'opera da essi prestata;
     che la disciplina del contenzioso tributario di cui all'art.   13
 del  decreto  legislativo 31 dicembre 1992, n. 545 (Ordinamento degli
 organi speciali di giurisdizione tributaria ed  organizzazione  degli
 uffici  di  collaborazione  in  attuazione  della  delega  al governo
 contenuta nell'art. 30 della legge  30  dicembre  1991,  n.  413)  ha
 previsto  per i componenti le commissioni tributarie compensi fissi -
 determinati e rideterminabili con decreto del Ministro delle finanze,
 di  concerto  con  il  Ministro  del  tesoro  -  ed  ancora  compensi
 aggiuntivi che tengono conto della specifica attivita' in concreto da
 essi   svolta,   cio'   che  ulteriormente  esclude  che  il  mancato
 riconoscimento dell'indennita' di cui trattasi possa  configurare  un
 attentato all'indipendenza dei loro componenti;
     che  pertanto  la  questione  di  legittimita'  costituzionale e'
 manifestamente infondata.