ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 6-bis,
 della  legge 27 aprile 1989, n. 154, di conversione del d.-l. 2 marzo
 1989, n. 69 (Disposizioni urgenti in materia di imposta  sul  reddito
 delle  persone  fisiche  e  versamento  di  acconto delle imposte sui
 redditi, determinazione forfettaria del  reddito  e  dell'IVA,  nuovi
 termini   per  la  presentazione  delle  dichiarazioni  da  parte  di
 determinate categorie di  contribuenti,  sanatoria  di  irregolarita'
 formali  e  di  minori  infrazioni,  ampliamento  degli  imponibili e
 contenimento delle elusioni, nonche' in materia di aliquote IVA e  di
 tasse  sulle  concessioni governative), promosso con ordinanza emessa
 il 20 gennaio 1992 dalla Commissione tributaria  di  primo  grado  di
 Brescia, iscritta al n.  498 del registro ordinanze 1998 e pubblicata
 nella   Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  28,  prima  serie
 speciale, dell'anno 1998.
   Udito nella Camera di consiglio  del  28  aprile  1999  il  giudice
 relatore Carlo Mezzanotte.
   Ritenuto  che,  nel corso del procedimento promosso da Q. C. contro
 l'Intendenza  di  finanza  di  Brescia  avverso  il  silenzio-rifiuto
 maturato  su  una  sua  istanza  di rimborso dell'imposta sul reddito
 delle persone fisiche corrisposta sulla pensione  relativamente  agli
 anni  1988  e  1989,  la  Commissione  tributaria  di  primo grado di
 Brescia, con ordinanza in data 20 gennaio 1992 (pervenuta in data  22
 giugno  1998),  ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 53, primo
 comma, della Costituzione, questione di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  2,  comma  6-bis,  della  legge 27 aprile 1989, n. 154 (di
 conversione, con modificazioni, del d.-l. 2 marzo 1989, n. 69), nella
 parte in cui  non  ricomprende  tra  i  destinatari  (parlamentari  e
 categorie  equiparate)  i  titolari di pensione di cui all'art. 1 del
 d.P.R. 29 dicembre  1973,  n.  1092  (Testo  unico  delle  norme  sul
 trattamento  di  quiescenza  dei  dipendenti  civili e militari dello
 Stato);
     che la disposizione censurata - equiparando gli assegni  vitalizi
 di  cui al secondo comma dell'art. 24 ed al penultimo comma dell'art.
 29 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, alle  rendite  vitalizie  di
 cui  all'art.  47,  primo  comma,  lettera h), del d.P.R. 22 dicembre
 1986, n. 917 - comportava, in relazione all'art. 33, terzo comma, del
 d.P.R. 4 febbraio 1988,  n.  42,  l'assoggettamento  all'imposta  sul
 reddito  delle  persone fisiche relativa agli assegni vitalizi dovuti
 ai parlamentari cessati dalla carica (ed ai soggetti inclusi in altre
 categorie    equiparate)    nella    misura    ridotta    conseguente
 all'abbattimento della base imponibile al 60 per cento dell'ammontare
 di detti assegni;
     che, ad avviso del remittente, la riduzione della base imponibile
 ai  fini  dell'imposta  sul  reddito  delle persone fisiche - se puo'
 trovare fondamento nei confronti delle indennita' di carica spettanti
 ai parlamentari (o ai soggetti compresi nelle  categorie  equiparate)
 in  relazione alle spese straordinarie che gli stessi, nell'esercizio
 del  loro  mandato,  devono  affrontare  -  non  troverebbe,  invece,
 "giustificazione alcuna al momento in cui tali soggetti cessino dalle
 loro  funzioni":  e questo perche' i parlamentari (e gli appartenenti
 alle categorie equiparate), una volta cessata la carica, verrebbero a
 trovarsi in una posizione del tutto identica a quella del  ricorrente
 nel  giudizio a quo, dipendente pubblico collocato in quiescenza, con
 la conseguenza che il regime di privilegio accordato dalla  normativa
 impugnata avrebbe carattere arbitrario e si porrebbe in contrasto sia
 con   il   principio   di   eguaglianza  sancito  dall'art.  3  della
 Costituzione, sia con la regola dettata dall'art.  53,  primo  comma,
 della  Costituzione,  secondo cui tutti sono tenuti a concorrere alle
 spese pubbliche in ragione della loro capacita' contributiva.
   Considerato  che  l'ordinanza  di  remissione   della   Commissione
 tributaria  di  primo grado di Brescia chiede a questa Corte di voler
 dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma  6-bis,
 della  legge  27  aprile  1989,  n.  154,  nella  parte  in  cui tale
 disposizione limita ai vitalizi spettanti ai parlamentari cessati dal
 mandato    (ed    alle    categorie    equiparate)    il    beneficio
 dell'assoggettamento  all'imposta  sul  reddito delle persone fisiche
 nella misura ridotta pari al 60 per cento della base imponibile,  non
 ricomprendendo  in  tale  disciplina  di  favore  anche i titolari di
 pensione di cui all'art. 1 del d.P.R.  del 29 dicembre 1973, n. 1092;
     che questa Corte, con la sentenza n. 289 del 1994, ha  dichiarato
 l'illegittimita'    costituzionale   della   disposizione   censurata
 (peraltro abrogata dall'art.  14,  comma  diciotto,  della  legge  24
 dicembre  1993,  n.  537,  recante  "Interventi correttivi di finanza
 pubblica"), "nella parte in cui  -  mediante  l'equiparazione  tra  i
 vitalizi  di  cui al secondo comma dell'art. 24 ed al penultimo comma
 dell'art. 29 del d.P.R. 29  settembre  1973,  n.  600  e  le  rendite
 vitalizie  di  cui al primo comma, lettera h), dell'art. 47 del testo
 unico approvato con il d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 - riconosce  a
 favore  degli stessi vitalizi, ai fini dell'imposta sul reddito delle
 persone  fisiche,  un  trattamento   tributario   privilegiato,   con
 l'abbattimento  della  base  imponibile  al  60 per cento del reddito
 percepito";
     che,  con  la  sentenza  n.  316  del  1994,  questa  Corte   ha,
 conseguentemente,  dichiarato  inammissibili  analoghe  questioni che
 avevano ad oggetto la medesima disposizione;
     che,  pertanto,  la  odierna  questione  deve  essere  dichiarata
 manifestamente inammissibile.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.