IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1341 del 1993, proposto dai signori Giorgio Macciotta, Rosanna Boccalini, Meri Morelli, Ivana Chioccioli, Elisabetta Barbetti, Carla Cappelli, Giovanna D'Arco, Moreno Martini, Nicolina Signoretta, Gaetano Mastrosimone, Sandro Avvisano, Maria Serena Wondrak, Ester Antonina Mascia, Giovanna Garofali, Maria Grazia Ombra, Maria Assunta Ugolini, Ilo Alessandro Mengoni, Gerardo Pumpo, Laura Cappelli, Stefano Peri, Antonino Lanzirotti, Patrizia Ladori, Ida Sbardella, Carla Fumi, Vanna Rossi, Antonella Menchini, Matia Vincenti, Nicola Tronfi, Antonia Frassanito, Silvano Imbriaci, Biagio Scialo', Donatella Umiliati, Ugo De Micco, Salvatore Iraci Sareri, Tiziana Gramuglia, Clara Fracassi, Olga Monaco, Manola Scarvaci, Alessandra Marliani, Paola Zappoli, Giulia Masi, Caterina Spezzigu, Antonietta Liva, Francesca Pucci, Agostino Mattia, Marzia Desii, Elsa Galeotti, Franco Piu, Luigi Mencarelli, Lucia La Rosa, Meri Norelli, Rosalba Papa, Angela Catanese, Giovanni Antonio Rinaldi, Italia Alberti, Franco Manetti, Pietro Cacciatore, Irene Santa D'Antoni, Giovanni Baldi, Francesco Malevolti, Ines Vera De Mata, Alba Litteri, Sandro Pettinato, Gina Paolacci, Alessandro Travagli, Rossano Cirri, Rino Calza, Luisa Barletta, Guglielmina Castellucci, Gualtiero Agostini, Silvano Adami, Norma Ghirelli, Monica Chellini, Corrado, Mollame, Domenico Stumpo, Giancarla Bianchi, Giuseppe Del Papa, Tiziana Tangocci, Alessandro Doni, Maria Luisa Fabbroni, Bruna Treccani, Nadia Ferrini, Anna Genni Scotti, Assunta Vicario, Lucia Moretti, Rossella Baldocci, Maria Grazia Piazzini, Anna Toti, Maria Niccolini, Antonella Balzani, Anna Alfieri, rappresentati e difesi dal prof. avv. Mario P. Chiti e dal dott. Proc. Gaetano Viciconte ed elettivamente domiciliati in Rona, via Nomentana n. 76 presso lo studio dell'avv. Giampiero Pallotta; Contro il Ministero di grazia e giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso gli uffici della medesima, per l'accertamento del diritto dei ricorrenti a conseguire il pagamento dell'idennita' di cui all'art. della legge 22 giugno 1988, n. 222, maggiorata degli incrementi percentuali determinati ai sensi dell'art. 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27, con gli interessi e la rivalutazione monetaria; nonche' per la condanna dell'Ente datore di lavoro a disporre il pagamento delle predette somme. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'amministrazione intimata; Visti gli atti tutti della causa; Udita alla pubblica udienza del 2 febbraio 1994 la relazione del consigliere Lucia Tosti; Uditi altresi' l'avv. Mancini su delega dell'avv. Chiti per i ricorrenti e l'avv. Cingolo per l'amministrazione; Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue: F a t t o I ricorrenti dichiarano di essere tutti dipendenti del Ministero di grazia e giustizia, addetti alle cancellerie e segreterie giudiziarie presso gli uffici giudiziari di Firenze. Chiedono con il ricorso all'esame la declaratoria dell'obbligo dell'Amministrazione di corrispondere l'indennita' riconosciuta dall'art. 1 della legge n. 221/1988 con le maggiorazioni derivanti dalle variazioni percentuali di cui all'art. 3 della legge n. 27/1981, nonche' la rivalutazione monetaria sulle somme dovute al predetto titolo, oltre agli interessi. A sostegno della pretesa invocano, riportandone ampi stralci le argomentazioni di recenti sentenze di questo stesso tribunale che hanno riconosciuto la fondatezza del diritto vantato. L'amministrazione, costituita in giudizio, contesta la fondatezza del ricorso e si richiama al disposto dell'art. 3 n. 61 della legge n. 547/1993 con il quale il legislatore ha fornito l'interpretazione autentica dell'art. 1, legge n. 221/1988, per rilevare che l'orientamento gia' espresso dai giudlci dovrebbe essere rivisto alla luce di tale disposizione. Con successiva memoria in vista della discussione, i ricorrenti affrontano la nuova questione introdotta dalla norma interpretativa e sostengono che il problema dell'interpretazione della fattispecie, nel punto controverso, sarebbe rimasta invariata anche dopo l'entrata in vigore dell'art. 3, comma 61, legge n. 557/1993 dovendosi comunque attribuire un significato all'espressione "nella misura vigente al 1 gennaio 1988" non essendo mutati i termini di riferimento normativi. In caso contrario, la norma, se escludesse il riconoscimento dell'incremento percentuale sarebbe costituzionalmente illegittima per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione. Sotto diverso profilo la norma non potrebbe valere che per il futuro, senza avere effetto retroattivo a scapito di diritti quesiti; sarebbe altrimenti violato il principio dell'affidamento e la norma, per la parte retroattiva, risulterebbe incostituzionale in quanto incorrerebbe in un vizio di eccesso di potere della funzione legislativa. La causa alla pubblica udienza del 2 febbraio 1994 e' stata trattenuta in decisione. D i r i t t o Come risulta dal contesto del ricorso proposto da dipendenti del Ministero di grazia e giustizia, la pretesa dei ricorrenti e' limitata all'accertamento del diritto a percepire, con rivalutazione e interessi, le somme derivanti dall'applicazione del sistema di adeguamento periodico previsto dall'art. 3 della legge n. 27/1981, all'indennita' riconosciuta dall'art. 1 della legge 28 giugno 1988, n. 221. I ricorrenti si dolgono infatti che l'anzidetto adeguamento non sia stato corrisposto al personale dell'amministrazione giudiziaria. Non e' invece contestata tra le parti l'avvenuta corresponsione dell'indennita' di cui al citato art. 1, legge n. 221/1988 nella misura vigente al 1 gennaio 1988. Con l'atto introduttivo del presente giudizio i ricorrenti hanno sostenuto che in base ad una corretta interpretazione del predetto art. 1 della legge n. 221/1988 l'espressione usata dal legislatore, secondo cui l'indennita' ex art. 3 della legge n. 27/1981 e' attribuita "nella misura vigente al 1 gennaio 1988", risponderebbe - solo alla finalita' di individuare l'importo dell'emolumento all'atto della sua attribuzione al personale, fra l'altro, delle cancellerie e segreterie giudiziarie, e non a quello di determinare in misura invariabile l'emolumento stesso ancorandolo all'ammontare vigente alla predetta data e con cio' escludendone l'assoggettabilita' al meccanismo di adeguamento periodico previsto dal medesimo art. 3, della legge n. 27/1981. L'interpretazione sostenuta dai ricorrenti era conforme all'orientamento assunto dalla giurisprudenza anche di questo tribunale (cfr., da ultimo, C.S., IV, 22 ottobre 1993, n. 923, che conferma t.a.r. Lazio, I, 11 luglio 1992, n. 1001). Nelle more del giudizio e', peraltro, intervenuta la legge 24 dicembre 1993, n. 537, che all'art. 3, comma 61, ha dettato la seguente disposizione: "L'art. 1 della legge 22 giugno 1988, n. 221, si interpreta nel senso che il riferimento all'indennita' di cui all'art. 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27, e' da considerare relativo alle misure vigenti alla data del 1 gennaio 1988, espressamente richiamata dalla disposizione stessa". In sede di interpretazione autentica dell'art. 1 della legge n. 221/1988 il legislatore si e', quindi, pronunciato in senso contrario alla pretesa fatta valere dai ricorrenti avendo inequivocabilmente affermato che l'indennita' attribuita dal medesimo articolo va considerata come determinata in misura fissa, cioe' nell'ammontare dell'indennita' di cui all'art. 3 della legge n. 27/1981, vigente al 1 gennaio 1988, e non in misura variabile. A prescindere, pertanto, dalla sua natura giuridica di norma interpretativa oppure innovativa con forza retroattiva (attesa l'equivalenza dei loro effetti: cfr. Corte cost. sentenze nn. 6/1994, 123/1988, 36/1985 e 118/1957) allo stato della legislazione ordinaria il ricorso doverbbe essere rigettato. A seguito dell'intervento del legislatore i ricorrenti hanno, tuttavia, sollevato questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 61, della legge n. 537/1993. Potrebbe, infatti, ritenersi priva di ragionevole giustificazione la scelta di consentire l'indicizzazione dell'indennita' solo per il personale togato atteso che l'estensione di tale emolumento al personale non togato presuppone il riconoscimento dell'esistenza di un rapporto di connessione tra le attivita' dell'uno e dell'altro personale, la cui rilevanza non si affievolisce con il decorso del tempo. In altri termini, poiche' non e' provato, ne' appare logicamente ipotizzabile che per i periodi successivi al 1 gennaio 1988 sia stato richiesto al personale non togato un minore impegno nello svolgimento dell'attivita' connessa a quella dei magistrati, puo' dubitarsi della costituzionalita' di una soluzione legislativa che all'atto di estendere l'indennita' giudiziaria al predetto personale a decorrere dal 1 gennaio 1988 la rapporta, nel suo ammontare piu' elevato, alla misura vigente a tale data per il personale di magistratura, mentre nel prosieguo del tempo non consente la conservazione di questo rapporto di proporzionalita'. La limitazione dell'adeguamento periodico solo all'indennita' attribuita al personale togato, determina infatti progressivamente una relativa svalutazione dell'emolumento spettante al personale non togato, che non appare allo stato giustificata, come si e' accennato, da una corrispondente diminuzione del livello quantitativo e qualitativo della prestazione richiesta. La circostanza assume rilievo ancora maggiore, ai fini del giudizio sulla non manifesta infondatezza della questione in quanto non collegabile ad una situazione di eccezionale emergenza riguardante in particolar modo solo il primo periodo di applicazionc della legge. L'indennita' giudiziaria estesa a quest'ultimo personale verrebbe, quindi, a subire un processo di graduale snaturamento poiche', come ho ricordato il Consiglio di Stato, sez. IV, nella cit. decisione n. 923/1993, gli stessi lavori preparatori sulla legge n. 221/1988, davano atto che all'indennita' e' coessenziale, fra l'altro, "la rivalutazione triennale" (Atti Senato, I commissione, 1 giugno 1988). In ultima analisi la determinazione di non consentire l'adeguamento periodico potrebbe apparire in contasto con il principio di ragionevolezza, potendo ritenersi non facilmente conciliabile, sul piano di una obiettiva ricostruzione della funzione della norma, con le finalita' ravvisabili nella scelta di attribuire al personale non togato l'indennita' stabilita per i magistrati dall'art. 3 della legge n. 27/1981. In proposito, come ricordato dal Consiglio di Stato nella cit. decisione, e' significativa l''affermazione contenuta nella relazione illustrativa del decreto-legge n. 1047 (poi divenuto la legge n. 221 in argomento) a sostegno delle ragioni dell'estensione dell'indennita' giudiziaria al predetto personale e cioe' che "... la stretta connessione tra attivita' del magistrato ed attivita' del personale di cancelleria, il comune ed analogo contributo alla realizzazione del servizio-giustizia, la necessita' di un medesimo impegno, comportano la scelta di meccanismi retributivi fondati su criteri analoghi nell'ambito di questo particolare settore della pubblica amministrazione". In relazione a quanto sopra il Collegio ritiene di dover rimettere la questione di incostituzionalita', nei termini in precedenza delineati, all'esame della Corte costituzionale.