ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2, lettera c), del d.-l. 19 settembre 1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di previdenza, di sanita' e di pubblico impiego, nonche' disposizioni fiscali), convertito, con modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438, promosso con ordinanza emessa il 10 ottobre 1997 dal Tribunale di Bolzano nel procedimento civile vertente tra l'INPS e Racchetti Giampaolo, iscritta al n. 846 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell'anno 1997. Visti gli atti di costituzione di Racchetti Giampaolo e dell'INPS, nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nell'udienza pubblica dell'11 maggio 1999 il giudice relatore Francesco Guizzi; Udito l'avvocato Carlo De Angelis per l'INPS. Ritenuto che il Tribunale di Bolzano ha sollevato, con riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2, lettera c), del d.-l. 19 settembre 1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di previdenza, di sanita' e di pubblico impiego, nonche' disposizioni fiscali), convertito, con modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438; che il rimettente ha preliminarmente osservato che una corretta lettura del citato art. 1, comma 2, lettera c) (il quale esclude dal "blocco" delle pensioni di anzianita' quei lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato anteriormente all'entrata in vigore della legge), induce a ritenere che esso si applica soltanto ai lavoratori dipendenti, e non agli autonomi; che siffatta discriminazione, ad avviso del giudice a quo si porrebbe in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, in quanto il legislatore avrebbe introdotto la deroga al "blocco" per i lavoratori anteriormente ammessi al regime della prosecuzione volontaria del rapporto di lavoro, al fine di evitare che questi soggetti potessero trovarsi nella inaccettabile condizione di avere cessato il rapporto di lavoro, ma di non ricevere ancora la pensione di anzianita'; che identica ratio ricorrerebbe anche per i lavoratori autonomi, per cui la distinzione fra le due categorie sarebbe irrazionale; che la norma censurata sarebbe altresi' in contrasto con l'art. 38 della Costituzione, giacche', in base a una norma inesistente all'epoca del pensionamento, i lavoratori autonomi verrebbero privati della tutela economica "che il rapporto assicurativo aveva loro garantito al momento della cessazione dell'attivita' di lavoro"; che si e' costituita, concludendo per la declaratoria di illegittimita' costituzionale, la parte appellata nel giudizio a quo osservando che, se si interpretasse la disposizione in esame nel senso della applicabilita' soltanto ai lavoratori dipendenti, la norma sarebbe in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, perche' non sussiste una sostanziale diversita' fra lavoratori dipendenti e autonomi, con riferimento alla necessita' di sopperire alle normali esigenze di vita, una volta cessato il rapporto di lavoro; che si e' costituito l'INPS, appellante nel giudizio a quo rilevando come il trattamento pensionistico dei lavoratori autonomi e di quelli dipendenti sia diversamente disciplinato dal legislatore, diverse essendo le esigenze e le condizioni di vita delle due categorie, diversi i sistemi di contribuzione, diversi i sistemi di determinazione della pensione: con la conseguenza che la norma censurata non puo' ritenersi in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, in quanto la disciplina oggetto di censura ha riguardato situazioni soggettive diverse; che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha preliminarmente eccepito l'inammissibilita' della questione per difetto di motivazione sia sulla rilevanza, sia sulla non manifesta infondatezza, e ha concluso, comunque, per la non fondatezza. Considerato che, nell'ordinanza di rimessione, e' stata omessa l'esposizione pur sommaria dei fatti di causa; che non sono state indicate le domande delle parti; che non e' stato precisato il contenuto della decisione resa dal pretore di Bolzano e impugnata dinanzi al Tribunale rimettente; che gli elementi richiesti per l'ammissibilita' della questione debbono risultare esclusivamente dall'ordinanza di rimessione, e non possono eventualmente essere tratti dagli atti del giudizio a quo (sentenze nn. 79 del 1996 e 451 del 1989); che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente inammissibile.