ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 3, comma 1, 4,
comma  1,  5,  comma  1,  e  6,  comma  3,  della legge della regione
Lombardia   30   gennaio  1998,  n. 2  (Istituzione,  composizione  e
funzionamento  del consiglio dei sanitari), promossi con 18 ordinanze
emesse  il  18  febbraio  1999 dal Tribunale amministrativo regionale
della  Lombardia,  rispettivamente  iscritte ai numeri dal 512 al 529
del  registro  ordinanze  1999  e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica - prima serie speciale - n. 40 dell'anno 1999;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 7 giugno 2000 il giudice
relatore Carlo Mezzanotte;
    Ritenuto   che   il   Tribunale  amministrativo  regionale  della
Lombardia,  con  diciotto  ordinanze  di identico contenuto emesse in
altrettanti   giudizi   promossi   da   gruppi   di   tecnici   della
riabilitazione  nei  confronti  di aziende sanitarie locali (ASL) con
presidi  ospedalieri  a gestione diretta, di aziende ospedaliere e di
un'azienda  sanitaria  locale  senza  presidi  ospedalieri a gestione
diretta  della  regione  Lombardia  per ottenere l'annullamento delle
deliberazioni  relative  alla  elezione del consiglio dei sanitari in
ciascuna  delle  aziende,  ha sollevato, in riferimento agli artt. 3,
46,   97   e   117  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale  degli  artt. 3, comma 1, 4, comma 1, 5, comma 1, e 6,
comma  3,  della  legge della regione Lombardia 30 gennaio 1998, n. 2
(Istituzione,   composizione   e   funzionamento  del  consiglio  dei
sanitari),  nelle  parti  in cui escludono il personale tecnico della
riabilitazione  dal  diritto  di  elettorato  attivo  e  passivo  per
l'elezione dei componenti del consiglio dei sanitari;
        che  il  remittente  premette che, in attuazione della delega
contenuta  nell'art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, l'art. 13
del  decreto  legislativo  30  dicembre  1992, n. 502 (Riordino della
disciplina  in  materia sanitaria, a norma dell'art. 1 della legge 23
ottobre  1992,  n. 421),  ha stabilito che del consiglio dei sanitari
facciano  parte  in  maggioranza  medici  e  altri operatori sanitari
laureati,  nonche' una rappresentanza del personale infermieristico e
del personale tecnico sanitario, affidando all'autonomia regionale il
compito   di   "definire   il   numero  dei  componenti,  nonche'  di
disciplinare  le  modalita'  di  elezione  e  la  composizione  e  il
funzionamento del consiglio";
        che  gli  artt.  3,  comma  1,  4,  comma  1,  e  5, comma 1,
definiscono  la composizione del consiglio dei sanitari nelle aziende
sanitarie  locali e nelle aziende ospedaliere, prevedendo che di esso
facciano  parte,  in  numero  variabile  in  relazione alla tipologia
dell'azienda,   tra   le  altre  categorie  di  personale,  operatori
professionali  in rappresentanza del personale infermieristico di cui
alla  tabella  I dell'allegato 1 al d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 e
operatori    professionali    in    rappresentanza    del   personale
tecnico-sanitario  di cui alla tabella L del citato d.P.R. n. 761 del
1979,  e  che l'art. 6, comma 3, dispone che partecipano all'elezione
del consiglio dei sanitari i dipendenti, ciascuno per la categoria di
appartenenza, del ruolo dei: medici ospedalieri, medici territoriali,
medici universitari, personale laureato sanitario, personale laureato
universitario,    medici   veterinari,   personale   infermieristico,
personale tecnico sanitario;
        che,   ad   avviso   del   remittente,   da  tale  disciplina
risulterebbe l'esclusione del personale tecnico della riabilitazione,
previsto  dalla  tabella N dell'allegato 1 al d.P.R. n. 761 del 1979,
sia  dall'elettorato attivo che da quello passivo per la composizione
del  consiglio  dei  sanitari  delle aziende sanitarie locali e delle
aziende ospedaliere della regione Lombardia;
        che,  secondo  il  giudice  a  quo  la scelta del legislatore
regionale  non  sarebbe affatto imposta dalla normativa nazionale, in
quanto  la dizione usata dall'art. 3, comma 12, del d.lgs. n. 502 del
1992  (personale  tecnico-sanitario) ben si presterebbe a comprendere
tutte  le categorie professionali appartenenti al ruolo sanitario che
concorrono   all'esercizio   dell'attivita'  assistenziale,  rendendo
prestazioni   di   natura   sanitaria,  tra  le  quali  indubbiamente
rientrerebbero  anche  le  prestazioni  di riabilitazione, sicche' le
disposizioni  censurate  si  porrebbero  in contrasto con i parametri
costituzionali indicati;
        che,  in  particolare, tenuto conto delle funzioni attribuite
dall'art. 3,  comma  12,  del d.lgs. n. 502 del 1992 al consiglio dei
sanitari,   chiamato  a  fornire  parere  obbligatorio  al  direttore
generale  per  le  attivita' tecnicosanitarie, anche sotto il profilo
organizzativo  e  per  gli investimenti ad esse attinenti, nonche' ad
esprimersi sulle attivita' di assistenza sanitaria, tali disposizioni
contrasterebbero:
          con  l'art.  3  della  Costituzione,  per la violazione del
principio  di  eguaglianza derivante dal diverso trattamento che esse
riserverebbero  a  categorie  di  personale omogenee, appartenenti al
medesimo  ruolo,  e  del  principio  di  ragionevolezza a causa della
mancanza   di   idoneo  fondamento  giustificativo  della  disciplina
differenziata;
          con   l'art.   46   della   Costituzione,   in  quanto  non
riconoscerebbero   ad   una  categoria  professionale  il  diritto  a
partecipare  all'organo chiamato dalla legge regionale ad esprimere i
pareri  obbligatori previsti sia dalla legge statale che dalla stessa
legge regionale;
          con  l'art.  97 della Costituzione, in quanto, in contrasto
con  il  principio  di buon andamento della pubblica amministrazione,
priverebbero  il consiglio dei sanitari dell'apporto delle specifiche
competenze   professionali   dei   tecnici  della  riabilitazione  in
relazione all'esame delle questioni che con la riabilitazione abbiano
diretta attinenza;
          con  il  medesimo  art.  97  della  Costituzione,  sotto il
diverso  profilo  della  violazione  del  principio  di imparzialita'
dell'amministrazione,  in quanto non consentirebbero ai tecnici della
riabilitazione  di  esprimere  propri rappresentanti, riconoscendo la
categoria  dei  tecnici  sanitari,  di  cui alla tabella L del d.P.R.
n. 761  del  1979, come unico centro rappresentativo di interessi che
coinvolgono anche professionalita' ulteriori e diverse;
          con  l'art. 117 della Costituzione, in quanto, in contrasto
con  la  normativa  statale,  volta  all'ampliamento della originaria
composizione   dell'organo,   escluderebbero   da   quest'ultimo  una
categoria di operatori tecnici sanitari.

    Considerato  che  i giudizi introdotti con le ordinanze di cui in
epigrafe,   avendo  ad  oggetto  disposizioni  analoghe,  pongono  la
medesima questione e possono essere riuniti e decisi unitariamente;
        che,  successivamente  alle ordinanze di remissione, e' stata
approvata,  promulgata ed e' entrata in vigore la legge della regione
Lombardia   27   marzo  2000,  n. 38  (Modifiche  ed  integrazioni  a
disposizioni  legislative  a  supporto degli interventi connessi alla
manovra  di  finanza  regionale),  la  quale,  all'art.  1, comma 38,
modifica  la  composizione  del  consiglio dei sanitari delle aziende
sanitarie  locali  con  presidi ospedalieri a gestione diretta, delle
aziende  ospedaliere  e  delle aziende sanitarie locali senza presidi
ospedalieri a gestione diretta, prevedendo che di esso facciano parte
un   operatore  professionale  in  rappresentanza  del  personale  di
vigilanza  e  di  ispezione  di cui alla tabella M dell'allegato 1 al
d.P.R.  20  dicembre  1979,  n. 761  e  un operatore professionale in
rappresentanza  del  personale  con funzioni di riabilitazione di cui
alla tabella N del medesimo allegato;
        che,  pertanto,  appare  necessario  restituire  gli  atti al
giudice  remittente affinche' valuti se, alla stregua della normativa
sopravvenuta, le questioni siano tuttora rilevanti.