ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio sull'ammissibilita' del conflitto  di  attribuzione  tra
 poteri  dello  Stato,  sorto  a seguito della delibera adottata dalla
 Camera  dei  deputati  in  data  23  settembre  1998  relativa   alla
 insindacabilita' delle opinioni espresse dall'on. Vittorio Sgarbi nei
 confronti  del  dott. Luigi Esposito, promosso dal Tribunale di Roma,
 sezione VII penale, nei  confronti  della  Camera  dei  deputati  con
 ricorso  depositato  il  23  dicembre  1998 ed iscritto al n. 105 del
 registro ammissibilita' conflitti.
   Udito nella camera di consiglio  del  14  aprile  1999  il  giudice
 relatore Carlo Mezzanotte.
   Ritenuto che, nel corso di un procedimento penale nei confronti del
 deputato  Vittorio  Sgarbi  per il reato di diffamazione aggravata in
 danno del dott. Luigi Esposito, il tribunale  di  Roma  ha  sollevato
 conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della
 Camera dei deputati, in relazione alla deliberazione adottata  il  23
 settembre  1998  con  la  quale  l'Assemblea, accogliendo la proposta
 della Giunta per le autorizzazioni a procedere, ha dichiarato  che  i
 fatti  per  i  quali e' in corso detto procedimento penale riguardano
 opinioni  espresse   da un membro del Parlamento nell'esercizio delle
 sue funzioni,  ai  sensi  del  primo  comma  dell'articolo  68  della
 Costituzione;
     che il tribunale ricorrente rileva che il decreto con il quale in
 data 24 marzo 1997 il giudice dell'udienza preliminare ha disposto il
 giudizio   trova   esplicito   fondamento   nella  valutazione  della
 inapplicabilita' nel caso di specie della disciplina di cui  all'art.
 68,   primo   comma,  della  Costituzione,  poiche',  come  si  legge
 nell'ordinanza in data 21 ottobre 1996 con la quale lo stesso giudice
 dell'udienza preliminare aveva trasmesso gli  atti  alla  Camera  dei
 deputati, "le espressioni usate dallo Sgarbi nei confronti del g.i.p.
 Esposito  non  costituiscono  espressioni di un membro del Parlamento
 nell'esercizio delle sue funzioni, ma denotano piuttosto la  volonta'
 di  offendere  la reputazione di un magistrato, dichiarando che con i
 suoi folli provvedimenti calpesta il codice";
     che le  deduzioni  del  giudice  dell'udienza  preliminare  sopra
 richiamate  appaiono  al tribunale di Roma condivisibili "soprattutto
 in rapporto al rilievo concernente la travalicazione del limite della
 continenza delle manifestazioni verbali dell'on. Sgarbi, di  tal  che
 non  risulta  possibile  individuare  nel  caso  specifico un diretto
 collegamento delle espressioni stesse ad un  intento  divulgativo  di
 una scelta o di un'attivita' politico-parlamentare";
     che,  conseguentemente,  il  tribunale  di Roma, preso atto della
 delibera della Camera dei deputati del  23  settembre  1998,  con  la
 quale   e'   stata   approvata   la  proposta  della  Giunta  per  le
 autorizzazioni a procedere di  dichiarare  che  i  fatti  processuali
 riguardano opinioni espresse dal deputato Sgarbi nell'esercizio delle
 sue funzioni, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione,
 conclude  proponendo conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
 nei confronti della Camera dei deputati.
   Considerato che, pur non potendosi  dubitare  della  legittimazione
 sia  del  tribunale  di  Roma che della Camera dei deputati ad essere
 parti in un  conflitto  tra  poteri  dello  Stato,  non  e'  tuttavia
 definita nel ricorso la materia del conflitto;
     che  infatti  la  fattispecie non viene affatto descritta: non si
 dice  come,  dove,  quando  e  in  quale  occasione  sarebbero  state
 pronunciate  dal deputato le espressioni diffamatorie che gli vengono
 attribuite e neppure e' riferito  il  contenuto  della  deliberazione
 della Camera dei deputati che si assume lesiva delle attribuzioni del
 ricorrente;
     che,   di   conseguenza,   non   appare  chiara  nel  ricorso  la
 prospettazione del tribunale  in  ordine  ai  limiti  della  garanzia
 accordata  ai membri delle Camere in rapporto alle attribuzioni della
 Autorita' giudiziaria, ne' e' espressa in  maniera  comprensibile  la
 censura  che si intende muovere nei confronti della deliberazione che
 ha dato origine al conflitto;
     che, in assenza di  piu'  circostanziate  allegazioni,  non  puo'
 essere  sufficiente  a  sorreggere  il  ricorso  il  mero rilievo del
 travalicamento del limite della continenza ascrivibile al deputato;
     che poiche' fanno, in definitiva, difetto nell'atto  introduttivo
 sia  l'esposizione  dei  fatti,  sia l'indicazione delle "ragioni del
 conflitto" (art. 26 delle norme integrative  per  i  giudizi  davanti
 alla  Corte  costituzionale), dovendosi intendere per tali, in questo
 caso, i motivi per i quali ad avviso del ricorrente le  dichiarazioni
 del  deputato  non sarebbero riconducibili ad un'opinione espressa da
 un membro delle Camere nell'esercizio delle sue funzioni, il  ricorso
 va dichiarato inammissibile.