ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1, lett. a), della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanita', di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale) e 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), promosso con ordinanza emessa il 18 aprile 1997 dalla Corte d'appello di Firenze nel procedimento civile vertente tra Fratini Alvaro ed altri e il comune di Prato, iscritta al n. 568 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 1997. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 9 giugno 1999 il giudice relatore Riccardo Chieppa. Ritenuto che nel corso di un giudizio di opposizione all'indennita' di espropriazione, la Corte d'appello di Firenze, con ordinanza del 18 aprile 1997 (r.o. n. 568 del 1997), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 43 (recte, 42) e 113 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1, lettera a), della legge 23 ottobre 1992, n. 421 e dell'art. 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504; che il giudice a quo muove dal rilievo che la norma di cui all'art. 16 del d.lgs. n. 504 del 1992 prevede che in caso di espropriazione di area fabbricabile l'indennita' e' ridotta ad un importo pari al valore indicato nell'ultima dichiarazione o denuncia presentata dall'espropriato ai fini dell'applicazione dell'imposta qualora il valore dichiarato risulti inferiore all'indennita' di espropriazione determinata secondo i criteri stabiliti dalle vigenti disposizioni, ma nulla prescrive nel caso che il contribuente abbia omesso la dichiarazione; che, peraltro, il rimettente ritiene che la lacuna non possa essere superata in via interpretativa, neanche alla luce della legge delega, giacche' le varie ipotesi possibili non appaiono idonee a superare l'omessa previsione legislativa; ed, infatti: a) se si considera che l'assenza del parametro e, quindi, l'omissione della dichiarazione ICI, con conseguente inapplicabilita' della norma, avvantaggia l'evasore, ne risulta una evidente disparita' di trattamento; b) se si ritiene che l'omessa dichiarazione comporti la valutazione del terreno come terreno agricolo, non si rinviene alcun riscontro normativo in tal senso; c) se si ipotizza che l'omessa dichiarazione equivalga ad una dichiarazione di valore pari a zero, vi sarebbe lesione del diritto al giusto indennizzo; d) se si ritiene che all'omessa dichiarazione possa sopperire l'accertamento d'ufficio, oltre a snaturare il meccanismo previsto dal legislatore, si lascerebbe irrisolto il problema quando l'accertamento d'ufficio manchi o ritenga la natura agricola del terreno; che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la inammissibilita' o la infondatezza delle questioni, rilevando che le censure vengono proposte contro un'asserita lacuna dell'ordinamento non colmabile con una pronuncia della Corte; che, secondo costante giurisprudenza di questa Corte, il giudice rimettente deve delibare la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di incostituzionalita' delle norme sulla base della interpretazione che egli e' tenuto a dare delle stesse, in modo da verificare se le eventuali lacune dell'ordinamento possano essere colmate secondo i vari criteri ermeneutici previsti dalle norme vigenti e privilegiando l'interpretazione conforme a Costituzione (v., ex plurimis, ordinanza n. 39 del 1998, sentenza n. 350 del 1997); che, nella specie, il giudice a quo, dopo aver prospettato diverse ed alternative soluzioni interpretative, ritenendole, comunque, inadeguate a spiegare l'ambito applicativo della disposizione, non esprime una propria scelta interpretativa si' da consentire la verifica della rilevanza della questione di legittimita' costituzionale; che, pertanto, essendo carente il presupposto della delibazione di rilevanza, la questione di legittimita' costituzionale deve ritenersi inammissibile. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.