Ricorso   della   regione  Lombardia,  in  persona  del  Presidente
 pro-tempore  della  Giunta  regionale,  on.  dr.  Roberto  Formigoni,
 rappresentata  e  difesa, come da delega a margine del presente atto,
 ed in virtu' di deliberazione di Giunta regionale di autorizzazione a
 stare in giudizio n. 44478 del 30 luglio 1999,  dagli  avv.ti  proff.
 Giuseppe   Franco   Ferrari   e  Massimo  Luciani,  ed  elettivamente
 domiciliata presso lo studio di quest'ultimo,  in  Roma,  Lungotevere
 delle Navi, n. 30; per conflitto di attribuzione.
   Contro  il  Presidente  del  Consiglio dei Ministri, in persona del
 Presidente pro-tempore del Consiglio dei Ministri,  in  relazione  al
 decreto  del  Ministero  per le politiche agricole 21 maggio 1999, n.
 159, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale serie genrerale n. 131 del 7
 giugno 1999, recante "Regolamento  concernente  norme  di  attuazione
 dell'art.  1,  comma  5,  del  decreto-legge  1  marzo  1999,  n. 43,
 convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile  1999,  n.  118,
 recante:  Disposizioni  urgenti  per  il  settore lattiero-caseario",
 nella sua interezza ed in particolare:
     quanto all'art. 1, comma 1, in quanto dispone che l'AIMA entro il
 1 giugno  1999  deve  comunicare  ai  produttori  i  quantitativi  di
 riferimento  di  fine periodo e le produzioni commercializzate per il
 periodo 1997-1998,  nonche'  i  quantitativi  individuali  di  inizio
 periodo  1998-1999,  come previsti dall'art. 1, commi 3 e 4 del d.-l.
 n. 43 del 1999 (che varranno come  assegnazioni  provvisorie  per  il
 periodo  1999-2000);  che i dati oggetto delle predette comunicazioni
 sono  altresi'  comunicati  attraverso  appositi  elenchi  a  ciascun
 acquirente,  che, ai fini delle trattenute del prelievo supplementare
 per i periodi oggetto di comunicazione, saranno tenuti a considerare,
 fino alla comunicazione  delle  quote  definitive  di  fine  periodo,
 esclusivamente  le  quote  indicate  in  tali  elenchi;  che  i  dati
 contenuti  in   suddette   comunicazioni   saranno   resi   dall'AIMA
 integralmente disponibili alle regioni e province autonome attraverso
 il  sistema  informatico  e  con  elenchi  nominativi  suddivisi  per
 tipologia di anomalie di cui al comma 4 e per provincia e che  l'AIMA
 stessa  fornira'  altresi'  alle  regioni e province autonome tutti i
 dati contenuti nelle comunicazioni con le stesse modalita' utilizzate
 ai fini delle  informazioni  rese  con  riguardo  alle  comunicazioni
 effettuate  ai sensi dell'art. 2, comma 5, della legge n. 5 del 1998,
 con le ulteriori implimentazioni che saranno concordate tra l'AIMA  e
 le regioni e province autonome;
     quanto  all'art. 1, comma 2, in quanto dispone che, per i fini di
 cui al comma precedente, l'AIMA fa pervenire alle regioni e  province
 autonome gli elenchi dei mutamenti di titolarita' di cui all'art.  21
 del  d.P.R.  n.  569 del 1993, gli elenchi delle istanze di mobilita'
 nonche' dei contratti di affitto  o  vendita  di  sola  quota  aventi
 efficacia  ai  fini  della determinazione della quota di fine periodo
 1997-1998  e  di  inizio  periodo  1998-1999  risulanti  al   sistema
 informativo,  distinguendo  in  tale  ambito  quelli  approvati dalle
 regioni,  quelli  non  approvati  e  quelli  con  anomalie   che   ne
 impediscono l'applicabilita';
     quanto  all'art.  1,  comma  3, in quanto dispone che, sulla base
 degli elenchi di cui al comma 2, le regioni e  le  province  autonome
 comunicano   tempestivamente   all'AIMA   le  variazioni  non  ancora
 trasmesse e risultanti dal sistema informativo, ovvero quelle per  le
 quali  e'  intervenuta  l'approvazione o modifica successiva, nonche'
 l'eventuale correzione delle anomalie di cui al comma 2;
     quanto all'art. 1, comma 4, in quanto individua  le  anomalie  di
 cui agli elenchi del comma 1 nei: modelli L1, ovvero dichiarazioni di
 vendita  diretta,  non  firmati dai produttori in una qualsiasi delle
 pagine costituenti il modello L1 stesso (lett. a); nei modelli  L1  o
 dichiarazioni di vendita diretta privi dell'indicazione di numero dei
 capi  o  con  indicazione  del  numero  dei  capi  uguale  a  zero  e
 contemporanea assenza di capi nell'anno 1997 accertata ai sensi della
 legge n.  5 del 1998 (lett. b); nei modelli  L1  o  dichiarazioni  di
 vendita diretta recanti l'indicazione del numero dei capi relativi ad
 aziende  per  le  quali  risulta  l'assenza  di capi per l'anno 1997,
 accertata ai sensi della legge n. 5 del 1998 (lett. c); nelle aziende
 di produzione potenzialmente soggette a revoca per mancata produzione
 nel periodo 1997-1998, ai sensi dell'art. 2 del  d.P.R.  n.  569  del
 1993  (lett.  d); nelle aziende di produzione potenzialmente soggette
 a  revoca  parziale  per  ridotta  produzione  nel  quinquennio   dal
 1993-1994  al  1997-1998,  ai sensi dell'art. 3 del d.P.R. n. 569 del
 1993 (lett.  e);
     quanto all'art. 1, comma 5, in quanto dispone che le regioni sono
 autorizzate   a   rilasciare   certificazioni    provvisorie    degli
 aggiornamenti   di   quota  che  abbiano  efficacia  per  il  periodo
 1999-2000, secondo le modalita' dell'art. 1, comma 4-bis, della legge
 n. 118 del 1999, che costituiscono  titolo  immediatamente  esecutivo
 nei  confronti degli acquirenti; quanto all'art. 2, in quanto dispone
 che tutte le comunicazioni individuali restituite  al  mittente  sono
 trasmesse  a  cura  dell'AIMA  alle  competenti  regioni  e  province
 autonome per un nuovo inoltro;
     quanto all'art. 3, comma 1, in quanto dispone che, entro sessanta
 giorni dalla scadenza del termine di cui all'art. 1, comma 1 (ovvero,
 dal 1 giugno 1999), le  regioni  e  province  autonome  eseguono  gli
 accertamenti  necessari  sulle  comunicazioni che presentano anomalie
 segnalate dall'AIMA ai sensi dell'art. 1, comma 4, nonche' sulla base
 delle  istanze  di  rettifica  e  correzioni  dei  dati   comunicati,
 presentate  dai  produttori  nel  termine  di  quindici  giorni dalla
 ricezione della comunicazione individuale di cui al medesimo comma 1,
 esclusivamente attraverso il  modulo  che  sara'  fornito  dall'AIMA,
 unitamente  alle  comunicazioni  di  cui all'art. 1, comma 1; che gli
 accertamenti  de  quibus  sono   effettuati   anche   attraverso   la
 convocazione  del produttore interessato e dell'acquirente, assumendo
 le determinazioni definitive  sui  dati  di  cui  alle  comunicazioni
 stesse e che, qualora dette determinazioni producano variazione delle
 produzioni  dichiarate  esse stesse vanno assunte previa convocazione
 in contraddittorio del produttore e  dell'acquirente  interessati  e,
 qualora   producano   variazioni   di  quota,  vanno  assunte  previa
 convocazione in contraddittorio del produttore interessato;
     quanto all'art. 3, comma 2, in quanto dispone che le  istanze  di
 rettifica  di  cui  al  precedente  comma  devono  essere  presentate
 esclusivamente nell'ipotesi in cui il produttore interessato  intenda
 chiedere  la modifica dei dati notificati con le comunicazioni di cui
 all'art. 1, comma 1, che non risultino gia' definitivamente accertati
 ai  sensi della legge n. 5 del 1998 e che le segnalazioni di anomalia
 di  cui  all'art.   1,   comma   4,   che   non   hanno   determinato
 rideterminazioni  dell'amministrazione  in  sede di comunicazione non
 comportano la presentazione di istanza di rettifica;
     quanto all'art. 3, comma 3, in quanto dispone che in  esito  agli
 accertamenti  di  cui  al  comma  1 le regioni e le province autonome
 apportano  entro  il  medesimo   termine,   attraverso   il   sistema
 informatico,  le necessarie variazioni definitive dei dati comunicati
 dall'AIMA e ne danno comunicazione agli interessati e che, in ipotesi
 di conferma delle anomalie di cui all'art. 1, comma 4, le  regioni  e
 le  province  autonome applicano le determinazioni di cui all'art. 1,
 commi 2 e 3, del d.m. 17 febbraio 1998;
     quanto all'art. 4, commi 1 e  2,  in  quanto  dispongono  che  il
 termine  per  le comunicazioni ai produttori da parte dell'AIMA delle
 produzioni  commercializzate  per  il   periodo   1998-1999   e   dei
 quantitativi  di  riferimento  di  fine periodo 1998-1999 e di inizio
 periodo 1999-2000 e' fissato al 30 settembre 1999 e che si  applicano
 le  disposizioni,  le modalita' ed i termini di cui agli artt. 1 e 2,
 in quanto compatibili (comma 1), nonche' che, per gli accertamenti  e
 le  determinazioni  definitive  da  parte  delle  regioni  e province
 autonome relativamente ai dati comunicati ai sensi del  comma  1,  si
 applicano  le  modalita'  ed  i  termini di cui all'art. 3, in quanto
 compatibili (comma 2);
     quanto all'art. 5, commi 2 e 3, in quanto stabiliscono che l'AIMA
 garantisce l'aggiornamento dei dati di cui al  comma  1,  secondo  le
 procedure  ivi  previste,  e  prescrive modalita' idonee a consentire
 alle  regioni  e  alle  province  autonome,  per  quanto  di  propria
 competenza, la disponibilita', per i propri fini istituzionali, delle
 informazioni  contenute  nella  banca  dati  del  sistema informativo
 (comma 2) e  che  il  Ministero  delle  politiche  agricole  assicura
 l'attivita'  di  coordinamento  necessaria  ai  fini  della  uniforme
 applicazione sul territorio nazionale dello stesso regolamento (comma
 3).
                               F a t t o
   1. - Il regime delle quote latte, finalizzato al contenimento della
 produzione  nel  mercato  europeo,  e'  stato   introdotto   con   il
 Regolamento CEE del Consiglio n. 856 del 31 marzo 1984.
   In   forza  del  predetto  Regolamento,  la  Comunita'  europea  ha
 attribuito un quantitativo massimo di produzione lattiera a  ciascuno
 Stato  membro  -  per  l'Italia  determinato  in  t.  9.212.000  -, e
 sottoposto le eventuali eccedenze al pagamento di  una  penalita'  ad
 esse proporzionale (c.d.  prelievo).
   L'attuazione   del   predetto   regime   presupponeva   il   previo
 accertamento della produzione effettiva sul territorio nazionale e la
 successiva proporzionale attribuzione dei  quantitativi  in  capo  ai
 singoli produttori.
   In  Italia,  i  relativi accertamenti furono inizialmente demandati
 all'UNALAT  e  poi,  in  ragione  dei  dubbi  sorti  in  ordine  alla
 correttezza  di  tali  rilevazioni,  che si discostavano marcatamente
 dalle  indicazioni  comunitarie,  al  C.C.I.A.  In  conclusione,   la
 produzione  complessiva  nazionale  risultava  superiore  comunque di
 circa un milione di tonnellate rispetto al  quantitativo  attribuito.
 Nel  frattempo  veniva  approvata  la legge 26 novembre 1992, n. 468,
 recante l'attuazione del regime delle quote latte istituito a livello
 comunitario.
   Sulla base delle rilevazioni effettuate, veniva quindi diramato  il
 bollettino  per  la  campagna  1994/1995 contenente, nel rispetto del
 quantitativo  complessivamente   assegnato   all'Italia,   i   limiti
 individuali di produzione.
   Ne  discendeva un ampio contenzioso sui quantitativi assegnati, che
 risultavano di gran lunga inferiori allo stesso fabbisogno  nazionale
 complessivo.
   2.  - Ai fini del contenimento della produzione interna complessiva
 entro il limite  quantitativo  imposto  a  livello  comunitario  (nel
 frattempo  aumentato  a 9.900.000 t.), il Governo per mezzo del d.-l.
 n. 727 del 1994, convertito in legge  n.  46  del  1995,  operava  un
 generalizzato  taglio  della  quota  B (che, come noto, e' costituita
 dalla maggior produzione commercializzata dal singolo produttore  nel
 periodo 1991/1992 rispetto al periodo 1988/1989).
   Gia'   tali  provvedimenti  legislativi  introducevano,  in  totale
 assenza di intesa o di qualsivoglia altra forma di coordinamento  con
 le regioni, criteri di riduzione delle quote chiaramente penalizzanti
 nei  confronti  delle  regioni  a  piu'  alta  vocazione  produttiva.
 Pertanto, veniva da molte regioni -  tra  le  quali  la  Lombardia  -
 proposto    ricorso    in    via    principale   per   l'affermazione
 dell'illegittimita'  costituzionale  dei  provvedimenti   legislativi
 citati, in riferimento alla grave lesione delle prerogative regionali
 riconosciute  dalla  Costituzione  dagli  stessi  perpetrata. codesta
 ecc.ma Corte si e' sul punto pronunciata  con  sentenza  n.  520  del
 1995, dichiarando l'illegittimita' dell'art.  2, comma 1, della legge
 n.  46  "nella  parte  in  cui  non  prevede  il parere delle regioni
 interessate nel procedimento di  riduzione  delle  quote  individuali
 spettanti ai pruttori di latte bovino".
   3.   -   Il  Governo  e'  poi  reiteratamente  intervenuto  con  la
 decretazione d'urgenza per mezzo dei dd.ll. nn. 124, 260,  353,  440,
 463,  542  e  552  del  1996,  nel  dichiarato  intento di operare un
 riordino  del  settore,  ma  di  fatto  aggravando  la  gia'  confusa
 situazione  esistente,  con  disposizioni  contraddittorie e comunque
 sempre lesive delle prerogative regionali.
   In particolare, il sistema di  compensazione  a  livello  nazionale
 introdotto,  sempre in assenza di qualsivoglia forma di coordinamento
 con le regioni, per mezzo delle citate disposizioni  in  sostituzione
 di  quello  vigente  a  livello  di  APL  ha moltiplicato gli effetti
 distorsivi dei tagli di quota (peraltro  confermati)  a  danno  delle
 regioni del nord.
   I  dd.-ll. nn. 542 e 552 del 1996 (reiterativi dei precedenti) sono
 poi stati rispettivamente convertiti in leggi nn. 642 e 649 del 1996,
 subito  seguite  dalla  legge  n.  662  del   1996,   sostanzialmente
 ripetitiva delle medesime disposizioni in esse contenute.
   In  ordine  ai  suddetti  provvedimenti legislativi, codesta ecc.ma
 Corte, su ricorso presentato da numerose regioni - tra  le  quali  la
 Lombardia -, ha pronunciato la sentenza n. 398 del 1998, con la quale
 ha, da un lato, dichiarato la cessazione della materia del contendere
 in  riferimento  ad  alcune  delle  disposizioni impugnate, in quanto
 sostituite nel contenuto  dai  successivi  provvedimenti  legislativi
 adottati  in materia nel corso del 1997 (che piu' oltre ci si riserva
 di   illustrare),   e,   dall'altro,   dichiarato  costituzionalmente
 illegittime quelle tra le disposizioni impugnate ancora in vigore.
   In particolare, codesta ecc.ma Corte ha riconosciuto la  fondatezza
 delle  censure  sollevate  in riferimento ai criteri di compensazione
 inizialmente introdotti con il d.-l. n. 124 del 1996 e poi da  ultimo
 recepiti  nell'art.  2,  comma  168,  della  legge  n. 662 del 1996 -
 specifico oggetto della pronuncia de qua -, ed ha  dunque  dichiarato
 l'illegittimita'  costituzionale  della  predetta  disposizione nella
 parte in cui "stabilisce i criteri  in  base  ai  quali  deve  essere
 effettuata   la   compensazione   nazionale   senza   che  sia  stato
 preventivamente acquisito il parere delle regioni  e  delle  province
 autonome".
   Sono  stati,  inoltre,  dichiarati costituzionalmente illegittimi i
 commi 4, 5-bis dell'art. 3 del d.-l. n. 552 del 1996, convertito  con
 modificazioni  dalla  legge  n.  642  del  1996,  nella  parte in cui
 prevedono "l'adozione di un piano  di  abbandono  totale  o  parziale
 della  produzione lattiera senza che su di esso sia stato previamente
 acquisito  il  parere  delle  regioni  e  delle  province  autonome",
 attribuiscono  "l'AIMA anziche' alle regioni e alle province autonome
 il compito di provvedere alla riassegnazione, in ambito  regionale  e
 provinciale,  delle quote latte abbandonate", stabiliscono "i criteri
 in base ai  quali  la  riassegnazione  di  dette  quote  deve  essere
 effettuata"  ed infine prevedono "la riassegnazione su base nazionale
 delle quote abbandonate e  non  riassegnate  in  ambito  regionale  e
 provinciale,   senza  previa  consultazione  delle  regioni  e  delle
 province autonome".
   Infine, del pari illegittima e' stata dichiarata la disposizione di
 cui all'art. 2, comma 173, della legge n. 662 del 1996,  nella  parte
 in  cui  essa "differisce i termini ivi previsti - ovvero, il termine
 di efficacia della vendita o dell'affitto di quote  spostato  dal  30
 novembre   al   31  dicembre  di  ciascun  anno  -  senza  la  previa
 acquisizione del parere delle regioni e delle province autonome".
   La  summenzionata  pronuncia  ha   peraltro   in   linea   generale
 definitivamente  chiarito  che la produzione lattiera appartiene alla
 materia dell'agricoltura, di competenza delle regioni,  e  non  della
 regolazione  dei  mercati,  di competenza dello Stato e che "il nesso
 strumentale tra  l'agricoltura,  che  e'  l'oggetto  specifico  delle
 misure  in  questione,  e  la  politica del mercato agricolo non puo'
 giustificare l'attrazione  della  prima  nell'ambito  della  seconda,
 poiche'  diversamente  la competenza regionale verrebbe integralmente
 sacrificata in materia  di  agricoltura,  posto  che  ogni  attivita'
 agricola  puo'  sempre  essere  strumentale  al  mercato" (cfr. Corte
 cost., sent. n. 398 del 1998, punto 2 del considerato in diritto).
   La regolamentazione  della  produzione  lattiera  rientra,  dunque,
 senza  dubbio  alcuno  nel  piu'  ampio  settore dell'agricoltura, di
 dichiarata  competenza  regionale  ai  sensi  dell'art.   117   della
 Costituzione,  come  del  resto e' confermato da ultimo dal d.lgs. n.
 143 del 1997,  recante  "Conferimento  alle  regioni  delle  funzioni
 amministrative  in  materia di agricoltura e pesca e riorganizzazione
 dell'amministrazione centrale".
   Ne deriva che, nella determinazione  degli  indirizzi  generali  di
 politica  agricola  -  sia  pure rimessi all'elaborazione statale per
 garantirne la coerenza  con  i  principi  comunitari  -,  le  regioni
 debbono   essere   necessariamente  coinvolte,  in  quanto,  appunto,
 titolari delle relative competenze; tale coinvolgimento richiede - in
 termini  generali,  ma  ancor prima sulla base dell'espresso disposto
 dell'art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 143 citato - il raggiungimento di
 una vera e propria intesa tra Stato e regioni in sede  di  conferenza
 permanente  ai  sensi  dell'art. 3 del d.lgsl. n. 281 del 1997, e non
 certo la  mera  consultazione,  sia  essa  preventiva  o  addirittura
 successiva,   delle   regioni,   che  non  puo'  garantire  la  reale
 partecipazione delle stesse al procedimento decisionale.
   4. - All'inizio del 1997, il Governo e' nuovamente intervenuto  nel
 settore  de quo per mezzo del d.-l. n. 11 del 1997, poi convertito in
 legge n. 81 del 1997 (entrambi impugnati avanti codesta ecc.ma Corte,
 tra le altre, dalla regione Lombardia con ricorsi nn. rr.gg.  25 e 36
 del 1997). In sede di conversione,  si  riconoscevano  finalmente  in
 capo alle regioni competenze attuative della normativa comunitaria in
 materia  di  quote  latte,  ma  cio'  solo a decorrere dalla campagna
 1997/1998, e comunque facendo salve - in attesa  di  una  fantomatica
 riforma organica del settore - tutte le competenze dell'AIMA.
   Veniva  inoltre  istituita  una commissione governativa d'indagine,
 nell'ambito   della   quale   non   era   peraltro   contemplata   la
 partecipazione  di  rappresentanti regionali, e si prevedeva altresi'
 un regime di  incentivi  a  fronte  dell'abbandono  della  produzione
 lattiera.
   Successivamente, ancora ricorrendo alla decretazione d'urgenza, con
 d.-l.  n.  118  del  1997 poi convertito in legge n. 204 dello stesso
 anno,  si  prevedeva  la  proroga  dei   lavori   della   commissione
 governativa   piu'   sopra  menzionata,  nonche',  sulla  base  delle
 risultanze   dell'indagine   condotta   dalla   commissione   stessa,
 l'aggiornamento  da  parte  dell'AIMA  degli  elenchi  dei produttori
 sottoposti a prelievo supplementare per il periodo 1995/1996. In sede
 di conversione si aggiungeva, infine, la sospensione dei programmi di
 abbandono istituiti con il precedente d.-l. n. 11 dello stesso anno.
   Nel frattempo, in esito  all'indagine  effettuata,  la  commissione
 governativa,  nelle  relazioni dell'aprile e dell'agosto dello stesso
 1997, evidenziava, tra l'altro, il fenomeno dei cosiddetti "contratti
 anomali"  e  rendeva  noti   i   risultati   delle   simulazioni   di
 compensazione  per l'annata 1995/1996 effettuate a livello sia di APL
 che nazionale.
   5. - Malgrado l'invito della commissione governativa a procedere ad
 una  complessiva  -  nonche'  definitiva  -   riforma   del   settore
 lattiero-caseario,  il  Governo  e' poi nuovamente intervenuto con la
 decretazione d'urgenza per mezzo del decreto-legge n.  411  del  1997
 (impugnato  avanti  codesta ecc.ma Corte, tra le altre, dalla regione
 Lombardia con ricorso n.  r.g. 4 del 1998).
   In sintesi, il decreto, nel testo coordinato con  le  modificazioni
 introdotte  dalla  legge  di  conversione  n.  5  del  1998 (del pari
 impugnata dalla regione Lombardia con ricorso n. r.g. 18  del  1998),
 quanto  al  procedimento  di  accertamento della produzione lattiera,
 prevedeva:
     che l'AIMA accertasse  la  produzione  effettiva  per  i  periodi
 1995/1996  e 1996/1997, avendo particolare riguardo: a) ai modelli L1
 non  firmati  o  con  firme  apocrife;  b)  ai   modelli   L1   privi
 dell'indicazione  dei  capi bovini; c) ai modelli L1 con quantita' di
 latte commercializzata incompatibile con la consistenza numerica  del
 bestiame;  d)  ai  contratti  di  circolazione di quote latte (quelli
 ritenuti atipici dalla commissione) con durata inferiore ai  6  mesi;
 e)  ai  modelli  L1  con codici fiscali errati o partite IVA errate o
 inesistenti, o relativi ad aziende senza bestiame o destinatarie  dei
 premi  accordati per vacche nutrici o per abbattimento (art. 2, comma
 1);
     che i contratti di cui al precedente punto  d)  dovessero  essere
 inviati  all'AIMA  a  cura  degli  acquirenti  entro  quindici giorni
 dall'entrata in vigore del decreto-legge medesimo, pena la revoca del
 riconoscimento previsto dall'art. 23 del d.P.R. n. 569/1993 (art.  2,
 comma 2);
     che  l'AIMA aggiornasse i quantitativi di riferimento dei singoli
 produttori per i periodi 1995/1996,  1996/1997  e  1997/1998  tenendo
 conto:  a)  delle istanze di riesame presentate entro il 30 settembre
 1997 dalle regioni e dalle province autonome; b) degli azzeramenti di
 doppie quote, delle revoche  e  riduzioni  operate  dalle  regioni  e
 province  autonome,  pervenute  all'AIMA  entro la data di entrata in
 vigore del decreto stesso; c) dei trasferimenti di quote e  cambi  di
 titolarita'  per  i  periodi  considerati, comunicati dalle regioni e
 province autonome e pervenuti entro il 15  novembre  1997;  d)  della
 correzione,  in  base alle risultanze del censimento 1993/1994, delle
 assegnazioni di quote a loro tempo effettuate (art. 2, comma 3);
     che   l'AIMA,   compiuto   l'accertamento   de   quo   nei   modi
 sopradescritti,  comunicasse  ai  produttori,  entro  sessanta giorni
 dalla entrata  in  vigore  del  decreto  medesimo,  mediante  lettera
 raccomandata  con  ricevuta di ritorno, i quantitativi di riferimento
 individuali assegnati ed i  quantitativi  di  latte  commercializzato
 (art. 2, comma 5, prima parte);
     che  i  singoli  interessati potessero presentare alla regione, a
 pena di decadenza, ricorso di riesame  entro  quindici  giorni  dalla
 data di ricezione della summenzionata comunicazione (art. 2, comma 5,
 seconda parte e comma 6);
     che  le  regioni  dovessero  decidere sui ricorsi de quibus entro
 sessanta giorni  a  decorrere  dalla  scadenza  del  termine  per  la
 presentazione  ed  entro  lo  stesso  termine  comunicare all'AIMA la
 relativa  decisione,  a  pena   di   irricevibilita'   e   salva   la
 responsabilita' civile, penale e disciplinare (art. 2, comma 8).
   Nelle more della effettiva attuazione di quanto sopra descritto, il
 Governo  disponeva  poi  in  favore dei produttori - limitatamente al
 periodo 1996/1997 - la restituzione dell'80% degli importi trattenuti
 dagli acquirenti a titolo di  prelievo  supplementare  e,  quanto  al
 periodo  1997/1998,  la restituzione dell'intero importo trattenuto a
 titolo di prelievo supplementare  relativo  alla  parte  di  quota  B
 ridotta dall'art. 2 del d.-l. n. 727 del 1994, convertito in legge n.
 46 del 1995, nonche' dell'importo relativo agli esuberi conseguiti da
 produttori  titolari  esclusivamente  di  quota  A nei limiti del 10%
 della medesima (art. 1).
   Inoltre, l'art. 3 disponeva che l'AIMA provvedesse  alla  rettifica
 della  compensazione  nazionale  per  i periodi 1995/1996 e 1996/1997
 sulla base dei modelli L1 pervenuti alla data di  entrata  in  vigore
 del  decreto,  nonche'  degli accertamenti compiuti e delle decisioni
 dei ricorsi di riesame di cui all'art. 2.  Si  prevedeva,  poi,  che,
 limitatamente  al  periodo 1995/1996, l'AIMA - previo raffronto tra i
 dati   della   compensazione    nazionale    e    quelli    derivanti
 dall'applicazione  delle  regole  di compensazione precedentemente in
 vigore  -  applicasse  in  via  perequativa  l'importo  del  prelievo
 supplementare che risultasse meno oneroso per il produttore.
   L'art.  4,  quanto  alla  campagna  1997/1998, disponeva che l'AIMA
 procedesse all'aggiornamento dell'elenco dei produttori  titolari  di
 quota  e  dei  quantitativi ad essi spettanti con la comunicazione di
 cui al comma 5 dell'art. 2.  Tali  aggiornamenti  erano  destinati  a
 sostituire  ad  ogni effetto i bollettini pubblicati precedentemente.
 Ai fini delle trattenute e del versamento del prelievo  supplementare
 - come espressamente recitava il medesimo articolo 4 - gli acquirenti
 sarebbero   stati   tenuti  a  considerare  esclusivamente  le  quote
 risultanti dal suddetto elenco.
   L'art. 4-bis istituiva una commissione di  garanzia  -  nell'ambito
 della  quale  non  era  prevista la partecipazione di alcun membro di
 provenienza regionale - con il compito di verificare la conformita' -
 alla  vigente  legislazione  delle  procedure  e   delle   operazioni
 effettuate  per la determinazione della quantita' di latte prodotta e
 commercializzata  e   per   l'aggiornamento   dei   quantitativi   di
 riferimento   spettanti   ai  produttori  per  i  periodi  1995/1996,
 1996/1997 e 1997/1998.
    Quanto alla campagna  1998/1999,  l'art.  5,  in  espressa  deroga
 all'art.    1 del d.-l. n. 11 del 1997, convertito in legge n. 81 del
 1997, attribuiva nuovamente all'AIMA la  competenza  in  ordine  alla
 redazione  degli  elenchi  dei  produttori  titolari  di  quota e dei
 quantitativi ad essi spettanti per il periodo 1998/1999.
   6. - Il 17 febbraio 1998 il Ministero  per  le  politiche  agricole
 emanava   un  decreto  disciplinante,  oltre  che  le  modalita'  per
 l'istruttoria dei ricorsi di riesame, anche  le  altre  modalita'  di
 applicazione  del  d.-l. n. 411, cosi' come convertito dalla legge n.
 5, in tal modo aggravando ulteriormente, a  discapito  dell'autonomia
 organizzativa   delle   regioni,  la  gia'  manifesta  illegittimita'
 costituzionale  delle  disposizioni  legislative  che  pretendeva  di
 attuare.
   Successivamente,   con  d.-l.  n.  187  del  1998,  convertito  con
 modificazioni in legge n. 276  del  1998  (impugnata  avanti  codesta
 ecc.ma  Corte  dalla  regione  Veneto con n.r.g. 38 del 1998), veniva
 prorogato il termine per la decisione  da  parte  delle  regioni  dei
 ricorsi  di  riesame  di  cui  all'art.  2, comma 5, del d.-l. n. 411
 avverso le determinazioni AIMA e si confermavano in capo alla  stessa
 AIMA  le  attribuzioni  in ordine all'aggiornamento degli elenchi dei
 titolari di quota e dei quantitativi ad essi spettanti per il periodo
 1998/1999.
   7. - Dopo anni di gestione operata in via straordinaria, e  percio'
 sommaria,     la     definitiva    riorganizzazione    del    settore
 lattiero-caseario si rendeva dunque - e si rende tuttora - tanto piu'
 necessaria  in  esito  alle  verifiche  compiute  dalla   commissione
 governativa  di  indagine  e  dalla  Corte dei conti. Dalle relazioni
 redatte  sul  punto  dagli  organi  citati  emergeva,   infatti,   la
 necessita'  di  approntare un valido e definitivo sistema di gestione
 alternativo a quello che si e' venuto  formando  sotto  l'assillo  di
 fatti  contingenti  e  per  cio'  stesso  privo  di qualsiasi disegno
 programmatico  e  di  adeguata   stabilita'.   In   particolare,   si
 sottolineava  come  tale  sistema  altemativo  dovesse essere attuato
 mediante  una  reale  decentralizzazione  regionale  in  materia   di
 agricoltura.
   Di  conseguenza,  il Governo, nella consapevolezza dell'inidoneita'
 dello strumento  del  decreto-legge  ai  fini  di  cui  sopra,  aveva
 finalmente   predisposto   un   disegno  di  legge  preordinato  alla
 definitiva  regolamentazione  del  settore.  Senonche',   di   fronte
 all'opposizione  della  maggioranza  dei  rappresentanti regionali in
 sede di  conferenza  permanente  del  24  febbraio  1999,  ed  ancora
 ignorando  totalmente  il  disposto  di  cui all'art. 2, comma 1, del
 d.lgs. n. 143 del 1997, che prescrive il raggiungimento di un'intesa,
 per di piu' necessariamente  preventiva,  tra  Stato  e  regioni,  il
 Governo  ha  abbandonato l'iniziale intento, ed ha trasfuso parte del
 testo originario nel d.-l. n. 43 del 1999 (impugnato  avanti  codesta
 ecc.ma  Corte,  tra  le  altre,  dalla  regione Lombardia con ricorso
 n.r.g. 14 del 1999).
   Quanto ai contenuti, il decreto-legge, cosi' come modificato  dalla
 legge  di  conversione  n.  118  del  1999  (del pari impugnata dalla
 regione Lombardia con ricorso tuttora pendente avanti codesta  ecc.ma
 Corte), in estrema sintesi, prevede:
     l'obbligo  di  comunicazione  all'AIMA  da  parte delle regioni e
 province autonome, entro il brevissimo termine di trenta giorni dalla
 dalla data di entrata in vigore del decreto,  dei  "motivati"  errori
 intervenuti  nelle  operazioni  di riesame di cui al d.-l. n. 411 del
 1997 e delle relative correzioni, sulla base delle  risultanze  della
 relazione  finale  della  commissione  di  garanzia quote latte, e la
 "recezione" di tali correzioni da parte dell'AIMA (art. 1, comma  2),
 nonche'  la  definizione, entro sessanta giorni dalla data di entrata
 in vigore del decreto, con uno o  piu'  decreti  del  Ministro  delle
 politiche  agricole, di ogni ulteriore questione relativa alle stesse
 operazioni di riesame, non risolta ai sensi del citato comma 2  (art.
 1, comma 14);
     l'aggiornamento,  ancora  ad opera dell'AIMA (entro trenta giorni
 dal termine fissato al comma 1, ai  fini  della  effettuazione  della
 compensazione  per  le  annate  1995/1996  e 1996/1997 - ovvero entro
 novanta giorni dall'entrata in  vigore  del  decreto  impugnato)  dei
 quantitativi  individuali per il periodo 1997/1998, gia' accertati ai
 sensi del d.-l. n. 411, sulla base dei  mutamenti  di  titolarita'  e
 delle  informazioni  relative  ai contratti ed alle mobilita' fornite
 dalle regioni e province autonome (art. 1, comma 3, lett.  a),  e  la
 comunicazione  individuale ai produttori dei quantitativi individuali
 sopra  citati  delle  produzioni  commercializzate  per  il   periodo
 1997/1998  risultanti  dai  modelli  L1  pervenuti  all'AIMA, e delle
 anomalie in essi riscontrate, tenuto anche conto delle risultanze dei
 ricorsi relativamente al numero di capi accertato (art. l,  comma  3,
 lett.    b),  la  trasmissione  ad  iniziativa  dei  produttori della
 suddetta comunicazione agli acquirenti ai fini  della  determinazione
 da  parte di questi ultimi del prelievo supplementare dovuto (art. l,
 comma 3-bis), la  trasmissione  delle  comunicazioni  stesse,  questa
 volta  ad  iniziativa  dell'AIMA alle regioni che dovranno poi a loro
 volta  trasmetterla  agli  acquirenti,  loro  organizzazioni  e  alle
 associazioni   di   produttori   (art.   l,   comma  3-ter),  nonche'
 l'aggiornamento  definitivo  dei  quantitativi  individuali  per   il
 periodo  1998/1999,  che costituiranno anche attribuzione provvisoria
 per il periodo 1999/2000, per mezzo della stessa comunicazione di cui
 al predetto comma 3, lett. b) (art. 1, comma 4);
     l'autorizzazione   alle  regioni,  in  attesa  dell'aggiornamento
 definitivo, a rilasciare certificazioni provvisorie dei trasferimenti
 di azienda con quota o di sola quota che  abbiano  efficacia  per  il
 periodo  1999-2000,  a  condizione  che tali trasferimenti riguardino
 aziende  con  quote  ovvero  solo  quote,  i  cui  dati  siano  stati
 regolarmente verificati ed accertati ai sensi della normativa vigente
 (art. 1, comma 4-bis);
     la  definizione  da parte del Ministro per le politiche agricole,
 con  proprio decreto, delle modalita' procedurali per addivenire alle
 determinazioni definitive dei dati di cui ai commi 3 e 4 sopra citati
 da parte delle regioni e province autonome (art. 1, comma 5) e per la
 comunicazione individuale ai produttori dei dati afferenti anche alla
 campagna 1998/1999 (art. 1, comma 10, applicabile  anche  al  periodo
 1999-2000 in base all'art. 1, comma 21-ter);
     il versamento, a seguito delle operazioni di compensazione di cui
 al  comma  10,  del  prelievo  dovuto  per  il periodo 1998/1999 agli
 acquirenti, entro il termine di venti giorni  dal  ricevimento  della
 comunicazione da parte dell'AIMA (art. 1, comma 19);
     l'attribuzione  ancora  in  capo  all'AIMA,  delle  competenze in
 ordine all'effettuazione delle operazioni di compensazione  -  i  cui
 risultati  acquistano  dichiarato carattere di definitivita' ai sensi
 del comma 12 -  sia in riferimento alle annate 1995/1996 e  1996/1997
 (art.    1,  comma  1)  che  con  riferimento alle annate 1997/1998 e
 1998/1999 (art. 1, commi 7 e 9), e la sostanziale riproduzione  degli
 stessi  criteri  di  compensazione - che, in attesa della riforma del
 settore,   si   applicheranno   anche   per   l'effettuazione   della
 compensazione  per  il  periodo 1999-2000 (art. 1, comma 21-ter) - di
 cui al d.-l. n.  552 del 1996, e relativa  legge  di  conversione  ed
 alla  legge  n.  662  del  1996,  mantenendo  il  medesimo  ordine di
 priorita'  -  salvo  l'incomprensibile  riferimento,   in   sede   di
 conversione  in  legge,  ai "produttori titolari di quota" e a "tutti
 gli altri produttori" - (art. 1, comma 8), salvo che  per  le  annate
 1997/1998 e 1998/1999, per le quali, in deroga ai suaccennati criteri
 ed  al  loro ordine, viene istituita una priorita' assoluta in favore
 delle regioni Marche ed Umbria (art. 1, comma 9);
     la non applicazione da parte dell'AIMA, per il solo periodo 1995-
 1996, nella esecuzione della rettifica di cui all'art.  3  del  d.-l.
 n.  411  del 1997, convertito in legge n. 5 del 1998, delle riduzioni
 della  quota  B  in  ottemperanza  alle   sentenze   concernenti   le
 illegittimita'  delle  stesse  riduzioni  (art.  1,  comma  1)  e  la
 fissazione del termine del 15 settembre  1999  (poi  prorogato  dalla
 legge    di    conversione   nel   30   settembre   1999)   ai   fini
 dell'effettuazione, sulla base  di  dati  certi  e  sempre  ad  opera
 dell'AIMA, delle operazioni di compensazione per il periodo 1997-1998
 (art. 1, comma 7);
     l'obbligo  in  capo  al  produttore,  qualora le somme trattenute
 dall'acquirente a titolo  di  prelievo  per  i  periodi  1995/1996  e
 1996/1997    non    siano   sufficienti   a   coprire   il   prelievo
 complessivamente   dovuto,   di   corrispondere   all'acquirente   la
 differenza entro il quinto giorno antecedente la scadenza del termine
 per  il  versamento  degli  importi trattenuti dall'acquirente stesso
 (pari a trenta giorni dal ricevimento della  comunicazione  da  parte
 dell'AIMA  dei  prelievi  dovuti)  e,  in  difetto,  su comunicazione
 dell'acquirente e previa intimazione  al  pagamento,  la  riscossione
 coattiva  del  debito residuo mediante ruolo ad opera dell'AIMA (art.
 1, comma 15);
     la fissazione, con effetto a decorrere dal periodo 1996/1997, del
 termine per la stipula dei contratti di affitto e  vendita  di  quota
 senza trasferimento di azienda, al 31 dicembre di ciascun anno, fatti
 salvi gli accertamenti eseguiti ai sensi del d.-l. n. 411 del 1997, e
 la  possibilita' che i contratti cosi' stipulati entro il 31 dicembre
 1996, su concorde volonta' delle parti comunicata  all'AIMA,  possano
 avere  effetti  in  riferimento alla stessa annata 1996/1997 (art. 1,
 comma 20);
     la ripartizione delle quote confluite nella riserva nazionale  in
 relazione  ai quantitativi individuali di riferimento allocati presso
 ciascuna  regione  e  provincia  autonoma  accertati  per  i  periodi
 1995/1996 e 1996/1997 e l'assegnazione da parte delle singole regioni
 ai  produttori  secondo  criteri di priorita' deliberati dagli stessi
 enti, ma comunque in primis a favore dei produttori che hanno  subito
 le  riduzioni  di  cui alla legge n. 46 del 1995 (art. 1, comma 21) e
 con espressa esclusione dei produttori  che  nel  corso  dei  periodi
 1997-1998  e  1998-1999 hanno venduto ovvero affittato, in tutto o in
 parte, le quote di cui erano titolari (art. 1, comma 21-bis);
     la possibilita' in capo all'AIMA, ai fini dello svolgimento delle
 operazioni di compensazione  contemplate  dallo  stesso  decreto,  di
 prendere    in    considerazione   esclusivamente   i   provvedimenti
 giurisdizionali, anche cautelari o non  definitivi,  contenenti  dati
 quantitativi  e  notificati entro il trentesimo giorno antecedente la
 scadenza del termine per l'effettuazione delle  compensazioni  e,  in
 assenza  delle  predette  indicazioni quantitative, l'obbligo in capo
 all'AIMA di utilizzazione dei dati accertati dalle regioni e province
 autonome  sulla  base  del  d.-l.  n.  411  del  1997  ovvero  quelli
 rideterminati  dall'AIMA  stessa  nel  caso  in cui siano intervenute
 ordinanze  giurisdizionali  anche  non  definitive  che  hanno  fatto
 obbligo  agli  acquirenti  di  restituire  ai  produttori gli importi
 trattenuti  a  titolo  di  anticipo  per   gli   eventuali   prelievi
 supplementari dovuti (art. 1, comma 11), nonche' l'improduttivita' di
 effetti  delle  decisioni amministrative o giurisdizionali notificate
 oltre il termine di cui al  comma  11  in  riferimento  ai  risultati
 complessivi  delle compensazioni, che restano fermi nei confronti dei
 produttori estranei ai procedimenti nei quali le decisioni sono state
 emesse (art. 1, comma 13);
     l'effettuazione di un procedimento di verifica (che determina  la
 non  applicazione  delle  sanzioni amministrative di cui all'art.  11
 della legge n. 468 del 1992 e  la  non  punibilita'  degli  eventuali
 reati  di  falso  commessi nella dichiarazione di commercializzazione
 che risulti difforme da quella accertata, nonche' dei connessi  reati
 di  cui  agli  artt. 640-bis c.p. e 2621 c.c. commessi ai fini di cui
 all'art.  61,  n.  2,  c.p.)  rivolto  alla  comparazione  dei   dati
 dichiarati  nei  modelli  L1 con quelli risultanti dagli accertamenti
 effettuati ai sensi del d.-l. n. 411 ed alla eventuale rettifica  dei
 primi  sulla scorta dei secondi in riferimento alle annate 1995/1996,
 1996/1997 (comma 17) e 1997/1998 (comma 18).
   In forza dell'art. 1, comma 5, del sopradescritto d.-l. n.  43  del
 1999,  convertito  in  legge  n.  118  del  1999,  il Ministero delle
 politiche  agricole  ha  dunque   adottato,   sul   presupposto   del
 raggiungimento  di  una  supposta  intesa  con le regioni, il d.m. 21
 maggio 1999, n. l59, recante le modalita' procedurali per addivenire,
 da   parte   delle   regioni   e   delle   province   autonome,  alle
 "determinazioni definitive" dei quantitativi individuali  determinati
 dall'AlMA  per  i  periodi  1997-1998  e 1998-1999 e delle produzioni
 commercializzate comunicate  dalla  stessa  AIMA  in  riferimento  al
 periodo 1997-1998.
   Preme evidenziare che nel frattempo, con d.lgs. n. 165 del 1999, in
 attuazione  del  progetto  di decentralizzazione di cui alla legge di
 delega n.  59  del  1997,  l'AIMA  e'  stata  soppressa  e  posta  in
 liquidazione;  contestualmente  e'  stata  pero'  istituita  l'AGEA -
 Agenzia per le erogazioni in agricoltura -,  alla  quale  sono  stati
 attribuiti  compiti  identici  a  quelli prima svolti dalla soppressa
 AIMA, cosi' impedendo il decentramento delle funzioni a favore  delle
 regioni  che  avrebbe  dovuto essere attuato in esecuzione alla prima
 citata legge n. 59 del 1997.
                             D i r i t t o
   1. - Quanto al decreto nella sua interezza, violazione, degli artt.
 5, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione,  anche  in  riferimento  al
 principio  di  leale collaborazione tra Stato e regioni e all'art.  2
 del d.lgs. n. 143 del 1997.
   Si deve preliminarmente rilevare che il  legislatore  nazionale  ha
 riconosciuto  e  garantito  il  principio di leale collaborazione tra
 Stato e regioni con riferimento alla elaborazione delle  linee  guida
 in  tema di agricoltura; infatti, l'art. 2 del d.lgs. n 143 del 1997,
 nel conferire  alle  regioni  tutte  le  funzioni  amministrative  in
 materia  di  agricoltura  -  in  relazione  alla  quale  materia,  la
 competenza delle regioni e' stata  nettamente  affermata  da  codesta
 ecc.ma  Corte per mezzo della gia' citata sentenza n. 398 del 1998 -,
 prescrive che i compiti di elaborazione e coordinamento  delle  linee
 di  politica agricola in coerenza con la politica comunitaria debbano
 essere esercitati dal Ministero per le politiche agricole  (istituito
 con  il  medesimo d.lgs.) d'intesa con la Conferenza permanente per i
 rapporti tra Stato e regioni.
   In  materia  di  produzione  normativa,   il   suddetto   principio
 costituzionale  di  leale collaborazione tra Stato e regioni e' stato
 poi  affermato  dal  d.lgs.  n.  281  del  1997,  che  disciplina  le
 attribuzioni  della  conferenza permanente nelle materie di interesse
 regionale,  prevedendo,  accanto  a  forme  di  collaborazione   meno
 "intense"  quali  la  mera consultazione, l'intesa, che si perfeziona
 con l'assenso del Governo e di tutti i  presidenti  delle  regioni  e
 province auonome (cfr. art. 3 del d.lgs.  citato).
   E'  indubbio,  infatti  - come ha statuito di recente anche codesta
 ecc.ma Corte -, che il settore lattierocaseario rientra nelle materie
 di competenza regionale, e comunque, in  quanto  la  regolamentazione
 del  sistema  delle  quote  latte  necessita di indirizzi generali ed
 uniformi - nonche' conformi ai  principi  comunitari  -  dettati  per
 tutto  il  territorio nazionale, il principio di leale collaborazione
 impone il raccordo tra Stato e regioni nelle forme dell'intesa, cosi'
 da assicurare la maggiore partecipazione possibile di  queste  ultime
 nell'elaborazione delle stesse linea guida.
   Lo  stesso  art.  1,  comma 5, del d.-l. n. 43 del 1999, cosi' come
 convertito in legge n. 118 del 1999,  nel  prevedere  l'adozione  del
 decreto  ministeriale  qui  impugnato,  prescriveva il raggiungimento
 dell'intesa con la Conferenza permanente Stato-regioni.
   In  realta',  il  d.m.  n.  159,  pur  dandola  nelle premesse come
 acquisita, non e' stato preceduto da effettiva e valida intesa.
   La conferenza permanente del  22  aprile  1999  era  stata  infatti
 convocata  per  la  discussione di tre argomenti previamente iscritti
 all'ordine  del  giorno  (approvazione  del  verbale   della   seduta
 precedente;  modifiche  ed integrazioni alla legge n. 335 del 1976 in
 materia  di  bilancio  e  contabilita'  delle   regioni;   interventi
 strutturali e urgenti nel settore agricolo, agrumicolo e zootecnico);
 il  terzo argomento contemplava due "sottopunti" ovvero il disegno di
 legge    recante    "Disposizioni    urgenti    per    il     settore
 lattiero-caseario",  esaminato  in  via  d'urgenza  ed  approvato dal
 Consiglio dei Ministri nella seduta del 12 febbraio 1999 (punto 3.2.)
 e lo schema di decreto recante disposizioni per la  disciplina  delle
 modalita'  procedurali  per addivenire alle determinazioni definitive
 da parte delle regioni e delle province autonome dei dati  comunicati
 ai sensi del d.-l. n. 43 del 1999 (punto 3.3.).  Le regioni, per voce
 del  presidente  Ghigo, dichiaravano in ordine ad entrambi i punti da
 ultimo  illustrati  di  ritenere  ancora  necessario  "proseguire  il
 confronto  al  fine di far maturare una convergenza di valutazioni in
 tema di distribuzione delle quote latte  dell'ambito  del  territorio
 nazionale".   Il  Ministro  De  Castro,  preso  atto  della  suddetta
 richiesta di rinvio, precisava che essa poteva essere accolta solo in
 riferimento al punto  3.2.  e  non  in  riferimento  al  punto  3.3.,
 afferente  il  decreto  qui  impugnato,  in quanto trattavasi di "uno
 schema di decreto in applicazione di un decreto-legge" in  ordine  al
 quale  era  stata  gia' raggiunta intesa (in realta', anche in quella
 occasione  meramente  supposta).   Malgrado   le   precisazioni   del
 presidente  in  ordine  alla volonta' della maggioranza delle regioni
 nel senso del rinvio anche del punto  3.3.,  lo  stesso  Ministro  De
 Castro  respingeva la suddetta richiesta in quanto "sul provvedimento
 e' previsto venga posta la questione di  fiducia  della  Camera".  La
 posizione  del  Ministro rimaneva ferma pur a seguito delle ulteriori
 insistenze  del  presidente  in  ordine  alla  richiesta  di   rinvio
 congiunto  di  entrambi i punti in discussione e l'intesa veniva data
 come raggiunta in seguito alla autonoma proposta del Ministro  stesso
 di  eliminazione  dal testo del provvedimento del comma 5 dell'art. 1
 (che in realta' non e' stato poi stralciato).
    Pur in presenza della  dichiarata  opposizione  della  maggioranza
 delle  regioni,  l'intesa  e'  poi  stata  inspiegabilmente data come
 raggiunta sulla base dell'art. 3, comma 2,  del  d.lgs.  n.  281  del
 1997,  che,  viceversa, come e' peraltro noto, richiede l'espressione
 dell'assenso, oltre  che  del  Governo,  di  tutti  i  rappresentanti
 regionali  e  provinciali.    Per  mera completezza espositiva, preme
 sottolineare che  le  motivazioni  poste  a  fondamento  del  rifiuto
 opposto  dal  Ministro  al  rinvio  della questione - richiesto, come
 detto, a piu' riprese alla maggioranza dei rappresentanti regionali -
 non varrebbero neppure quali "ragioni di urgenza" che  consentono,  a
 norma  dell'art.  2,  comma  4,  del  d.lgs.    n.  281  del  1997 la
 consultazione solo successiva  della  Conferenza:    le  "ragioni  di
 urgenza"  di  cui  al  citato art. 2, comma 4, del d.lgs.  n. 28l del
 1997, infatti, - sempre che sussistano come tali (cosa  che  comunque
 certo  non  e' nel caso di specie) - possono essere fatte valere solo
 in  caso  di  adozione  di  decreti-legge  e  non  certo  di  decreti
 ministeriali.    Ancora una volta, dunque, cosi' come accaduto per il
 d.-l. n. 43 del 1999 e per la legge di conversione, sulla cui base e'
 stato poi adottato il decreto de  quo,  le  regioni  non  sono  state
 quindi  attivamente  coinvolte  a  priori  e nelle forme adeguate nel
 procedimento   di   elaborazione   della   nuova   disciplina,   come
 richiederebbero   i  principi  costituzionali  prima  ancora  che  le
 disposizioni di legge vigenti, in quanto il Governo si e' preoccupato
 di sollecitare l'intervento regionale solo in un momento successivo e
 solo a livello di mera consultazione.
   Inoltre, il decreto impugnato, non  solo  non  e'  stato  preceduto
 dalla   prescritta   intesa   con   le   regioni  sui  contenuti  del
 provvedimento stesso (solo la convergenza sui contenuti puo'  infatti
 essere plausibilmente considerata intesa), ma neppure da una adeguata
 considerazione  del  parere  espresso  dai  rappresentanti  regionali
 successamente alla stesura del testo (circostanza questa gia' di  per
 se'  insufficiente  a  garantire  il  rispetto del principio di leale
 cooperazione   tra   Stato   e   regioni    e    delle    prerogative
 costituzionalmente garantite a queste ultime dagli artt. 5 115, 117 e
 118  della Costituzione, anche per come attuati dal d.lgs. n. 281 del
 1997) in relazione alla necessita' di ulteriore approfondimento della
 questione.  Tutto cio' e' particolarmente grave  in  una  materia  in
 riferimento  alla  quale,  come gia' piu' sopra rilevato, non solo lo
 stesso legislatore nazionale ha  avvertito  in  termini  generali  la
 necessita' di instaurare intensi meccanismi collaborativi tra Stato e
 regioni,  ma la stessa legge che si pretende di attuare ha imposto il
 raggiungimento dell'intesa.
   2. - Quanto agli artt. 1, commi 1, 2, 3, 4  e  5,  e  4,  comma  1,
 violazione  degli artt. 5, 97, 115, l17 e 118 della Costituzione. Gli
 articoli citati in epigrafe  confermano  ancora  una  volta  in  capo
 all'AIMA le competenze in ordine alla determinazione dei quantitativi
 individuali  e  delle  produzioni  commercializzate  in riferimento a
 campagne lattiere gia' concluse ed una in via di esaurimento (ovvero,
 1997-1998 e 1998-1999, 1999-2000); trattasi, dunque, ancora una volta
 di  assegnazione  retroattiva  di  quantitativi,   che,   fino   alla
 comunicazione delle quote definitive di fine periodo (e dunque ancora
 in   termini   provvisori),  costituiranno  l'unico  presupposto  per
 l'effettuazione - anch'essa in termini retroattivi - delle operazioni
 di compensazione e di determinazione del prelievo supplementare.
   Si prevede poi la comunicazione dei suddetti dati alle regioni  per
 la  verifica  -  che  si  impone  come  "tempestiva" - di ben precise
 anomalie - indicate tassativamente dal comma 4 -, in ordine alla  cui
 individuazione  ancora  le  regioni sono state totalmente estromesse.
 Infine, si  conferma  l'autorizzazione  alle  regioni  in  ordine  al
 rilascio  certificazioni provvisorie degli aggiornamenti di quota che
 abbiano efficacia per il  periodo  1999-2000,  secondo  le  modalita'
 dell'art.  1, comma 4-bis, della legge n. 118 del 1999.
   L'insieme delle suddette disposizioni viola dunque ancora una volta
 il  riparto  delle competenze tra Stato e regioni imposto dagli artt.
 117 e 118 della Costituzione  e  ormai  riconosciuto,  oltre  che  da
 codesta  ecc.ma  Corte  per  mezzo  della recente sentenza n. 398 del
 1998, dallo stesso legislatore, pur in modo imperfetto, con le  leggi
 nn.  81  e 204 del 1997, che circoscrivevano i compiti dell'AIMA alle
 annate produttive precedenti, e con il d.lgs.  n.  143  del  1997  di
 riorganizzazione  dell'amministrazione  centrale  del  settore  e  di
 conferimento  di funzioni alle regioni: quest'ultimo testo normativo,
 infatti, riserva al ricostituito Ministero per le politiche  agricole
 (e  comunque non all'AIMA) solo attribuzioni di disciplina generale e
 coordinamento  nazionale  in  settore  che  non   sembrano   comunque
 ricomprendere  la  produzione del latte, ma al piu' l'importazione ed
 esportazione di prodotti agricoli e alimentari.  Inoltre, le suddette
 disposizioni producono  in  tutta  evidenza  effetti  retroattivi  in
 riferimento   a  campagne  lattiere  ormai  da  tempo  concluse,  con
 conseguenze evidentemente incontrollabili sulle  stesse  possibilita'
 di  programmazione  e  gestione  del  settore.  Ma  v'e'  di piu'. Le
 assegnazioni  di  quota  che  saranno  operate  in  attuazione  delle
 disposizioni  impugnate  in riferimento a campagne ormai concluse non
 potranno  neppure  considerarsi  definitive,   perche'   rimesse   al
 successivo  vaglio  delle  regioni  e  comunque  destinate  ad essere
 superate dalle cosiddette  "quote  definitive  di  fine  periodo",  a
 totale  ribaltamento  del  sistema.  Quello  che  dovrebbe essere uno
 strumento  di  programmazione  diventa  dunque   uno   strumento   di
 accertamento ai fini dell'irrogazione della sanzione del prelievo.
   La conseguente violazione delle norme costituzionali in epigrafe e'
 evidente:  le  regioni  vengono  infatti  dichiaratamente spossessate
 della stessa possibilita' di  intervento  nel  governo  del  settore.
 Quanto poi in particolare al comma 5 dell'art. 1, in primo luogo esso
 avrebbe dovuto essere eliminato in esito alla seduta della conferenza
 permanente  Stato-regioni  del  22  aprile 1999, inoltre alle regioni
 viene cosi'  attribuita  la  facolta',  in  un  quadro  normativo  di
 complessita'  e confusione tali da impedire anche solo di intravedere
 il  tanto  invocato  "aggiornamento  definitivo"   dei   quantitativi
 individuali,  di  rilasciare  attestazioni  provvisorie sulla base di
 dati  provvisori,  e  percio'  stesso  dichiaratamente  modificabili.
 Ovviamente,  le  regioni  che intendono attuare una reale e razionale
 programmazione nel settore lattiero-caseario  non  si  avvarranno  di
 tale   facolta',  ma  altre  potrebbero  farlo  e  cosi'  determinare
 l'alterazione del quadro complessivo  a  pregiudizio  delle  regioni,
 come  la  Lombardia,  piu'  attente  e  scrupolose nella gestione del
 settore; tutto cio' in  violazione,  oltre  che  dell'art.  97  della
 Costituzione,  delle prerogative costituzionalmente riconosciute alle
 regioni in materia, e dunque in violazione  diretta  degli  artt.  5,
 115, 117 e 118 della Costituzione.
   3.  -  Quanto  agli  artt. 2 e 3, commi 1, 2 e 3 e art. 4, comma 2,
 violazione degli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.
   L'art. 3 in riferimento alle annate 1997-1998 e 1998-1999 e  l'art.
 4  in riferimento alla stessa annata 1998-1999 e 1999-2000 da un lato
 attribuiscono  alle  regioni  compiti  meramente   esecutivi,   quali
 l'accertamento  delle  sole  comunicazioni che presentano le anomalie
 segnalate dall'AIMA ai sensi dell'articolo  1,  comma  4,  dall'altro
 introducono  un  nuovo  sistema  di  "riesame"  da parte delle stesse
 regioni delle comunicazioni de quibus ad iniziativa  dei  produttori,
 comunque   ancora   limitato   dall'AIMA   a  fattispecie  tipiche  e
 predeterminate.    Tali  procedure  di  riesame,  oltre  che  gravare
 interamente sulle risorse umane e finanziarie regionali (si consideri
 che e' prevista obbligatoriamente l'instaurazione del contraddittorio
 con   il   produttore  e  l'acquirente),  non  assicurano  poi  alcun
 accertamento  dei  dati  produttivi,  in  quanto  le  verifiche  sono
 limitate  a  fattispecie  tipiche  ad  esito predeterminato. In altri
 termini,  le  anomalie  eventualmente  riscontrate  dalle regioni non
 potranno che ricevere il "trattamento" riservato dal d.m. 17 febbraio
 1998, ovvero, a seconda, a seconda dei  casi  e  a  titolo  meramente
 esemplificativo,  l'azzeramento  della produzione e la determinazione
 forfettaria  della  stessa.  Manca  dunque  in  capo   alle   regioni
 qualsivoglia  potesta'  di  intervento,  correzione,  o sia pure solo
 effettivo riesame, di quanto determinato  dall'AIMA,  in  violazione,
 oltre  che  dell'art.  97  della  Costituzione  per  i  profili sopra
 evidenziati,  delle  stesse  prerogative  regionali  in  termini   di
 programmazione e controllo nel settore de quo.  Tali disposizioni, in
 tutta  evidenza, violano pertanto le norme citate in epigrate perche'
 negano in radice i poteri programmatori che dovrebbero competere alle
 regioni nel settore in oggetto e si risolvono  essenzialmente  in  un
 anomalo,   e   comunque   gratuito   e  percio'  stesso  illegittimo,
 avvalimento  degli  uffici   regionali.      Piu'   in   particolare,
 l'attribuzione  alle  regioni  di  tali  compiti  meramente esecutivi
 confligge con la ripartizione delle competenze tra Stato e regioni di
 cui agli artt. 117 e 118 della Costituzione, oltre che con  i  poteri
 di   autorganizzazione  ad  esse  riconosciuti  dall'art.  115  della
 Costituzione e con il  principio  di  autonomia  finanziaria  di  cui
 all'art.   119   della   Costituzione.      I   suddetti  profili  di
 illegittimita' valgono anche in riferimento all'art.  2  del  decreto
 impugnato,  che  attribuisce  alle  regioni  il  compito  di  rinnovo
 dell'inoltro delle comunicazioni di  cui  al  comma  1  nel  caso  di
 restituzione del plico al mittente in occasione dell'invio effettuato
 in  prima  battuta  dall'AIMA.  Anche in tale caso le regioni vengono
 infatti relegate all'esecuzione di operazioni materiali, peraltro  in
 assenza  di  adeguato  trasferimento  di risorse finanziarie da parte
 dello Stato.
   4. - Quanto all'art. 5, commi 2 e 3, violazione degli artt. 5,  97,
 115, 117 e 118 della Costituzione.
   L'intero  decreto  presuppone in capo al Ministero e all'AIMA e poi
 l'art. 5 attribuisce espressamente in capo ai medesimi l'attivita' di
 coordinamento  necessaria  ai  fini  dell'uniforme  applicazione  del
 decreto   stesso   sul  territorio  nazionale.     Al  di  la'  della
 denominazione, l'articolo in questione attribuisce  al  Ministero  un
 vero  e proprio potere di indirizzo e coordinamento al di fuori delle
 regole  stabilite  dalla  Costituzione  e  recepite  dalla   costante
 giurisprudenza   costituzionale  dalla  legge  n.  400  del  1988  ed
 ulteriormente dall'art. 8 della legge n. 59  del  1997.  Tale  ultima
 disposizione,  infatti,  stabilisce  che  gli  atti  di  indirizzo  e
 coordinamento delle funzioni amministrative regionali, anche solo gli
 atti  di  coordinamento  tecnico,  nonche'  le   direttive   relative
 all'esercizio  delle  funzioni  delegate, debbono essere adottate dal
 Consiglio dei Ministri e previa intesa con la  conferenza  permanente
 per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, o con
 la singola regione interessata.
    Inoltre,   suddetto   riconoscimento  di  competenze  in  capo  al
 Ministero, pregiudicando direttamente le  prerogative  regionali,  si
 scontra  con  le  ormai  note  incapacita'  dimostrate  dallo  stesso
 Ministero e dall'AIMA nella gestione del  settore  e  rilevate  dalla
 stessa  commissione  governativa d'indagine, e percio' potenzialmente
 aggrava la gia' grave situazione  in  cui  versa  lo  stesso  settore
 lattiero-caseario.
   La  lesione  delle  norme  costituzionali  in  epigrafe  e'  dunque
 evidente:  le regioni vengono, infatti,  dichiaratamente  spossessate
 di qualsivoglia potere di intervento e relegate ad un ruolo meramente
 esecutivo,  per di piu' nell'ambito di un quadro procedurale che, per
 quanto confuso, e' pur  sempre  accentrato  a  livello  nazionale,  e
 dunque   insuscettibile   di   adeguamento  alcuno  alle  particolari
 situazioni locali.