IL TRIBUNALE
   Nel  procedimento n. 4563/1994 nei confronti di Buonocore Giovanni,
 Buonocore Ciro e D'Angiola Antonio, all'odierna udienza, la difesa ha
 chiesto,  fra l'altro, di dichiarare non doversi procedere in  ordine
 ai  reati  ascritti ai capi a) e d) della rubrica perche' estinti per
 prescrizione. Il giudice, all'esito della camera di  consiglio,  dopo
 aver  disposto la separazione dei procedimenti e definito il precesso
 quanto alle altre contestazioni ascritte agli  imputati:
                             O s s e r v a
   Il processo de quo e' stato rinviato alle  udienze  del  giorno  19
 febbraio  1997  e  29  aprile  1998  per impedimento del difensore, e
 dell'11 giugno 1997, del 10 dicembre 1997 a causa dell'astensione dei
 difensori dalle udienze, per un periodo di complessivi un anno 7 mesi
 18 giorni;
   Pertanto, ove siano tenuti in considerazione i suddetti periodi  ai
 fini della sospensione della precrizione ai sensi dell'art. 159 c.p.,
 in  relazione  all'art.  304  c.p.p.,  la  richiesta delle parti deve
 essere rigettata, perche' il  termine  di  prescrizione  decorrerebbe
 solo il 7 marzo 2000, mentre, aderendo all'interpretazione prevalente
 della  norma  della  piu'  recente  giurisprudenza di legittimita', i
 reati dovrebbero essere dichiarati estinti  per  prescrizione  al  14
 luglio 1998;
   Solleva   la  presente  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.     159   c.p.,   nell'interpretazione   prevalente   della
 giurisprudenza  di  legittimita',  per contrasto con gli artt. 3 e 25
 della Costituzione, ritenendo la questione, per i motivi che seguono,
 rilevante e non manifestamente infondata.
   La legge 8 agosto  1995  n.  332  ha  modificato  l'art.  159  c.p.
 prevedendo,  fra  l'altro, che il decorso dei termini di prescrizione
 resti sospeso "in ogni caso in cui la sospensione ... dei termini  di
 custodia  cautelare e' imposta da particolari disposizioni di legge".
 La  sospensione  dei  termini  di  custodia  cautelare  e'   prevista
 dall'art.  304  c.p.p.,  norma,  fra l'altro, modificata dalla stessa
 legge 8 agosto 1995 n.  332.
   Deve  sollevarsi  la  questione  di   legittimita'   costituzionale
 dell'art.    159  c.p.,  per  contrasto  con  gli  artt. 3 e 25 della
 Costituzione, nella parte in cui non prevede, per tutti i reati ed  a
 prescindere  dallo  stato detentivo dell'imputato, la sospensione del
 corso deIla prescrizione, ove si verifichino cause di sospensione dei
 termini di custodia cautelare.
   Infatti  la  piu'  recente giurisprudenza della Corte di Cassazione
 limita l'applicabilita' dell'art. 159 c.p. - e quindi la  sospensione
 della  prescrizione  del  reato  -  alle  sole  ipotesi  in  cui, per
 l'impedimento dell'imputato o del difensore, ne derivi la sospensione
 dei termini di custodia cautelare (cfr. Cass. sent. 9  febbraio  1999
 n.  3690:    "La  sospensione  o  il  rinvio del dibattimento a causa
 dell'astensione dalle udienze o di altro impedimento del difensore in
 un  solo  caso  puo'  determinare  la  sospensione  del  corso  della
 prescrizione  del reato; quando comporti automaticamente, ex lege, la
 sospensione dei termini di custodia cautelare, a norma dell'art.  304
 c.p.p.  E  cio'  per  effetto dell'intervenuta modifica dell'art. 159
 c.p. operata dall'art. 15 della legge 8 agosto 1995, n. 332,  che  ha
 ampliato  i  casi  in  cui e' sospeso il corso della prescrizione del
 reato, con il  comprendervi  quelli  in  cui  la  legge  consente  di
 sospendere i ''termini di custodia cautelare''.
   Trattasi  peraltro,  di  un'ipotesi specifica, che, in quanto tale,
 non autorizza generalizzazioni di sorta  e  non  consente  quindi  di
 ritenere che, per effetto del combinato disposto degli artt. 159 c.p.
 e  304  del  c.p.p.  l'astensione  dalle  udienze  o  qualsiasi altro
 impedimento del difensore, determinante la sospensione  o  il  rinvio
 del dibattimento, legittimi ''sempre'' la sospensione del corso della
 prescrizione del reato, e cio' a prescindere dall'applicazione o meno
 di  una  misura  cautelare",  nello  stesso  senso  Cass. sez. III 20
 febbraio 1997, n. 337).
   Ed e' evidente la rilevanza della  risoluzione  della  qestione  di
 legittimita'   costituzionale   dell'art.  159  c.p.  ai  fini  della
 decisione  da  adottare  nel  presente  processo;  infatti,  ove   si
 applicasse  la  norma  nel  senso suindicato, questo giudice dovrebbe
 dichiarate estinti  per  prescrizione  i  reati;  viceversa,  ove  la
 questione  fosse  accolta,  la  richiesta delle parti dovrebbe essere
 rigettata,  con  conseguente  prosecuzione  del   processo   per   le
 valutazioni sul merito.
   L'interpretazione  su  riferita  rende la norma citata in contrasto
 con gli artt. 3 e 25 della Costituzione.
   Infatti, deve osservarsi che la modifica  dell'art.  159  c.p.  era
 stata operata dal legislatore gia' con il cd. decreto Biondi, poi non
 convertito  in  legge  e  trasformato  in disegno di legge, a seguito
 delle sollecitazini operate dalla Corte costituzionale.
   Infatti con ordinanza del 31 marzo  1994  la  Corte  costituzionale
 aveva  dichiarato  l'inammissibilita' della questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 159 c.p., sollevata dal pretore  di  Potenza
 con riferimento all'art. 3 della Costituzione.
   Il  giudice remittente aveva sollevato la questione di legittimita'
 dell'art. 159 primo comma c.p. nella parte in cui non prevedeva:
     la sospensione del corso della prescrizione per  il  tempo  della
 durata  della sospensione e del rinvio del dibattimento conseguenti a
 mancata presentazione o partecipazione  del  difensore  dell'imputato
 per  la  sua  adesione  all'astensione dalle udienze proclamata dalla
 associazione di categoria;
     in  subordine,  l'adozione   di   un   provvedimento   giudiziale
 impugnabile  di sospensione dei termini di prescrizione del reato per
 il tempo corrispondente alla durata della sospensione  e  del  rinvio
 del dibattimento.
   Il  pretore  di  Potenza  osservava  fra  l'altro  come  non  fosse
 corrispondente a canoni di  razionalita'  la  scelta  legislativa  di
 impedire  (nei  casi  di  astensione  dei difensori dalle udienze) la
 perenzione della custodia cautelare "senza che una omologa previsione
 sia invece dettata al fine di assicurare,  nelle  stesse  situazioni,
 l'interesse  sotanziale  alla  punizione  del  colpevole impedendo la
 prescrizione dei reati".
   La Corte costituzionale:
     dichiarava inammissibile la questione in quanto il giudice a  quo
 sollecitava   una   sentenza  additiva  in  malam  partem,  volta  ad
 introdurre  una  nuova  ipotesi  di  sospensione  del   corso   della
 prescrizione al di fuori dei casi previsti dalla legge;
     auspicava   un   intervento  del  legislatore  sulla  "situazione
 patologica" descritta  dal  remittente  (l'astensione  dei  difensori
 aveva determinato la prescrizione del reato);
     osservava  che  le  manifestazini  di protesta degli organismi di
 categoria (forense) "per livello partecipativo e durata,  possono  in
 concreto   determinare  la  paralisi  dell'esercizio  della  funzione
 giurisdizionale,   con   conseguente,   grave    compromissione    di
 fondamentali principi che il costituente ha inteso affermare. D'altra
 parte,  se  il  legislatore  ha  avvertito  la necessita' di dettare,
 proprio in funzione della  salvaguardia  di  beni  costituzionalmente
 tutelati,   norme  sul  diritto  di  sciopero  nei  servizi  pubblici
 essenziali, ricomprendendo fra questi  anche  l'amministrazioe  della
 giustizia  ...  non  v'e'  ragione  per cui debbano restare esenti da
 specifiche previsioni forme di protesta collettiva, che al pari dello
 sciopero, sono in grado di impedire il pieno  esercizio  di  funzioni
 che   assumono,   come  quella  giurisdizionale,  un  ruolo  primario
 nell'ordinamento dello Stato".
   Se dunque la Corte costituzionale aveva invocato un intervento  del
 legislatore  per  evitare  la  paralisi dell'esercizio della funzione
 giurisdizionale,   con   conseguente,   grave    compromissione    di
 fondamentali  principi  che  il  costituente ha inteso affermare, nel
 silenzio della relazione alla legge del 1995, deve ritenersi  che  il
 legislatore  ha  modificato  l'art.  159  c.p. al fine di impedire il
 verificarsi di situazioni che ostacolino o rendano  vano  l'esercizio
 della  funzione  giurisdizionale;  ha  inteso  evitare che la pretesa
 punitiva dello  Stato  sia  frustrata  da  situazioni  di  fatto  non
 imputabili all'inerzia dei titolari di tale potesta', ma da attivita'
 poste  in  essere  dall'imputato  e dal difensore; da qui il richiamo
 all'art.  304  c.p.p.  ed  alle  cause  che  possono  comportare   la
 sospensione dei termini di custodia cautelare.
   E  limitare  la tutela della pretesa punitiva dello Stato (mediante
 la sospensione del termine di  prescrizione)  ai  soli  processi  nei
 quali vi e' l'evenienza, del tutto accidentale, dello stato detentivo
 dell'imputato,   come  operato  dalla  richiamata  giurisprudenza  di
 legittimita', e' assolutamente irragionevole, ove  si  consideri  che
 sono proprio i reati con minimi edittali piu' bassi, (per i quali non
 e'  possibile  l'adozione  di  misure  cautelari), a "soffrire" degli
 effetti  dilatori  delle  astensioni  e  degli  impedimenti.  Inoltre
 l'irragionevolezza  della  norma,  e quindi il contrasto con l'art. 3
 della Costituzione, va valutata alla  luce  del  citato  richiamo  di
 questa  on.  Corte  adita,  che aveva invitato il legislatore a porre
 rimedio proprio alle prescrizioni,  determinate  dal  protarsi  delle
 astensioni  dei  difensori,  di  reati di competenza pretorile, ed in
 processi  celebrati in genere nei confronti di imputati non detenuti;
 e' evidente che anche nei processi  con  imputati  non  detenuti,  in
 presenza di astensioni dei difensori, vi e' la necessita' di tutelare
 la  funzione  giurisdizionale nel senso suddetto (sulla necessita' di
 tutelare la funzione giurisdizionale dalle astensioni dei  difensori,
 nel  bilanciamento  di diritti costituzionali, vedi la sentenza della
 Corte costituzionale del 27 maggio 1996, n.  171 sull'art. 2, commi 1
 e 5, legge 12 giugno 1990, n. 146).
   Inoltre l'art. 159 c.p., applicato come da diritto vivente ai  soli
 processi  con  imputati  detenuti, e' in contrasto con l'art. 3 della
 Costituzione, perche':
     irragionevole, in quanto prevede una diversa disciplina giuridica
 del corso della prescrizione per identici fatti reato - per  i  quali
 sussiste  la  stessa  esigenza di tutela della pretesa punitiva dello
 Stato - facendola dipendere da situazioni del tutto  occasionali  (la
 detenzione dell'imputato);
     determina una disparita' di trattamento tra imputati dello stesso
 reato  non  detenuti  e detenuti, ma in diversi processi, (in caso di
 astensione dei difensori dalle udienze  il  termine  di  prescrizione
 sara' sospeso solo per i secondi);
     determina   una   disparita'  di  trattamento  tra  imputati  non
 detenuti, in processo con altri imputati detenuti ed in processo  con
 coimputati  non  detenuti;  in caso di astensione dei difensori dalle
 udienze il termine di prescrizione sara' sospeso solo nel primo caso,
 per effetto dell'art. 161 c.p.
   Va ricordato che la tesi della  incostituzionalita'  dell'art.  159
 c.p.,  cosi'  come  interpretato  dalla  giurisprudenza prevalente di
 legittimita', e' stata sostenuta anche dalla VI sez. pen. della Corte
 di cassazione (sent. 1036 del 2 luglio 1998), per la quale  le  cause
 di sospensione dei termini di custodia cautelare, a prescindere dallo
 stato detentivo dell'imputato, per effetto del richiamo - implicito -
 dell'art.  159  c.p. all'art. 304 c.p.p., determinano in ogni caso la
 sospensione dei termini di prescrizione ("... correttamente la  Corte
 di  appello  ha  ritenuto  applicabile,  nella  specie,  la novellata
 disposizione di cui all'art.  159  c.p.  in  relazione  all'art.  304
 c.p.p.,  esplicando, con puntuale e logico supporto motivazionale, le
 ragioni per cui ritenere limitata l'operativita' di  tale  norma  nei
 confronti   dei   soli   imputati   detenuti,   non   solo  apparisse
 manifestamente incostituzionale per violazione dell'art. 3 Cost.,  ma
 si  risolvesse  in  un'arbitraria lettura anche in termini di portata
 letterale della norma cennata.
   In merito, giova ribadire che opportunamente il legislatore, con la
 novella n. 332/1995, ha curato  di  estendere  tale  disposizione  di
 indubbia  portata eccezionale rispetto alle regole generali, anche ai
 termini di custodia cautelare, prescindendo, per quelli  attinenti  i
 procedimenti a carico di imputati a piede libero (come nella specie),
 dalla  osservanza  di  modalita' attinenti la richiesta del p.m. e la
 formale,   conseguente   ordinanza   di   sospensione    e    volendo
 rappresentare,  con  tale  richiamo, l'indice della voluntas legis di
 infrenare eventuali  e  non  rare  "manovre"  speculative  dilatorie,
 finalizzate  al conseguimento di una "salvifica" (... per l'imputato)
 causa di estinzione del reato").
   Infine  va  osservato  che  la  questione  cosi'  come sollevata, a
 differenza di  quella  gia'  posta  all'attenzione  della  Corte  del
 pretore  di  Potenza  prima  delal  modifica  dell'art.  159 c.p., e'
 pienamente ammissibile poiche' non si sollecita una sentenza additiva
 in malam partem, volta ad introdurre una nuova ipotesi di sospensione
 del corso della prescrizione al di  fuori  dei  casi  previsti  dalla
 legge;  infatti  deve  ritenersi  che  il  legislatore, aderendo alle
 indicazioni  fornite  proprio  dalla  Corte   costituzionale,   abbia
 modificato  l'art.  159  c.p.  al  fine di impedire il verificarsi di
 situazioni che ostacolino o rendano vano l'esercizio  della  funzione
 giurisdizionale,  trasformando  le ipotesi di sospensione dei termini
 di custodia cautelare in cause di sospensione della prescrizione  (il
 riferimento  operato  dall'art. 159 c.p. con la dizione "in ogni caso
 in cui la sospensione  ...  dei  termini  di  custodia  cautelare  e'
 imposta  da  particolari  disposizioni di legge" deve intendersi come
 "in ogni circostanza di fatto o nelle ipotesi" in cui - in generale -
 e' prevista la sospensione dei termini  di  custodia  cautelare).  E'
 pero'   la   limitante   interpretazione   fornita  dalla  richiamata
 giurisprudenza a rendere la norma in contrasto con  la  Costituzione,
 cosi' come indicato.