IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1508 del  1995,
 proposto  da  Capezzuto  Salvatore,  Di  Cicco Felice, Falzone Luigi,
 Morgani Nicola, Raia Antonio, Murciano Francesco,  Palmieri  Michele,
 De   Giuseppe  Nicola,  Turilli  Maurizio,  Rotondo  Antonio,  Napoli
 Rosario, Gaglio Salvatore, rappresentati e difesi  dall'avv.to  Maria
 Ughetta  Bini  ed  elettivamente  domiciliati  presso lo studio della
 stessa, in Brescia, via Ferramola n. 14;
   Contro  il  Ministero  della  difesa,  in  persona  del   Ministero
 pro-tempore,  il  Ministero  della  funzione pubblica, in persona del
 Ministro  pro-tempore,  Il  Ministero  del  tesoro,  in  persona  del
 Ministro  pro-tempore,  costituitisi  in  giudizio,  rappresentati  e
 difesi  dall'Avvocatura  distrettuale  dello   Stato   ed   ex   lege
 domiciliati  presso  gli  uffici  della  stessa,  in  Brescia, via S.
 Caterina n. 6, per l'annullamento  degli atti del nuovo inquadramento
 in ruolo disposti ai sensi dell'art. 34 del d.lgs. 12 marzo 1995,  n.
 196... con i quaIi tutti i ricorrenti sono stati inquadrati nel grado
 di  maresciallo  ordinario, nonche' per il riconoscimento del diritto
 "ad  ottenere  ai  fini  dell'inquadramento  il  medesimo trattamento
 attribuito con il d.lgs. n.  198/1995  ai  sottufficiali  pari  grado
 appartenenti   all'Arma   dei   Carabnieri"   (cosi',   testualmente,
 l'epigrafe del ricorso).
   Visto il ricorso con relativi allegati;
   Visto  l'atto  di   costituzione   in   giudizio   delle   intimate
 Amministrazioni;
   Viste  le  memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
 domande e difese;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Data per letta,  alla  pubblica  udienza  del  9  luglio  1999.  la
 relazione del ref. dr. Salvatore Cacace;
   Uditi,  alla  stessa  udienza,  l'avv.  Maria  Ughetta  Bini  per i
 ricorrenti  e  l'avv.  dello  Stato   Alessandro   Maddalo   per   le
 Amministrazioni resistenti;
   Ritenuto in fatto ed in dritto quanto segue:
                               F a t t o
   1.  -  "Con  d.lgs n. 196 del 19 maggio 1995" si espone in ricorso,
 "si e' provveduto al riordino dei ruoli, alla modifica delle norme di
 reclutamento ed allo stato d'avanzamento del personale non  direttivo
 delle  Forze  Armate,  Esercito, Marina, ed Aeronautica, ad eccezione
 dell'Arma  dei  Carabinieri  il  cui  riordino  dei  ruoli  e'  stato
 disciplinato con d.lgs. n. 198 sempre del 12 maggio 1995".
   1.1.   -   All'inquadramento   degli   odierni   ricorrenti   (utti
 sottufficiali  dell'esercito  in  forza  al  Distretto  militare   di
 Brescia)  sulla  scorta  di  quanto  disposto dall'art. 34 del citato
 d.lgs. n. 196, si e' provveduto con decreti ministeriali,  dei  quali
 s'e' data comunicazione agli interessati, con note individuali, tutte
 datate  tra il 18 ed il 25 settembre 1995; "in particolare", prosegue
 il ricorso, "i sigg.ri Capezzuto, Di Cicco, Falzone,  Morgani,  Raia,
 Murciano,  Palmieri,  De Giuseppe, Turilli, Rotondo, gia' marescialli
 ordinari sono stati inquadrati nel grado di maresciallo ordinario  ed
 iscritti  nel  ruolo dei marescialli; i sigg.ri Napoli e Gaglio, gia'
 sergenti maggiori ed inseriti nei quadri di avanzamento formati  alla
 data  del  31 agosto 1995 sono stati promossi al grado di maresciallo
 ordinario ed inquadrati nel ruolo dei marescialli".
   2. - avverso i decreti ministeriali di inquadramento, effettuato ai
 sensi del  citato  d.lgs.  n.  196/1995,  hanno  proposto  ricorso  i
 predetti  sottufficiali,  deducendone  la illegittimita' derivata per
 "illegittimita' costituzionale dell'art.  34,  1  comma,  lettera  c,
 commi  3,  4,  5, 7, e 8 del d.lgs. n. 196/1995 per contrasto con gli
 artt. 3, 36 e 97 della Costituzione".
   Le   determinazioni   ministeriali   di   inquadramento   sarebbero
 illegittime,  in  quanto  applicano  il  d.lgs. n. 196/1995 (attuando
 l'inquadramento del personale in servizio alla data del  1  settembre
 1995, sulla base della norma transitoria di cui all'art. 34), che, si
 afferma in ricorso, "e' penalizzante rispetto a quello disposto per i
 parigrado nell'arma dei Carabinieri, in forza del decreto legislativo
 n.  198/1995.  Cio'", si prosegue, "in netto contrasto con lo spirito
 della legge n. 216/1992 che ha demandato al  governo  l'emissione  di
 decreti   legislativi   contenenti   le   necessarie  modifiche  agli
 ordinamenti del personale... per il  riordino  delle  carriere  delle
 attribuzioni  e  dei   trattamenti economici allo scopo di conseguire
 una  disciplina  omogenea  fermi  restando   i   rispettivi   compiti
 istituzionali".
   I  ricorrenti  si  vedrebbero,  insomma, "riservato dalla normativa
 transitoria un trattamento diverso e penalizzante rispetto  a  quello
 riservato ai sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri. Infatti:
     a)  i  marescialli ordinari delle Forze Armate esclusi dai quadri
 di avanzamento formati alla  data  del  31  agosto  1995  sono  stati
 inquadrati  nel  ruolo  dei  marescialli  con il grado di maresciallo
 ordinario mentre i marescialli  ordinari  dell'Arma  dei  Carabinieri
 sono  stati  inquadrati  nel  ruolo  degli  ispettori con il grado di
 maresciallo capo (cfr.   art. 34,  comma  1,  lettera  c,  d.lgs.  n.
 196/1995  in  rapporto  all'art.    46, comma 1, lettera b, d.lgs. n.
 198/1995);
     b) i sergenti maggiori delle Forze Armate utilmente inseriti  nei
 quadri  di  avanzamento  alla  data  del  31  agosto  1995 sono stati
 inquadrati nel ruolo dei marescialli  con  il  grado  di  maresciallo
 ordinario  con  due  anni di anzianita' mentre i brigadieri dell'Arma
 dei Carabinieri utilmente iscritti al fine della promozione dal grado
 superiore nei quadri di avanzamento sono inquadrati nel  ruolo  degli
 ispettori  con  il  grado di maresciallo capo (cfr. art. 34, comma 1,
 lettera c, d.lgs. n. 196/1995  in  rapporto  all'art.  46,  comma  1,
 lettera b, d.lgs. n. 198/1995);
     c)  sergenti  maggiori gia' iscritti nei quadri di avanzamento ma
 non promossi sono stati inquadrati nel ruolo dei marescialli al grado
 di maresciallo ordinario con  anzianita'  di  grado  31  agosto  1993
 mentre  i  brigadieri  dei  Carabinieri sono stati promossi in quanto
 inquadrati nel ruolo degli spettori con il grado di maresciallo  capo
 (cfr.  art.  34, comma 3, d.lgs. n. 196/1995 in all'art. 49, comma 2,
 d.lgs. n. 198/1995 ... "(v. pagg. 6 e 7 ric.).
   "In sintesi", conclude l'esposizione di gravame, "si assiste ad una
 sostanziale  promozione  di  tutti  i  sottufficiali  dell'Arma   dei
 Carabinieri  (e  anche di coloro che non sono sottufficiali) mentre i
 sottufficiali dell'esercito (che prima  del  decreto  legislativo  in
 esame  erano  parigrado,  e  con anzianita' anche superiore nel grado
 medesimo   rispetto   ai   colleghi   sottufficiali   dell'Arma   dei
 Carabinieri),  non  beneficiano del medesimo trattamento: si verifica
 un inammissibile scavalcamento soprattutto  ai  fini  gerarchici  tra
 sottufficiali appartenenti alla medesima Forza Armata".
   L'art.  34  del d.lgs. n. 196/1995, nel prevedere "un inquadramento
 dei citati sottufficiali dell'Esercito inferiore  rispetto  a  quello
 attribuito   ai  pari  grado  dell'Arma  dei  Carabinieri",  sarebbe,
 pertanto, costituzionalmente illegittimo:
     "per irragionevole discriminazione tra  appartenenti  alle  Forze
 Armate  per  i  quali vi e' sempre stata una corrispondenza dei gradi
 sulla  scorta  della   omogeneita'   di   funzioni",   nonche'   "per
 irragionevole    equiparazione    (violazione    del   principio   di
 ragionevolezza) dei sottufficiali di grado inferiore, addirittura non
 sottufficiali, appartenenti all'Arma dei Carabinieri ai sottufficiali
 di grado superiore delle Forze Armate" (e cio' in evidente  contrasto
 con l'art. 3 della Costituzione Repubblicana);
     per violazione dell'art. 36 Cost., la denunciata diversita' degli
 inquadramenti  riflettendosi  "pure  sul trattamento retributivo, con
 penalizzazione dei sottufficiali delle Forze Armate, e con  vantaggio
 ingiustificato a favore dei sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri";
     per  violazione  dell'art.  97  Cost., che, si afferma, "fissa il
 principio  di  imparzialita'  della  pubblica   amministrazione,   in
 relazione  al potere - dovere di adottare i medesimi inquadramenti di
 fronte a situazioni equiparate in forza di  precedenti  inquadramenti
 effettuati   dall'Amministrazione   medesima   sulla  base  di  norme
 preesistenti  e  sulla  base  di  norme   attuali   che   ribadiscono
 l'equiparazione  tra  ruoli  e  profili  professionali" (pagg. 9 e 10
 ric.).
   Gli istanti chiedono cosi' in definitiva, che l'Amministrazione sia
 condannata alla corresponsione,  in  loro  favore,  delle  differenze
 retributive  tra,  l'inquadramento operato ai sensi del citato d.lgs.
 n.  196/1995  e  quello  superiore  riconosciuto   ai   sottufficiali
 dell'Arma dei Carabinieri in forza del d.lgs. n. 198/1995.
   3.  - Si sono costituite in giudizio, con atto formale, le intimate
 Amministrazioni statali che hanno chiesto, con formule di mero stile.
 il rigetto del ricorso.
   Con memoria depositata nell'imminenza della udienza (ma  fuori  del
 termine   di  10  giorni  liberi  anteriori  alla  data  fissata  per
 l'udienza, di cui all'art. 23, quarto comma, legge t.a.r.), la difesa
 delle resistenti Amministrazioni, ripercorso l'iter  che  ha  portato
 alla  emanazione  del d.lgs. n. 196/1995, ha affermato "che i decreti
 legislativi n. 196 e n. 198 non sono affatto disomogenei,  in  quanto
 la  normativa a regime prevede un'identica progressione in carriera",
 illustrando, inoltre, come non appaia legittima "nemmeno la normativa
 transitoria dettata dall'art. 34 del d.lgs. n. 196/1995, in quanto il
 legislatore, nel procedere alla c.d. omogeneizzazione, non poteva non
 tenere  presenti  le  differenze  esistenti  tra  le  Forze   Armate,
 differenze  dovute  ai  relativi  ordinamenti  di settore, alle norme
 fondamentali di stato, nonche' alle attribuzioni delle  autorita'  di
 pubblica sicurezza".
   3.1.  -  Anche  i  ricorrenti (peraltro nei termini di legge) hanno
 ribadito le loro argomentazioni,  con  memoria  presentata  in  vista
 della  udienza  di  trattazione, nella quale in particolare, ribadita
 "la disomogeneita' delle disposizioni previste dall'art. 34, comma 1,
 lettera C, commi 3, 4, 5, 7, e 8  del  d.lgs,  n.  196/1995  rispetto
 all'art.  46  del  d.lgs.  n. 198/1995 relativo all'inquadramento dei
 carabinieri", si sottolinea il "contrasto con lo spirito della  legge
 n.  216/1992  ove  all'art.  3 si demanda il governo all'emissione di
 decreti  legislativi  per   il   riordino   delle   carriere,   delle
 attribuzioni e dei trattamenti economici allo scopo di conseguire una
 disciplina    omogenea    fermi   restando   i   rispettivi   compiti
 istituzionali" e, dunque, la  violazione  del  disposto  dell'art.  3
 della   legge   6   marzo   1992,  n.  216,  nonche'  la  conseguente
 discriminazione  tra  sottufficiali  dell'Arma  dei  Carabinieri  che
 vengono   (rectius   sono  stati  promossi)  mentre  i  sottufficiali
 dell'Esercito non beneficiando dello  stesso  trattamento,  subiscono
 una perdita patrimoniale mentre ai fini gerarchici sono scavalcati da
 parigrado  o  addirittura  di grado inferiore (non va dimenticato che
 l'Arma dei Carabinieri fa parte dell'Esercito)".
   3.3. - Alla pubblica udienza del 9 luglio 1999, uditi  i  difensori
 presenti per le parti costituite, la causa e' passata in decisione.
                             D i r i t t o
   1.  -  Devesi preliminarmente, dichiarare la inammissibilita' della
 memoria prodotta dalla Avvocatura dello Stato in data 2 luglio  1999,
 in  quanto  effettuata  in violazione del termine di cui all'art. 23,
 quarto comma, legge t.a.r., posto a presidio del diritto di difesa di
 controparte  e dell'interesse del giudice a conoscere tempestivamente
 e compiutamente la materia del contendere.
   2. - Quanto all'azione di cui trattasi,  v'e'  da  rilevare  che  i
 ricorrenti   propongono,   quali   pubblici   dipendenti,  azione  di
 accertamento  di   un   diritto   patrimoniale,   nell'ambito   della
 giurisdizione  amministrativa  esclusiva; essi, peraltro, hanno a tal
 fine impugnato nei termini di decadenza gli  atti  dell'inquadramento
 effettuato  dall'Amministrazione  della  difesa in applicazione della
 normativa in questione (art. 34 del d.lgs. n. 196 del 1995 emanato in
 attuazione dell'art. 3 della legge n. 216 del 1992) L'oggetto di tale
 decreto legislativo (concemente il riordino dei ruoli e  la  modifica
 alle  norme  di  reclutamento, stato ed avanzamento del personale non
 direttivo delle  Forze  armate)  non  consente  di  ritenere  che  il
 trattamento  economico  e  le norme di inquadramento ivi previste per
 detto personale siano, per cosi' dire, "disapplicabili" (non  essendo
 attribuito  nel  nostro ordinamento, ne' alla Amministrazione, ne' al
 sistema giurisdizionale, un tale potere), per estendere,  invece,  ai
 sottufficiali  dell'esercito,  conformemente  alla  pretesa  avanzata
 dagli istanti, le corrispondenti norme dettate dal d.lgs. n. 198  del
 1995  per  il  personale dell'Arma dei Carabinieri che si trovi nelle
 stesse condizioni.
   Cio in quanto il legislatore, in attuazione della delega  contenuta
 nell'art. 3 della legge n. 216 del 1992, ha partitamente identificato
 e  disciplinato,  con vari decreti, i diversi ordinamenti delle varie
 Forze di Polizia e delle Forze Armate, cosicche' in ciascuno di  essi
 sono,  pertanto,  rinvenibili le disposizioni relative al trattamento
 economico ed alle carriere, da applicarsi allo specifico ordinamento,
 di cui di volta in volta si tratti (nella fattispecie,  quello  delle
 Forze Armate).
   La  domanda  di accertamento del diritto dei ricorrenti ai benefici
 in questione e, cioe', ad ottenere, ai  fini  dell'inquadramento,  il
 medesimo   trattamento   attribuito,   con  d.lgs.  n.  198/1995,  ai
 sottufficiali di pari grado appartenenti all'Arma dei Carabinieri, si
 appalesa, cosi', priva di supporto normativo, non potendosi  in  ogni
 caso  far luogo ad una interpretazione estensiva delle invocate norme
 del d.lgs.  n. 198/1995 e/o ad una "disaplicazione" (non consentita a
 questo giudice)  delle  corrispondenti  prescrizioni  del  d.lgs.  n.
 196/1995  (considerata  anche  la  mancanza  di qualisiasi a'mbito di
 indeterminatezza  deile  norme  recate  dai   decreti   delegati   in
 argomento).
   Il   Collegio,   pertanto,   non   puo'   esaminare  ed  apprezzare
 adeguatamente le ragioni prospettate dai ricorrenti,  se  non  previa
 declaratoria  di  incostituzionalita'  delle  citate norme (se ed ove
 adeguatamente  sussistano  i  necessari  presupposti   del   giudizio
 costituzionale   in   via  incidentale:  rilevanza  e  non  manifesta
 infondatezza della questione).
   3. - Il  thema  accadendum  della  presente  controversia  concerne
 dunque,  in  sostanza,  non  tanto  la  legittimita'  dei  decreti di
 inquadramento dei ricorrenti, tutti sottufficiali  dell'esercito  che
 risultano  aver  fatto  diretta e corretta applicazione del d.lgs. n.
 196/1995,  quanto,  piuttosto,  l'asserita  incostituzionalita'   (in
 quanto  a  cio' si riduce.  in definitiva, l'unico, articolato motivo
 di censura dedotto) del citato decreto legislativo, che, con la norma
 transitoria di cui all'art. 34 (dedicata all'"inquadramento nel ruolo
 dei  marescialli"), avrebbe operato, secondo le tesi poste a base del
 ricorso,  una  irragionevole  discriminazione  tra  i   sottufficiali
 dell'esercito (e delle Forze Armate in genere) e quelli dell'Arma dei
 Carabinieri (le norme transitorie del cui inquadramento sono dettate,
 invece, negli artt. da 46 a 50 del d.lgs. n. 198/1995).
   Una  discriminazione,  si  sottolinea  nell'atto  introduttivo  del
 giudizio, che "colpisce  unicamente  i  sottufficiali  che  rientrano
 nella  applicazione  della norma transitoria di cui al citato art. 34
 d.lgs. n. 196/1995,  in  quanto  per  coloro  che  beneficiano  della
 normativa  ordinaria  introdotta  con il decreto legislativo in esame
 non subiscono penalizzazioni rispetto ai sottufficali  dell'Arma  dei
 Carabinieri,   rispetto   ai   quali  non  possono  lamentare  alcuna
 disparita': in proposito si rinvia all'esame delle  tabelle  allegate
 ai decreti legislativi....".
   3.1.  -  L'esame  della  prospettata questione di costituzionalita'
 necessita di un preliminare inquadramento.
   Lo stato giuridico dei sottufficiali delle FF.AA., nelle quali e' a
 tutti gli effetti da intendersi ricompresa l'Arma dei Carabinieri, ha
 sempre avuto una disciplina uniforme e del pari  uniforme  e'  stato,
 dal r.d. n. 2395 del 1923 e dal d.P.R. n. 1079 del 1970 alla legge n.
 312  del 1980, il trattamento economico dei sottufficiali delle varie
 Armi rispetto ai sottufficiali dell'Arma dei Carabineri (con la  sola
 eccezione   delle   indennita'   accessorie  collegate  alle  diverse
 situazioni di impiego derivanti dal servizio).
   Cio' sino alla entrata in  vigore  della  legge  n.  34  del  1984,
 allorche',   a   seguito   della   riforma  della  Polizia  del  1981
 (caratterizzata, tra  l'altro,  dall'inizio  della  unificazione  del
 trattamento  economico  delle  Forze di Polizia), tale uniformita' e'
 stata  infranta  unicamente  per  effetto  del  meccanismo,  ritenuto
 prioritario,  della equiparazione tra le varie "forze di polizia" (il
 sedicesimo comma dell'art. 43 della legge n. 121 del  1981  stabiliva
 che  il trattamento economico previsto per il personale della polizia
 di Stato "e' esteso all'Arma dei carabinieri ed ai corpi previsti  al
 primo  e  secondo comma dell'art.  16"; a sua volta, l'art. 2, quinto
 comma, della legge n. 34 del 1984 ha disposto che,  in  relazione  al
 suddetto art. 43. "e' esteso il trattamento economico per stipendio e
 per  indennita'  mensili  previsto  per il personale della polizia di
 Stato all'Arma dei carabinieri e ai Corpi della guardia  di  finanza,
 degli agenti di custodia e forestale dello Stato").
   L'evoluzione   legslativa  successiva  ha  avuto  un  significativo
 approdo nella legge n. 216 del 1992.
   Con essa il legisatore non solo ha  proceduto  sulla  strada  della
 perequazione (semplicemente) economica delle forze di polizia, ma ha,
 con  il  conferimento  di  una  duplice  delega  legislativa, avviato
 successive   fasi   dirette   ad   una   ulteriore   e    sostanziale
 omogeneizzazione:    la  prima delega (art. 2, comma 1 della legge n.
 216 del 1992), nella preoccupazione di non alterare gli equilibri tra
 i vari ordinamenti militari, da  esercitarsi  con  un  unico  decreto
 legislativo,  su  proposta  del Ministro dell'interno di concerto con
 gli altri ministri interessati, aveva per oggetto la definizione  "in
 maniera  omogenea,  nel  rispetto  dei  principi fissati dai relativi
 ordinamenti  di  settore,  stabiliti  dalle  leggi  vigenti",   delle
 procedure  per disciplinare i contenuti del rapporto di impiego delle
 forze  di polizia anche ad ordinamento militare, ai sensi della legge
 1 aprile 1981, n. 121, nonche' del personale delle forze  armate,  ad
 esclusione  dei  dirigenti  civili e militari e del personale di leva
 (v. Corte cost., Ord. n. 152 del 26-30 aprile 1999).
   La seconda delega (art. 3 della legge n. 216  del  1992),  poi,  da
 esercitarsi  con piu' decreti legislativi sulla base di unici criteri
 direttivi (diversi da quelli  di  cui  aIl'art.  2),  riguardava,  in
 particolare,   "le   necessarie   modifiche   degli  ordinamenti  del
 personale" delle forze di  polizia  e  delle  forze  armate,  esclusi
 dirigenti  e  direttivi,  "per  il  riordino  delle  carriere,  delle
 attribuzioni e dei trattamenti economici, allo  scopo  di  conseguire
 una   disciplina   omogenea,  fermi  restando  i  rispettivi  compiti
 istituzionali,  le  norme   fondamentali   di   Stato,   nonche'   le
 attribuzioni  delle  autorita'  di pubblica sicurezza, previsti dalle
 vigenti disposizioni di legge"; inoltre per le  anzidette  finalita',
 era  espressamente  contemplato  che  i decreti legislativi potessero
 "prevedere che la  sostanziale  equiordinazione  dei  compiti  e  dei
 connessi  trattameni economici sia conseguita attraverso la revisione
 di ruoli, gradi e  qualifiche  e,  ove  occorra,  anche  mediante  la
 soppressione  di  qualifiche, gradi, ovvero mediante l'istituzione di
 nuovi ruoli, qualifiche e gradi  con  determinazione  delle  relative
 dotazioni   organiche,   ferme   restando   le   dotazioni  organiche
 complessivamente   previste",   con   le   occorrenti    disposizioni
 transitorie (art. 3, comma 3, della legge n. 216 del 1992).
   L'esercizio  di tale seconda delega era previsto avvenisse con piu'
 decreti  legislativi,  da   emanarsi   su   proposta   dei   Ministri
 rispettivamente  interessati  e,  per  le  Forze  di  Polizia, con la
 concertazione  del  Ministro  dell'interno,  attesi  i  suoi  compiti
 istituzionali,  confermati nella legge n. 121 del 1981. I principi ed
 i  criteri   direttivi   relativi   sono   fissati   con   specifiche
 disposizioni,   che   prevedono   anche   la   necessaria   copertura
 finanziaria.
   La legge n. 216 del 1992  ha,  cosi',  un  duplice  contenuto,  con
 diversa natura ed autonomia: l'uno (art. 1), di conversione del d.-l.
 7 gennaio 1992, n. 5 "con le modificazioni riportate in allegato alla
 legge",  adottato  in base alla previsione dell'art. 77, terzo comma,
 della Costituzione (ivi disponendo la  perequazione  del  trattamento
 economico dei sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri a seguito della
 sentenza della Corte cost. n. 277 del 1991, ricomprendendo, peraltro,
 anche  le  corrispondenti  posizioni delle altre Forze di Polizia che
 erano state mantenute al di fuori dell'oggetto della pronuncia  della
 Corte); l'altro (artt. 2 e 3), di legge di delega, ai sensi dell'art.
 76  della  Costituzione,  di  tal  guisa  avviando le successive fasi
 dirette ad una  ulteriore  e  sostanziale  omogeneizzazione,  con  il
 conferimento  della  detta, duplice, delega, differenziata per fonte,
 oggetto, proponenti, principi direttivi e criteri di delega.
   La prima delega e' stata esercitata con il d.lgs. 12  maggio  1995,
 n. 195, che richiama anche la legge 29 aprile 1995, n. 130.
   La  seconda  delega,  prevista, come si e' detto, nell'art. 3 della
 citata legge n. 216 del 1992, e' stata esercitata, tra  l'altro,  con
 il   d.lgs.   12   maggio  1995,  n.  196  (denunciato,  quanto  alla
 costituzionalita' del suo art. 34, dai ricorrenti) e  col  d.lgs.  12
 maggio  1995,  n.    198, che, riguardando il personale dell'Arma dei
 Carabinieri,  viene  assunto  dai  ricorrenti  stessi  quale   lerhum
 comparationis  della  dedotta  discriminazione retributiva e di stato
 giuridico.
   La delega di cui all'art. 3, ha osservato la  Corte  costituzionale
 (sent. n. 63 del 1998), prevedeva tutte la necessarie modifiche degli
 ordinamenti  per il riordino delle carriere, delle attribuzioni e dei
 trattamenti  economici,  allo  scopo  di  conseguire  una  disciplina
 omogenea,  si  noti,  con  riguardo ad una vasta gamma di ordinamenti
 comprendenti Forze di Polizia e Forze Armate.
   E  le  variazioni  dell'assetto   organizzatorio   della   pubblica
 amministrazione,   che   dal  plurimo  esercizio  della  delega  sono
 scaturite, si inseriscono, ha proseguito  la  Corte,  in  un  disegno
 dichiarato  di  politica normativa tendente alla razionalizzazione ed
 alla omogeneizzazione di  situazioni  di  ordinamenti,  quali  quelli
 delle  Forze di Polizia o delle Forze Armate, che, in una valutazione
 politica  dello  stesso  legislatore  (certamente   non   palesemente
 arbitraria   o   manifestamente   irragionevole),   dovevano   essere
 ricondotte  ad  effettivo  equilibrio  di  trattamenti  normativi  ed
 economici,    evitando   alterazioni   settoriali   e   rincorse   di
 rivendicazioni (v. anche Corte cost., sent. n. 65 del 1997).
   Le esigenze (di notevole  rilievo,  secondo  l'apprezzamento  dello
 stesso legislaore) di equilibrio di interi settori di Polizia e di
  Forze  Armate) hanno portato, con i citati decreti legislativi (dopo
 che gia' con il d.-l. 4 dicembre 1992, n. 469, convertito nella legge
 2 febbraio 1993, n. 23, i miglioramenti economici, gia' in  godimento
 dei    sottufficiali    dell'Arma   dei   carabinieri   e   personale
 corrispondente della Polizia di Stato, venivano attribuiti in  favore
 dei   sottufficiali   delle   Forze   Armate,   al  ripristino  della
 equiparazione giuridica  consolidata  nel  tempo,  tra  sottufficiali
 delle Forze Armate e sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri.
   Senza  abbandonare, cosi', il principio, ormai pacifico, secondo il
 quale l'assetto dei dipendenti civili dello Stato (cui anche i  nuovi
 ordinamenti  delle  Forze  di  Polizia  e delle Forze Armate sembrano
 uniformarsi), a partire dalla  legge  11  luglio  1980,  n.  312,  si
 suddivide  in  qualifiche, caratterizzate dal tipo di funzioni che le
 contraddistinguono (in attuazione del canone,  ritenuto  in  generale
 consono   all'art.      36   della   Costituzione,   di   tendenziale
 corrispondenza  del  trattamento  economico  al  tipo   di   funzioni
 esercitate,  in  base  al criterio funzionale:  v. Corte cost., 3 -12
 giugno 1991, n. 277), lo status del  personale  non  direttivo  delle
 Forze  Armate  e  quello  del personale non direttivo e non dirigente
 dell'Arma  dei  carabinieri  e'   stato   individuato   nel   "grado"
 (all'interno  del  rispettivo  "ruolo"):  v.,  per il personale delle
 Forze Armate, artt. 2, 3 e 4.  d.lgs.  n.  196/1995,  e,  per  quello
 dell'Arma dei Carabinieri, artt. 2 e 12, d.lgs. n. 198/1995.
   La  posizione  di  sostanziale, tradizionale, uguaglianza dell'Arma
 dei  Carabinieri  con  le  altre   Armi   dell'esercito   (salvo   il
 sostanziale,   diverso,  contenuto  dei  suoi  compiti  di  ordine  e
 sicurezza pubblica), poi, e' stata ribadita, nei' decreti legislativi
 all'esame, sotto vari aspetti e profili:
     all'art. 12 del d.lgs. n. 196, prevedendo "la corrispondenza  dei
 gradi  nei  rispettivi ruoli del personale di cui al presente decreto
 legislativo con i gradi  ed  i  ruoli  del  personale  dell'Arma  dei
 carabineri" (secondo le tabelle "A/1" ed "A/2" allegate al decreto);
     all'art.   31,  comma  1  (ed  alla  corrispondente  tabella  "D"
 allegata), del d.lgs. n.  196  ed  all'art.  54,  comma  2  (ed  alla
 corrispondente  tabella "F", allegata al decreto), del d.lgs. n. 198,
 ove il trattamento economico  stipendiale  e'  attribuito  correlando
 ciascun  grado  ad un livello, cosicche' risulta evidente che, tenuto
 conto della corrispondenza dei gradi di cui si e' detto, a parita' di
 grado (tra Forze Armate e Carabinieri) risulta una parita' di livello
 (e dunque di trattamento economico stipendiale),  nonche'  di  scatti
 aggiuntivi  gerarchici  (salva  l'indennita'  pensionabile  di cui al
 terzo comma dell'art. 43 della legge 1 aprile 1981, n. 121,  prevista
 per   i  soli  Carabinieri,  in  quanto  correlata  ai  compiti  loro
 attribuiti di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica);
     all'art. 14 (ed alle corrispondenti tabelle "B/1", "B/2" e "B/3")
 del d.lgs. n. 196 ed agli artt.  31  e  32  (ed  alle  corrispondenti
 tabelle  "B".  "C/1"  e "C/2") del d.lgs. n. 198, ove, sempre tenendo
 conto della disegnata corrispondenza tra i gradi, viene  divisato  un
 sistema  di  avanzamento  da  un  grado  all'altro, all'interno dello
 stesso ruolo, del tutto identico per il personale delle Forze  Armate
 e  per  quello  dell'Arma  dei  Carabinieri:  sia  quanto  a forme di
 avanzamento, sia quanto a requisiti (o periodi minimi  di  permanenza
 nel grado).
   Con  le  sopra  riportate  norme  sembra,  dunque,  essersi  voluto
 ricondurre ad armonia (essendosi verificata, nell'arco  degli  ultimi
 tre   lustri,   per   effetti   indotti   alla   introduzione   della
 contrattazione collettiva e dalle connesse spinte  particolaristiche,
 una  lesione  del  principio,  consolidato  nel  tempo,  e quindi non
 eliminablie ad arbitrio, della uniformita' del trattamento  economico
 tra  i  vari gradi dell'esercito) i trattamenti retributivi (salva la
 possibilita'   di   attribuire   voci   retributive   od   indennita'
 particolari)   ed  ordinamentali  delle  forze  di  Polizia  (ed,  in
 particolare, dei Carabinieri) e delle Forze Armate  (con  particolare
 riguardo all'esercito, del quale l'Arma dei Carabinieri pur sempre fa
 parte)  e  cio'  in  perfetta  attuazione sia dello scopo fissato nel
 conferimento  della  delega  (quello,  cioe',   di   conseguire   una
 disciplina   omogenea   di   carriere,   attribuzioni  e  trattamento
 economico),    sia    del    principio,    conforme    ad    esigenze
 costituzionalmente  rilevanti,  di  garanzia e proporzionalita' della
 retribuzione tra coloro che appartengono alla stessa  amministrazione
 (ch'e'  quella  della  Difesa),  sono  chiamati  a svolgere le stesse
 mansioni (pur nella giusta valorizzazione delle specificita', con  il
 sistema  dei  trattamento  integrativo  ed  accessorio), sono assunti
 sulla base dei medesimi sistemi concorsuali e  progrediscono  secondo
 una identica carriera.
   3.2.  - La veduta omogeneizzazione delle situazioni ordinamentali e
 dei trattamenti economici non appare, tuttavia, completa, nel disegno
 offerto dal legislatore delegato.
   In  sede  di  regime  transitorio,  la  equiparazione   tra   gradi
 (corrispondenti)  delle  Forze Armate e dell'Arma dei Carabinieri non
 viene garantita:  l'art.  34 del d.lgs. n. 196/1995, inserito  com'e'
 nel  Capo  VII  (dedicato, appunto, alle "norme transitorie"), detta,
 infatti,  norme  per  l'inquadramento  nel  ruolo  dei   marescialli,
 prescrivendo, per quanto qui piu' specificamente inreressa:
     (comma 1) "I sottufficiali, in servizio alla data del 1 settembre
 1995,  sono inquadrati in ordine di ruolo, mantenendo l'anzianita' di
 servizio posseduta e l'anzianita' di  grado  maturata  nel  grado  di
 provenienza, nei seguenti gradi del ruolo dei marescialli:
      a)  nel  grado  di  aiutante,  i  marescialli  maggiori  o gradi
 corrispondenti, compresi quelli con  qualifica  di  "aiutante"  o  di
 "scelto", nonche' i marescialli capi e gradi corrispondenti utilmente
 inseriti nei quadri d'avanzamento formati entro la data del 31 agosto
 1995;
      b)  nel  grado  di  maresciallo  capo  e gradi corrispondenti, i
 marescialli  capi,   nonche'   i   marescialli   ordinari   e   gradi
 corrispondenti  inseriti  nei  quadri  d'avanzamento formati entro la
 data del 31 agosto 1995;
      c) nel grado di maresciallo ordinario e gradi corrispondenti,  i
 marescialli   ordinari,   nonche'   i   sergenti   maggiori  e  gradi
 corrispondenti utilmente inseriti nei  quadri  d'avanzamento  formati
 entro la data del 31 agosto 1995";
     (comma  3) "I marescialli capi e i sergenti maggiori, iscritti ai
 quadri d'avanzamento ordinari e straordinari relativi agli anni  1994
 e  1995  ma non promossi, sono inquadrati, rispettivamente, nei gradi
 di aiutante e di maresciallo ordinario corrispondenti con  decorrenza
 31  agosto 1995, prendendo posto nel ruolo dopo l'ultimo promosso dei
 quadri ordinari e straordinari".
   Tali   norme   transitorie,   dettate   per   l'inquadramento   dei
 sottufficiali  delle Forze Armate trovano corrispondenza, nell'ambito
 delle norme previste nel d.lgs. n. 198/195 per il personale dell'Arma
 dei Carabinieri:
     nell'art. 46,  comma  1:  "Il  personale  appartenente  al  ruolo
 sottufficiali,  comunque  in servizio alla data del 1 settembre 1995,
 e'  inquadrato,  mantenendo  l'anzianita'  di  servizio  e  di  grado
 maturato, nei seguenti gradi del ruolo ispettori:
      a)  nel  grado  di  maresciallo  aiutante sostituto ufficiale di
 P.S., i sottufficiali che, alla predetta data, rivestono il grado  di
 maresciallo  maggiore,  compresi quelli con qualifica di "aiutante" e
 "carica speciale", nonche' i marescialli capi utilmente iscritti,  ai
 fini  della  promozione di grado superiore, nei quadri di avanzamento
 formati alla suddetta data, ai sensi della legge 10 maggio  1983,  n.
 212:
      b)  nel  grado  di  maresciallo  capo, i sottufficiali che, alla
 predetta  data,  rivestono  il  grado  di  maresciallo  capo   e   di
 maresciallo  ordinario,  nonche'  i  brigadieri utilmente iscritti ai
 fini della promozione ai gradi superiore, nei quadri  di  avanzamento
 formati  alla  suddetta data, ai sensi della legge 10 maggio 1983, n.
 212;
      c) nel grado di maresciallo ordinario, i sottufficiali che, alla
 predetta  data,  rivestono  il  grado  di   brigadiere,   nonche'   i
 vicebrigadieri  utilmente  iscritti ai fini della promozione al grado
 superiore, nei quadri di avanzamento formati alla suddetta  data,  ai
 sensi della legge 10 maggio 1983, n. 212;
      d) nel grado di maresciallo, i vicebrigadieri";
      art.  49,  comma  2:  "Alla  stessa  data i marescialli capi e i
 brigadieri gia' valutati, giudicati idonei, iscritti in quadro ma non
 promossi perche' non compresi nel primo terzo  o  nella  prima  meta'
 delle  rispettive  aliquote,  sono  inquadrati,  a  decorrere  dal  1
 settembre 1995, nel ruolo degli  ispettori,  rispettivamente  con  il
 grado  di  maresciallo  aiutante s.U.P.S. e maresciallo capo, secondo
 l'ordine del ruolo  di  provenienza,  previo  giudizio  di  idoneita'
 espresso  dalla  Commissione  di avanzamento di cui all'art. 31 della
 legge 10 maggio 1983, n.  212".
   Orbene, una lettura  comparata  delle  norme  appena  riportate  fa
 risaltare evidenti differenze, derivanti dalla sola appartenenza alle
 Forze    Armate    piuttosto    che    all'Arma    dei   Carabinieri,
 nell'inquadramento previsto per personale di pari grado (in forza  di
 corrispondenza   dichiarata   ex   lege),   a  tutto  detrimento  dei
 sottufficiali  delle  Forze  Armate  mentre  i  marescialli  ordinari
 dell'esercito  (per  restare  all'arma  ed al caso che qui ne occupa)
 sono inquadrati nel grado di maresciallo ordinario (art. 34, comma 1.
 lett. c del d.lgs.  n.  196/1995),  i  loro  omologhi  dell'Arma  dei
 Carabinieri  sono  inquadrati nel grado di maresciallo capo (art. 46,
 comma 1, lett. b del d.lgs. n. 198/1995) mentre, ancora,  i  sergenti
 maggiori  dell'esercito, iscritti ai quadri di avanzamento ordinari e
 straordinari relativi agli anni 1994 e 1995  ma  non  promossi,  sono
 inquadrati  nel grado di maresciallo ordinario (art. 34, comma 3, del
 d.lgs. n. 196/1995), i loro  corrispondenti  colleghi  dell'Arma  dei
 Carabinieri  sono inquadrati nel grado di maresciallo capo (art.  49,
 comma 2, del d.lgs. n. 198/1995).
   4. - Tutto cio' premesso, la dedotta questione di costituzionalita'
 riguarda, appunto, le norme da ultimo citate del d.lgs. n.  196/1995:
 l'art.  34,  comma  1.  lettera  c)  e  l'art. 34, comma 3, dei quali
 l'Amministrazione ha fatto applicazione ai  fini  dell'inquadramento,
 rispettivamente,  dei  ricorrenti  gia'  marescialli  ordinari  e dei
 ricorrenti   gia'   sergenti   maggiori   in   servizio    permanente
 dell'Esercito, iscritti nei quadri di avanzamento.
   La  questione  appare di decisiva rilevanza ai fini della decisione
 giurisdizionale richiesta dalle parti a questo  giudice,  atteso  che
 solo  l'eventuale, invocata declaratoria di incostituzionalita' delle
 norme predette  (sulla  cui  corretta  applicazione  da  parte  della
 Amministrazione  intimata  non  si  controverte),  con sentenza ad un
 tempo cassatoria ed additiva della Corte (cfr. Corte cost.  sent.  n.
 248  del  1989),  che  dichiari  l'applicabilita',  ai  sottufficiali
 dell'Esercito e delle altre Forze armate, delle norme transitorie  di
 inquadramento  dettate  per  i  pari grado dell'Arma dei Carabinieri,
 determinerebbe, una volta eliminato l'ostacolo delle censurate  norme
 del  d.lgs.  n.  196  (sulla  base delle quali, si ripete, sono stati
 effettuati  gli  impugnati  inquadramenti),  un  esito  del  giudizio
 pienamente  favorevole  ai ricorrenti, con il riconoscimento del loro
 (preteso)  diritto  a  vedersi  inquadrati  (con  il   corrispondente
 trattamento   economico)   sulla  base  delle  suddette  disposizioni
 riguardanti l'Arma dei Carabinieri.
   Inammissibile,  invece,  per  difetto  di  rilevanza,   appare   la
 questione  di  costituzionalita',  pure  sollevata  dagli istanti, di
 altre disposizioni dell'art. 34 cit., non direttamente riguardanti la
 fattispecie all'esame.
   4.1. - Superato positivamente l'esame preliminare di ammissibilita'
 e rilevanza della proposta eccezione di illegittimita' costituzionale
 (quanto, si precisa, all'art. 34, comma 1, lettera c e comma  3,  del
 d.lgs. n. 196 del 1995), occorre, ora, accertarne il carattere di non
 manifesta infondatezza.
   Osserva,  al  riguardo, il Collegio di non poter considerare, prima
 facie,  infondata  la   dedotta   questione   di   costituzionalita',
 sussistendo un ragionevole dubbio sulla conformita' di tali norme con
 l'art.  3 della Costituzione e coi principi di ragionevolezza e buona
 amministrazione,  nella  misura  in  cui esse non stabiliscono, per i
 sottufficiali  delle  Forze   Armate,   precetti   di   inquadramento
 transitorio  (del  personale  in  servizio  alla data del 1 settembre
 1995) analoghi a quelli applicabili, ai sensi del d.lgs. n. 198/1995,
 ai sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri.
   Appare, in proposito, evidente che, pur nell'innegabile ampiezza di
 interventi sugli ordinamenti previsti dalla legge di delega (art.   3
 della  legge  n.  216  del 1992: si noti, non investita da censure di
 incostuzionalita' dai ricorrenti, ne', d'ufficio, da questo  giudice)
 - allo scopo di conseguire una disciplina "omogenea" e di raggiungere
 una  "equiordinazione" di compiti e connessi, trattamenti economici -
 per il riordino delle carriere, delle attribuzioni e dei  trattamenti
 economici,  con previsione espressa della revisione di ruoli, gradi e
 qualifiche (v. Corte cost., ord. n. 189 del 13-25  maggio  1999),  il
 decreto  delegato  in  esame  (n. 196 del 1995) disegna, tuttavia, un
 sistema transitorio di primo inquadramento  dei  sottufficiali  delle
 forze  armate  del  tutto  disomogeneo  e deteriore rispetto a quello
 stabilito per il personale corrispondente dell'Arma  dei  Carabinieri
 (agli artt. 46 e 49 del d.lgs. n. 198/1995), che non pare sorretto da
 valide   ed   univoche   ragioni   sostanziali,   giungendo  anzi  ad
 ingiustificate distorsioni rispetto alla normativa prevista a  regime
 per  l'inquadramento  e  le  forme  di  avanzamento dei sottufficiali
 stessi; normativa che, nella disciplina recata dalle tabelle allegate
 ai due decreti delegati in considerazione, appare del tutto similare,
 quanto alle forme di avanzamento ed ai periodi minimi  di  permanenza
 nel grado.
   Ne'  la  differenza  di  inquadramento di cui si tratta (cosi' come
 quella di trattamento economico, alla prima conseguente)  pare  poter
 trovare una sua giustificazione logica e razionale nella tesi secondo
 la  quale,  in  relazione  alle mansioni in concreto svolte dalle due
 categorie di dipendenti poste a raffronto, ed, in  particolare,  alla
 gravosita'  ed  al  pericolo, propri dei compiti d'istituto dell'Arma
 dei carabinieri, insiti nella lotta al terrorismo ed alla delinquenza
 organizzata  -  non  sarebbe  configurabile   quella   identita'   di
 situazioni oggettive e soggettive. che, in presenza di un trattamento
 viceversa  differenziato,  comporterebbe  violazione del principio di
 uguaglianza (v. Corte costituzionale, 12 aprile 1990,. n. 191).
   Il collegio non puo' infatti nascondersi che la ragionevolezza e la
 conformita' al principio di uguaglianza del sistema di  cui  trattasi
 entrano  in crisi proprio perche' il (pur legittimo) raffronto di cui
 trattasi  resterebbe  limitato  alla  sola  fase   dell'inquadramento
 transitorio in discussione.
   L'intero   sistema  disegnato  dal  legislatore  delegato  (con  la
 fissazione di una corrispondenza dei gradi delle  diverse  Armi,  con
 l'inserimento  dei  gradi  dichiarati  corrispondenti  in  uno stesso
 livello retributivo, con l'indicazione di un percorso di carriera  in
 tutto  simile  per  i  gradi  corrispondenti  delle diverse Armi, ivi
 compresa l'Arma dei Carabinieri) appare, invero, chiaramente volto ad
 escludere, piuttosto che ad esaltare le differenze tra  sottufficiali
 di  pari  grado  ed anzianita' dell'esercito (non facenti parte delle
 "forze di polizia") e sottufficiali dei Carabinieri (ricompresi dalla
 legge tra le forze di polizia, che, come e' noto, svolgono prevalenti
 compiti di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica).
   Una  posizione  di  sostanziale  uguaglianza tra le varie armi (non
 fosse per le dissonanti disposizioni qui denunciate), il legislatore,
 col quadro normativo  sopra  precisato,  pare  indubitabilmente  aver
 perseguito, dando cosi' minor rilevanza che in un recente passato (ma
 cio'  rientra  nella  discrezionalita'  legislativa,  fermo il limite
 generale, per ogni intervento normativo, della  ragionevolezza,  come
 svolgimento   dell'art.  3  della  Costituzione),  ai  fini  che  qui
 interessano, alla specificita' delle attivita' che siano richieste ai
 dipendenti  pubblici  per  la  difesa  della  nazione  e  dell'ordine
 pubblico.  a  quelle  specificita', cioe', che avevano consentito. in
 virtu' del quinto comma dell'art. 2 della legge n. 34  del  1984,  la
 estensione  del trattamento economico previsto per il personale della
 polizia  di  Stato  agli  ufficiali  e  sottufficiali  facenti  parte
 dell'Arma  dei  Carabinieri (ma non a quelli dell'esercito. ne' delle
 altre armi).
   A questo punto viene meno ogni  possibile  presupposto,  sul  quale
 possa  poggiare  la tesi della conformita' ai principi costituzionali
 della normativa in questione, poiche' se tali  specificita'  appaiono
 venute  meno  nell'intero, coordinato, corpus  legislativo costituito
 dai decreti legislativi  in  argomento  (se  si  esclude,  come  gia'
 rilevato,    la   valorizzazione   dell'istituto   della   indennita'
 pensionabile attribuita alle forze di polizia,  del  resto  in  piena
 coerenza  con il quadro complessivo tracciato), non si comprende come
 e perche' le stesse possano e  debbano  sorreggere  le  differenziate
 scelte  effettuate dal legislatore delegato in tema di inquadramento,
 nel regime transitorio, dei sottufficiali in servizio.
   Pare, in definitiva, molto arduo  riconoscere  la  ratio  del  piu'
 favorevole  regime  di  inquadramento  riservato ai sottufficiali dei
 Carabinieri nella loro attivita'  di  lotta  al  terrorismo  ed  alla
 criminalita'  organizzata  e, piu' in generale, di difesa dell'ordine
 pubblico.
   Oltretutto,   l'anzidetta,    diversificata,    disciplina    degli
 inquadramenti  dei  sottufficiali delle Forze Armate in servizio alla
 data del 1  settembre  1995  (rispetto  a  quella  introdotta  per  i
 sottufficiali  dei  Carabinieri)  non  trova  giustificazioni nemmeno
 (come  pur  potrebbesi  legittimamente  ipotizzare,  trattandosi   di
 inquadramento  di  personale  in  servizio) in differenze sostanziali
 rinvenibili nell'ordinamento precedente, tali da  provocare  riflessi
 sostanziali   (derivanti   dalle   diverse,   pregresse,   forme   di
 progressione nelle qualifiche e nei gradi) in sede di adeguamento dei
 moduli ordinamentali stessi.
   Anteriormente alla entrata in vigore  del  d.lgs.  n.  196/1995  in
 argomento.  infatti,  la  corrispondenza  dei  gradi dei sottufficali
 delle varie Armi si rinveniva all'art. 25 della legge 10 maggio 1983,
 n. 212 (ed alla tabella "A" allegata alla legge),  cosi' come la c.d.
 inclusione nelle aliquote di  valutazione,  per  la  progressione  in
 carriera, era recata dagli artt. 27 e 29 della stessa legge n.  212 e
 dalle tabelle "B/1", "B/2", "B/3", "B/4" e "C", pure allegate.
   Orbene, nessuna apprezzabile differenza in tali superati meccanismi
 (per effetto della abrogazione di norme di cui all'art. 40 del d.lgs.
 n.  196/1995)  e' rinvenibile fra le varie Armi delle Forze Armate da
 un lato e quella dei Carabinieri dall'altro.
   Soltanto,  i  vice  brigadieri  dei  CC. (corrispondenti, tanto nel
 vecchio che nel nuovo ordinamento, ai sergenti dell'esercito e  delle
 altre  armi) conseguivano la promozione a brigadieri (corrispondenti,
 nel vecchio e nel nuovo ordinamento al grado  di  sergente  maggiore)
 per  anzianita'  (invece  che per concorso, come era prescritto per i
 sergenti) e dopo un anno e sei mesi di permanenza nel  grado  (invece
 che dopo 2 anni e 6 mesi).
   Ma   una   tale   differenza   di  carriera  (annullata  nel  nuovo
 ordinamento),  nel  passaggio  dal  grado  iniziale  del  ruolo   dei
 sottufficiali  a  quello  immediatamente  superiore, non pare affatto
 poter giustificare di per  se'  l'intero,  massiccio,  meccanismo  di
 promozioni  messo  in  piedi  dalle  norme  che  ne  occupano  per  i
 sottufficiali dei carabinieri  in  sede  di  primo  inquadramento  ex
 d.lgs.  n.  198/1995  e  non, invece, per i sottufficiali delle altre
 armi, ad opera dei decreti attuativi della legge  n.  216  del  1992;
 potendo,  anzi, costituire, in un ipotetico, ma pur sempre necessario
 raffronto tra la carriera dei sottufficiali  dell'esercito  e  quella
 dei  pari  grado  dell'Arma  dei  Carabinieri.   elemento di "favore"
 (nell'ambito   dell'effettivo.   perseguito,    riequilibrio    della
 disciplina,   che   presuppone   la   eliminazione   di  preesistenti
 differenze) per il personale dell'esercito il fatto che il  pregresso
 meccanismo  di  progressione  (che,  per  il  passaggio da sergente a
 sergente maggiore, prevedeva l'avanzamento  per  concorso,  piuttosto
 che  per  mera  anzianita')  fosse  caratterizzato  da  meccanismi di
 selezione  e  valutazione  assenti,  almeno   in   tale   fase,   nel
 corrispondente ordinamento dei Carabinieri.
   4.2.  - Se, dunque, il principio di uguaglianza esprime un giudizio
 di relazione, che impone il trattamento identico di situazioni uguali
 e, viceversa, il trattamento differenziato di situazioni fra loro non
 del tutto corrispondenti (v. Corte costituzionale, n. 183 del 1997  e
 nn.   89   e   386   del   1996),  appare  chiara,  nella  disciplina
 dell'inquadramento dei sottufficiali di cui alle norme transitorie in
 discussione, la operata disparita' di trattamento tra  soggetti  (gli
 uni  dell'esercito  e  delle  altre  armi  e  gli altri dell'Arma dei
 carabinieri) gia' iscritti nello  stesso  ruolo,  in  possesso  dello
 stesso  grado (per "corrispondenza" stabilita dal legislatore stesso)
 ed incaricati di espletare funzioni,  che,  se  non  identiche,  sono
 state  (e gia' erano precedentemente) comunque dal legislatore stesso
 ritenute  equivalenti  nel  dettare  la  disciplina  a  regime  delle
 carriere   di  cui  si  tratta;  disparita',  che  crea  discrasie  e
 differenze gravi, nel momento in cui, all'esito della  operazione  di
 inquadramento,  i detti soggetti si vedono attribuiti gradi e vengono
 a collocarsi in livelli retributivi  irragionevolmente  differenziati
 (a  parita'  di posizione di partenza) a tutto ed esclusivo vantaggio
 dei sottufficiali  dei  Carabinieri.    Questa  operazione  meramente
 meccanica  di  rapida  progressione  di  carriera,  riservata al solo
 personale dell'Arma dei Carabinieri in  sede  dell'inquadramento  del
 personale  in servizio alla data dell'inquadramento di cui alle norme
 transitorie in esame. risulta, poi, tanto piu' arbitraria, in  quanto
 effettuata  nel  momento  stesso in cui, con il complesso dei decreti
 legislativi attuativi della legge n. 216, si crea  senza  dubbio  una
 disciplina   omogenea  di  riordino  delle  carriere,  caratterizzata
 dall'identico, ordinato, dispiegarsi, in tutte le armi, di  posizioni
 dal   legislatore   stesso  identificate  come  corrispondenti.    Le
 denunciate norme, cosi', appaiono anche porsi  in  palese  violazione
 del  principio  di  buon andamento della pubblica amministrazione, di
 cui all'art. 97 della Costituzione, come  costantemente  interpretato
 dalla Corte costituzionale e, cioe', come un criterio di congruenza e
 di non arbitrarieta' della disciplina posta in essere in relazione al
 fine  che  si  vuol perseguire (v. sentt. n. 10 del 1980 e n. 331 del
 1988).  La contraddittorieta' tra le scelte operate  dal  legislatore
 all'interno  dello  stesso  corpus  normativo  ed in attuazione della
 medesima norma di delega (laddove, dopo aver dettato  una  disciplina
 ordinamentale  del personale delle Forze Armate e di quello dell'Arma
 dei  Carabinieri  sostanzialmente,   a   regime,   omogenea,   cotale
 omogeneita'  il  legislatore  stesso poi contrasta e snatura), lungi,
 poi, dal  tendere  alla  ottimizzazione  organizzativa  della  stessa
 pubblica  amministrazione  (in  modo  tale  da  poter  soddisfare gli
 interessi pubblici nel migliore dei modi), finisce con lo  svilire  e
 disconoscere  situazioni  sostanzialmente  espressione della medesima
 capacita' professionale in capo ai singoli funzionari (capacita'  che
 pure  i decreti medesimi mostrano di valutare, in sede di definizione
 dell'ordinamento  di  regime,  ai  fini  della   attribuzione   delle
 qualifiche   dell'ordinamento   del   personale  delle  Forze  Armate
 complessivamente intese, in misura eguale) e che,  tanto  a  fini  di
 eguaglianza  sostanziale  (rispetto della parita' delle posizioni dei
 dipendenti da inquadrare), quanto a fini  di  massima  valorizzazione
 delle  professionalita'  possedute  dai militari in servizio (che non
 puo'    non    considerarsi    incidente    su     buon     andamento
 dell'amministrazione),  possono  concretamente emergere ed affermarsi
 solo  con  l'apprestamento  di  strumenti  congrui,   adeguati,   non
 distorsivi,  in  una parola uniformi, di inquadramento (perche' se e'
 vero che, come ha ritenuto il  giudice  delle  leggi  con  l'Ord.  n.
 151/1999  cit.,  non  si  puo'  ravvisare  lesione dell'art. 97 della
 Costituzione  per  il  fatto   che   siano   intervenute   variazioni
 dell'assetto  organizzatorio  della pubblica amministrazione, che non
 sono di per se' indice di peggioramento allorche' siano  accompagnate
 da  minori  accrescimenti di posizioni economiche e di svolgimento di
 carriera di singoli o di gruppi di dipendenti, e'  pur  vero  che  le
 variazioni  devono  pur  sempre  inserirsi  in un disegno coerente di
 politica  normativa  ed  in  scelte  non  palesemente  arbitrarie   e
 manifestamente irragionevoli; il che, per le ragioni sopra ampiamente
 illustrate,  non  pare  di  poter affermare con riguardo alle patenti
 alterazioni  dell'equilibrio  ordinamentale,  qui  rilevate).      La
 prospettata   diversita'  di  trattamento  non  appare,  soprattutto,
 sorretta da una ragionevole giustificazione, si che le relative norme
 paiono piuttosto riconducibili ad una ipotesi di  uso  manifestamente
 irrazionale  del  potere  legislativo.  in buona sostanza, sembra con
 cio' inciso il limite della ragionevolezza,  che  rende  la  relativa
 questione  prospettabile  quale incidente di incostituzionalita'.  Le
 differenze retributive, infine. che le impugnate norme causano  quale
 effetto  distorsivo  del  diversificato  reinquadramento  di soggetti
 appartenenti  allo  stesso   livello   retributivo,   rendono   anche
 apprezzabile la violazione dell'art. 36 della Costituzione, in quanto
 gli  inquadramenti  stessi,  comportando alterazioni alla omogeneita'
 della disciplina e dei connessi trattamenti economici, si  appalesano
 in  contrasto  con  il principio di proporzionalita' e di adeguatezza
 retributiva, ivi statuito.
   6   -   Per   quanto  sopra  esposto,  il  Collegio  considera  non
 manifestamente infondata la eccezione  di  incostituzionalita'  delle
 disposizioni  di legge suindicate e, conseguentemente, ritiene che la
 indicata questione, nei termini e nei limiti sopra  delineati,  debba
 essere  rimessa all'esame della stessa Corte, in relazione agli artt.
 3, 36 e 97 della Costituzione.