IL PRETORE
   Letto il ricorso, depositato in data 25 gennaio 1999, con il  quale
 Klita  Krystyna  ha  chiesto l'annullamento del decreto di espulsione
 dal territorio dello Stato  italiano  emesso  dal  prefetto  di  Vibo
 Valentia in data 21 gennaio 1999;
   Sentita l'istante con l'assistenza del difensore di fiducia;
   Letta l'informativa della locale questura;
   Rilevato  che  la ricorrente e' cittadina polacca e quindi di Stato
 non appartenente all'Unione europea, sicche'  trova  applicazione  la
 legge   6   marzo  1998,  n.  40,  quanto  alla  disciplina  relativa
 all'imputazione del decreto di  espulsione  e  il  pretore  adito  e'
 competente;
   Rilevato che l'art. 11, comma 8, della legge n. 40/1998 prevede che
 avverso il decreto di espulsione sia ammesso ricorso al pretore entro
 cinque giorni dalla notificazione;
   Ritenuta  l'istanza ammissibile essendo stato rispettato il termine
 previsto dall'art. 11 della detta legge;
   Rilevato,  alla  stregua  di  quanto  e'  emerso   dalla   sommaria
 istruttoria, che la ricorrente e' entrata in Italia nel 1994 e non ha
 mai  chiesto  il  permesso di soggiorno e che convive more uxorio con
 cittadino italiano che provvede al suo mantenimento;
   Ritenuta l'applicabilita' della legge n. 40/1998,  art.  11,  anche
 alla  fattispecie  realizzatesi  prima dell'entrata in vigore di tale
 legge in quanto:
     l'espulsione e' collegata semplicemente al fatto che lo straniero
 si e' trattenuto nel  territorio  dello  Stato  italiano  senza  aver
 richiesto  il  permesso  di  soggiorno  nel termine prescritto, senza
 attribuire alcuna rilevanza al momento in cui si e'  verificato  tale
 ingresso;
     che  la  legge  28  febbraio  1990,  n.  39, e successivi decreti
 vigenti  all'epoca  dell'entrata  del   ricorrente   nel   territorio
 italiano,   prescrivevano   ugualmente  l'obbligo  di  richiedere  il
 permesso di soggiorno, sanzionandolo con l'espulsione;
     che tale applicabilita' si  desume  letteralmente  dal  comma  15
 dell'art. 11, il quale limita ai soli stranieri giunti in Italia dopo
 l'entrata   in   vigore   della  legge  n.  40/1998  l'applicabilita'
 dell'accompagnamento  coatto  alla  frontiera  di  cui  al  comma   5
 dell'articolo  in commento, sicche' se la legge esclude espressamente
 che gli stranieri  giunti  prima  possano  essere  accompagnati  alla
 frontiera,  presuppone  che  gli  stessi  siano tuttavia passibili di
 espulsione;
   Ritenuto che il decreto di espulsione sia sufficientemente motivato
 in quanto richiama espressamente la ragione dell'espulsione e che  e'
 risultato  che  la  cittadina straniera e' in grado di comprendere la
 lingua italiana e comunque il testo del decreto e' espresso anche  in
 lingua  inglese  (intendersi tra le 3 lingue ufficiali) ed il ricorso
 e' stato tempestivamente proposto;
   Ritenuto ancora che la ricorrente non ha dato prova  sull'esistenza
 di  cause  di  forza  maggiore  che le abbiano impedito di richiedere
 tempestivamente il permesso di soggiorno;
   Rilevato che la ricorrente ha chiesto, anche se in via subordinata,
 l'applicazione  analogica  dell'art.  17,  comma  2  della  legge  n.
 40/1998,  lettera  c),  alla sua situazione di convivenza more uxorio
 con cittadino italiano;
   Ritenuto  che  tale  estensione  non  sia   possibile   attesa   la
 specificita'  e  tassativita'  della previsione normativa della cause
 ostative all'espulsione dello straniero;
   Tanto premesso ritiene questo giudice che la norma in  esame  cosi'
 come  formulata  violi l'art. 3 della costituzione in quanto crea una
 disparita' di trattamento ingiustificata tra lo straniero  convivente
 more  uxorio  con  cittadino  italiano,  privo  di  ogni tutela, e lo
 straniero convivente con parente entro  il  quarto  grado  o  con  il
 coniuge  cittadino  italiano,  per il quale invece vige il divieto di
 espulsione, e quindi tra situazioni  simili,  atteso  che  l'evidente
 ratio  della norma e' quella di evitare di sradicare lo straniero dal
 nucleo familiare in cui lo stesso vive nel territorio italiano e  chi
 e'  quindi  inserito  stabilmente  nel  tessuto  sociale, tant'e' che
 prende rilievo preminente il concetto di convivenza" intesa nella sua
 piu' diffusa accezione giuridica di legame e comunanza di abitudini e
 di vita;
   La non manifesta infondatezza della questione si basa  anche  sulla
 innegabile evoluzione della concezione di "famiglia di fatto", tipica
 formazione sociale nella quale si estrinseca la personalita' umana ed
 il  cui  vincolo  naturale e' espressione della liberta' individuale,
 che va adeguatamente tutelata e  sull'estensione  anche  al  rapporto
 more uxorio di diritti prima riconosciuti soltanto al rapporto legale
 coniugale,  tenuto  conto  sempre  dell'interesse  che il legislatore
 tende a tutelare;
   Sotto tale aspetto la convivenza more uxorio con cittadino italiano
 fornisce adeguata ragione che giustifica il divieto di espulsione  al
 pari  della convivenza dello straniero con un parente entro il quarto
 grado (e quindi un legame assai labile di parentela)  o  col  coniuge
 cittadino italiano, sempre che ovviamente ricorrano e risulti provata
 la natura, qualita' e stabilita' del rapporto di fatto;
   La  questione  oltre  ad  essere  non  manifestamente  infondata e'
 rilevante ai fini della decisione in  quanto,  come  sopra  indicato,
 ricorrono  tutti  i  requisiti  di  legittimita' del provvedimento di
 espulsione sicche' allo stato la domanda dovrebbe essere  respinta  e
 confermato  il  decreto  di  espulsione.  Solo  la  dichiarazione  di
 illegittimita' costituzionale dell'art. 17  della  legge  n.  40/1998
 nella  parte  in  cui non prevede che non sia consentita l'espulsione
 degli stranieri conviventi more uxorio  con  un  cittadino  italiano,
 permetterebbe  di  paralizzare  l'efficacia dell'impugnato decreto di
 espulsione, ineccepibile sotto tutti gli altri aspetti;