IL PRETORE
   Decidendo sulla richiesta di astensione avanzata dal ricorrente:
                             O s s e r v a
   Si  assume  che  il giudice che abbia deciso la richiesta di tutela
 possessoria non possa poi partecipare al giudizio di merito su quella
 stessa domanda, quando la causa  ritorni  sul  suo  ruolo  a  seguito
 dell'annullamento  da parte del giudice del reclamo del provvedimento
 di rigetto.
   La ragione della incompatibilita' e' ravvisata nel rischio  che  il
 giudice  della  fase  sommaria  venga chiamato a ripetere una seconda
 volta una valutazione che ha gia' espresso rigettando la richiesta di
 tutela   possessoria,    con    la    conseguenza    dell'inevitabile
 condizionamento  che  l'opinione gia' formatasi nella fase precedente
 esercitera' sulla decisione da  prendere  nella  successiva  fase  di
 merito.
   Tuttavia  la  richiesta  di astensione, basata su tali ragioni, non
 trova  fondamento  normativo,  in  quanto   nessuna   delle   ipotesi
 contemplate  dall'art. 51 c.p.c. consente al giudice di astenersi dal
 decidere il merito possessorio per il  fatto  di  avere  gia'  deciso
 sulla  richiesta  di  tutela  interdittale in una fase precedente del
 processo: non autorizzano  una  tale  decisione  neanche  le  ipotesi
 contemplate  rispettivamente  al  n.  4  di quell'articolo, ed al suo
 secondo comma.
   La prima previsione infatti  e'  relativa  all'ipotesi  in  cui  il
 giudice  abbia  gia'  conosciuto  quella  causa  in  altro  grado del
 processo,   e   dunque   si   riferisce   ad   una   incompatibilita'
 extraprocessuale,   mentre  il  caso  presente  e'  relativo  ad  una
 incompatibilita' endoprocessuale dal momento che la fase sommaria  (o
 cautelare)  e  quella di merito formano un unico procedimento, semmai
 diviso in momenti diversi.
   Ne' si puo' ritenere  applicabile  l'ipotesi  prevista  dall'ultimo
 comma  dell'art.  51  c.p.c.,  che  autorizza il giudice ad astenersi
 (rectius, a chiedere  di  potersi  astenere)  per  gravi  ragioni  di
 convenienza,  in  quanto questa previsione riguarda, se cosi' si puo'
 dire, una incompatibilita' di fatto, e cioe'  l'ipotesi  che,  in  un
 dato  caso  concreto,  il giudice dimostri, o paventi egli stesso, un
 coinvolgimento nella fase di merito, che va al di la'  della  normale
 struttura  di  giudizio imposta dalla bipartizione della causa in due
 fasi.
   Nel  caso  presente  non   v'e''   alcuna   ragione   di   concreto
 coinvolgimento   del  giudicante,  e  d'altro  canto  il  ricorrente,
 nell'invocare l'astensione, non ha fatto riferimento  a  circostanze,
 giudizi,  o altro genere di elementi che  possano integrare le "gravi
 ragioni di convenienza":  egli domanda l'astensione sospettando  che,
 avendo  questo giudice gia' espresso una decisione negativa in ordine
 alla richiesta di interdetto, l'esito della fase di merito  sia,  per
 cio'  stesso,  e non per motivi concreti ed individuali, condizionato
 da quel po' di opinione gia' fatta, che nella fase sommaria ha  avuto
 modo di esprimersi.
   Cio'  basta a rendere la questione rilevante, in quanto il sospetto
 di una incompatibilita' nella  decisione  del  merito,  da  un  lato,
 comporterebbe  la  necessita'  di  astenersi, dall'altra non potrebbe
 produrre tale risultato in quanto tale  ipotesi  di  incompatibilita'
 non e' prevista tra le cause di astensione del giudice.
   Venendo  alla  fondatezza del sospetto di incostituzionalita' della
 norma, non si puo' ignorare  che  la  Corte  costituzionale  ha  gia'
 espresso  una  decisione  negativa  su una questione che si puo' dire
 analoga a questa. Con una recente sentenza (Corte  costituzionale,  7
 novembre  del  1997,  n.  326),  infatti,  ha  negato fondamento alla
 questione sollevata proprio  in  ordine  al  contrasto  dell'art.  51
 c.p.c.  con l'art. 24 della Costituzione, nella parte in cui la norma
 ordinaria non  consente  l'astensione,  nella  fase  di  merito,  del
 giudice che abbia deciso la questione cautelare.
   Potrebbe   sembrare  che  la  presente  questione  di  legittimita'
 costituzionale  sia  una  pedissequa  ripetizione  di  quella,   gia'
 rigettata, e da poco tempo, da parte del giudice delle leggi.
   In  realta',  c'e' un aspetto di novita' che questo giudice ritiene
 rilevante,  e  per  l'illustrazione  del  quale  occorre   brevemente
 considerare    alcuni    argomenti.   A   parte,   naturalmente,   la
 considerazione che la richiesta di tutela possessoria con  interdetto
 non e' propriamente una richiesta di provvedimento cautelare.
   Ma,  anche  ove  si  volesse sostenere il contrario, restano tra la
 tutela del possesso ed ogni altra tutela cautelare  delle  innegabili
 differenze che rendono nuova la questione sollevata.
   E'  ormai  prevalente  l'idea  che  il  giudizio  possessorio debba
 articolarsi in due fasi: una, di tipo sommario, e l'altra di  vera  e
 propria  cognizione  nel  merito; ed e' anche opinione diffusa che la
 fase di merito sia necessaria non soltanto nel caso  di  accoglimento
 della  richiesta  di  interdetto,  ma  anche in caso di rigetto della
 medesima (in questi termini Cass., sez.  un.  24  febbraio  1998,  n.
 1984).
   Gia' da questo punto di vista, il procedimento possessorio esibisce
 una  sua  diversita'  rispetto al procedimento cautelare in generale,
 almeno a seguire l'interpretazione fornita dalle sezioni unite citate
 in precedenza, e cioe' si bipartisce in due fasi, sia nell'ipotesi di
 accoglimento  del  ricorso,  che  in   quella   di   rigetto,   caso,
 quest'ultimo,  in  cui  nel procedimento cautelare in generale non si
 da' giudizio di merito (arg. ex art. 669-septies c.p.c.).
   Si dice questo anche  al  fine  di  rafforzare  il  presupposto  di
 rilevanza   della  questione,  in  quanto  il  giudice  del  reclamo,
 annullando  l'ordinanza  di  rigetto  della   richiesta   di   tutela
 possessoria, ha rinviato al giudice di primo grado proprio in ragione
 di  quell'orientamento  interpretativo  che impone la fase di merito,
 sempre e comunque, sia che  la  fase  sommaria  si  concluda  con  un
 provvedimento  positivo,  sia  che  abbia come esito un rigetto della
 richiesta.  Ma,  e'  ovvio  che  la  questione  vale  per  il  merito
 possessorio in generale.
   Cio'  che rende peculiare, ai fini della questione di legittimita',
 il procedimento possessorio rispetto ad ogni giudizio cautelare,  sta
 proprio nella natura della stessa cognizione sul possesso.
   Se,   infatti,  si  ritiene,  secondo  l'interpretazione  corrente,
 avallata dalla sezioni unite civili, che alla fase    sommaria  debba
 seguire  una  fase  di  merito,  non  si  puo'  pero'  fare a meno di
 considerare che il rapporto tra le due fasi - dal punto di vista  del
 loro  oggetto  e  del  risultato cui tendono - non puo' essere inteso
 negli stessi
  termini in cui e'  inteso  quando  quelle  due  fasi  riguardino  un
 qualunque procedimento cautelare.
   La  stessa  Corte costituzionale (sent. 7 novembre 1997, n. 326) ha
 avvertito l'esigenza di precisare che il giudizio di  merito  non  e'
 meramente  ripetitivo di quello gia' espresso nella fase cautelare, o
 meglio: "non e' descrivibile quale valutazione operata sulla medesima
 res iudicanda, si da dover ravvisare nel precedente giudizio espresso
 sulla domanda cautelare la  ragione  degli  asseriti  condizionamenti
 sucettibili di minare l'imparzialita' del giudicante".
   Ritiene,  infatti,  la  Corte  che  il giudizio espresso nella fase
 cautelare si basa su due presupposti che non  sono  ripetibili  nella
 successiva  fase  di  merito:  (a) il periculum in mora; (b) il fumus
 boni iuris.
   Secondo la Corte, poiche' il primo di tali  presupposti  non  fara'
 piu'  parte  del  successivo  giudizio a cognizione piena, se ne deve
 dedurre che il giudice decide in ordine alla  cautela  su  ragioni  e
 presupposti che non valutera' piu' nella fase di merito.
   Il  secondo  caratterizza  il  giudizio  cautelare  come  meramente
 sommario, tanto  e'  vero  che  l'istruzione  probatoria  e'  diversa
 rispetto  a  quella  necessaria  nella  successiva  fase a cognizione
 piena. Con la conseguenza che  gli    elementi  raccolti  nella  fase
 sommaria,  non  costituendo delle vere e proprie prove, ma solo degli
 argomenti di prova, non possono influenzare la decisione del  giudice
 nella  fase di merito, "in considerazione della diversa ottica in cui
 egli si pone".
   Ora, si tratta di argomenti che, svolti in ordine  al  procedimento
 cautelare  in  generale,  non  possono  valere  per  il  procedimento
 possessorio, e precisamente per alcune ragioni.
   In primo luogo, nel giudizio possessorio il giudice non  valuta  il
 periculum  in  mora, che e' il primo dei presupposti che distingue la
 cautela dal merito, e dunque viene meno quell'importante elemento  di
 differenziazione,  messo in luce dal giudice delle leggi, tra la fase
 sommaria e quella successiva a cognizione piena.
   Rimane soltanto l'altro elemento distintivo, e cioe' il  fatto  che
 la  prima  fase  e'  inevitabilmente  sommaria, caratterizzata da una
 istruzione diversa rispetto alla seconda, e che fa si' che il giudice
 che ha conosciuto della prima, per la stessa natura della  istruzione
 probatoria,  dovendo  approfondire l'indagine nella seconda fase, non
 puo'  ritenersi  condizionato  dalla  decisione   gia'   assunta   in
 precedenza.
   E'  questo  un  argomento  che,  se  puo'  valere  per un qualunque
 giudizio cautelare (tipico o atipico che sia), e non e'  compito  del
 giudice  a  quo  contraddirlo,  non si puo' dire che valga per quello
 possessorio.
   C'e', infatti, una caratteristica  da  tenere  presente  in  questo
 ultimo  procedimento,  e che neanche i fautori del merito possessorio
 possono   negare:   a   differenza   dei   provvedimenti   cautelari,
 l'interdetto  possessorio  non  ha  alcuna funzione di strumentalita'
 rispetto al merito.
   Nel  caso del procedimento possessorio, infatti, la decisione presa
 nella fase sommaria, soddisfa pienamente l'interesse del  ricorrente,
 o, in caso negativo, quello del convenuto: il possesso del ricorrente
 e'  tutelato  nella  sua  forma  piu'  piena e definitiva gia' con il
 provvedimento conclusivo della fase sommaria, rispetto  al  quale  la
 decisione del merito nulla potra' aggiungere.
   A  conclusione della fase di merito il ricorrente avra' ottenuto la
 stessa  tutela  che  aveva  gia'   lucrato   con   il   provvedimento
 interdittale  se,  domanda, per esempio, la reintegra nel possesso di
 una servitu', la otterra' subito, con il provvedimento  interdittale,
 rispetto  al  quale  la  sentenza conclusiva della fase di merito non
 potra' apportare alcun ulteriore vantaggio.
   Diverso, e sembra superfluo ricordarlo, e' il caso  di  ogni  altra
 cautela:  se  sono  creditore  di  Tizio, che sta per alienare il suo
 patrimonio, con il sequestro ottengo un risultato (che e'  quello  di
 conservazione  della garanzia del credito), ma con l'azione di merito
 ne ottengo un altro (ed  e'  quello  di  condanna  al  pagamento  del
 debito).
   Si puo' obiettare che tale diversita' attiene alla funzione dei due
 procedimenti, e non incide sulla struttura del giudizio, in quanto in
 entrambi  i  casi cio' che conta e' che ad una prima fase sommaria ne
 segue una seconda a cognizione piena, e che dunque il giudizio  della
 prima, per il diverso approfondimento che la caratterizza, e' diverso
 da  quello  ordinario  della  seconda  fase,  diversita' che evita il
 condizionamento dell'uno sull'altro.
   Ora, questa obiezione non tiene conto della diversita' di  giudizio
 che  viene  richiesta  al  giudicante  nel  procedimento  possessorio
 rispetto  ad  ogni  altra  cautela  o  ad  ogni  altro   procedimento
 caratterizzato  dalla  bipartizione  delle fasi, in quanto se e' vero
 che la fase sommaria e' caratterizzata da una assunzione  fatta  "nel
 modo  che  il  giudice  ritiene  piu' opportuno" dei mezzi istruttori
 "indispensabili  in  relazione  ai  presupposti  ed   ai   fini   del
 provvedimento  richiesto",  e  per  cio' stesso vero che l'istruzione
 della fase sommaria si caratterizza come tale (ed anche come diversa,
 secondo il parere della Corte) proprio perche'  i  presupposti  ed  i
 fini  del  provvedimento  cautelare  sono - o comunque e' ammesso che
 siano - diversi da quelli del provvedimento di merito.
   In altri termini, l'istruzione sommaria e' astrattamente diversa da
 quella di merito proprio  perche'  -  rimanendo  alla  prospettazione
 della  Corte costituzionale - e' rivolta ad accertare due presupposti
 (fumus e  periculum  in  mora)  che  sono  tipici  del  provvedimento
 cautelare da emettere e che nella fase di merito non ricorrono piu'.
   Si  puo' pertanto opinare che, in quest'ultima fase, l'istruzione e
 la cognizione saranno diversi proprio perche'  non  piu'  rivolti  ad
 accertare quei due presupposti.
   Non si puo' trasporre questa regola all'ambito proprio del giudizio
 sulla  lesione  del  possesso, in quanto in quest'ultimo caso la fase
 sommaria non mira ad accertare presupposti diversi (fumus e periculum
 in mora) rispetto a quelli che saranno oggetto della fase di  merito,
 ma  mira  ad accertare esattamente cio' che sara' oggetto anche della
 fase a cognizione piena, e  cioe'  la  lesione  o  la  turbativa  del
 possesso.
   Non si puo' trascurare il fatto che il giudice del merito ripetera'
 la  medesima istruzione che ha compiuto nella fase sommaria, sentendo
 gli stessi informatori e assumendo le stesse prove, e non perche'  lo
 possano  imporre  alcune  circostanze  del  caso concreto, ma proprio
 perche'  e'  la  assoluta  identita'  di giudizio tra le due fasi che
 impone l'identita' della  istruzione  probatoria.  O  meglio,  e'  la
 assoluta  identita'  del risultato che rende inevitabile  l'identita'
 del giudizio tra le due fasi.
   Nel procedimento possessorio, la  fase  sommaria  puo'  dirsi  tale
 soltanto  da  un  punto di vista delle formalita' di assunzione della
 prova  (giuramento  degli  informatori,  regole  per  la   produzione
 documentale,  ecc.),  ma non da un punto di vista del risultato e del
 valore probatorio, che e' il medesimo della fase di  merito:  d'altro
 canto,  se   quest'ultima fase mira a garantire la stessa tutela gia'
 offerta da quella sommaria (per esempio, la  reintegra),  sulla  base
 degli  stessi  presupposti  di  quella  (per esempio, lo spoglio), e'
 normale - e non solo meramente occasionale  -  che  l'istruzione  sia
 identica  quanto  ai  fatti  da provare ed ai mezzi per farlo. Ne' si
 riscontrano giudizi di merito possessorio in cui  l'istruzione  abbia
 ad  oggetto presupposti o fatti diversi da quelli gia' indagati nella
 fase  sommaria.
   E' chiaro che, se tale e' il rapporto tra le due fasi di  giudizio,
 non  si  puo'  negare il sospetto di incompatibilita' che si verifica
 quando si tratta di decidere la fase di merito del procedimento, dopo
 che e' stata decisa quella    sommaria,  in  ragione  del  fatto  che
 l'opinione  che  il giudice si e' fatto nella prima fase investe, con
 pienezza, tutti i presupposti che saranno oggetto di  giudizio  nella
 seconda.
   Il   principio   dell'imparzialita'   del   giudice  e'  ampiamente
 illustrato nelle precedenti decisioni della Corte costituzionale,  in
 interventi  riguardanti  prevalentemente  il  processo  penale,  come
 elemento essenziale della funzione giurisdizionale, e presupposto per
 un giusto processo (Corte costituzionale  24  aprile  1996,  n.  131;
 Corte  costituzionale 15 settembre 1995, n. 432), come tale garantito
 dagli artt. 3 e 24 della Costituzione.
   Il procedimento va quindi sospeso e gli atti vanno  trasmessi  alla
 Corte costituzionale.