IL PRETORE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza di promozione di  giudizio  di
 legittimita'  costituzionale nel procedimento penale nei confronti di
 Michele Signorello, imputato del reato di cui all'art. 116, commi 1 e
 13, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285.
   1. - Michele Signorello, imputato della  contravvenzione  di  guida
 senza  patente, ha prodotto istanza a questo pretore per l'ammissione
 al gratuito patrocinio, corredandola di idonea documentazione.
   L'istanza e' stata rigettata, con provvedimento del 12 agosto 1996,
 non essendo previsto dalla legge  n. 217/1990 il patrocinio  a  spese
 dello Stato per i reati contravvenzionali.
   Al   dibattimento,   il   difensore   di  ufficio  ha  eccepito  la
 illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 8, della legge sopra
 menzionata.  In conseguenza, il dibattimento e' stato sospeso.
   2. - La norma dell'art. 1, comma 8, della legge 30 luglio 1990,  n.
 217,  che  limita  il beneficio del gratuito patrocinio soltanto agli
 imputati di delitti, escludendolo per gli imputati di contravvenzioni
 sembra violare il principio costituzionale di parita' ed  eguaglianza
 dei  cittadini  di  fronte alla legge, nonche' la norma dell'art. 24,
 terzo comma Cost.
   Quanto all'art. 3, la norma indicata appare in contrasto sia con il
 primo capoverso - in quanto il cittadino imputato di  contravvenzione
 (e  cioe'  di  un  reato  che,  non differisce dai delitti che per un
 giudizio di minore gravita' che in maniera del tutto  contingente,  e
 con  mutevoli  valutazioni, viene operato dal legislatore) subisce un
 trattamento difforme e deteriore, senza  alcuna  plausibile  ragione,
 rispetto al cittadino imputato di delitto.
   Basti   pensare  che  l'emissione  di  un  assegno  bancario  senza
 provvista, anche per una  somma  irrisoria,  costituisce  un  delitto
 (punito  alternativamente  con  multa fino 5.000.000 o arresto fino a
 otto mesi), mentre un intervento edilizio abusivo in  zona  vincolata
 (punito, di certo ben piu' afflittivamente, con pena detentiva fino a
 due  anni  e  pena  pecuniaria  fino  a  L.  100.000.000), rimane una
 contravvenzione; sia con il secondo capoverso - in quanto  lo  Stato,
 negando  al  cittadino  indigente  ed  imputato di contravvenzione il
 gratuito patrocinio, viene meno al solenne impegno programmaticamente
 assunto  -  e  che  costituisce  uno  dei  principi  fondamentali   e
 caratterizzati  della nostra carta costituzionale - di "rimuovere gli
 ostalcoli di ordine economico e sociale che, limitando  di  fatto  la
 liberta' e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo
 della   persona   umana  e  l'effettiva  partecipazione  di  tutti  i
 lavoratori  all'organizzazione  politica,  economica  e  sociale  del
 Paese".
   In  particolare, e' il diritto alla difesa quello che subisce nella
 specie una concreta limitazione, cui lo Stato  non  si  preoccupa  di
 ovviare.
   3.  -  Del  diritto  di  difesa  si occupa specificamente l'art. 24
 Cost., indicandolo quale "diritto inviolabile in ogni stato  e  grado
 del  procedimento".  E,  se  la difesa di ufficio di cui all'art. 97,
 c.p.p., si limita a garantire la regolarita'  formale  del  processo,
 non  puo'  certo sostenersi che detto diritto rimanga soddisfatto con
 l'istituto del gratuito patrocinio  previsto  dal  r.d.  30  dicembre
 1923,  n. 3282:  un istituto, come tutti sanno e come non si puo' far
 finta di non sapere, del tutto obsoleto, (di cui usufruisce circa  lo
 0,5% degli utenti del processo penale), espressione di una concezione
 superata  del  difensore,  cui  - per la sua posizioine di privilegio
 economico  e  culturare  -  si  imponeva  un  impegno  di   carattere
 assistenziale.
   Un  istituto sostanzialmente disapplicato, nel quale non puo' certo
 ravvisarsi  una  attuazione  in  misura   sufficiente   del   dettato
 costituzionale.   Questo si preoccupa di assicurare "ai non abbienti,
 con appositi istituti, i mezzi per agire e per difendersi davanti  ad
 ogni giurisdizione".
   L'apposito istituto, riservato ai non abbienti, per consentire loro
 la  difesa,  in  attuazione  peraltro della   norma programmatica del
 capoverso dell'art. 3, e' per l'appunto il patrocinio a  spese  dello
 Stato, cui alla legge n. 217 del 1990.
   Orpoiche'   il   comma   8   dell'art.   1   priva  dell'accesso  a
 quell'istituto  il  cittadino  non   abbiente   imputato   di   reato
 contravvenzionale,  quest'ultima norma si pone in stridente contrasto
 con la norma costituzionale che assicura il diritto  alla  difesa  in
 giudizio.
   3. - La violazione del principio di uguaglianza diviene poi davvero
 eclatante  ed  intollerabile  quando, sempre alla stregua della norma
 del comma 8, dell'art. 1, tra due cittadini imputati  della  medesima
 contravvenzione,  l'uno  venga  escluso  dal  gratuito  patrocinio, e
 l'altro vi venga  invece  ammesso  perche'  il  procedimento  che  lo
 riguarda viene riunito con altro relativo a delitti. L'illogicita' di
 siffatta  normativa,  e  la  disparita'  di  trattamento  che da essa
 consegue, non hanno bisogno di essere sottolineate.
   4. - La presente  questione  di  illegittimita'  costituzionale  e'
 stata  gia'  sottoposta  al  giudizio  della  Corte,  che ne ha pero'
 dichiarata la manifesta inammissibilita' "per  difetto  di  rilevanza
 non   essendo   consentito  al  giudice  di  sollevare  questione  di
 legittimita' costituzionale di una disposizione di legge della  quale
 lo  stesso  giudice abbia gia' fatto applicazione" (ord. 104 del 7-18
 aprile 1997). Si ritiene peraltro  che  l'argomentazione  su  cui  si
 fonda    quest'ultima decisione non possa essere validamente ripetuta
 con riferimento alla fattispecie in esame.
   E'  facile  infatti  osservare  che  pur  essendo  stata  l'istanza
 rigettata  -  in  applicazione  della legge vigente: ne' poteva farsi
 altrimenti  -  cio'  e'  avvenuto  prima   dell'inizio   dell'udienza
 dibattimentale:  conseguentemente non v'e' alcuna tardivita' ne' puo'
 parlarsi di irrilevanza rispetto al giudizio che dalla tardivita' sia
 stata cusata.
   La  questione  e'  assolutamente  attuale  nel  procedimento  -  al
 presente sospeso - nel quale il Signorello e' imputato, ed  egli  ben
 potra'   reiterare   l'istanza   nell'ipotesi   di  dichiarazione  di
 incostituzionalita'  della  norma  impugnata,   cosi'   eventualmente
 avvalendosi del gratuito patrocinio.
   5.  - Precedentemente, con la sentenza n. 243 del 9-16 giugno 1994,
 la Corte aveva dichiarato non fondata la medesima  questione,  a  suo
 tempo sollevata dal pretore di Genova.
   Si  ritiene  tuttavia  di  reiterare  la sottoposizione della norma
 all'esame della Corte, rilevandosi che le innegabili pur se marginali
 differenze nel regime giuridico  dei  delitti  da  un  lato  e  delle
 contravvenzioni  dall'altro  -  delle  quali  l'unica di apprezzabile
 rilievo  appare  quella  riguardante  l'elemento  psicologico  -  non
 sembrano   poter   giustificare   quell'ampia   discrezionalita'  del
 legislatore  che  spiegherebbe  la  tutela  piu'  intensa  apprestata
 all'imputato per delitti rispetto a quella prevista per l'imputato di
 sole contravvenzioni.
   Non  si  vede  infatti  cosa  c'entri  la  disciplina dell'elemento
 psicologico con l'esigenza del non  abbiente  di  difendersi  da  una
 imputazione  che potra' - come non e' infrequente - essere sanzionata
 piu'  gravemente  di  un  delitto;  anzi,   proprio   la   disciplina
 dell'elemento  psicologico  puo'  a  volte  rendere piu' difficile la
 difesa  dell'imputato  di  reato  contravvenzionale,  rendendo   piu'
 intensa l'esigenza di disporre del patrocinio a spese dello Stato.
   Quanto   poi   alla   "gradualita'"  che  il  legislatore  potrebbe
 legittimamente seguire nell'attuazione dei precetti costituzionali  -
 e  che costituirebbe una seconda giustificazione del tenore del comma
 8, dell'art. 1 cit.   -,  si  osserva  che  e'  certamente  legittimo
 procedere   gradualmente,  ma  che  gradualita'  non  dovrebbe  poter
 significare disparita' di trattamento in attesa di fututre  eventuali
 equiparazioni.
   Con  riferimento  infine  alla riunione di procedimenti concernenti
 delitti e contravvenzioni, riesce difficile spiegarsi come  il  favor
 per  l'imputato  - che in questo caso potrebbe giovarsi dell'istituto
 in questione - possa giocare solo a favore di alcuni imputati  e  non
 di  altri,  e  per  di piu', di coloro che oltre alle contravvenzioni
 hanno  anche  commesso  dei  delitti:  l'aver  commesso  un   delitto
 costituirebbe  cioe'  -  secondo  la tesi sostenuta nella sentenza n.
 243/1994 - la causa che accrescerebbe l'intensita' del favor rei.