IL TRIBUNALE
   A scioglimento della riserva;
                            Osserva in fatto
   Toro  Quezana  Claudio  Horacio  veniva  condannato  dal pretore di
 Genova con sentenza in data 28 novembre 1995,  nella  sua  dichiarata
 contumacia,  dopo  notifica  del  decreto di citazione a giudizio con
 l'utilizzazione del c.d. rito per l'imputato irreperibile (artt.  159
 e  160  del c.p.p.), alla pena di mesi tre di arresto per il reato di
 cui all'art. 688 del c.p.
   Con provvedimento del 2 settembre 1996 la procura della  Repubblica
 presso  la  pretura  di  Genova,  constatato che il provvedimento era
 passato in giudicato, ordinava l'esecuzione della predetta sentenza.
   Con successivo provvedimento del 7 agosto 1998  la  procura,  preso
 atto  che  la  pena  comminata  non  risultava eseguita anteriormente
 all'entrata in vigore della legge n. 165/1998, che  aveva  introdotto
 un  nuovo  testo    dell'art.  656  del  c.p.p.,  emetteva decreto di
 sospensione  dell'ordine  di  esecuzione   ai   sensi   della   nuova
 disposizione  cosi' come modificata dalla legge citata e ne disponeva
 la consegna al destinatario.
   Tale decreto, cosi' come l'ordine di  esecuzione  del  2  settembre
 1996,  non  poteva  tuttavia  essere  notificato,  per la persistente
 inutilita' delle ricerche del Toro Quezana;
   Il p.m., preso atto che non era stato possibile consegnare gli atti
 all'interessato,  disponeva  nuove  ricerche   del   condannato,   ed
 espletava  tutte  le  formalita'  previste  dagli artt. 159 e 160 del
 c.p.p. per il caso di irreperibilita' poiche' il condannato  non  era
 stato  reperito  nonostante le ricerche compiute (v. atti compiuti in
 tal senso dal p.m. e le connesse indagini di polizia).
   A questo punto lo stesso p.m. instaurava procedimento di esecuzione
 chiedendo  in  via  principale  che  questo  giudice  dell'esecuzione
 disponesse,  in  via  principale,  con  interpretazione estensiva del
 comma 8 dell'art.  656 del c.p.p. nuovo testo, la revoca  dell'ordine
 di  sospensione  dell'ordine di esecuzione, con l'equiparazione della
 constatata  irreperibilita'   del   condannato,   dichiarata   previo
 espletamento   delle   forme   rituali,  alla  mancata  presentazione
 dell'istanza prevista dal medesimo comma 8 e, in  via  di  subordine,
 che venissse formulata, questione di costituzionalita' della norma da
 applicarsi:  si deve rilevare come la chiara disposizione della norma
 citata non puo' consentire l'accoglimento della richiesta  principale
 del p.m. (tra l'altro, incidendo la revoca del decreto di sospensione
 sulla  liberta'  personale  del  condannato,  si deve ritenere che la
 previsione di cui al comma 8 abbia carattere  tassativo),  mentre  la
 questione   posta   in   via   subordinata   appare   meritevole   di
 considerazione.
                           Rileva in diritto
   Il  p.m.  insta  affinche'  venga  sollevata  in  via   incidentale
 questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 656, comma 5, del
 c.p.p., nella parte in cui  impone  che  il  decreto  di  sospensione
 dell'esecuzione   della   pena   venga  consegnato  personalmente  al
 condannato,  senza  che  possa  aver  luogo  una  notificazione   con
 l'articolata  procedura di cui agli artt. 148 e seguenti del c.p.p. e
 senza consentire d'altra parte di revocare la  sospensione  a  fronte
 dell'irreperibilita'   del  condannato:  osserva  infatti  come  tale
 normativa  produca  una  palese  disparita'  di  trattamento  tra   i
 condannati che siano stati reperiti e quelli che invece si siano resi
 irreperibili,  non  ricevendo  materialmente  il provvedito del p.m.,
 sino  a  rendere  di  fatto  impossibile  l'esecuzione alla pena loro
 comminata.
   Mette inoltre in luce il fatto che, non prevedendo il comma 8 della
 disposizione citata alcun intervento del giudice  che  consenta,  nel
 rispetto del contraddittorio, la revoca dell'ordine di sospensione in
 casi  come  quello  in  esame,  non  e'  possibile l'esecuzione delle
 sentenze di condanna.
   Tali osservazioni appaiono condivisibili.
   La norma di cui al comma 5 dell'art.  656  del  c.p.p.,  nel  testo
 introdotto con l'art. 1, legge 27 maggio 1998, n. 165, sembra infatti
 violare la Costituzione sotto due distinti profili.
   Deve  in  primo  luogo  rilevarsi  una  disparita'  di  trattamento
 rispetto alla posizione dell'imputato per il  quale,  nonostante  nei
 suoi  confronti  sia  vigente  la  presunzione  costituzionale di non
 colpevolezza, viene prevista la procedura della  notificazione  cosi'
 come disciplinata dagli artt. 148 e seguenti, consentendo la notifica
 del  provvedimento, sia pure con modalita' particolari, anche qualora
 il    destinatario    risulti    irreperibile:    risulta    evidente
 l'irragionevole   disparita'   di   trattamento   tra   la  posizione
 dell'imputato, persona nei cui confronti si prevede il  principio  di
 non  colpevolezza,  e  quella  invece  di  colui  che  e'  gia' stato
 riconosciuto  responsabile  di  un  reato  attraverso  una   sentenza
 divenuta  ormai  esecutiva:  il  regime di notificazione previsto per
 l'imputato  risulta  essere  piu'  flessibile  e  in  concreto   meno
 garantito   di   quello   previsto   per  il  condannato,  nonostante
 l'operativita', nei confronti del primo,  della  presunzione  di  non
 colpevolezza.
   E  cio',  nel caso di specie, e' avvenuto: il Toro Quezada e' stato
 infatti  regolarmente  processato  e  condannato  dopo  notifica  del
 decreto  di  citazione con la forma prevista per gli irreperibili, il
 che ha consentito la sua dichiarazione di contumacia e  la  pronuncia
 della  sentenza,  nonche'  la  notifica dell'estratto contumaciale di
 quest'ultima.
   Nella medesima condizione di prima, il Toro Quezada,  questa  volta
 condannato  con  sentenza passata in  giudicato nelle forme di legge,
 non puo essere  destinatario  della  consegna  degli  atti,  per  cui
 l'esecuzione  della    condanna  e'  del tutto paralizzata e non puo'
 avvenire.
   In  secondo  luogo,  la  previsione  di  una   consegna   personale
 dell'ordine   di   sospensione   dell'esecuzione,   senza  consentire
 modalita' alternative, sembra risultare in contrasto anche con l'art.
 112 della Costituzione, in quanto di fatto  preclude  quell'attivita'
 del  p.m.  volta  a  dare  materiale  esecuzione  alle  sentenze, che
 costituisce parte integrante del suo obbligo di  esercitare  l'azione
 penale:  infatti  la  norma  in  esame  consente  che l'azione penale
 esercitata  con  successo  approdi  in  molti  casi,  e  proprio  nei
 confronti  dei  soggetti  meno  controllabili,  a  risultati soltanto
 virtuali.
   La normativa in questione non  risulta  neppure  interpretabile  in
 modo  tale  da  intendere  il  termine  "consegna"  quale sinonimo di
 "notificazione", rendendo  per  tale  via  applicabile  la  procedura
 prevista   per   la   notifica   ai  destinatari  irreperibili:  tale
 possibilita' risulta infatti preclusa sia dalla previsione  letterale
 della  normativa  introdotta  con legge n. 1651998, sia dalla lettura
 degli  atti  preparatori  del  disegno  di  legge,  dai quali risulta
 chiaramente l'intento del legislatore di imporre che  il  decreto  di
 sospensione venga consegnato personalmente al suo destinatario.
   Questo   giudice   ritiene  pertanto  che  la  norma  debba  essere
 sottoposta al vaglio di costituzionalita' con riferimento agli  artt.
 3, comma 1 e 112 della Costituzione.
   Per  quanto attiene al comma 8 del medesimo art. 656 del c.p.p.  si
 deve prendere atto che lo stesso non  prevede tra le cause di  revoca
 del   decreto   di  sospensione  ad  opera  del  p.m.  la  constatata
 irreperibilita' del condannato (e nemmeno, sia detto per  inciso,  lo
 stato  di  latitanza  del  condannato  stesso,  ove  questo sia stato
 dichiarato nella forma dovuta nel corso del processo), e che, come si
 e' detto, le sue previsioni di revoca del decreto di sospensione sono
 tassative con riguardo al fatto che si tratta  di  norma  che  incide
 sulla  liberta'  personale  del  condannato,  con  la conseguenza che
 l'esecuzione della sentenza diventa impossibile.
   Pertanto la  condizione  di  irreperibilita',  accerta  come  nella
 specie  con  il  rispetto degli artt. 159 e 160 del codice di rito (e
 anche, come si  e'  visto,  la  condizione  del  latitante)  viene  a
 costituire  un  privilegio  rispetto  alla  condizione  dei  soggetti
 condannati  e  radicati  nel  territorio  con  regolare  domicilio  o
 residenza,  per  lavoro o inserimento in un nucleo familiare, i quali
 possono essere agevolmente rintracciati  dalle  forze  di  polizia  e
 costretti   ad  attivare  le  procedure  presso  la  magistratura  di
 sorveglianza per poter evitare la carcerazione, per cui viene leso il
 principio di eguaglianza previsto dall'art.  3 della Costituzione.
   Deve  infine  rilevarsi  come  la  disciplina   complessiva   posta
 dall'art.   656, commi 5 e 8 del c.p.p.contrasta  con altro parametro
 costituzionale,  cioe'  con  l'art.  27,  comma  3  (principio  della
 funzione anche rieducativa
  della pena).
   Infatti,  consentendo  le  norme  predette al condannato di evitare
 contatti con le forze di  polizia  nella  fase    esecutiva,viene  ad
 essere  impedita  la funzione rieducativa della pena stessa, doverosa
 stante l'avvenuto accertamento di una violazione della legge  penale;
 inoltre,  viene  impedita la realizzazione delle altre funzioni della
 pena,  in  modo  che  quest'ultima  resta  un  accertamento  di  tipo
 virtuale, privo di qualsiasi efficacia nei confronti del condannato.
   La  questione,  oltre che non manifestamente infondata, nei termini
 sopra esposti, appare anche rilevante  ai  fini  della  procedura  di
 esecuzione nei confronti della persona sopra individuata,in quanto la
 norma   di   cui   si  chiede  la  valutazione  di  conformita'  alla
 Costituzione consente comunque al soggetto, di fatto irreperibile, di
 sottrarsi all'esecuzione del  provvedimento  nei  termini  e  con  le
 modalita'  sopra  descritte.  E, cio', nel mentre decorre il termine,
 nella specie minimo, di prescrizione della pena.