IL GIUDICE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza:
     premesso che con atto di  citazione  regolarmente  notificato  De
 Felice  Giuseppe  conveniva  in  giudizio il Ministero della sanita',
 esponendo quanto segue: nel marzo 1991 si era sottoposto a intervento
 di rivascolarizzazione miocardica nell'ospedale di Brescia; nel corso
 della  operazione  subiva  una  lesione alle regioni glutee dovute ad
 ustione da defibrillatore  elettrico;  a  seguito  di  detta  lesione
 stante   il   formarsi  di  un  ascesso  in  zona  sacro-occigea,  si
 sottoponeva  ad  intervento  per  la  rimozione  dell'ascesso  presso
 l'ospedale di Pisa Cisanello.
   In detta occasione gli venivano praticate trasfusioni di sangue.
   Dette   trasfusioni  provocavano  la  insorgenza  di  epatite  post
 trasfusionale, che lo costringeva anche all'abbandono della attivita'
 di spedizioniere doganale  marittimo.  Il  nesso  di  causalita'  tra
 trasfusione  e  danno, qualificato come epatite cronica HCV correlata
 con valori  enzimatici  notevolmente  aumentati  veniva  riconosciuta
 dalla CMO di Firenze, adito per il riconoscimento della indennita' di
 cui alla legge n.  210/1992.
   Si  ascriveva  la  infermita'  alla VII categoria tab. A del d.P.R.
 1981 n. 834. Il De Felice adiva con ricorso il CMO per la riforma del
 giudizio, ritenendo piu' grave il  pregiudizio  subito.  La  CMO  non
 accoglieva il ricorso.
   L'attore   evidenziava   la   illegittimita'  costituzionale  della
 quantificazione dell'indennizzo mediante il rinvio alla misura  della
 pensione  privilegiata  ordinaria  tabellare, senza alcun riferimento
 alla liquidazione del danno alla  persona  con  grave  affievolimento
 della  tutela  del  diritto  alla  salute  e  violazione dei principi
 costituzionali di cui agli artt. 2 e 38 Cost.
    Richiamava a sostegno della  propria  opinione  la  giurisprudenza
 della  Corte  costituzionale la quale aveva individuato la tutela del
 diritto alla salute  a  prescindere  dalla  ricorrenza  di  un  danno
 patrimoniale  e  ancor prima a prescindere dalla ricorribilita' nella
 fattispecie di un atto illecito.
   La ratio era individuabile nella necessita' di  ristoro  dei  danni
 statisticamente rari come i danni da vaccinazioni o da trasfusioni.
   L'avere  previsto  come  parametro  del  ristoro  la  misura  della
 pensione privilegiata si poneva in contrasto non solo con  l'art.  32
 Cost., ma anche con la stessa sentenza della Corte n. 307/1990 con la
 quale  era  stata riconosciuta la necessita' che l'indennizzo potesse
 qualificarsi come serio ristoro.
   Chiedeva quindi che venisse condannato il Ministero al pagamento di
 indennizzo  nella  misura  corrispondente  al  danno  indicato  nella
 perizia  di  parte  prodotta  (45%  di invalidita' permanente) o, ove
 ritenuta fondata  la  questione  di  costituzionalita'  nella  misura
 ritenuta di giustizia, al risarcimento del danno alla persona subito.
   Si  costituiva  il  Ministero  della  sanita'.  Nelle sue difese la
 amministrazione dello Stato rilevava che con la legge n. 210 del 1992
 il  legislatore  aveva  ancorato  l'indennizzo  alla   esistenza   di
 attivita'  non  imputabile  allo  Stato,  prevedendo una liquidazione
 equitativa che prescindeva dalla imputabilita' a titolo aquiliano del
 danno.
   Non si comprendeva pertanto a che  titolo  l'attore  doveva  essere
 condannato al pagamento di un danno ulteriore rispetto all'indennizzo
 di  cui  alla legge n. 210 del 1992. D'altra parte la liquidazione di
 un  danno  biologico  e  di  un  danno  patrimoniale  postulavano  la
 esistenza di una responsabilita' per colpa che nel caso di specie era
 del  tutto  assente.  Non era prevista inoltre la equiparabilita' tra
 l'indennizzo e il danno subito.
   Veniva disposta c.t.u. medico legale, che riconosceva un danno alla
 salute pari al 50% di invalidita' permanente.
   Questo  giudice ritiene non manifestamente infondata e rilevante la
 questione di costituzionalita' cosi'  come  prospettata  dalla  parte
 attrice,  relativamente  alla  misura dell'indennizzo quale stabilito
 dall'art. 2, legge n. 210/1992, in riferimento  agli  artt.  2  e  38
 Cost.
            Rilevanza della questione di costituzionalita'
   La  domanda  della  parte attrice, di liquidazione di un indennizzo
 che  tenga  conto  anche  del  danno  biologico  subito,  postula  la
 rilevanza  della  questione  relativa  alla quantificazione del danno
 liquidabile  con  l'indennizzo,  laddove  si  ritenga  vincolante  la
 indicazione del legislatore di cui all'art. 2, legge citata.
    Non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita'
   La  legge  n.  210  del  1992  prevede un indennizzo per coloro che
 subiscano danni da vaccinazioni o da emotrasfusioni.
   Le ipotesi dettate dal legislatore sono tra loro eterogenee:
     da una parte si prevede il danno da c.d. atto  lecito,  derivante
 da  una  attivita'  della  p.a., immune da censure di colpa che causa
 danni per i limiti oggettivi del sapere scientifico, danni  che  sono
 accettati   come   prezzo   per  una  maggiore  tutela  della  salute
 collettiva.  E' il caso del danno da vaccinazione obbligatoria;
     dall'altra si prevedono ipotesi di  attivita'  per  le  quali  si
 prescinde  da  una  valutazione  di liceita' o meno del comportamento
 della p.a.  per  munire  di  tutela  situazioni  che  presentano  una
 rilevante   difficolta'   probatoria,   tale  da  rendere  la  tutela
 praticamente impossibile.  E' il caso del  danno  da  emotrasfusioni.
 Per  tutte le dette ipotesi il legislatore ha ancorato l'indennizzo a
 tabelle dettate per le pensioni di personale militare.
   Tuttavia a tenore della lettura costituzionale della normativa,  la
 legge non impedisce la risarcibilita' del danno per l'intero in tutte
 le  sue  componenti  laddove  il  comportamento  della  p.a. assuma i
 requisiti dell'illecito aquiliano (sia ex art. 2043 del codice civile
 sia dove si ritenesse configurabile ex art. 2050 del codice  civile).
 In   tal   senso  Corte  costituzionale  1996  n.  118  la  quale  ha
 testualmente   affermato:   "...   ristoro    ...    dovuto    dunque
 indipendentemente  dal  risarcimento  in  senso  proprio  che  potra'
 eventualmente essere  richiesto  dall'interessato  ove  ricorrano  le
 condizioni previste dall'art.  2043 del codice civile ...".
   Nello  stesso  senso si e' espresso di recente il tribunale di Roma
 il quale ha escluso il rapporto di specialita' tra la  legge  n.  210
 del 1992 e la normativa generale in tema di illecito, desumendolo dal
 carattere  meramente  indennitario dell'indennizzo di cui alla citata
 legge.
   Si deve pertanto ritenere  insussistente  sotto  il  profilo  della
 disuguaglianza  del trattamento tra situazioni sostanziali uguali, la
 censura di  costituzionalita' dell'indennizzo previsto dall'art.    2
 legge  citata,  laddove  il  risarcimento dell'intero danno subito e'
 comunque garantito nel caso  di  accertamento  della  responsabilita'
 aquiliana della pubblica amministrazione.
   Permane viceversa la valutazione di incostituzionalita' della norma
 alla  luce  dei  parametri evidenziati della serieta' del ristoro che
 comunque deve rivestire l'indennizzo previsto dalla legge.
   Assume  l'attore  che  il  serio  ristoro implica la ricomprensione
 nella somma liquidata anche del danno alla salute. Deriva la  mancata
 ricomprensione   ditale   voce  di  danno,  dal  riferimento  per  la
 liquidazione in concreto  alle  pensioni  stabilite  per  i  militari
 danneggiati,  tabelle  riportate dall'allegato B della legge 1976, n.
 177 e successive modifiche, richiamato dall'art. 2, legge citata.
    Notoriamente l'indennizzo non puo'  e  non  deve  essere  pari  al
 risarcimento  del  danno,  essendo  le  funzioni svolte completamente
 diverse; dall'una parte  si  perseguono  finalita'  di  assistenza  e
 solidarieta'  sociale,  dall'altra la reintegrazione per equivalente.
 Viene comunque in rilievo il diverso plafond con cui si  affronta  il
 risarcimento  del  danno,  poiche'  nel caso dell'indennizzo lo Stato
 deve tenere conto della  generalita'  della  richiesta  e  dei  mezzi
 finanziari di cui dispone.
   Nonostante   tale   considerazione,  e'  stata  sottolineata  dalla
 dottrina  la  stranezza  della  previsione   di   liquidazione   ("il
 legislatore  del  1992 ha infatti stabilito la misura dell'indennizzo
 spettante  al  soggetto  danneggiato  agganciandolo  in  modo   assai
 bizzarro   a  quanto  stabilito  in  altro  precedente  provvedimento
 legislativo ... che riguarda i militari.
   Questo rinvio e' parso ai piu' assai discutibile: non sembra  avere
 molto  senso  trattare i malati di AIDS i danneggiati da vaccino e da
 emoderivati come i militari e i graduati sia il fatto di  operare  la
 classificazione  delle  lesioni  e  infermita' tramite un rinvio alla
 tabella per le pensioni di guerra").
   E' dato comunque dubitare della legittimita' della previsione, alla
 luce della considerazione svolta dalla Corte costituzionale 22 giugno
 1990, n. 307 a tenore della quale l'indennizzo deve  comunque  essere
 corrisposto  "...  nei  limiti di una liquidazione equitativa che pur
 tenga conto di tutte le componenti del danno stesso".
   Non vi e' dubbio che una delle componenti essenziale del danno  non
 patrimoniale,   ormai   ius  receptum  per  tutta  la  giurisprudenza
 italiana, deve essere individuata nel c.d. danno  biologico  o  danno
 alla salute.
   Si  deve  altresi'  rilevare  come  l'assegno di cui alla tabella B
 allegata legge n.  177/1976  non  sia  sicuramente  commisurato  alla
 lesione  subita intesa come danno alla salute: la tabella richiama un
 assegno agganciato allo stipendio del militare che  varia  a  seconda
 del  grado  di  appartenenza  e  della  categoria  cui  appartiene il
 danneggiato (come riconosciuta dalla CMO), con tecnica identica  alla
 valutazione  del  danno  patrimoniale da r.c.a. laddove l'entita' del
 danno  e'  comunque  commisurata  al  reddito  del  soggetto  e  alla
 incidenza della invalidita' sullo stesso.
   Manca  pertanto  la valutazione del danno biologico liquidabile una
 tantum seppure in via equitativa, per esempio  con  abbattimento  del
 danno  normalmente  liquidato  in  sede  di ordinaria responsabilita'
 civile. Nessuna  analisi  viene  infatti  compiuta  dalla  CMO  sulla
 incidenza della lesione sulla salute del soggetto come valutazione in
 percentuale di invalidita' permanente.
   La  necessita' che la attivita' lecita della p.a. comunque creativa
 di un danno per  il  privato  cittadino,  non  sia  irrisoria  e  sia
 comunque  collegata alla effettivita' del danno subito dal cittadino,
 emerge non solo dalla giurisprudenza della  Corte  nella  fattispecie
 che  ci  occupa  sopra  richiamata, ma anche nel non affine campo del
 diritto  di  proprieta',  laddove  la  Corte  ha piu' volte censurato
 l'indennizzo previsto dal legislatore proprio perche' non  serio  (il
 principio del c.d. equo indennizzo ricavabile dall'art. 42 Cost.).
   Cosi' Corte costituzionale, 16 giugno 1993, n. 283 ha avuto modo di
 ritenere  che  "l'indennita'  di  espropriazione,  giusta  i  vigenti
 principi costituzionali, non garantisce all'espropriato il diritto ad
 un'indennita' esattamente commisurata  al  valore  venale  del  bene;
 d'altra  parte  la  suindicata  indennita'  non puo' essere meramente
 simbolica ed irrisoria, ma deve essere congrua, seria, adeguata.
   L'indennita' di  espropriazione  puo'  essere  fissata  secondo  un
 criterio  "mediato",  che  sia comunque riferito al valore venale del
 bene;  il  difetto  di  riferimento  a  tale   valore   importa   una
 liquidazione  di  indennita'  del  tutto astratta in quanto sganciata
 dalle caratteristiche essenziali del bene ablato.
   Il  rischio  dell'"astrattezza"  del  criterio  di  quantificazione
 dell'indennita' di espropriazione e' evitato quando uno dei parametri
 che concorrono a tale quantificazione sia ancorato al valore venale.
   E'  dato  ritenere che se l'indennizzo deve essere serio e comunque
 ancorato al valore del bene  espropriato,  il  concetto  puo'  essere
 traslato  nel  disomogeneo  campo  del  diritto  alla salute, diritto
 fondamentale del cittadino a contenuto e  funzione  non  patrimoniale
 (diversamente dal diritto di proprieta').
   Ne' si deve ritenere possa ostare a tale ricostruzione la specifica
 previsione  dell'indennizzo contenuta nell'art. 42 della Costituzione
 assente nell'art. 38 della Costituzione, posto che  l'art.  38  della
 Costituzione  sancisce  in  via  generale  il diritto alla assistenza
 sociale e che laddove tale diritto  sia  concretizzato  in  forma  di
 legge  non  possa  prescindersi  da una sua valutazione in termini di
 serieta' coincidente con la sua effettiva esistenza.
   Ne'  questo  giudice  ritiene  di  potere  interpretare  la   legge
 direttamente  fornendo  una  lettura  costituzionalmente corretta. Vi
 osta il dettato normativo e  un  tasso  di  discrezionalita'  di  cui
 godrebbe  il  singolo  giudice  nel  caso concreto che il legislatore
 sicuramente non ha voluto e che contrasta con il principio di parita'
 di trattamento delle identiche situazioni.