IL TRIBUNALE Nella causa R.G.L. n. 2151/1997 promossa da: Zagni Adriano (avv. A. Olivieri) contro I.N.P.S. (avv. M.G. Lupoli) il giudice dott. Federico Governatori a scioglimento della riserva ha pronunciato la seguente ordinanza per la remissione di questione di legittimita' costituzionale alla Corte costituzionale. Svolgimento del processo 1. - Adriano Zagni ha chiamato in giudizio con ricorso del 1 luglio 1997 l'I.N.P.S., contro il quale ha formulato le domande di cui alle conclusioni che si trascrivono di seguito: "accertare e dichiarare il diritto del ricorrente ad effettuare il riscatto delle contribuzioni omesse per il periodo 14 agosto 1957-31 dicembre 1978; condannare l'I.N.P.S., Istituto nazionale per la previdenza sociale in persona del presidente pro-tempore alla costituzione della rendita vitalizia di cui all'art. 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338 subordinatamente al versamento della somma che sara' determinata". La difesa ha esposto che Adriano Zagni era stato collaboratore nell'azienda artigiana del padre Giuliano; per il periodo dal 14 agosto 1957 al 31 dicembre 1978 (esclusa la durata del servizio militare) non erano stati versati all'I.N.P.S. i contributi previdenziali dovuti per la sua collaborazione nella impresa. Adriano Zagni aveva presentato il 10 dicembre 1995 domanda all'I.N.P.S. per poter costituire la rendita vitalizia di cui all'art. 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, in relazione alle contribuzioni non pagate e oramai prescritte. L'I.N.P.S. aveva respinto la domanda con l'affermare che non potevano essere applicate alla domanda del collaboratore dell'artigiano le disposizioni dell'art. 13 della legge citata in quanto cio' non era espressamente previsto dalla legge. Il difensore del ricorrente ha sostenuto che la Corte costituzionale con la sentenza n. 18/1995 aveva dichiarato la illegittimita' della norma "nelle parti in cui esclude dal beneficio i collaboratori di imprese artigiane". 2. - L'I.N.P.S. ha sostenuto che la domanda non puo' essere accolta. La decisione della Corte costituzionale richiamata dalla difesa del ricorrente aveva dichiarato che non era fondata la questione della legittimita' costituzionale sollevata, in quanto, secondo la interpretazione logica - sistematica ed in senso costituzionale delle norme, resa esplicita dalla Corte, il collaboratore familiare dell'artigiano avrebbe il diritto ad ottenere la costituzione della rendita ai sensi della disposizione richiamata, nel quadro delle norme di rinvio della disciplina degli artigiani a quella dei lavoratori subordinati. La difesa dell'I.N.P.S. ha sostenuto che la sentenza della Corte costituzionale, in quanto decisione interpretativa di rigetto, non puo' stabilire con efficacia vincolante quale sia la estensione della disposizione in questione ne' dell'insieme delle norme che si riferiscono alla materia. La difesa ha sostenuto con una serie di deduzioni e di argomenti che le disposizioni dell'art. 13 della legge n. 1338/1962 non potevano essere interpretate nel senso della loro applicabilita' ai collaboratori familiari dell'artigiano. Motivi della decisione 3. - Il giudice intende sollevare d'ufficio la questione della legittimita' costituzionale dell'art. 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, nella parte in cui esclude che la rendita vitalizia prevista da tale norma per i lavoratori subordinati iscritti all'assicurazione generale obbligatoria possa essere domandata e riconosciuta anche ai familiari collaboratori di imprese artigiane, nel caso della omissione nel pagamento dei contributi da parte dei soggetti obbligati nei loro confronti. La rilevanza della questione 4.1. - Il giudice considera la questione rilevante ai fini della decisione della controversia, in quanto aderisce alle tesi sostenute dalla difesa dell'I.N.P.S. e intende percio' respingere la domanda proposta, ove non venga accolta la questione di legittimita' sollevata. 4.2. - La difesa dell'I.N.P.S. si e' dilungata anche in questo caso sul problema della efficacia non direttamente vincolante delle sentenze c.d. interpretative di rigetto della Corte costituzionale; ha anche sostenuto che "il legislatore" era stato per oltre trent'anni ed era tuttora contrario alla cd. "estendibilita' automatica della disciplina ex art. 13 della legge n. 1338/1962" ai lavoratori delle imprese artigiane, nel caso di omissione della contribuzione previdenziale dovuta. Tale fatto aveva trovato conferma, tra l'altro, anche in leggi formali recenti. Infatti, nonostante la oltre trentennale prassi applicativa della legge in questo senso da parte dell'I.N.P.S., recenti norme avevano esteso espressamente ad altre categorie di lavoratori autonomi, quali ad esempio i coltivatori diretti, la possibilita' di "riscattare" periodi di omissione contributiva, ma non avevano menzionato in proposito la categoria dei lavoratori coadiuvanti familiari di imprese artigiane, sebbene che da anni fossero state anche sollevate e decise dalla Corte costituzionale questioni e controversie che presentavano identici o analoghi problemi di interpretazione e di legittimita' costituzionale della normativa sulla materia. 4.3. - Il difensore del ricorrente ha mostrato la propria stupefatta meraviglia rispetto a tale comportamento difensivo deIl'I.N.P.S., e si e' limitato a richiamare la citata sentenza della Corte costituzionale. 4.4. - Nella situazione data il giudice non si sottrae all'obbligo di interpretare le norme secondo i criteri e i principi della Costituzione e di risolvere in tale senso la controversia. Nel caso si ripresenta una situazione ripetutamente conosciuta dal giudice negli ultimi dieci anni, in migliaia di controversie previdenziali. L'I.N.P.S. (con i propri organi di patrocinio in giudizio) usa lecitamente la "autonomia" di valutazione dei propri interessi e della posizione di debitore di prestazioni prevalentemente pensionistiche (ma anche quella di debitore di contribuzioni indebite) nei confronti di particolari situazioni e di categorie di assicurati e di pensionati, per resistere in giudizio con esasperate tecniche giudiziarie di difesa, (talvolta caratterizzate da un accentuato formalismo giuridico), in tutti i gradi del processo, fino al passaggio in giudicato delle sentenze, nei casi in cui addirittura cio' non sia impedito o ritardato da interventi legislativi, che nel tempo e nei fatti sono apparsi al di fuori della legalita' costituzionale, come e' avvenuto con la reiterazione per anni di decreti-leggi che avevano di fatto soppresso alcuni diritti soggettivi fatti valere contro l'I.N.P.S. La situazione descritta si e' e protratta e persiste, anche grazie alla rilevanza attribuita ai massimi livelli delle istituzioni dello Stato e dai mezzi di comuincazione e di informazione di massa, al passivo economico e finanziario riscontrato nella contabilita' dell'I.N.P.S., nell'ambito della contabilita' allargata dello Stato, come ragione giustificatrice e di legittimazione di questa particolare anomalia nel settore della previdenza. In questo contesto, rispetto alla normativa vigente, (che comprende anche le decisioni di accoglimento di questioni di legittimita' della Corte costituzionale), si giudica che la domanda del ricorrente debba essere respinta, ove non venga decisa con l'accoglimento la questione di legittimita'. Per queste ragioni, con il preannunciato rigetto della domanda, e' rilevante la questione ai fini della decisione della controversia. La non manifesta infondatezza 5.1. - La questione non e' manifestamente infondata. 5.2. - L'art. 13 della legge n. 1338/1962, per l'origine e per la sua formulazione letterale e logica, per il contesto in cui venne inserito, per la operativita' pratica che ha avuto per trent'anni, riguarda esclusivamente i lavoratori subordinati iscritti all'assicurazione generale obbligatoria, come e' stato affermato dalla difesa dell'I.N.P.S. La norma e' applicabile anche alle altre categorie professionali di assicurati, cui le norme l'hanno estesa espressamente, a seguito del processo in atto di tendenziale armonizzazione o di uniformita' nella disciplina del sistema previdenziale. 5.3. - La affermata e sin qui praticata esclusione della applicazione della norma ai collaboratori familiari dell'imprenditore artigiano costituisce - a criterio del giudice - una differenza di trattamento che non sembra trovare sufficienti giutificazioni, sotto il profilo della razionalita' normativa, alla luce del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione e delle norme dell'art. 38 della Costituzione, nelle differenze di sostanza e di regolamentazione del regime previdenziale delle imprese artigiane rispetto a quello dei lavoratori dipendenti. I coadiuvanti dell'impresa artigiana, anche se appartenenti alla famiglia dell'imprenditore, hanno un rapporto assimilabile sotto molti aspetti a quello del lavoratore subordinato. Naturalmente spetta alla Corte costituzionale di valutare se esista e sia fondata la questione sinteticamente esposta.