ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio per  conflitto  di  attribuzione  sorto  a  seguito  del
 decreto  del  20  dicembre  1996,  emesso dal giudice per le indagini
 preliminari del tribunale di Venezia, che ha disposto il giudizio nei
 confronti del consigliere regionale Michele Boato  per  il  reato  di
 diffamazione  aggravata a mezzo stampa, a seguito della pubblicazione
 di  un  articolo  connesso  ad  una  interpellanza   riguardante   la
 valutazione del fenomeno della subsidenza nella laguna di Venezia, in
 relazione   all'estrazione  di  metano  da  parte  dell'AGIP  S.p.a.,
 promosso con ricorso della Regione Veneto, notificato il 27  dicembre
 1997, depositato in Cancelleria il 31 successivo ed iscritto al n. 64
 del registro conflitti 1997;
   Udito  nell'udienza  pubblica del 6 luglio 1999 il giudice relatore
 Massimo Vari;
   Uditi gli Avvocati Mario Bertolissi e Luigi Manzi  per  la  Regione
 Veneto.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la Regione
 Veneto ha impugnato, per regolamento di  competenza,  il  decreto  20
 dicembre  1996,  con  il quale il giudice per le indagini preliminari
 del tribunale di Venezia ha disposto il giudizio  nei  confronti  del
 consigliere   regionale   Michele   Boato,   imputato  del  reato  di
 diffamazione aggravata a mezzo stampa (art.  595,  terzo  comma,  del
 codice penale).
   Espone  la  Regione  ricorrente che i consiglieri regionali Boato e
 Cacciari, in data 28 giugno 1995, avevano presentato un'interpellanza
 - avente ad oggetto:  "Esperti  super  partes  per  salvare  Venezia,
 Chioggia  ed  il  delta  del  Po  dalla  subsidenza  irreparabile"  -
 concernente la valutazione del fenomeno della subsidenza nella laguna
 di Venezia, in relazione all'estrazione di metano da parte  dell'AGIP
 S.p.a.
   L'interpellanza   faceva   riferimento   ai  possibili  componenti,
 indicati  dal  Ministro  dell'ambiente,  dell'istituenda  Commissione
 incaricata di effettuare la predetta valutazione, operando, ad avviso
 della  ricorrente,  uno  "stretto  collegamento tra l'imprescindibile
 imparzialita'   degli   esperti    chiamati    a    pronunciarsi    e
 l'irreparabilita' dei danni" che ne sarebbero potuti seguire, ove gli
 accertamenti   fossero   stati   inadeguati  al  caso;  con  essa  si
 sottolineava,  quindi,  la  necessita'  che  la   Commissione   fosse
 "composta  da  geologi  esperti sul fenomeno della subsidenza e super
 partes (che non abbiano avuto alcun rapporto di lavoro con l'AGIP)".
   Successivamente - prosegue il ricorso - "in una linea  di  assoluta
 continuita'   con  una  simile  formale  ed  istituzionale  presa  di
 posizione", il consigliere Boato stilava un testo  -  pubblicato  sul
 quotidiano  "Il  Gazzettino" del 20 gennaio 1996 - dal titolo "Quegli
 esperti sono troppo amici dell'AGIP". Ivi dava  conto,  tra  l'altro,
 della  rilevanza  ambientale  dell'argomento;  della  nomina  di  una
 commissione  di  esperti  per   valutare   l'impatto   dell'eventuale
 estrazione   di   metano  al  largo  di  Venezia  e  Chioggia;  della
 circostanza che i Consigli provinciale e comunale di Venezia  avevano
 avanzato riserve in proposito, anche perche' era stato chiamato a far
 parte  dell'organo  collegiale "un solo geologo", mentre i componenti
 erano "in gran parte di lunga consuetudine di lavoro per  l'AGIP:  e,
 proprio questo, Boato riteneva non confacente al caso".
   Essendo  stata  presentata  dagli  esperti  nominati  nello scritto
 querela per il reato di diffamazione aggravata  a  mezzo  stampa,  il
 giudice   per  le  indagini  preliminari  del  tribunale  di  Venezia
 disponeva il rinvio a  giudizio  del  consigliere  regionale  Michele
 Boato.
   2.  - La Regione ricorrente sostiene che la descritta vicenda viene
 a configurare, sul piano strettamente oggettivo, della  articolazione
 temporale  degli  eventi  e  della loro connessione causale, "la piu'
 classica  delle  violazioni"  dell'art.  122,  quarto  comma,   della
 Costituzione.
   Nel  richiamare  la  giurisprudenza costituzionale in argomento, la
 Regione Veneto rileva che "l'interpellanza ed il  successivo  scritto
 presentati  dal  consigliere  Boato" - non concretizzando "quel fatto
 materiale"   che   esclude   l'operativita'   della   guarentigia   -
 "individuano  uno  dei  modi  secondo cui si estrinseca, in forma non
 legislativa, la funzione di indirizzo politico  e  di  controllo  del
 Consiglio sulla Giunta regionale".
   Ritiene,  inoltre,  la ricorrente che, "attraverso la lesione delle
 prerogative   stabilite   dall'art.   122,   quarto   comma,    della
 Costituzione,   sono   state  violate  ulteriori  disposizioni  della
 Costituzione: quelle degli artt. 121  e  123,  poiche'  l'alterazione
 delle  attribuzioni accordate dalla legge fondamentale al consigliere
 regionale che esprime opinioni e da' voti  si  riverbera  sull'intera
 organizzazione  dell'ente  e  sull'esercizio delle relative funzioni,
 entrambi costituzionalmente protetti".
   La Regione Veneto chiede, percio', che venga  dichiarato  "che  non
 spetta   allo  Stato  (e,  per  esso,  al  giudice  per  le  indagini
 preliminari del tribunale di Venezia) emettere decreti che dispongono
 il giudizio (ex art.  429  del  codice  di  procedura  penale),  atti
 finalizzati  all'accertamento di responsabilita' penali riconducibili
 all'area  di  operativita'  dell'art.  122,   quarto   comma,   della
 Costituzione   e,   suo   tramite,   degli  artt.  121  e  123  della
 Costituzione". Chiede, altresi', che  la  Corte  annulli  il  decreto
 emesso il 20 dicembre 1996 dal predetto giudice.
   3.   -   Con   memoria   illustrativa   depositata  in  prossimita'
 dell'udienza, la Regione Veneto ha insistito per  l'accoglimento  del
 ricorso,  ribadendo - in linea con le considerazioni svolte nell'atto
 di promovimento del   giudizio e attraverso il  richiamo  della  piu'
 recente  giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 382 e n. 289  del
 1998) - la sussistenza di  "un  evidente  nesso  funzionale"  tra  la
 "manifestazione  di  pensiero  politico  delineata"  dal  consigliere
 regionale Boato, con lo scritto pubblicato il  20  gennaio  1996  sul
 quotidiano "Il Gazzettino" e  la precedente interpellanza, presentata
 il 28 giugno 1995.
                         Considerato in diritto
   1.  -  La  Regione  Veneto  solleva  conflitto  di attribuzione nei
 confronti dello Stato, in relazione al decreto 20 dicembre 1996,  con
 il  quale  il  giudice  per  le indagini preliminari del tribunale di
 Venezia  ha  disposto  il  giudizio  nei  confronti  del  consigliere
 regionale  Michele  Boato,  per  il reato di diffamazione aggravata a
 mezzo stampa (art.   595, terzo  comma,  del  codice  penale);  fatto
 consistito,  secondo  quanto  e'  dato  desumere  dagli  atti,  nelle
 espressioni usate, in  uno  scritto  pubblicato  sul  quotidiano  "Il
 Gazzettino"  del  20  gennaio 1996, nei confronti di coloro che erano
 stati chiamati a far parte di una commissione incaricata di  valutare
 il fenomeno della subsidenza nella laguna di Venezia.
   Ritiene la ricorrente che detto atto sia invasivo delle prerogative
 garantite  ai  componenti  del  Consiglio    regionale dall'art. 122,
 quarto comma, della Costituzione,  nonche',  in  via  mediata,  delle
 attribuzioni  regionali  in  materia  di organizzazione e di funzioni
 degli organi, riconosciute dagli artt. 121 e 123 della  Costituzione.
 Cio'  in  quanto  il  fatto  per  il  quale si procede penalmente nei
 confronti  del  predetto  consigliere  regionale  si  porrebbe     in
 "connessione   causale"  con  le  funzioni  esercitate  dal  medesimo
 attraverso una interpellanza, che in precedenza (il 28  giugno  1995)
 egli  aveva presentato, unitamente ad altro consigliere, sul fenomeno
 della subsidenza   nella laguna di  Venezia  e  sui  criteri  che  si
 sarebbero  dovuti  seguire  nella  scelta  degli  esperti  chiamati a
 valutare il fenomeno stesso.
   2. - Il ricorso e' fondato.
   L'art.  122,  quarto  comma,  della  Costituzione,  dispone  che  i
 consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere per le
 opinioni espresse ed i voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.
   Secondo  la  giurisprudenza   costituzionale,   tale   esonero   da
 responsabilita',    posto    a    salvaguardia    dell'autonomia    e
 dell'indipendenza   costituzionalmente   riservate    al    Consiglio
 regionale,  ricomprende  tutte  quelle  attivita'  che  costituiscono
 esplicazione  sia  di  una  funzione  consiliare  tipica,  sia  delle
 attribuzioni  direttamente  affidate  a  detto  organo  dalla  stessa
 Costituzione o dalle altre  fonti  normative  cui  la  prima  rinvia.
 Altrettanto  indubbio e', secondo la giurisprudenza, che fra gli atti
 tipici, vanno annoverate le interrogazioni  e  le  interpellanze,  in
 quanto   strumentali   al  sindacato  esercitato  dal  Consiglio  nei
 confronti della Giunta (sentenza n. 274 del 1995).
   Come, peraltro, questa Corte ha avuto occasione di  precisare,  sia
 pure  con  riguardo  all'analoga  guarentigia  prevista dall'art. 68,
 primo  comma,  della  Costituzione,  per  i  membri  del  Parlamento,
 l'immunita'  in parola si estende anche a quei comportamenti che, pur
 non  rientrando  fra  gli  atti  tipici,  siano  collegati  da  nesso
 funzionale  con l'esercizio delle attribuzioni proprie dell'organo di
 appartenenza (sentenze n. 329 del 1999 e n. 289 del  1998).  Onde  va
 ritenuta  ricompresa nella guarentigia la riproduzione all'esterno di
 interpellanze o interrogazioni (v. la gia' menzionata sentenza n. 274
 del 1995).
   Alla luce di siffatto criterio e'  innegabile  la  sussistenza  del
 cennato   nesso   funzionale,  dal  momento  che  le  opinioni  e  le
 valutazioni manifestate dall'interessato sulla stampa non fanno altro
 che riprodurre, sostanzialmente, il  contenuto  dell'interpellanza  a
 suo tempo presentata.