ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 5-bis comma
 7-bis, del d.-l. 11 luglio  1992,  n.  333  (Misure  urgenti  per  il
 risanamento  della  finanza  pubblica),  convertito in legge 8 agosto
 1992, n. 359, promossi con ordinanze emesse  il  13  febbraio  (n.  2
 ordinanze)  e  l'11 marzo 1998 dal tribunale di Potenza, il 9 gennaio
 1998 e il 21 novembre 1997 dal tribunale  di  Busto  Arsizio,  il  19
 marzo 1998 dal tribunale di Udine e il 2 giugno 1997 dal tribunale di
 Perugia, rispettivamente iscritte ai nn. 593, 594, 595, 637, 638, 693
 e  727  del  registro  ordinanze  1998  e  pubblicate  nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica nn. 36, 38, 40 e 41, prima serie speciale,
 dell'anno 1998;
   Visti gli atti di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  25 maggio 1999 il giudice
 relatore Riccardo Chieppa;
                                Ritenuto
     che, con tre ordinanze di identico  contenuto,  due  delle  quali
 emesse  in  data  13 febbraio 1998, l'altra l'11 marzo 1998 (r.o. nn.
 593, 594, e 595 del 1998),  nel  corso  di  altrettanti  procedimenti
 civili   aventi   ad  oggetto  il  risarcimento  dei  danni  da  c.d.
 occupazione appropriativa,  il  tribunale  di  Potenza  ha  sollevato
 questione  di  legittimita' costituzionale dell'art.5-bis comma 7-bis
 della legge 8 agosto 1992, n. 359 (recte: del d.-l. 11  luglio  1992,
 n.  333,  recante  "Misure  urgenti  per il risanamento della finanza
 pubblica", convertito, con modificazioni, nella detta  legge  n.  359
 del  1992), introdotto dall'art. 3, comma 65, della legge 23 dicembre
 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica);
     che, ad avviso del giudice a quo sarebbe irragionevole, pur nella
 nuova misura prevista  dalla  norma  in  questione  a  seguito  della
 sentenza  della  Corte  costituzionale  n.  369  del 1996, per il suo
 carattere irrisorio, il quantum del risarcimento,  nelle  ipotesi  di
 occupazione illegittima della p.a., rispetto al ristoro integrale del
 danno,  donde  il contrasto con gli artt. 3, primo comma, 42, secondo
 comma, e 97, primo comma, della Costituzione;
     che, sotto altro profilo,  la  norma  denunciata,  unificando  il
 parametro  assunto  ai  fini  della  determinazione  del risarcimento
 dovuto in tutti i casi di occupazione acquisitiva, determinerebbe una
 irragionevole disparita' di trattamento tra le ipotesi di  accessione
 invertita  di  suoli  agricoli  o  non edificabili, rispetto ai quali
 l'indennizzo verrebbe commisurato, ai sensi  del  comma  4  dell'art.
 5-bis  sulla  base  del  valore agricolo medio, e, quindi, secondo un
 criterio prossimo a quello venale, e le altre, quelle cioe', in  cui,
 in   applicazione  della  norma  di  cui  all'impugnato  comma  7-bis
 l'ammontare verrebbe ad essere quantificato ad un livello inferiore;
     che nei  giudizi  introdotti  con  le  ordinanze  di  cui  si  e'
 riferito,  e'  intervenuto  il Presidente del Consiglio dei Ministri,
 con il  patrocinio  dell'Avvocatura  generale  dello  Stato,  che  ha
 preliminarmente   eccepito   la   inammissibilita'   delle  questioni
 sollevate,  osservando  che l'assenza, nelle ordinanze di rimessione,
 di qualsiasi cenno alla natura delle aree della  cui  occupazione  si
 tratta  non consentirebbe la verifica della rilevanza delle questioni
 stesse nei giudizi a quibus;  e,  nel  merito,  ha  concluso  per  la
 infondatezza  escludendo  il carattere irrisorio della differenza del
 quantum risarcitorio rispetto a quello relativo  alla  indennita'  di
 esproprio;
     che la medesima questione e' stata sollevata, in riferimento agli
 artt.  3,  primo  comma, e 42, secondo comma, della Costituzione, con
 due ordinanze del tribunale di Busto Arsizio, la  prima  delle  quali
 emessa  il 21 novembre 1997, e pervenuta alla Corte il 14 agosto 1998
 (r.o. n. 638 del 1998), l'altra il 9  gennaio  1998,  pervenuta  alla
 Corte  il  16  settembre 1998 (r.o. n. 727 del 1998), con le quali il
 Collegio  rimettente  ha  posto   in   evidenza   la   ingiustificata
 parificazione  che  si  verrebbe  a  creare tra i proprietari di beni
 legittimamente espropriati e quelli che vengono illecitamente privati
 di beni per effetto di  accessione  invertita,  il  cui  diritto  non
 sarebbe adeguatamente tutelato;
     che  anche il tribunale di Udine, con ordinanza del 19 marzo 1998
 (r.o. n. 693 del 1998), ha impugnato la stessa norma  in  riferimento
 agli  artt.  3 e 42 della Costituzione, con argomentazioni analoghe a
 quelle gia' riferite  con  riguardo  alle  altre  ordinanze,  cui  ha
 aggiunto  il  rilievo  relativo  alla  lamentata irragionevolezza del
 discrimine temporale, fissato  nella  normativa  denunciata,  tra  le
 occupazioni  acquisitive anteriori al 30 settembre 1996, per le quali
 valgono i criteri di liquidazione del danno introdotti con  il  comma
 7-bis dell'art. 5-bis e quelle successive a tale data, che sarebbero,
 invece, soggette al risarcimento integrale del danno;
     che  nel  giudizio  introdotto  con  la ordinanza r.o. n. 693 del
 1988, e'  intervenuto  il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,
 rappresentato  e  difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha
 concluso per la infondatezza della questione;
     che il tribunale di Perugia, con ordinanza  del  2  giugno  1997,
 pervenuta  alla Corte il 16 settembre 1998 (r.o. n. 727 del 1998), ha
 denunciato, per contrasto con gli artt. 3, primo comma, e 42, secondo
 comma,  della Costituzione, il predetto comma  7-bis  osservando  che
 esso  riproduce  quasi integralmente il contenuto  della disposizione
 gia' dichiarata costituzionalmente illegittima con la citata sentenza
 della Corte costituzionale n. 369 del 1996;
     che anche in tale giudizio ha spiegato intervento  il  Presidente
 del   Consiglio  dei  Ministri,  con  il  patrocinio  dell'Avvocatura
 generale  dello   Stato,   che   ha   preliminarmente   eccepito   la
 inammissibilita'   della  questione  per  difetto  di  rilevanza  nel
 giudizio a quo nel quale si verte sulla  occupazione  illegittima  di
 aree  non  edificabili,  mentre la norma in esame sarebbe applicabile
 solo  alle  aree  edificabili;  nel  merito,  ha  concluso   per   la
 infondatezza.
   Considerato   che,  avendo  ad  oggetto  le  diverse  ordinanze  di
 rimessione identiche questioni, i relativi giudizi vanno riuniti  per
 essere decisi congiuntamente.
   Considerato  preliminarmente,  che le eccezioni di inammissibilita'
 dedotte dall'Avvocatura generale  dello  Stato  in  riferimento  alle
 ordinanze  r.o.  nn.  593,  594,  595  e  727 del 1998, sono prive di
 fondamento, in quanto  le  ordinanze  di  rimessione  contengono  una
 motivazione   non   implausibile   sulla   rilevanza  delle  relative
 questioni;
     che identiche questioni di legittimita' costituzionale sono state
 gia' dichiarate non fondate dalla Corte con la sentenza  n.  148  del
 1999  e che non sono stati addotti motivi nuovi e diversi che possano
 indurre la Corte a modificare il proprio orientamento;
     che le questioni sollevate devono  essere,  pertanto,  dichiarate
 manifestamente infondate.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.