IL TRIBUNALE
   A scioglimento della riserva che precede;
   Il collegio osserva quanto segue.
   1.1.   -   Con  ricorso  depositato  il  18  settembre  1995  nella
 cancelleria della  pretura  di  Bologna  il  sig.  Montella  Saverio,
 titolare  dal  1  settembre  1985  di  pensione  di vecchiaia Inps ha
 convenuto in giudizio l'istituto assicuratore, lamentando;
     che la propria pensione era stata calcolata  originariamente  con
 il sistema del cosiddetto "tetto pensionabile";
     che successivamente a questa liquidazione il sistema in questione
 era stato mitigato dall'art. 21 della legge 11 marzo 1988, n. 67, poi
 interpretato dall'art. 3 della legge 20 maggio 1988, n. 160;
     che  la  Corte costituzionale era stata investita della questione
 della legittimita' costituzionale di queste norme in  relazione  alla
 loro pretesa inapplicabilita' alle pensioni liquidate prima del primo
 gennaio  1988,  ed  aveva  dichiarato,  con  sentenza n. 72 del 20-22
 febbraio 1990 non fondate le questioni sottoposte al  suo  esame,  ma
 aveva  chiarito  che  il  nuovo sistema di computo della retribuzione
 annua pensionabile superiore  al  "tetto"  si  riferiva  "anche  alle
 pensioni liquidate successivamente al 1 gennaio 1988";
     che  l'istituto  assicuratore si era adeguato all'interpretazione
 della Corte ed aveva disposto, con circolare del 30 novembre 1990, n.
 254 (che richiamava la deliberazione del consiglio di amministrazione
 n. 27 dell'8 giugno 1990), che la valutazione ai  fini  pensionistici
 delle  quote  di retribuzione eccedenti il "tetto" venisse effettuata
 anche per le pensioni che avevano decorrenza anteriore al  1  gennaio
 1988.
     che   l'istituto   aveva   riliquidato   anche  la  pensione  del
 ricorrente, ma in maniera erronea, in quanto aveva omesso di imputare
 l'aumento sulla pensione fin dalla data  della  sua  decorrenza  (nel
 caso  dal  1  settembre  1985)  e  di assoggettarla alla perequazione
 automatica  relativa  al  tempo  intercorrente   fra   la   data   di
 liquidazione  e quella di decorrenza dei benefici economici derivanti
 dall'applicazione dell'art. 21 della legge n. 67 del 1988.
   Il ricorrente chiedeva percio' che l'Inps fosse dichiarato  tenuto,
 e  condannato,  a  riliquidargli  la pensione di vecchiaia di cui era
 titolare "con l'aumento dato dal ricalcolo della  retribuzione  media
 settimanale ex art. 21, legge n. 67/1988 da imputare sin dall'origine
 sulla   pensione  e  rivalutato",  e  percio'  a  corrispondergli  le
 differenze relative, con interessi e rivalutazione monetaria.
   1.2.  -  Si  costituiva  l'Inps  contrastando le richieste del sig.
 Montella e chiedendo che fossero respinte perche' infondate.
   Dopo  avere  istruito  la  causa  tramite  una  consulenza  tecnica
 contabile,  il  pretore,  con  sentenza in data 20 maggio-2 settembre
 1996, accoglieva la domanda  del  sig.  Montella  e,  per  l'effetto,
 condannava  l'istituto assicuratore ad erogargli la somma complessiva
 di L. 5.006.732, comprensiva della rivalutazione  monetaria  e  degli
 interessi legali fino al 7 maggio 1996 sull'importo (di L. 2.962.420)
 riconosciuto in linea capitale.
   Ha  impugnato  l'Inps,  con  ricorso  in  appello  depositato il 15
 ottobre 1996 nella cancelleria del tribunale di Bologna,  contestando
 la  sentenza, e chiedendo che fosse integralmente riformata, e che la
 pretesa del sig. Montella fosse dichiarata  totalmente  infondata  in
 fatto ed in diritto.
   Si  costituiva  l'appellato  sig.  Montella Saverio, con memoria di
 costituzione  e  difesa,  nella  quale  ribadiva  le  proprie   tesi,
 contrastando l'impugnazione, e chiedendone il rigetto.
   In  corso  di  causa  il  collegio  invitava  le  parti  a trattare
 specificamente le questioni di costituzionalita' non ancora sollevate
 dinanzi  alla  Corte,  e,  al  termine  di  un'apposita   discussione
 preliminare, tratteneva la causa in riserva.
   2.1.  - Come e' noto, nel sistema di liquidazione in vigore fino al
 1988  nell'assicurazione  generale  obbligatoria  gestita   dall'Inps
 esisteva   un   limite   massimo  di  retribuzione  pensionabile,  il
 cosiddetto  "tetto"   pensionabile,   per   la   determinazione   dei
 trattamenti pensionistici.
   La  parte  di  retribuzione effettiva superiore a questo limite non
 concorreva  al  calcolo  della  pensione  (ancorche'   i   contributi
 venissero versati sull'intera retribuzione, senza limiti specifici).
   Con  la  legge  n.  67  dell'11 marzo 1988, questo sistema e' stato
 modificato.
   Il sesto comma dell'art. 21 dispone, infatti, a  questo  proposito,
 che  "a  decorrere  dall'1  gennaio 1988 ai fini della determinazione
 della misura delle  pensioni  a  carico  dell'assicurazione  generale
 obbligatoria  per  l'invalidita',  la  vecchiaia  ed i superstiti dei
 lavoratori dipendenti, la retribuzione imponiblle eccedente il limite
 massimo   di   retribuzione   annua   pensionabile    previsto    per
 l'assicurazione  predetta  e'  computata  secondo  le aliquote di cui
 all'allegata tabella.  La quota di pensione cosi' calcolata si  somma
 alla  pensione  determinata  in  base  al  limite  massimo suddetto e
 diviene, a tutti gIi effetti, parte integrante di essa".
   Il pratica soltanto la quota parte di retribuzione pensionabile che
 rientrava nel limite usufruiva del rendimento  pieno  previsto  dalla
 legge,  le  quote  parti  che  superavano quel limite erano soggette,
 invece, a rendimenti minori, progressivamente decrescenti, secondo le
 aliquote riportate appunto nella tabella.
   Questa norma e' stata interpretata dall'art. 3.  comma  2-bis,  del
 d.-l.  21  marzo  1988, n. 86, convertito in legge 20 maggio 1988, n.
 160, che stabilisce - nella parte che interessa in questa sede -  che
 "l'art.  21 della legge 11 marzo 1988, n. 67, si interpreta nel senso
 che la retribuzione  pensionabile  va  calcolata  sulla  media  delle
 retribuzioni   imponibili   e   pensionabili,   rivalutate   a  norma
 dell'undicesimo comma dell'art. 3 della legge 29 marzo 1982, n.  297,
 e relative alle ultime duecentosessanta settimane di contribuzione".
   La   disposizione  cosi'  richiamata,  appunto  l'undicesimo  comma
 dell'art.  3 della legge n. 297 del 1982, prevede,  infine,  che  "la
 retribuzione  media  settimanale  determinata per ciascun anno solare
 ...  e'  rivalutata  in   misura   corrispondente   alla   variazione
 dell'indice  annuo  del costo della vita calcolato dall'ISTAT ai fini
 della scala mobile dei lavoratori dell'industria, tra  l'anno  solare
 cui  la  retribuzione  si riferisce e quello precedente la decorrenza
 della pensione".
   2.2. - In sintesi, e semplificando, per determinare il  trattamento
 spettante  ad  un  pensionato  in base alla normativa sopra riportata
 occorre procedere a queste operazioni:
     a) si assumono  come  riferimento  le  ultime  260  settimane  di
 contribuzione  (in  pratica,  se  non vi sono state interruzioni, gli
 ultimi cinque anni) antecedenti il pensionamento;
     b) si calcola la retribuzione media settimanale, vale a  dire  il
 valore  medio  delle  retribuzioni  settimanali ricomprese in ciascun
 anno solare;
     c) si rivaluta ciascuna di queste retribuzioni medie settimanali,
 anno per anno, in misura corrispondente all'indice  ISTAT  del  costo
 della  vita  riferito  alla differenza tra l'anno cui si riferisce la
 retribuzione   stessa   e   quello   immediatamente   anteriore    al
 pensionamento;
     d)  si  sommano  i dati cosi' ottenuti, e se ne fa una media, per
 ottenere la retribuzione pensionabile annua;
     e) la retribuzione pensionabile cosi' ottenuta viene moltiplicata
 per gli indici di rendimento previsti dalla legge;
     f) in particolare, la quota parte che rientra nel primo limite di
 legge viene moltiplicata per l'indice  di  rendimento  pieno,  ed  il
 risultato   di  questa  operazione  costituisce  la  quota  base  del
 trattamento pensionistico;
     g) le quote di retribuzione pensionabile che superano quel limite
 vengono moltiplicate, secondo aliquote progressive, per i vari indici
 di rendimento progressivamente piu' ridotti  previsti  dalla  tabella
 allegata all'art. 21 della legge n. 86 del 1988;
     h)  il  risultato  di  questa  operazione,  o  la  somma dei vari
 risultati (ove la retribuzione eccedente il  limite  ordinario  abbia
 comportato  l'utilizzazione di piu' aliquote successive, moltiplicate
 per indici diversi) costituisce la quota  aggiuntiva  di  trattamento
 pensionistico  prevista dall'ultimo periodo del sesto comma dell'art.
 21 della legge n. 86 del 1988;
     i)  la  quota  base  di  trattamento  pensionistico,  di  cui  al
 precedente   punto   f),   e   la  quota  aggiuntiva  di  trattamento
 pensionistico, di cui al precedente punto h), vanno  sommati  tra  di
 loro per formare il trattamento pensionistico complessivo, che, a sua
 volta,  costituisce  la  base  per  eventuali quote aggiuntive, o per
 successivi adeguamenti.
   2.3. - In causa non e' in discussione che il "nuovo" sistema  cosi'
 delineato  dovesse  essere applicato anche alle pensioni liquidate in
 epoca anteriore al 1988 (tanto e' vero che e' pacifico che l'istituto
 assicuratore ha provveduto  a  riliquidare  a  partire  dal  1988  il
 trattamento pensionistico dell'assicurato sig. Montella).
   Sono  in  discussione  invece  le  modalita'  attraverso  le  quali
 procedere a questa riliquidazione.
   L'istituto non ha provveduto, infatti, alla perequazione automatica
 della  quota  aggiuntiva  di  trattamento  pensionistico (quella, per
 chiarezza, individuata al punto  h)  dello  schema  sopra  elaborato)
 mentre si trattava di un trattamento riferito ad anni prima (nel caso
 di  specie  al  primo  settembre  del 1985), e liquidato soltanto con
 decorrenza  dal  primo  gennaio  1998:  in  questo  modo  e'  rimasto
 "scoperto",  non  soggetto  a rivalutazione monetaria l'intervallo di
 tempo  dal  1985  al  1988,  in  realta'  non  sono  state  prese  in
 considerazione,  ne'  risarcite  in  alcun modo, le perdite di valore
 reale della moneta intervenute in quel periodo.
   Rispetto al  sistema  di  liquidazione  antecedente  alla  parziale
 abolizione  (o, piu' esattamente, alla mitigazione) degli effetti del
 "tetto" pensionistico, sono stati eliminati il danno e la  differenza
 di  trattamento  che  derivavano  dalla  mancata considerazione delle
 aliquote  di  retribuzione   che   superavano   il   limite   massimo
 pensionabile,  ma  rimangono pur sempre, a sfavore del pensionato, un
 danno ed una differenza di trattamento (sia pure - forse -  di  minor
 rilievo economico) quelli derivanti dalla mancata rivalutazione della
 quota aggiunta di trattamento pensionistico (come sopra individuata e
 conteggiata)   per   il   periodo   intercorrente  tra  la  data  del
 pensionamento originario e la  nuova  riliquidazione  che  parte  dal
 primo gennaio 1988.
   Se, in ipotesi, il sistema introdotto a partire dal 1988 fosse gia'
 stato  in  vigore  al  momento  del  suo pensionamento (se, cioe' gli
 effetti del "tetto" pensionabile non avessero portato, allora, ad  un
 totale  disconoscimento delle quote di retribuzione che eccedevano il
 limite),  l'interessato  avrebbe  ottenuto  non  solo  che,  con   le
 modalita'  indicate  nella  tabella, la sua retribuzione pensionabile
 venisse commisurata, sia pure con alcuni contemperamenti,  all'intera
 retribuzione  effettiva sottoposta a prelievo contributivo, ma che il
 trattamento pensionistico complessivo venisse aggiornato (sia per  la
 quota  base  sia per la quota aggiuntiva) secondo le normali forme di
 perequazione automatica, fino al  momento  di  decorrenza  del  nuovo
 trattamento  (primo  gennaio  1988)  e  non  soltanto, invece, fino a
 quello di decorrenza della liquidazione originaria  (primo  settembre
 1985).
   In  sostanza  il trattamento pensionistico dell'appellato alla data
 di riferimento del primo settembre 1988 sarebbe stato  piu'  elevato,
 non  solo  perche' commisurato, sia pure con le limitazioni derivanti
 dalla tabella,  all'intera  retribuzione,  ma  perche'  i  valori  di
 riferimento  sarebbero  stati  rivalutati,  nelle misure di legge, in
 rapporto alla perdita  di  valore  reale  della  moneta  nel  periodo
 intermedio tra l'anno precedente al pensionare quello precedente alla
 liquidazione.
   2.4.  -  Il primo di questi due diversi danni e' stato eliminato il
 secondo no.
   Se si ritiene  -  come  ha  fatto  la  Corte  costituzionale  nella
 sentenza  interpretativa  di  rigetto n. 72 del 20-22 febbraio 1990 -
 che anche ai pensionati che hanno conseguito il  pensionamento  prima
 del  1988  debbano  essere applicati i benefici derivati dall'art. 21
 della legge n. 67 del 1988, che  percio'  abbiano  anch'essi  diritto
 allo  stesso trattamento degli altri pensionati che hanno ottenuto il
 pensionamento dopo quella data, non  sembra  razionale  che  i  primi
 siano  penalizzati  dalla  mancata  perequazione  della  retribuzione
 pensionabile per il periodo intercorrente tra il  loro  pensionamento
 originario e la successiva riliquidazione.
   3.1. - Sembra percio' non manifestamente infondato il dubbio che le
 norme  su  cui  si  basa  questa  differenza  di  trattamento in loro
 sfavore,  che  e'  alla  base,  a  sua  volta,  del  danno  lamentato
 dall'appellato,  non  contrastino  con  le  norme  costituzionali  in
 materia di uguaglianza, e di trattamento pensionistico.
   Sul piano strettamente giuridico il problema si incentra  sull'art.
 3  della  legge  n.  297  del 1982, che prevede, come si e' detto, la
 rivalutazione  della  retribuzione  media  pensionabile  "in   misura
 corrispondente alla variazione dell'indice annuo del costo della vita
 calcolato  dall'ISTAT  ai  fini  della  scala  mobile  dei lavoratori
 dell'industria, tra l'anno solare cui la retribuzione si riferisce  e
 quello precedente la decorrenza della pensione".
   Applicata al caso in esame la norma comporta, come conseguenza, che
 l'anno  finale  cui riferire la rivalutazione e' costituito da quello
 che precede il pensionamento originario, di per se  considerato  (nel
 caso di specie l'anno 1984 in relazione al 1985), e non da quello che
 precede  l'anno  in  cui  viene  effettuata  la  riliquidazione della
 pensione, e, comunque  la  liquidazione  integrale  di  quella  parte
 "aggiuntiva"  di trattamento rapportata alle aliquote retributive che
 superavano il "tetto" (nel caso di specie l'anno 1987 in relazione al
 1988).
   Una problematica di illegittimita' costituzionale  concerne  dunque
 innanzi  tutto  questa norma, l'art. 3, undicesimo comma, della legge
 29 marzo 1982, n. 297, riferita all'intero  complesso  normativo  che
 interessa  la  fattispecie,  in  relazione,  cioe',  al  sesto  comma
 dell'art.  21 della legge 11 marzo 1988,  n.  67,  come  interpretato
 dall'art.  3, comma 2-bis, del d.-l. 21 marzo 1988, n. 86, convertito
 in legge 20 maggio 1988, n. 160.
   3.2.  -  La  normativa  in  questione  produce,  in  realta', delle
 oggettive differenze di trattamento, e percio' sembra contrastare con
 il primo comma dell'art. 3 della  Costituzione, per il quale "tutti i
 cittadini hanno pari dignita' sociale  e  sono  uguali  davanti  alla
 legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione,
 di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali".
   Non  sfugge,  a  questo proposito, che si potrebbe ribattere che la
 differenza temporale, liberamente valutata  dal  legislatore,  poteva
 anche  giustificare  differenze  di regime, ma e' facile rilevare che
 nella fattispecie in esame - dei trattamenti liquidati prima del 1988
 ad assicurati la cui retribuzione superava quello che, allora, era il
 limite massimo pensionabile -  e'  opinione  comune  (espressa  dalla
 Corte  costituzionale  con  la  sentenza  n.  72  del  1990  e  dalla
 giurisprudenza  ordinaria  che  costituisce  nel  suo  complesso   il
 cosiddetto  "diritto  vivente",  ed  accettata  dallo stesso istituto
 assicuratore  che  si  e'  adeguato  a  questa  interpretazione   con
 un'apposita   circolare   amministrativa  diretta  ai  propri  uffici
 periferici,  ed  a   provveduto,   almeno   nel   caso   di   specie,
 all'adeguamento  del trattamento spettante al pensionato) che anche i
 pensionati, divenuti tali prima  del  1988  potessero  usufruire  del
 nuovo regime.
   Sembra  allora  non  ragionevole  -  e  comunque  estraneo  ad  una
 specifica    volonta'    di    differenziazione    prevista,    anche
 implicitamente,  come  tale da parte del legislatore - che ne possano
 fruire soltanto in parte, per quel che riguarda il parziale conteggio
 delle   aliquote  di  retribuzione  pensionabile  che  eccedevano  il
 "tetto", e non per  un'altra  parte,  quella  relativa  all'integrale
 rivalutazione,  e  con  la medesima decorrenza del nuovo trattamento,
 dell'intera retribuzione pensionabile, compresa la quota  aggiuntiva,
 su cui viene calcolato quest'ultimo.
   Sotto  un  altro  profilo  il  complesso  normativo in esame sembra
 contrastare con il secondo comma dell'art. 38 della  Costituzione,  a
 norma  del  quale, "i lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed
 assicurati mezzi adeguati alle loro  esigenze  di  vita  in  caso  di
 infortunio,   malattia,   invalidita'   e   vecchiaia  disoccupazione
 involontaria".
   La  mancata  rivalutazione  dei  valori  monetari   relativi   alla
 retribuzione  pensionabile si riflette sul trattamento pensionistico,
 diminuendone il valore economico  effettivo  e  rendendolo  non  piu'
 idoneo  a  fornire  agli interessati quei mezzi adeguati, di vita, di
 cui abbisognano, e che la norma costituzionale vuole siano assicurati
 loro  in  una  serie  di  circostanze  non  favorevoli  per  la  vita
 dell'uomo,  e,  tra  le  altre,  anche  in  caso  di invalidita' o di
 vecchiaia.
   4. - Appare dunque non manifestamente  infondata  la  questione  di
 illegittimita'  costituzionale  dell'art.  3, undicesimo comma, della
 legge 29 marzo 1982, n. 297, in relazione al  sesto  comma  dell'art.
 21  della legge 11 marzo 1988, n. 67, come interpretato dall'art.  3,
 comma 2-bis, del d.-l. 21 marzo 1988, n. 86, convertito in  legge  20
 maggio 1988, n. 160, nella parte in cui non prevede - in favore degli
 assicurati  collocati  in pensione in data anteriore al primo gennaio
 1988, ed il cui trattamento venga riliquidato successivamente a  tale
 data  a  seguito  della  mitigazione degli effetti del limite massimo
 della  retribuzione  pensionabile  -  che  la  quota  aggiuntiva   di
 trattamento   pensionistico   venga  rivalutata  fino  alla  data  di
 decorrenza del trattamento riliquidato, e non soltanto fino a  quella
 di decorrenza del trattamento originario.
   La  decisione  su  questo  punto  assume,  d'altra parte, carattere
 preliminare rispetto a quella dell'intera controversia, che non  puo'
 essere definita senza di essa.
   Occorre  dunque  sollevare, siccome non manifestamente infondata ed
 indispensabile per la definizione del procedimento, la  questione  di
 illegittimita' costituzionale cosi' come sopra prospettata.
   A  questo  fine  deve essere disposta la sospensione del giudizio e
 l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
   Si deve inoltre ordinare che, a cura della cancelleria, la presente
 ordinanza  venga  notificata  alle  parti  ed  alla  Presidenza   del
 Consiglio  dei  Ministri, e comunicata ai Presidenti delle due Camere
 del Parlamento.