IL GIUDICE DI PACE Visti gli atti del procedimento iscritto al n. 287/1999 del ruolo generale di questo ufficio; premesso che con atto notificato in data 18 marzo 1999 il sig. Marco Pra Monego conveniva dinanzi a questo giudice di pace la sig.ra Sara Liviabella, proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti dal predetto giudice di pace in data 12 gennaio 1999 per la somma di L. 3.000.000, oltre gli accessori contestando la legittimita' della pretesa avversaria sotto i profili sia della congruita' della somma richiesta in sede monitoria sia della grave negligenza e parzialita' con cui, nella sua qualita' di mediatore, aveva condotto l'affare con esso opponente, nonche' svolgendo domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni, da responsabilita' contrattuale quantificati in L. 50.000.000; All'udienza di prima comparizione del 18 giugno 1999 si costituiva l'opposto, sig.ra Liviabella Sara deducendo la pretestuosita' della domanda riconvenzionale (proposta al fine di una improponibile paralisi del decreto ingiuntivo ed in ordine alla quale si riservava ogni controdeduzione davanti al giudice competente ratione valoris) ed insistendo sulla concessione della provvisoria esecutorieta' al decreto ingiuntivo opposto e sul rigetto dell'opposizione; Alla citata udienza di prima comparizione questo giudice di pace invitava le parti a precisare le proprie conclusioni in ordine alla questione preliminare della competenza, conclusioni che le parti cosi' rassegnavano alla successiva udienza del 25 giugno 1999; a) l'opponente: "piaccia all'ill.mo giudice di pace adito, respinta ogni contraria istanza: 1) in accoglimento dell'opposizione col presente atto proposta, dichiarare, per motivi di cui in narrativa, e comunque con qualsiasi statuizione, il decreto ingiuntivo n. 3/1999 illegittimo, nullo e/o inefficace, e per l'effetto revocarlo; 2) in subordine, in accoglimento del motivo di opposizione di cui al punto 1) della narrativa, ridurre l'importo del predetto decreto a L. 2.500.000, ovvero all'importo della meta' del credito vantato dal Pra Monego a titolo di provvisionale, cosi' come liquidata con sentenza di 1 grado dal pretore di Osimo, e comunque revocarlo siccome illegittimo, nullo e/o innefficace per tutti i motivi di cui in narrativa; 3) dichiarare le somme eventualmente dovute alla sig.ra Liviabella Sara comunque compensate in tutto o in parte con i danni subiti dal sig. Marco Pra Monego per i fatti di cui in premessa; 4) in accoglimento della domanda riconvenzionale col presente atto spiegata, accertare e dichiarare la resonsabilita' ex contractu della sig.ra Sara Liviabella per tutti i motivi di cui al punto 3) della narrativa, e per l'effetto condannarla al risarcimento dei danni nei confronti del sig. Pra Manego Marco nella somma di L. 50.000.000, o altra minore che sara' ritenuta di giustizia; 5) ritenuto che i danni cosi' come richiesti per motivi di cui in narrativa eccedono la competenza del giudice adito, si chiede che l'ill.mo sig. giudice, voglia rimettere le parti davanti al pretore di Ancona, sezione staccata di Osimo; 6) con vittoria di spese, diritti ed onorari di lite. "Si oppone, infine, alla richiesta di provvisoria esecutivita' del decreto opposto in quanto la cassazione ha escluso solo la sussistenza del dolo;" b) l'opposto: A) "quanto alla riconvenzionale del debitore in giunto, voglia l'ill.mo sig. giudice di pace dichiarare la propria incompetente ratione valoris e per l'effetto rimettere il relativo giudizio dinanzi al giudice competente"; B) "quanto al giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, ferma la competenza funzionale di questo giudice, si insiste nella provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto dal momento che siffatta opposizione non risulta fondata su prova scritta ne' e' comunque di pronta soluzione"; Osserva in diritto Nel disciplinare l'opposizione a decreto ingiuntivo l'art. 645 cod. proc. civ., al primo comma, dispone che essa va proposta "davanti all'ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto"; tale formula legislativa va coordinata con quella contenuta nel secondo comma della stessa norma, secondo cui a seguito dell'opposizione "il giudizio si svolge secondo le norme del procedimento ordinario davanti al giudice adito". Tali espressioni legislative (unitamente ad altre considerazioni giuridicamente rilevanti relative alla riconosciuta peculiarita' del procedimento di impugnazione del giudizio di opposizione nel quale, fra l'altro, "convergono due giudizi nettamente distinti, da una parte, il controllo giudiziario sulla validita' del decreto, con particolare riguardo ai requisiti propri di ammissibilita' del procedimento per ingiunzione, dall'altro, il riesame, nel pieno contradditorio delle parti, del merito del giudizio che, nella fase sommaria, ha dato luogo al decreto di condanna, inaudita altera parte, mediante l'accertamento dell'an e del quantum del diritto fatto valere dal creditore nel ricorso per ingiunzione": Cass. 8 maggio 1996, n. 1835) hanno contribuito a far consolidare la giurisprudenza di legittimita' (ad eccezione di un non recente e, comunque, superato conflitto interpretativo) sull'ormai pacifico principio, che alla esplicita dichiarazione di sussistenza della competenza funzionale ed inderogabile del giudice dell'opposizione fa seguire la corretta conseguenza che, quando nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo sia proposta una domanda riconvenzionale eccedente la competenza per valore del giudice adito, questi non puo' rimettere tutta la causa al giudice superiore, ma deve rimettergli soltanto la causa relativa alla domanda riconvenzionale e, previa separazione, trattenere quella concernente l'opposizione a decreto ingiuntivo, salvo a disporre, ove del caso, la sospensione di tale ultima causa ai sensi dell'art. 295 cod. proc. civ. (ex plurimis, Cass. sez. nn. 10984 e 10985/1992, 7124/1993, 4837/1994; 6788 e 7129/1995, 1835/1996). Non ritiene, pero', questo giudice di pace che possa continuare a condividersi il riferito indiritto giurisprudenziale in seguito alle sostanziali modifiche apportate all'art. 40, cod. proc. civ. dall'art. 19 legge 21 novembre 1991, n. 374 le quali (a prescindere da considerazioni di politica legislativa in ordine ad un atteggiamento di evidente disfavore nei confronti del giudice di pace), da un lato consentono di proporre davanti al pretore o al tribunale qualsiasi controversia di competenza del giudice di pace che sia connessa (per i motivi di cui agli artt. 31, 32, 34, 35 e 36) con altro di competenza di quei giudici (art. 40, sesto comma e, dall'altro, impongono al giudice di pace di pronunciare (anche di ufficio) la connessione a favore del pretore o del tribunale quando siano proposte dinanzi al suo ufficio cause connesse ai sensi del precedente comma (art. 40, settimo comma). Invero, tra le motivazioni che inducono questo giudicante a ritenere non piu' condivisibile il richiamato indirizzo giurisprudenziale, quelle che meritano un richiamo, seppure schematico, possono essere cosi' riassunte: la giurisprudenza che giustificava e sosteneva siffatto indirizzo si riferiva alla disciplina legislativa previgente sia la riforma del processo civile, di cui alla legge n. 353/1990 (che, con gli artt. 4 e 5, ha modificato il vecchio testo dell'art. 38 cod. proc. civ. ed aggiunto i commi 3, 44 e 5 all'art. 40 stesso codice) sia la legge n. 374/1991 istitutiva del giudice di pace (che, con l'art. 19, ha aggiunto all'art. 40 cod. proc. civ. i commi sesto e settimo). La stessa Corte, infatti, nella citata sentenza n. 1835/1996 ha previsto che il "nuovo tessuto normativo ... portera' inevitabilmente ad una revisione dell'intera problematica che tenga conto, mediante una visione globale supportata da un'interpretazione sistematica sia delle norme novellate sia di quelle preesistenti che formano insieme il nuovo spartito del processo civile"; Con speciale riguardo all'aggiunta dell'ultimo comma all'art. 40 cod. proc. civ., d'altra parte, la riforma ha inciso in modo cosi' radicale sulla preesistente disciplina da seriamente far dubitare che nei procedimenti davanti al giudice di pace possa concretamente realizzarsi quello che e' stato definito il "futuro orientamento interpretativo cui la Suprema corte, nello specifico esercizio della sua funzione nomofilattica, sembra promettere il suo sostegno", orientamento che chiaramente emerge dalla stessa motivazione della pronunzia in precedenza citata laddove si sostiene che l'eliminazione della regola della rilevabilita' d'ufficio delle incompetenze forti in ogni stato e grado oltre la prima udienza di trattazione, la soppressione della distinzione tra competenze forti e deboli ... finiranno per consentire il simultaneus processus e la trattazione congiunta di cause connesse davanti allo stesso giudice dell'opposizione"; La ratio della citata disposizione aggiuntiva va individuata nel garantire che nei procedimenti davanti al giudice di pace il simultaneus processus si svolga nella maggior parte dei casi dinanzi al giudice togato, indipendentemente dalla natura della causa sottoposta al giudizio del predetto giudice onorario. Le precedenti considerazioni impongono a questo giudice di pace - ai sensi degli artt. 36 e 40 settimo comma, cod. proc. civ. - di adottare nel caso di specie la dichiarazione di dismissione di tutta la causa a favore del tribunale, avendo l'opponente proposto domanda riconvenzionale eccedente (ratione valoris) la competenza di questo giudice di pace e pur in presenza della competenza, funzionale ed inderogabile, riconosciuta ex art. 645 cod. proc. civ. al giudice dell'opposizione. Siffatta soluzione obbligata, pero', a parere di questo giudicante presenta un sospetto di illegittimita' con le norme contenute negli artt. 24 e 25 della Costituzione. Rispetto alla prima disposizione, in effetti, il dubbio di incostituzionalita' sorge ove si consideri che la rimessione di tutta la causa al giudice competente per valore in ordine alla domanda riconvenzionale proposta in sede di opposizione al provvedimento monitorio emesso da questo giudice di pace obbliga in ogni caso l'opposto a stare in giudizio con il ministero di un procuratore legalmente esercente, cosi' comprimendo il diritto di azione e di difesa riconosciuto dal primo comma della richiamata norma costituzionale di poter agire per la tutela dei propri diritti stando in giudizio personalmente, pur nei limiti di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 82 cod. proc. civ. Per quanto attiene il sospetto dubbio di costituzionalita' sotto il ben piu' grave profilo della violazione del principio del giudice naturale precostituito per legge (art. 25, primo comma, della Costituzione), e' sufficiente rilevare - a prescindere dall'ulteriore principio (anch'esso costituzionalmente garantito dall'art. 107, terzo comma, della Costituzione) della distinzione dei magistrati solo in base alla diversita' delle funzioni svolte (e non per un preconcetto atteggiamento di sfiducia) - che sia dal primo, sia, soprattutto dal secondo comma dell'art. 645 cod. proc. civ. emerge chiaramente che il giudice naturale precostituito per legge davanti al quale deve, in ogni caso, svolgersi il giudizio di opposizione e' il giudice adito che, come individuato nel primo comma della citata disposizione processualistica, e' l'ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo, pur in presenza di situazioni che - come quella della domanda riconvenzionale ritualmente proposta - potrebbero determinare spostamenti di competenza verso un giudice diverso; Vista l'istanza di assegnazione della causa a sentenza che precede ed il relativo provvedimento; Visto l'art. 279 cod. proc. civ. rimette gli atti in istruttoria; Visto l'art. 134 della Costituzione nonche' la legge 11 marzo 1953, n. 87;