ha pronunciato la seguente


                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 1, comma 3,
della  legge della Regione Veneto 16 marzo 1994, n. 14 (Modifica alla
legge  regionale  10  giugno  1991, n. 12, relativa a "Organizzazione
amministrativa  e ordinamento del personale della Regione"), promosso
con  ordinanza  emessa  il 9 aprile 1999 dal Tribunale amministrativo
regionale  del Veneto sul ricorso proposto da Leone Antonio contro la
Regione  Veneto,  iscritta  al  n. 382  del registro ordinanze 1999 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, 1a serie
speciale, dell'anno 1999.
    Visto l'atto di intervento della Regione Veneto;
    Udito nell'udienza pubblica del 4 luglio 2000 il giudice relatore
Riccardo Chieppa;
    Uditi gli avvocati Alfredo Bianchini e Luigi Manzi per la Regione
Veneto.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Nel  corso  di un giudizio promosso da un dipendente della
Regione  Veneto  avverso il provvedimento di rigetto della domanda di
permanenza  in  servizio  per  un periodo massimo di due anni oltre i
limiti  di  eta'  previsti per il collocamento a riposo, il Tribunale
amministrativo regionale del Veneto ha sollevato, in riferimento agli
artt. 117,  3  e  97  della  Costituzione,  questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 3, della legge della Regione Veneto
16  marzo  1994, n. 14 (Modifica alla legge regionale 10 giugno 1991,
n. 12,  relativa  a  "Organizzazione amministrativa e ordinamento del
personale della Regione").
    Il  provvedimento  impugnato  e'  stato  adottato in applicazione
dell'art. 1, comma 3, della legge della Regione Veneto 16 marzo 1994,
n. 14,  che,  sostituendo  l'art. 115 della legge regionale 10 giugno
1991,  n. 12, ha statuito che "ai dipendenti regionali non si applica
l'art. 16  del  decreto  legislativo  30 dicembre 1992, n. 503", fino
all'adozione di una nuova organizzazione amministrativa regionale.
    Su  tale  rilievo,  il  giudice  a  quo  fonda la rilevanza della
questione,  con  la  considerazione  che  soltanto la declaratoria di
illegittimita'  costituzionale della norma impugnata comporterebbe il
buon  esito  della domanda di permanenza in servizio per un ulteriore
biennio, con i conseguenti benefici giuridici ed economici e, quindi,
previdenziali,  in  capo  al ricorrente, quanto meno sotto il profilo
della ricostruzione della carriera.
    Ad  avviso  del  giudice rimettente la norma in questione avrebbe
sostanzialmente  abrogato  una  disposizione,  che  la  legge statale
avrebbe  espressamente  dichiarato  applicabile  anche  ai dipendenti
"degli  enti  pubblici  non economici", tra i quali dovrebbero essere
ricompresi i dipendenti regionali.
    Pertanto,  la  legge  regionale in esame sarebbe in contrasto con
l'art. 117 della Costituzione, in quanto la norma statale si porrebbe
come norma di principio, non derogabile ad opera di leggi regionali.
    Essa  determinerebbe,  inoltre,  in  violazione  dei  principi di
eguaglianza,  ragionevolezza ed imparzialita' dell'amministrazione di
cui   agli  artt. 3  e  97  della  Costituzione,  una  disparita'  di
trattamento  nei  confronti  dei  dipendenti  della  Regione  Veneto,
rispetto a quelli dello Stato e di altre regioni.
    La   norma   anzidetta,  infine,  nel  prevedere  la  sospensione
temporanea  dell'applicazione  della  norma  statale senza, peraltro,
ancorare  tale sospensione ad un termine finale, concretizzerebbe, in
sostanza, un'abrogazione della norma statale.
    2.  -  Nel  giudizio  introdotto  con l'ordinanza di cui sopra ha
spiegato  intervento  la  Regione  Veneto,  sostenendo l'infondatezza
della questione.
    In data 22 giugno 2000 (fuori termine) e' pervenuta memoria della
Regione  Veneto,  che  illustra  ulteriormente  l'infondatezza  della
anzidetta questione.

                       Considerato in diritto

    1.  -  La questione di legittimita' costituzionale, sottoposta in
via  incidentale  all'esame  della Corte, riguarda l'art. 1, comma 3,
della  legge della Regione Veneto 16 marzo 1994, n. 14 (Modifica alla
legge  regionale  10  giugno  1991, n. 12, relativa a "Organizzazione
amministrativa   e   ordinamento   del   personale  della  Regione"),
contenente  la  disposizione  che prescrive: "ai dipendenti regionali
non  si  applica  l'art. 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992,
n. 503"  (proroga  del servizio per un biennio), fino all'adozione di
una nuova organizzazione amministrativa regionale.
    E'  denunciata la violazione dell'art. 117 della Costituzione per
contrasto  con  un principio fondamentale della legislazione statale,
di  cui  sarebbe  espressione  l'art. 16 del d.lgs. 30 dicembre 1992,
n. 503,  e  degli  artt. 3 e 97 della Costituzione, per disparita' di
trattamento  nei  confronti  dei  dipendenti  della  Regione  Veneto,
rispetto  a  quelli dello Stato o di altre Regioni, in violazione dei
principi  di  uguaglianza, di ragionevolezza e di imparzialita' della
pubblica amministrazione.
    2.  -  La  questione sollevata e' infondata sotto tutti i profili
denunciati.
    Innanzitutto  deve  essere rilevata la erroneita' dei presupposti
su  cui  si  basa  l'ordinanza di rimessione, in quanto l'art. 16 del
d.lgs.   n. 503  del  1992  non  contiene  affatto  una  disposizione
direttamente  cogente  per le regioni in ordine ai propri dipendenti,
in  modo  da  modificare  (imponendo  alle  regioni  di consentire la
prosecuzione  biennale  del  rapporto,  oltre  i  limiti di eta', con
carattere   di   generalita')   o  da  vincolare  in  ogni  dettaglio
l'ordinamento e lo status giuridico dello stesso personale regionale.
Di  conseguenza,  completamente  ingiustificato  e' il richiamo fatto
nell'ordinanza  di  rimessione ad una abrogazione della norma statale
da parte del legislatore regionale.
    A prescindere da cio', la norma delegata deve essere interpretata
alla  luce  della  delega  legislativa  (art. 3, comma 1, lettera b),
della  legge  23  ottobre  1992,  n. 421).  La ratio della delega e',
invero, quella di riservare un ambito applicativo piu' ristretto alla
speciale  ed  eccezionale  previsione  relativa ai "dipendenti civili
dello   Stato  e  degli  enti  pubblici  non  economici",  in  quanto
previsione   di   carattere   eccezionale.   La   necessita'  di  una
interpretazione   restrittiva  e'  confortata,  in  particolare,  dal
confronto  con  il  piu'  ampio  oggetto  della delega, riferito alla
"previdenza"  ed al riordino del sistema previdenziale dei lavoratori
dipendenti  privati  e  pubblici  (art. 3,  comma  1,  della legge 23
ottobre  1992,  n. 421),  nonche'  con  l'oggetto  della  delega  sul
pubblico  impiego con richiamo agli artt. 1, primo comma, e 26, primo
comma, della legge 29 marzo 1983, n. 93 (art. 2, comma 1, lettera a),
della legge n. 421 del 1992, citata).
    3.   -   Inoltre  non  esiste  un  principio  fondamentale  della
legislazione   statale  in  base  al  quale  vi  sarebbe  un  diritto
incondizionato  del  dipendente  pubblico al mantenimento in servizio
per un biennio (sentenze n. 113 del 1999; n. 162 del 1997).
    Infatti,  il  principio  fondamentale della legislazione statale,
che  si  desume  dall'art. 16  del d.lgs. n. 503 del 1992, "e' quello
secondo  il quale il trattenimento in servizio oltre i limiti di eta'
puo'  avvenire solo su istanza dell'interessato". La prosecuzione del
rapporto  di  impiego  e'  configurata  dal  legislatore statale come
eccezione alla regola dei limiti di eta' per il servizio (rimasti, si
noti,   immodificati)  ed,  anche  se  introdotta  con  finalita'  di
contenimento  della  spesa  pubblica  previdenziale  e  di quiescenza
(permanendo  tuttavia  il carico del trattamento di servizio attivo e
degli  oneri  riflessi complessivamente maggiore rispetto a quello di
nuove assunzioni meramente eventuali, anche in relazione a ricorrenti
blocchi),  non  e'  incompatibile  con  le disposizioni normative che
prevedono  la  sussistenza  dei  requisiti  per  la continuazione del
rapporto  di  impiego  con  un  soggetto  pubblico  (come l'idoneita'
fisica, l'assenza di incompatibilita', la persistenza del posto ecc.)
(sentenza  n. 162  del  1997).  Ne'  la  suddetta norma puo' valere a
comprimere  le  attribuzioni  del legislatore regionale nella materia
degli  ordinamenti  degli uffici e di provvista e status del relativo
personale,  compresi i limiti di eta' e il trattenimento in servizio.
In  detti  ultimi  specifici  campi di regolamentazione non esiste un
obbligo  per  la  Regione di conformarsi pedissequamente alle singole
disposizioni  statali  e  tantomeno all'intero contenuto dell'art. 16
del  d.lgs.  n. 503  del  1992  (sentenza  n. 162  del 1997), essendo
vincolata dai principi fondamentali della legislazione dello Stato.
    4. - La giurisprudenza della Corte ha sottolineato che in materia
esiste  un  principio  di  divieto  per  il  legislatore regionale di
stabilire in via generale una disciplina che preveda una eta' massima
per  il  collocamento  a  riposo  superiore  a  quella fissata per la
corrispondente  categoria dei dipendenti dello Stato (sentenze n. 162
del 1997; n. 186 del 1990 e n. 238 del 1988).
    In  ordine  al  limite  di  eta'  e  al  prolungamento  dell'eta'
pensionabile  per  il  settore  pubblico non esistono norme uniformi,
essendo  diverse  a  seconda  delle  categorie  di  personale e delle
esigenze   dell'ente.  Deve  riconoscersi,  infatti,  al  legislatore
un'ampia discrezionalita' con il limite della manifesta arbitrarieta'
(sentenze  n. 162  del 1997; nn. 380 e 422 del 1994) con l'esclusione
di  un  obbligo  di  estensione  generalizzata  al  trattenimento  in
servizio.  Di  contro,  il  bene  protetto  a  garanzia  dei  diritti
previdenziali,  e' rappresentato, in materia, dal conseguimento della
pensione   al   "minimo",   mentre  non  gode  eguale  protezione  il
raggiungimento  del  trattamento  pensionistico massimo o il semplice
prolungamento  del  servizio attivo (sentenze n. 195 del 2000; n. 227
del 1997).
    5. - La anzidetta discrezionalita' deve essere riconosciuta anche
al  legislatore  della  Regione Veneto, la cui scelta, per il momento
negativa,   non   puo'   ritenersi   manifestamente  irragionevole  o
palesemente  arbitraria,  in  attesa  della  adozione  di  una  nuova
organizzazione amministrativa regionale. In altri termini, la Regione
ha  voluto,  in  relazione  alla  situazione  del  proprio personale,
attendere  una  verifica  delle  esigenze  organizzative  e del nuovo
assetto, prima di accogliere nel proprio ordinamento un prolungamento
biennale  a  domanda  dei  limiti  di eta' per tutte le categorie dei
propri dipendenti.
    Come ulteriore conseguenza deve escludersi che la suddetta scelta
possa  contrastare  con  i  principi di buon andamento della pubblica
amministrazione    (art. 97   della   Costituzione),   essendo   anzi
confliggente  con  detti  principi  la  pretesa  di un indiscriminato
trattenimento in servizio, indipendente da una valutazione necessaria
al  fine  di  verificare  l'esigenza di personale e la persistenza di
posti di organico da parte della amministrazione.
    6.  - Infine, non puo' parlarsi di diseguaglianza e disparita' di
trattamento,  poiche',  in  assenza  di  un  principio  di necessaria
uniformita',   lo   stesso   legislatore   non   ha   sempre   scelto
l'applicabilita'  generale  del  prolungamento biennale a domanda del
servizio oltre i limiti di eta', avendolo, di contro, escluso per una
serie  di  categorie  di  personale  (sentenze nn. 422, 380 del 1994;
n. 475 del 1993) o in relazione alla situazione finanziaria dell'ente
(sentenza   n. 113   del   1999),   ovvero  avendolo  condizionato  a
valutazioni  inerenti alle esigenze di servizio (cfr. sentenza n. 162
del 1997).