ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  92,  quarto
 comma,  della  legge  Regione Veneto 27 giugno 1985, n. 61 (Norme per
 l'assetto e l'uso del territorio), promosso con ordinanza  emessa  il
 13  maggio 1998 dal Tribunale amministrativo regionale del Veneto sul
 ricorso proposto da  M.P.  ed  altra  contro  il  comune  di  Verona,
 iscritta  al  n.  478  del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27,  prima  serie    speciale,
 dell'anno 1998.
   Visto l'atto di intervento della Regione Veneto;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 13 ottobre 1999 il giudice
 relatore Piero Alberto Capotosti.
   Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per  il  Veneto,
 sezione  seconda,  con  ordinanza  del  13  maggio 1998, ha sollevato
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 92, quarto  comma,
 della legge Regione Veneto 27 giugno 1985, n. 61 (Norme per l'assetto
 e  l'uso del territorio), in riferimento agli artt. 3, 97 e 117 della
 Costituzione;
     che, ad avviso del giudice  a  quo,  la  disposizione  impugnata,
 stabilendo  che  le  opere derivanti da interventi edilizi realizzati
 abusivamente sono demolite soltanto qualora "siano anche in contrasto
 con la disciplina urbanistica" violerebbe il  principio  fondamentale
 recato  dall'art.  7, secondo comma, della legge 28 febbraio 1985, n.
 47    (Norme    in    materia     di     controllo     dell'attivita'
 urbanistico-edilizia,  sanzioni,  recupero  e  sanatoria  delle opere
 edilizie), dato che quest'ultima norma sanziona gli illeciti  edilizi
 sia  sostanziali  che  formali  e, quindi, esclude che la difformita'
 dell'opera rispetto  alla  disciplina  urbanistica  possa  costituire
 condizione dell'ordine di  demolizione;
     che,   secondo  il  Tar,  la  disposizione  impugnata  violerebbe
 altresi'   i   principi   di   ragionevolezza   e   buon    andamento
 dell'amministrazione  (artt.  3  e  97  della  Costituzione), poiche'
 darebbe luogo ad un'incoerenza  del  sistema  sanzionatorio  definito
 dalla  legge  Regione Veneto n.   61 del 1985, in quanto quest'ultima
 prevede la sanatoria degli abusi edilizi meramente formali;
     che e' intervenuto nel giudizio il Presidente della Giunta  della
 Regione Veneto, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata;
     che,   ad   avviso   dell'interveniente,   il  contrasto  tra  la
 disposizione impugnata e la norma statale sarebbe meramente apparente
 e la prima, stabilendo una graduazione della  sanzione  con  riguardo
 alla  gravita'  del  danno  urbanistico,  farebbe  applicazione di un
 criterio pure stabilito dalla legge statale (art. 13 della  legge  n.
 47 del 1985);
     che,  secondo  la  Regione,  l'art.  7 della legge n. 47 del 1985
 neppure recherebbe un principio fondamentale nella  materia  edilizia
 ed  il  legislatore  statale avrebbe attribuito a quello regionale il
 potere di stabilire la sanzione applicabile, nell'osservanza del solo
 criterio  che  impone  di  tenere  conto  della  gravita'  del  danno
 urbanistico sostanziale arrecato.
   Considerato  che  l'ordinanza  di  rimessione  non  contiene alcuna
 descrizione degli elementi della  fattispecie  oggetto  del  giudizio
 principale  ed  e'  del  tutto  priva  di  motivazione in ordine alla
 rilevanza   della   questione,   affermata   apoditticamente,   senza
 l'esplicitazione,  pure  soltanto  sommaria,  delle ragioni che diano
 conto dell'effettuata verifica di siffatto profilo preliminare;
     che, in particolare, il provvedimento di  rimessione  non  indica
 affatto  la  tipologia  delle opere realizzate, non precisa quale sia
 l'abuso edilizio contestato con l'ordine  di  demolizione  e  neppure
 chiarisce  le  circostanze  di fatto indispensabili per verificare se
 nel giudizio a quo sia rilevante il profilo,  espressamente  previsto
 dalla  norma  impugnata,  della conformita' o meno dei manufatti alla
 "disciplina urbanistica";
     che la mancata indicazione di tutti questi elementi non  permette
 alla  Corte  le  valutazioni di sua competenza in ordine al requisito
 della rilevanza ed impedisce il controllo sull'apprezzamento di  tale
 profilo preliminare da parte del giudice rimettente;
     che  pertanto  la questione deve essere dichiarata manifestamente
 inammissibile.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.