ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli articoli 63, commi 1 e 4, e 69, comma 1 del d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43 (Istituzione del Servizio di riscossione dei tributi e di altre entrate dello Stato e di altri enti pubblici, ai sensi dell'art. 1, comma 1, legge 4 ottobre 1986, n. 657), promosso con ordinanza emessa il 21 maggio 1998 dal pretore di Firenze nel procedimento civile vertente tra D.T. e l'Ufficio del Registro di Borgo San Lorenzo, iscritta al n. 587 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell'anno 1998. Udito nella camera di consiglio del 13 ottobre 1999 il giudice relatore Piero Alberto Capotosti. Ritenuto che il pretore di Firenze, con ordinanza del 21 maggio 1998, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 63, commi 1 e 4, e dell'art. 69, comma 1, del d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43 (Istituzione del Servizio di riscossione dei tributi e di altre entrate dello Stato e di altri enti pubblici, ai sensi dell'art. 1, comma 1, legge 4 ottobre 1986, n. 657), nella parte in cui, rinviando per la riscossione coattiva dei canoni per la concessione in uso di beni demaniali alla procedura relativa alle imposte dirette, rendono applicabili gli artt. 53 e 54 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione; che, ad avviso del giudice rimettente, le norme impugnate, non consentendo al debitore di proporre opposizione all'esecuzione dinanzi all'Autorita' giudiziaria ordinaria ed al giudice di sospendere la procedura esecutiva, in caso di contestazione dell'ammontare del credito, determinerebbero un'ingiustificata disparita' di trattamento, sotto il profilo della tutela giurisdizionale, tra coloro che sono assoggettati alla riscossione coattiva di canoni - "aventi natura non tributaria" - per la locazione di beni demaniali ed i soggetti passivi di altre entrate pubbliche della stessa natura, i quali godono pero' di una tutela giurisdizionale piena; che la disparita' di trattamento deriverebbe anche dall'inapplicabilita' del sistema di graduazione nella riscossione, previsto dall'art. 15 del d.P.R. n. 602 del 1973 per le sole entrate di natura tributaria; che il sacrificio imposto al diritto di difesa risulterebbe altresi' irragionevole, poiche' con riferimento ai crediti non aventi natura tributaria non potrebbe ravvisarsi un preminente interesse dello Stato alla riscossione delle entrate necessarie per il regolare svolgimento delle proprie funzioni, che costituisce il fondamento dei limiti imposti dal d.P.R. n. 602 del 1973 alla tutela cautelare. Considerato che il giudice a quo dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 63, commi 1 e 4, e dell'art. 69, comma 1, del d.P.R. n. 43 del 1988, nella parte in cui, prevedendo che per la riscossione coattiva dei canoni derivanti dalla utilizzazione dei beni del demanio pubblico si applicano le disposizioni contenute nel d.P.R. n. 602 del 1973, rinviano agli artt. 53 e 54 del medesimo, i quali escludono la proponibilita' delle opposizioni regolate dagli articoli da 615 a 618 del codice di procedura civile ed attribuiscono il potere di sospendere l'esecuzione in via esclusiva all'intendente di finanza; che, successivamente alla proposizione della questione di legittimita' costituzionale, il decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 ha riordinato la disciplina della riscossione mediante ruolo, sostituendo l'intero Titolo II del d.P.R. n. 602 del 1973, avente ad oggetto la riscossione coattiva, e quindi anche gli artt. 53 e 54; che gli artt. 57 e 60 del d.P.R. n. 602 del 1973, nel testo novellato dall'art. 16 del d.lgs. n. 46 del 1999, confermano l'improponibilita' delle opposizioni regolate dall'art. 615 del codice di procedura civile, fatta eccezione per quelle concernenti la pignorabilita' dei beni, e delle opposizioni regolate dall'art. 617 del codice di procedura civile relative alla regolarita' formale ed alla notificazione del titolo esecutivo, prevedendo inoltre che il giudice dell'esecuzione non puo' sospendere il processo esecutivo, salvo che ricorrano gravi motivi e vi sia fondato pericolo di grave e irreparabile danno; che in particolare l'art. 29 del d.lgs. n. 46 del 1999 prevede che "per le entrate (...) non tributarie, il giudice competente a conoscere le controversie concernenti il ruolo puo' sospendere la riscossione se ricorrono gravi motivi", disponendo altresi' che alle medesime entrate "non si applica la disposizione dell'articolo 57, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, come sostituito dall'articolo 16 del presente decreto e le opposizioni all'esecuzione ed agli atti esecutivi si propongono nelle forme ordinarie", ed aggiungendo che "ad esecuzione iniziata il giudice puo' sospendere la riscossione solo in presenza dei presupposti di cui all'art. 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, come sostituito dall'articolo 16 del presente decreto"; che ai canoni dovuti a titolo di locazione di beni demaniali e' quindi applicabile, in parte qua il predetto art. 29, trattandosi di entrate non aventi natura tributaria; che le norme sopravvenute hanno modificato le disposizioni che il giudice rimettente ritiene di dover applicare in virtu' del rinvio contenuto nelle norme impugnate, determinando inoltre un mutamento complessivo del quadro normativo di riferimento, tale da imporre il riesame della perdurante rilevanza della questione di legittimita' costituzionale da parte del giudice a quo.