ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2,
 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza  emessa  il  6
 novembre  1998 dalla Corte d'assise di Napoli nel procedimento penale
 a carico  di  Antonio  Baratto,  iscritta  al  n.  250  del  registro
 ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 19, prima serie speciale, dell'anno 1999.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del  27  ottobre  1999  il  giudice
 relatore Cesare Mirabelli.
   Ritenuto  che  la  Corte  d'assise  di  Napoli,  avendo adottato un
 provvedimento di custodia  cautelare  in  carcere  dell'imputato  nel
 corso degli atti preliminari al dibattimento, con ordinanza emessa il
 6  novembre  1998  ha  sollevato,  in riferimento agli artt. 3, primo
 comma,  e  24,  secondo  comma,  della  Costituzione,  questione   di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  34,  comma  2, del codice di
 procedura penale, nella parte in cui non prevede che il  giudice  che
 abbia  adottato  un  provvedimento cautelare personale, esaminando il
 fascicolo del pubblico ministero e valutando  gli  elementi  raccolti
 nella  fase  delle  indagini  preliminari,  non  possa partecipare al
 giudizio;
     che, ad avviso della Corte d'assise di  Napoli,  il  giudice  che
 negli   atti   preliminari   al   dibattimento   abbia  applicato  un
 provvedimento restrittivo della liberta' personale  dell'imputato  si
 troverebbe  nella  stessa  posizione  del  giudice  per  le  indagini
 preliminari, il quale, se ha applicato la medesima misura  cautelare,
 non  puo'  partecipare  al  giudizio  (sentenza  n. 432 del 1995): in
 entrambi i casi vi sarebbe il rischio che la  valutazione  conclusiva
 sulla  responsabilita'  penale  dell'imputato  sia, o possa apparire,
 condizionata dall'atteggiamento gia' assunto  in  altri  momenti  del
 procedimento,  mentre  il  giudizio si deve fondare sugli elementi di
 valutazione e di prova assunti, nel contraddittorio delle  parti,  in
 dibattimento;  sicche'  la  mancata  previsione dell'incompatibilita'
 anche per il caso considerato dal giudice  rimettente  violerebbe  il
 principio  costituzionale di eguaglianza (art. 3, primo comma, Cost.)
 e la garanzia del diritto di difesa (art. 24, secondo comma, Cost.);
     che e' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  osservando  che  la  questione  e'  analoga  ad  altre   gia'
 dichiarate  una  inammissibile  (sentenza  n.  51  del 1997), l'altra
 manifestamente inammissibile (ordinanza n. 206 del 1998).
   Considerato  che  la  questione  di   legittimita'   costituzionale
 concerne  la mancata previsione dell'incompatibilita' del giudice che
 si sia pronunciato, negli atti preliminari al dibattimento, su misure
 cautelari personali nei confronti dell'imputato,  ed  e'  prospettata
 rilevando  che ne potrebbe derivare un pregiudizio per la valutazione
 conclusiva  della  responsabilita'  penale  dello  stesso   imputato,
 essendo  stati  valutati elementi tratti dagli atti del fascicolo del
 pubblico ministero;
     che analoghe questioni, le quali hanno  investito  la  disciplina
 dell'incompatibilita'  del  giudice,  sono  state  gia'  esaminate da
 questa Corte e dichiarate una inammissibile (sentenza n. 51 del 1997)
 e le altre manifestamente inammissibili (ordinanze n. 366 del 1997  e
 n.   206  del  1998),  giacche'  l'esito  prefigurato  finirebbe  con
 l'attribuire alle parti la potesta' di determinare l'incompatibilita'
 nel corso di un giudizio del quale  il  giudice  e'  gia'  investito,
 sicche'  lo  stesso  giudice  verrebbe  spogliato di tale giudizio in
 ragione del compimento di un atto processuale cui e' tenuto a seguito
 dell'istanza di una parte; esito, questo, non solo irragionevole,  ma
 in  contrasto con il principio del giudice naturale precostituito per
 legge, dal quale l'imputato verrebbe o potrebbe  chiedere  di  essere
 distolto;
     che,  pertanto,  la questione di legittimita' costituzionale deve
 essere dichiarata manifestamente inammissibile.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87  e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.