ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2, dell'art. 37, comma 1, lettera a) e b) e dell'art. 321, commi 1 e 2, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 20 novembre 1998 dalla Corte d'appello di Ancona nel procedimento di ricusazione proposto da Cipriano Cappelletti ed altri, iscritta al n. 297 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della repubblica n. 21, prima serie speciale, dell'anno 1999. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 27 ottobre 1999 il giudice relatore Cesare Mirabelli. Ritenuto che la Corte d'appello di Ancona dovendo decidere sulla istanza di ricusazione di un giudice il quale aveva presieduto il collegio penale del Tribunale che aveva adottato un provvedimento di sequestro preventivo di titoli nei confronti di un imputato, con ordinanza emessa il 20 novembre 1998 ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2, dell'art. 37, comma 1, lettere a) e b) e dell'art. 321, commi 1 e 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevedono che non puo' partecipare al giudizio il giudice che ha pronunciato, o concorso a pronunciare, nei confronti dello stesso imputato nella medesima fase del giudizio, la misura cautelare reale del sequestro preventivo, emanando un decreto nel quale e' stata valutata la posizione dello stesso imputato in ordine alla responsabilita' penale; che la Corte d'appello ritiene che la omessa previsione di questa situazione tra quelle che determinano l'incompatibilita' del giudice sia fonte di irragionevole disparita' di trattamento rispetto ad altre situazioni, che egli considera analoghe, per le quali e' prevista l'incompatibilita' a garanzia della imparzialita' del giudice e del giusto processo (art. 3, primo comma, e 24, primo e secondo comma, Cost.). Considerato che la questione di legittimita' costituzionale investe la disciplina della incompatibilita' per atti compiuti nel procedimento, dettata dall'art. 34, comma 2, cod. proc. pen., che il giudice rimettente ritiene debba trovare applicazione, cosi' legittimando la richiesta di ricusazione, anche al giudice che ha pronunciato un provvedimento di sequestro preventivo; che le misure cautelari reali sono attinenti a beni o cose pertinenti al reato, la cui libera disponibilita' puo' costituire situazione di pericolo, e pur raccordandosi ad un reato possono prescindere da qualsiasi profilo di colpevolezza perche' la funzione preventiva non si proietta necessariamente sull'autore del fatto criminoso ma su cose (sentenza n. 48 del 1994), sicche' per la loro adozione non si richiede quella incisiva valutazione prognostica sulla responsabilita' dell'imputato, che potrebbe rendere o far apparire condizionato il successivo giudizio di merito da parte dello stesso giudice, in modo da violare le garanzie che si collegano al principio del giusto processo (sentenza n. 66 del 1997, ordinanze n. 203 del 1998 e n. 29 del 1999); che, d'altra parte, se la valutazione di merito non e' imposta dal tipo di atto in precedenza adottato dal giudice che', anzi, l'adozione di misure cautelari reali di per se' non implica una valutazione della responsabilita' penale, l'eventuale effetto pregiudicante dovra' essere accertato in concreto, ricorrendo, ove ne sussistano i presupposti, agli istituti dell'astensione e della ricusazione (ordinanze n. 203 del 1998 e n. 29 del 1999, con richiamo alla sentenza n. 308 del 1997); che l'ordinanza di rimessione, pur denunciando anche la disposizione che disciplina la ricusazione del giudice, tende in realta' ad introdurre un nuovo caso di incompatibilita', presupposto della ricusazione, destinato ad escludere in ogni caso la partecipazione al giudizio del giudice che ha compiuto l'atto che si vorrebbe pregiudicante, indipendentemente dalla valutazione in concreto se sia stato non correttamente manifestato un convincimento tale da poter fare ritenere che sussista nel giudice un pregiudizio rispetto alla causa da decidere (v. art. 36, comma 1, lettera h) e art. 37, comma 1, lettera b) cod. proc. pen.); che, cosi' come prospettata, la questione di legittimita' costituzionale deve essere dichiarata manifestamente infondata. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.